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Rod Dreher |
Paolo
Cugini
Non
sono molte le proposte religiose che sanno offrire uno sguardo rivolto al
futuro sul passaggio epocale che stiamo vivendo e che stiamo analizzando. La
maggior parte delle analisi sulla post cristianità, oltre ad indicare le cause
e l’origine del cambiamento in atto, fanno fatica ad elaborare una proposta
nuova. C’è, dunque, una tendenza all’analisi negativa e, soprattutto a guardare
al passato con nostalgia. Non mancano, poi, i tentativi di restaurazione di ciò
che c’era e che ora non esiste più, tentativi a volter parziali, ma sintomo di
quella confusione generale che non riesce a scrollarsi di dosso e il passato e
che, per questo, non sa cogliere le opportunità che il cambiamento in atto
porta con sé. Una di queste proposte religiose che guardano al passato è quella
dello scrittore americano Rod Dreher, autore del libro: L’opzione Benedetto[1].
La
tesi di fondo dell’opera di Dreher è che in un mondo come il nostro, molto
simile a quello che vide la fine dell’Impero Romano, è necessario fare come
Benedetto da Norcia, separarsi dall’impero per poter ritrovare e conservare le
proprie origini, radici e identità. Non si tratta della fine del mondo, ma
della fine di un mondo, sta finendo un certo tipo di cristianità, quella
europea occidentale. La proposta di Dreher non è una fuga dal mondo, una
separazione radicale, com’era avvenuto nei primi secoli del cristianesimo, ma
d’imparare a stare nel mondo senza farsi condizionare. L’autore approfondisce le radici filosofiche
e teologiche che hanno portato alla frammentazione della nostra società. Nello
stesso tempo definisce le virtù cristiane presenti nella regola di San
Benedetto un manuale monastico che ha preservato la cultura cristiana nel corso
di molti secoli e possono aiutare oggi molti credenti. Secondo Dreher
l’Occidente moderno vive come se Dio non esistesse. La nostra società alla
deriva si definisce per lo scoppio, la paura e la perdita dei punti di
riferimento. La scomparsa della cultura cristiana è una grande perdita per il
mondo:
Da quando la modernità ci ha fatto
perdere la religione cristiana, abbiamo perso la sola cosa che ci univa, che ci
legava ai nostri vicini, che ci ancorava alla fede nell’ordine eterno e
nell’ordine temporale… Abbiamo perso il nostro cammino[2].
Si
tratta, allora, di riscoprire il passato. I moderni pensano che i modi di
servire Dio trasmessi dai predecessori rappresentavano un freno
all’autenticità. Al contrario, dovremmo apprendere come lodare Dio in modo da
adottare uno stato di spirito veramente cristiano. L’autore cita il teologo
riformato Hans Boersma secondo il quale la perdita del sacramentale è la prima
causa della rovina della Chiesa moderna. Senza partecipazione all’eterno, cioè
senza la coscienza che il mondo materiale e il tempo sono profondamente
radicati nell’Essere di Dio, allora la Chiesa è incapace di resistere alle
correnti della società liquide. Guardando ai monaci benedettini l’autore non fa
altro che riproporre i classici temi della spiritualità cristiana: “La loro
tradizione insegna come obbedire alla Parola di Dio e lasciarsi portare dallo
Spirito Santo e soprattutto li libera dal fardello che pesa su coloro che
devono costantemente adattarsi al cambiamento”.
Come
si concretizza la proposta di Dreher nel riproporre l’opzione di san Benedetto?
Nella seconda parte il libro analizza lo stile di vita cristiano che è presente
nella Regola e che può essere adattato alla vita dei laici cristiani moderni di
tutte le chiese e confessioni. Secondo l’autore la Regola di San Benedetto
offre soluzioni sul modo di porsi di fronte alla politica, alla fede,
all’istruzione e al lavoro. Anzitutto, è una proposta che tiene conto di tutti
gli aspetti della vita sociale delle persone e che, di conseguenza, coinvolge
il vissuto quotidiano che va dalla famiglia, agli amici, la comunità e ogni
tipo di attività. Il principio di fondo della proposta dio Dreher è che coloro
che s’identificano con la proposta cristiana devono organizzarsi in modo tale
da proteggere i propri valori specifici dal contagio negativo del mondo.
Interessante, in questa prospettiva, è il capitolo quinti in cui l’autore
configura in modo dettagliato quello che dovrebbe essere e incarnare l’ideale
di un villaggio cristiano conforme all’opzione Benedetto.
