CONVEGNO NAZIONALE PAX CHRISTI
31 DICEMBRE 2015 – MOLFETTA
Tavola Rotonda: ALLA FINE NON CI VERRA’ CHIESTO SE SIAMO STATI CREDENTI
MA SE SIAMO STATI CREDIBILI
Sintesi: Paolo
Cugini
Don Luigi Ciotti (Libera)
Si sale sulla croce tutte le volte
che si sceglie la parte ei poveri. I miei due grandi riferimenti sono il
Vangelo e la Costituzione. C’è molta politica nel Vangelo nella sua vera
accezione del termine quando denuncia. C’è molto vangelo nella costituzione. A
Paola Sindaco dico quello che disse Martini: Dio non è cattolico, Dio è di
tutti, ama tutti. Questo è molto importante e mi commuove a pensare alla stanza
del silenzio per guardarsi dentro.
Ci sono 42 conflitti in atto in
questo momento. In questi tempi di guerra non dev’essere impossibile parlare di
pace. C’è un terrorismo economico, ambientale che impoverisce la terra. Non
potrei non dire che il percorso militare è disastroso. Nel 2014 ci hanno
consegnato il dato di 180 mila morti civili nelle guerre. Spesso è stata
dichiarata guerra a regimi che noi abbiamo contribuito a costruire e
consolidare. La forza è sempre una scorciatoia. Cosa fanno le Nazione Unite? Dove
stanno? Sono nate per porre fine alle guerre. Oggi siamo circondati da tanti
conflitti. C’è chi considera il pacifismo un idealismo. Il pacifismo è una fede
concreta nella dignità della politica come strumento di pace. Stasera chiediamo
alla politica di assumersi questo. Il problema del terrorismo non si risolve
uccidendo i terroristi, ma togliendo le cause che ha prodotto questo. La
Camorra, Ndrangheta. Nella provincia di Foggia più di 400 persone sono state uccise dalla mafia. La
Banca d’Italia ha palato di corrotti al suo interno. Noi siamo chiamati al
dubbio.
Il mondo Occidentale deve
interrogarsi sui meccanismi di morte che crea. Siamo in guerra. Dov’è il ruolo
di quelle istituzioni. Dobbiamo chiamare per nome le istituzioni corrotte.
Livatino e Papa Woityla. Nella valle
dei tempi si scagliò contro la mafia. Nel 1944 la chiesa siciliana diede la
scomunica ai mafiosi. Il giornale della diocesi di Palermo nel 1897 chiama per
nome i mafiosi per rendere conto dei crimini. Don Sturzo diceva che la mafia è
in Sicilia ma la testa è a Roma. Corruzione e mafie vanno a braccetto.
C’è una velocità criminale molto forte.
Woityla ha fatto 5 visite pastorali in Sicilia. Nella valle dei tempi è la
seconda. 15 preti gli aveva mandato una lettera per dirgli di dire qualcosa. Mentre
va al corteo il papa entra in una porticina. Il papa sta andandosene via
aggrappandosi al pastorale torna indietro e si mette a gridare. Erano i
genitori di uno ucciso dalla mafia dietro alla porticina.
Nella Laudato Si c’è un passaggio che
è fondamentale. Bisogna prendere dolorosa cosciente e trasformare in sofferenza
personale quello che accade al mondo e riconoscere qual è il contributo quello
che ciascuno può portare. Se le cose non ci toccano non servono. Facendo
memoria è un modo d’impegnarci più tutti.
L’umiltà del noi. Non è opera di
navigatori solitari. Siamo piccoli. Il coraggio e l’umiltà richiedo umiltà e responsabilità.
Ogni cittadino deve sentirsi responsabile di esigere i diritti dell’altro come
se fossero i nostri.
In tutta Europa c’è un reddito
minimo. Mi batto è per l’interazione e non per l’inclusione.
Da dopo l’abbattimento del muro di
Berlino è bene chiedersi quanti muri abbiamo costruito, muri di filo spinato.
La speranza ha bisogno anche di conoscenza. I muri che sono stati creati per respingere:
1200 Km di confine USA sul confine con il Messico. Migliaia di muri, di filo
spinato in tantissime parti del mondo.
