Paolo Cugini
La
relazione tra verità ed ermeneutica è un tema importante perché mette in
questione l’idea di verità, perlomeno così come da sempre l’ha intesa la
metafisica, la matematica e la scienza in generale. L’ermeneutica insinua che
la verità sia poliedrica e che, di conseguenza, necessiti di molteplici punti di
osservazione e, quindi, di plurime dichiarazioni e narrazioni. Non si può dire
la verità in un solo modo, con un’unica narrazione. L’evento che si manifesta
sul piano della storia esige di essere interpretato, osservato da molteplici punti
di vista per raccogliere un insieme di dati che rendano verosimile il racconto.
L’ermeneutica obbliga la verità ad
uscire dal cammino assiomatico per introdurla nel campo della storia.
L’ermeneutica dichiara la verità come dato mobile e non immobile, come un
fenomeno e non come un’idea. In questa prospettiva ha ragione Paul Ricoeur
quando afferma che: “il problema della verità non è più il problema del metodo,
ma della manifestazione dell’essere, per un essere di cui l’esistenza consiste
nella comprensione dell’essere”[1].
La
svolta ermeneutica e l’entrata del suo metodo nell’analisi dei dati, orienta il
modo d’intendere le cose, le parole, le idee sulla realtà. D’ora innanzi non
possiamo più camminare Tranquilli con la presunta verità in tasca, ma vivere
nella consapevolezza di una continua ricerca, della necessità di narrare
continuamente gli eventi senza la pretesa di essere esaustivi. L’ermeneutica
segna il punto d’inizio dell’addio alla verità, al modo di pensare assiomatico,
alla sicurezza che produce il pensiero dogmatico, il cui unico sforzo consiste
nell’elaborazione di formule e contenuti ritenuti onnicomprensivi e, così,
tutti possono dormire sonni tranquilli.
L’ermeneutica pone fine a questo modello di
pensiero che si reputa soddisfatto quando riesce ad elaborare una narrazione
che ha la presunzione di dire tutto di un fenomeno con una serie di
ragionamenti deduttivi applicati alla realtà in esame. La verità intesa come definizione
oggettiva stabile per sempre è utile al potere che la esprime, ma è un pessimo
servizio al cammino della conoscenza. La stessa idea di verità è sbagliata perché
indica una possibilità che, in realtà, non è realizzabile sul piano della storia.
Ci sono dei cammini che possono essere intrapresi e che possono aiutare a
comprendere il fenomeno che, come tale, come evento storico, rimane sempre
aperto a possibili ulteriori comprensioni. La consapevolezza che la diversità
delle narrazioni non è antitetica alla verità ma ne rivela il cammino da
intraprendere, è di grande aiuto nel cammino di avvicinamento alla comprensione
della realtà.
[1] P.
RICOEUR, Le conflit des interprétations. Essai d’herméneutique, Paris,
Ed du Seuil 2013, p. 31.
AI COSTRUTTORI DI PO
RispondiEliminaAI COSTRUTTORI DI PONTI
Se un ingegnere è chiamato a progettare e dirigere i lavori per l'edificazione di un ponte, dovrà tenere necessariamente conto di due fattori essenziali:
1) il luogo e la sua conformazione, le caratteristiche del terreno su cui dovrà poggiare la struttura, le componenti climatiche, vento, temperatura, con i relativi sbalzi termici, sarà inoltre necessario sapere se la zona è soggetta a terremoti, etc. (tutto questo è il lato empirico che però rimane un atto razionale)
2) le leggi fisiche e meccaniche universali che regolano la costruzione di ogni ponte in ogni luogo della terra, leggi che non mutano col mutare dei tempi e degli spazi e senza le quali il ponte prima o poi inesorabilmente crollerà (lato assiomatico).
Questi sofismi contemporanei che vogliono separare forma e materia, storia ed essere, verità e vita, Verbo eterno e Gesù Uomo, ponendo uno in avversione all'altro ,sono molto pericolosi, distruttivi e mortali.
Sarebbe importante anche utilizzare una terminologia adeguata rispetto alla dogmatica, il dogma infatti non evolve come erroneamente va di moda dire oggi in ambito teologico, ma si esplicita, cioè si rende più chiaro a noi che lo ascoltiamo e lo viviamo, ma esso nell'esplicitarsi non muta, e non diventa contrario o contradditorio rispetto a sé stesso.
Idem per i Comandamenti Divini, un atto intrinsecamente malvagio non potrà mai diventare buono, in nessun luogo e in nessun tempo (Lettera Enciclica Veritatis Splendor).