La sorte della religione è
strettamente legata a quella della famiglia e, quella della famiglia, a quella
della comunità. Il focolare dev’essere come un monastero, interamente rivolto
verso Dio. Le famiglie cristiane amano credere di mettere Dio al primo posto,
quando in realtà questo è molto raro. I genitori posso considerarsi come
l’abate o la badessa del loro piccolo monastero e creare una vita di famiglia
che incoraggi ogni membro a conoscere e servire Dio prima di ogni cosa[3].
Valorizzare
la famiglia significa anche, secondo l’autore, recuperare la priorità alla
parrocchia e ciò comporta ritirare i figli da un corso di sport che organizza
delle partite all’ora della messa. Ancora più importante è che i bambini devono
vedere i loro genitori a fare la stessa cosa. I monasteri mantengono lontano
dalle pareti ciò che può nuocere alla loro ragione d’essere. Secondo Dreher,
nelle scelte quotidiane delle famiglie cristiane non si deve aver paura di far
sapere agli altri i fondamenti del proprio credo: non si deve aver vergogna di
mostrare efficacemente la propria diversità che deriva dall’adesione al
cristianesimo. Tutto ciò non è snobismo; semplicemente far prendere coscienza
ai bambini che in questa famiglia, che ci sono certe cose che non si fanno e
che è molto positivo così. Per questo occorre fare in modo di assicurarsi che i
propri figli abbiano un buon gruppo di amici, che condividono gli stessi valori
morali. Occorre, allora, vivere in prossimità dei membri della comunità, per
fare in modo di creare legami con coloro che sono in sintonia di pensiero e,
così, creare una protezione nei confronti del mondo liquido.
La Chiesa è allo stesso tempo
un’arca e una sorgente, e dobbiamo tener conto di queste due realtà. Dio ci ha
donato l’arca della Chiesa per aiutarci a prevenire nell’annegamento delle onde
furiose della tempesta, ma ci ha donato anche la sorgente della Chiesa perché
ci siamo immersi in un annegamento simbolico, al fine di rinascere a vita
nuova, nutriti dal torrente della sua grazia[4].
Se
non si cambia strada c’è il rischio di far scomparire i vestigi della fede
cristiana, della sua civiltà. Per rendere testimonianza, i cristiani dell’era
post-cristiana dovranno semplicemente essere la Chiesa, con tutta l’intensità e
la creatività possibile. Per questo, occorre
riproporre la liturgia, perché ci ricorda che il cristianesimo non è una
filosofia, ma un modo di vita che ingloba tutto… La liturgia non si accontenta
di trasmettere un’informazione a proposito di Dio: essa forma la nostra
immaginazione e il nostro cuore. L’analisi di Dreher non è nuova. Richiama,
infatti, alla memoria le analisi che negli anni Ottanta del secolo scorso lo studioso inglese MacIntyre aveva proposto
quando parlava di un mondo che si stava definendo senza tener conto del
percorso morale Occidentale al punto da condurre l’autore a parlare di: dopo
le virtù: “L’occidente ha abbandonato la ragione e la tradizione delle
virtù, consegnandosi al relativismo che sta dilagando nel mondo di oggi” In una
società post-virtuosa gli individui detengono la massima libertà di pensiero e
d’azione, e la società stessa diventa un assembramento di estranei, ciascuno
che persegue i propri interessi sottoposto a vincoli minimi. Si raggiunge questa situazione quando si
abbandonano le norme morali oggettive, quando si rifiuta qualsiasi narrazione
religiosa e culturale, quando si rifiuta la memoria del passato. Dreher
suggerisce ai lettori la vita ordinata della regola di san Benedetto per
resistere al disordine del mondo moderno. Dreher ci tiene a precisare che
nell’opzione benedetto non stiamo cercando di annullare sette secoli di storia,
come se un’operazione simile fosse possibile. Né stiamo tentando di salvare
l’Occidente. Stiamo solamente provando a costruire uno stile di vita cristiano
che si erga come un’isola di santità e di stabilità in mezzo all’alta marea
della modernità liquida. Occorre che i cristiani interiorizzino cosa davvero
significhi porsi in posizione di minoranza. Cominciare a pensare in questi
termini è davvero decisivo. “Se non lo faremo, continueremo ad operare in base
a regole del gioco che hanno pochissimo a che fare con la partita che si sta
effettivamente giocando”.
Nelle parole di Dreher si percepisce la
visione del mondo in toni fortemente negativi e pessimistici, un mondo dal
quale ci si deve solo proteggere. Las post cristianità non è vista come
possibilità per ripensare qualcosa di nuova anche in termini di fede, ma come
minaccia.
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