Facciamo emergere le cose belle che
ci sono nel nostro paese: tanti giovani che ci mettono la faccia con coraggio.
Abbiamo visto fare le mura per alzare le mura per proteggere i quartieri dei
benpensanti.
I cittadini devono vedere che vengono
restituiti a loro i beni confiscati alla mafia. Oltre 500 associazioni in
Italia fanno uso dei beni confiscati alla mafia. Occorre avere un sistema legislativo
che permetta questo.
Responsabilità è conoscenza. Sono le
due anime del percorso formativo di cui abbiamo bisogno. Ci vuole un’educazione
al bene comune.
La costruzione dell’uguaglianza,
della giustizia sociale è compito della politica formale, ma c’è quella
costruzione e compito informale ella politica che ci chiama in causa tutti come
cittadini responsabili. Diventa comodo gridare alla corruzione se non c’impegniamo
in prima persona. Uguaglianza non è la negazione della differenza, ma il riconoscimento
di ogni differenza. Non possiamo stare zitti. Ci sono i soldi per le spese
militari e non per quelle sociali. I conflitti fanno scattare la corsa alle
armi. Il filo spinato è diventato la pubblicità per respingere la gente. Non ci
sono i soldi per contrastare la povertà. E poi la sanità.
I minori in Italia al di sotto dei 18
anni sono 10 milioni. Ogni 100 persone minori di 14 anni ce ne sono 151 che
hanno oltre 65 anni. Davanti abbiamo una società sempre più anziana e famiglie
che si compongono in età sempre più avanzata.
C’è troppo un sapere di seconda mano,
per sentito dire. Pace vuole dire le politiche sociali.
Conformismo, sfiducia e ribellione:
sono i tre atteggiamenti che abbiamo trovato nei giovani. Ribellione
costruttiva di tanti ragazzi. Hanno bisogno di adulti presenti e non invadenti,
tolleranti, credibili e appassionati.
Daniela Marcone (Libera Puglia)
Figlia di Francesco Marcone 31/3/1995
Hanno ucciso mio padre con due colpi
di pistola. E’ stata una persona credibile. E’ stato oggetto d’indagini tutte
in salita. Non è stata una vicenda giudiziaria facile. Era il direttore del
Registro di Atti a Foggia. Nel ’95 c’era la mafia del mattone. Chi aveva
interesse ad uccidere un alto funzionario? La mafia che uccise questo
funzionario era la mafia dei colletti bianchi. C’è un’economia che nel sommerso
l’aspetto più pericoloso. Cosa sarebbe successo se l’assassinio di mio padre
fosse stato processato subito? In realtà nessuno venne chiamato. Nessuno era
indagato. Speravo che prima o poi mi sarebbe stata chiesta la possibilità di
parlare. Venne composto un comitato cittadino. Chiedemmo alla città di
affiancarsi a noi per la richiesta di giustizia. Se la risposta fosse arrivata
subito la mia vita sarebbe stata diversa. Nel 75% dei casi di vittime della
mafia non si ha risposta dalla giustizia. Anche nel nostro caso conosciamo una
parte, ma non tutta. Il rischio è che camminiamo al fianco dell’assassino. Dare
una risposta a mio padre mi richiamava al mio senso di responsabilità. Lo stato
siamo noi: questo ci diceva nostro padre. Credibilità degli atti di ufficio di
mio padre. Mons Casale fece un’omelia coraggiosissima al funerale del papà. Fu
un richiamo molto forte. Per dieci anni ho cercato di mettere a posto le cose. Ho
capito che la giustizia dei tribunali è importante, ma è la risposta di una
città che cammina al tuo fianco che ti dà risposte ulteriori.
Le carte processuali mi avevano fatto
conoscere una città in pericolo. Dopo 20 anni si è aperto un altro fronte: la
scoperta dell’altro. Le persone che hanno sparato, che hanno ucciso mio padre,
all’improvviso ho iniziato a vederli come uomini e non come mostri. Non è
facile questo passaggio. E’ il percorso di LIBERA MEMORIA che stiamo facendo
assieme alle vittime delle mafie. Considerare l’altro un nostro e non un
mostro.
Mons Francesco Savino (Vescovo di Cassano)
Ruolo della Chiesa in questo cammino
che ci chiede di perdonare e d’interrogarci di come porci da credenti?
