Paolo Cugini
Siamo abituati a pensare e a leggere la Bibbia con gli
occhi della cultura dalla quale proveniamo, che ci ha insegnato da secoli ad
annullare le differenze, anzi a considerare la differenza come una negazione.
Chi legge la Bibbia con gli occhiali della cultura lineare corre il rischio di
leggerla in modo superficiale, e cioè come una storia scritta dall’inizio alla
fine, identificando la verità di Dio con quello che si legge in modo immediato.
Sappiamo che la storia l’hanno sempre scritta coloro che abitano i palazzi dei
re e quindi si tratta quasi sempre di una storia del centro, scritta per
giustificare e difendere un potere. In queste storie, come da decenni ci ha
insegnato la scuola della Nouvelle Histoire, poco o nulla rimane della storia
reale, di quella cioè vissuta dalla gente comune, dai contadini, dalla gente
semplice che rimane esclusa dai palazzi, da coloro che in realtà sono i veri
protagonisti delle vicende storiche. Anche nella Bibbia incontriamo narrazioni
storiche che nei secoli sono state rilette, manipolate, per così dire dal
potere centrale vigente e che quindi risentono di queste esclusioni.
Non è allora un caso se ci sono teologhe che da anni
stanno rileggendo la Scrittura a partire da uno sguardo diverso, e cioè quello
delle donne, per cogliere nei silenzi imposti alle donne una parola diversa.
Chi si si scandalizza dinanzi a questo tipo di percorso diverso, a questo
tentativo di leggere tra le righe, di ascoltare il silenzio di chi da sempre è
stato messo a tacere è perché è succube della propria cultura lineare, che nel
caso di quella Occidentale è anche espressione di un pensiero forte, spesso e
volentieri arrogante e oppressivo. Che dire poi di quel modo di leggere la
Parola di Dio a partire dai poveri - altre grande categorie di persone messe a
tacere dal potere politico e religioso – che la chiesa Latino Americana ci ha
insegnato sin dagli anni del dopo Concilio. Un conto è, infatti, leggere la
Parola di Dio in pantofole, in un caldo appartamento Occidentale. Ben altra
cosa è leggere la stessa Parola tra la gente che vive nelle favelas o nei
quartieri poveri di una città nell’interno del Nordest brasiliano. Sono voci
diverse, occhi diversi e mentalità diverse che non si escludono, ma si possono
mettere in sintonia. E’ questo sguardo diverso che legge la Parola da
angolature diverse che destruttura le sicurezze, non perché, come
superficialmente si potrebbe sostenere, relativizza i contenuti, ma perché
molto più semplicemente li contestualizza.
E’ importate poi sottolineare, a questo punto del discorso, come questo
processo di destrutturazione, di polifonia di voci diverse avviene all’interno
dello stesso testo biblico, che è tutto fuorché un racconto lineare. Troviamo, infatti, una accanto all’altra contenuti
che provengono da tradizioni culturali diverse, non solo nel tempo, ma anche
nella geografia. Che dire, ad esempio, del modo d’intendere la monarchia nella
storia d’Israele? Perché vi sono testi che si esprimono a favore della
monarchia e altri che manifestano tutto il loro malessere con questa
istituzione?
Sono tante le voci diverse che il lettore attento
incontra nella Scrittura. Ascoltare la voce delle differenze che incontriamo
nel testo biblico senza cercare immediatamente delle piste per fare sintesi,
per mettere a tacere l’inquietudine della nostra coscienza, è una delle più
belle sfide che la Scrittura ci chiama a compiere. Liberarci dalle nostre
sicurezze che, se guardate in profondità non sono altro che delle durezze, e
cioè delle verità alle quali abbiamo affidato, senza mai porle in discussione,
la solidità della nostra vita spirituale, è uno dei grandi doni che la Parola
di Dio ci offre. Entrare nel mondo delle pluralità di voci, di modi di sentire
e di essere, senza il bisogno di ricondurle tutte ad un’unica voce, ma semplicemente
apprendere ad abitare la differenza: è la bellezza della vita spirituale che
sgorga dalla Bibbia. E’ in questo modo che scopriamo che non basta leggere la
Bibbia, ma ciò che conta è come ci lasciamo guardare da Lei, come ci lasciamo
cambiare dalle sue pluralità di voci. In questa prospettiva comprendiamo come
la conversione del cuore annunciata dai profeti e richiesta da Gesù, non
significhi tanto l’entrata in un cammino particolare, ma consiste nella
disponibilità ad allargare i nostri orizzonti, il nostro cuore, nella
possibilità che ci viene donata gratuitamente di aprire la nostra mente per
essere più liberi. La verità e, allo stesso tempo la necessità di un circolo
biblico, dovrebbe essere visibile nell’apertura mentale di coloro che vi partecipano.
Lo sforzo missionario della chiesa di annunciare al mondo il Vangelo è
esattamente in questa direzione e cioè nella possibilità di creare uomini e
donne liberi, persone capaci di ascoltare le differenze per il fatto che hanno
appreso ad accogliere la differenza dell’altro, ad abitare la complessità, a
vivere nella pluralità di vedute.
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