Paolo Cugini
1. Il tempo
liturgico dell’Avvento presenta una sua spiritualità specifica, che viene
presentata attraverso le letture. La liturgia c’insegna a vivere il nostro
tempo, ad abitare la storia come luogo della manifestazione del Signore, a
considerare quindi il tempo come pieno di significato, un significato che ci
viene donato dall’alto e che quindi va continuamente ricercato. Il primo
significativo insegnamento implicito nel tempo di Avvento che va evidenziato è
quindi proprio questo: necessità per gli uomini e le donne di mettersi in
cammino per cercare e trovare la pienezza del tempo. Se la pienezza del tempo,
il significato della vita lo dobbiamo cercare significa che non ce l’abbiamo in
tasca, che non lo conosciamo, che rimane nascosto. Mettersi in cammino, allora,
richiede umiltà, docilità. Tempo di avvento diviene allora tempo nel quale con
umiltà ci mettiamo in cammino per cercare un senso della vita, una pienezza del
tempo che rimane sempre al di là delle nostre possibilità umane.
2. “Preparate la via del Signore”. In questa
prospettiva la Parola DI Dio c’insegna che questo cammino non può assolutamente
essere improvvisato, ma va preparato con cura. Come si prepara allora, la via
del Signore, il cammino che ci porta a Lui, vero Signore della storia? In che
modo dobbiamo realizzare il percorso per arrivare a Lui e riconoscerlo per
inginocchiarci davanti a Lui e non davanti ad altri? Questa, è infatti, la
verità che ci vuole indicare la liturgia di oggi. Non basta mettersi in
cammino: dipende che cammino realizziamo. Non basta la volontà di cercare il
Signore: dipende come lo cerchiamo. La figura di riferimento della seconda
domenica di Avvento che ci deve orientare sul cammino da compiere è Giovanni
Battista. E’, infatti, lui il precursore, colui che sin dall’eternità è stato
indicato come annunciatore del messia, colme colui che avrebbe indicato
all’umanità il salvatore del mondo. Nel cammino alla ricerca del Signore della
storia abbiamo bisogno di una guida e questa guida è Giovanni Battista. Il Vangelo ci dice che Giovanni Battista si è
preparato a questo incontro vivendo nel deserto e con uno stile di vita sobrio
ed essenziale. Sono due indicazioni significative che vanno prese sul serio. Deserto
vuole dire silenzio, e il silenzio è il cammino per apprendere ad ascoltare, se
stesso, gli altri, Dio. Nel silenzio verifichiamo lo spessore della nostra
fede, la verità delle parole, l’autenticità di ciò che seguiamo. Nel silenzio
impariamo anche a conoscere noi stessi, le nostre forze, la nostra possibilità
di sopravvivere nelle difficoltà. Nel deserto non possiamo barare, o
nasconderci dietro a qualcosa perché nel deserto non c’è nulla. E’ in questo
vuoto esteriore che diviene progressivamente interiore che possiamo riconoscere
una voce, diversa, che viene da altrove e, quindi, ascoltarla. Questo percorso
esistenziale nel deserto quando è fatto con autenticità lentamente ci spoglia.
Il fatto che Il Vangelo sottolinei gli abiti estremamente sobri di Giovanni
Battista nel deserto non è un vezzo letterario, ma una profonda indicazione
spirituale. La verità della nostra ricerca di Dio si manifesta nel nostro stile
di vita. La sobrietà, l’essenzialità diventano nostre compagne di viaggio in
questo cammino che dura tutta la vita.
3. “Viene dopo di me colui che è più forte di me”.
Quali sono i frutti dell’autenticità del cammino? Come posiamo capire se il
cammino che stiamo realizzando è guidato dallo Spirito del Signore? Leggendo
attentamente il Vangelo possiamo dire: la verità del nostro cammino si
manifesta nella chiarezza che progressivamente avviene sulla nostra
identità. Giovanni Battista dichiara che
lui non è il messia ma che verrà dopo di lui. Non ci sono parole di sfida,
d’invidia, di gelosia, ma solo il riconoscimento del proprio ruolo e
dell’identità di colui che annuncia. La verità del nostro cammino di fede si
manifesta quando apprendiamo a stare dove il Signore ci vuole mettere, quando
non ci allarghiamo, quando non desideriamo di essere ciò che non siamo, quando
non invidiamo la vita di nessuno, ma siamo contenti di ciò che siamo, perché
riconosciamo la nostra situazione come manifestazione della volontà di Dio. La
pace interiore, la gioia come caratteristica del cristiano provengono proprio
da questa coscienza di sé e non dipendono da fattori esterni. Mettiamoci, allora
in cammino, per cercare ogni giorno
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