Dopo la testimonianza di Daniela ho
pensato come sia urgente superare la malattia dell’altzaimer culturale,
spirituale. Oggi si vuole rimuovere una memoria che attiva processi di
cambiamento. E’ necessario recuperare la memoria che ci aiuti ad attivare
processi per nuovi stili di vita. Come non ricordare la serata del ’92 a
Molfetta, con Bettazzi, Tonino. Ci siamo oggi sulle frontiere che ci portano a
dire si.
Tonino era credibile perché aveva
deciso da che parte stare: dalla parte degli ultimi, di quelle persone che
allora come oggi fanno fatica a vivere con libertà la vita. Oggi come ieri
dobbiamo dirci da che parte vogliamo essere. Non possiamo essere neutrali.
Siamo credibili quando facciamo questa scelta, quando ci mettiamo la faccia, la
vita.
E. Bloch piaceva tanto a don Tonino.
Mai come in questo momento non possiamo rischiare di vivere di belle parole. In
Papa Francesco c’è coerenza tra quello che dice e quello che fa. Non ci è dato
di fuggire vigliaccamente, scegliendo Pilato o Barabba.
Costituzione (Calamandrei: la Costituzione è un
impegno); Bibbia (occorre recuperare due domande: Dove sei? (Numero 160
della Laudato Si); Dov’è tuo fratello? Abbiamo preso gli immigrati e gli
abbiamo detto: sei un dono. Pastorale inclusiva. E’ sulla inclusione la
risposta della Chiesa. Il problema del Sud è un problema culturale. Passare
dalla cultura dei favori alla cultura dei diritti. In Calabria i poteri forti
hanno creato una cultura dove i diritti passano tutti per favori. Al Sud comincia
a spandersi il virus dell’individualismo, narcisismo. Anche le cooperative c’è
questo virus. Passare dalla cultura dell’indifferenza alla cultura della
responsabilità, della partecipazione. I poteri ci vogliono divisi. Al potere
piace che siamo individui e non una comunità. L’1% è proprietario del 60% dei
beni del mondo.
Dobbiamo costruire questo soggetto
sul bene comune. Francesco: la realtà è più dell’idea. La Calabria fra 10 anni
sarà una regione dormitorio. La Calabria esporta tutti i cervelli giovanili. C’è
la questione drammatica sul lavoro e qui la Chiesa non può tacere.
Paolo Natalicchio (Sindaca di Molfetta)
Dopo il 2000 è esploso il progetto
della grande espansione urbanistica in modo impressionante. Anni difficili.
Appalti che duravano 10 anni. Grandi opere, urbanistica e socialità. Pochi mesi
prima di diventare sindaco è scoppiato un’indagine sulle manovre delle grandi
opere. Nel silenzio della città sono arrivati i rinvii a giudizio alcuni giorni
fa. La questione del Grande Porto, opera incompiuta, è la terza opera più
grande d’Italia: 100 milioni di Euro. Un appalto complicato su cui sono
rotolati problemi e dopo è arrivata la magistratura. Ha fato cadere sulle
spalle della comunità una serie di presunti reati. Siamo rimasti scossi dagli
elicotteri che arrivavano. Pochi mesi fa Raffaele Cantone ha scritto parole
chiare.
Gare lunghe sugli appalti, tutte da
rifare. Tanti lavoratori. Ci sono 24 lavoratori per 42 disabili. Evidentemente
una certa politica ha usato il lavoro per tirare dentro.
Ci siamo messi a fare gli artigiani
della Molfetta che volevamo. Siamo stati massacrati dalle critiche. Non abbiamo
capito chi aveva progettato quel porto? Per quali industrie? Per chi?
Tentazione di scappare. Ho la convinzione
di essere a servizio della mia terra. Le città non hanno piena consapevolezza
di quello che si nasconde nelle sacche storiche della criminalità, nelle stanze
ben dipinte dei poteri. Noi sindaci siamo quelli che come tanti parroci, siamo
in prima linea.
La risposta più grande ai rigurgiti
di ingiustizia sta nella rete di persone e società che vogliono la giustizia.
Sindaco di Palermo: carta di Palermo
sulla mobilità umana internazionale.