Paolo Cugini
Ricorre nel mese di ottobre, l'anniversario delle rivista Esprit, uscita per la prima volta il primo di ottobre del 1932. Sono, dunque, novant'anni che Esprit è presente nel panorama culturale non solo francese, ma europeo. L'ideatore e creatore di questa rivista è stato il filosofo francese che, all'età di 25 anni, rinunciò alla carriera universitaria per imbattersi in un'avventura di grande spessore culturale. Sarà sulle pagine di Esprit che nascerà la corrente filosofica del personalismo comunitario, pensiero di matrice cristiana, aperto al dialogo con le ideologie dell'epoca.
Prendere
in mano i testi di Emmanuel Mounier, sfogliare le pagine di Esprit da lui
fondata può sembrare un gesto obsoleto, nostalgia del passato. In parte è anche
così, ma c’è di più. Ciò che accompagna le pagine di Mounier è il desiderio di
condividere un mio personale percorso filosofico più che trentennale, alla
ricerca di un pensiero cristiano in grado di leggere e interpretare la realtà,
mostrando allo stesso tempo, la novità e la forza del Vangelo. Mounier è stato
nella sua epoca, un riferimento per tutti coloro che cercavano di leggere le
pagine buie della storia tra le due grandi guerre, in una prospettiva
cristiana. In questo sforzo era in buona compagnia. Nella Francia degli anni
Trenta, infatti, il dibattito sul pensiero cristiano e sulla possibilità di una
filosofia cristiana, era molto vivace. Autori come Blondel, Gilson, Maritain,
solo per fare alcuni nomi, avevano alzato la voce, aprendo sul tema in
questione un dibattito significativo. Cercare una relazione tra fede e vita,
liturgia e storia non è mai stato semplice. Ne sono testimonianza pagine di
storia in cui spesso si assiste o al ripiegamento intimistico e
individualistico, che dimostra la paura del mondo, più che il desiderio di
trasformarlo dal di dentro, immergendosi in esso facendo affidamento al
contenuto della fede a cui si aderisce. Dall’altra, la tentazione di immergersi
a tal punto nel mondo a tal punto da dimenticare o rinnegare le proprie origini
cristiane. Questo equilibrio delicato tra fede e vita Mounier l’ha vissuto in prima
persona ed è sempre stato molto attento a descriverlo, a mostrare cammini
concreti per realizzare un’armonia possibile. Accompagnare il suo impegno per
non lasciarsi portare via dalla smania dell’azione, per rimanere concentrato
nella ricerca dei fondamenti spirituali che possano illuminare e dare senso
all’azione, sarà l’obiettivo della prima parte di questa ricerca, che tenta di
narrare la nascita della rivista Esprit. Uno degli aspetti più
interessanti dell’esperienza culturale di Mounier la troviamo proprio in quello
che possiamo definire il laboratorio spirituale e culturale che è stata la
rivista Esprit. Mounier non è il classico pensatore che a tavolino
elabora una filosofia, un sistema filosofico onnicomprensivo. Il personalismo
comunitario è nato sulle pagine della rivista Esprit, una rivista voluta
e pensata come laboratorio culturale attorno al quale Mounier ha saputo coinvolgere
le migliori menti pensanti della Francia degli anni Trenta e Quaranta del
secolo scorso. Un pensiero che ha voluto e saputo confrontarsi con il mondo
religioso protestante e cattolico e con il pensiero politico di sinistra, nella
ricerca continua di offrire alla crisi di civiltà che l’Europa stava vivendo,
non solo spunti culturali di rilievo ma, forse e soprattutto un metodo.
Cercare
punti di riferimento, percorsi già battuti di una rielaborazione concettuale
che cerchi di leggere i dinamismi della storia alla luce della proposta
cristiana è quanto mai importante, soprattutto in questa fase delicata di
post-cristianesimo, in cui si corre il rischio di dimenticare tutto, di
cancellare dalla memoria storica, anche i contributi più preziosi. Confrontarsi
in questo frangente della storia con il personalismo comunitario di Emmanuel
Mounier, può essere stimolante, anche perché non si tratta di una proposta
filosofica maturata a tavolino, lontana dai problemi del vissuto quotidiano. Il
postcristianesimo è una fase di passaggio epocale in cui diventa facile
lasciarsi trasportare dall’ebrezza della novità, della ricerca di cammini
nuovi, senza preoccuparsi troppo di che cosa si lascia, di ciò che rimane alle
spalle. Guardare a Mounier significa considerare la persona come il punto di
partenza fondamentale per tutti coloro che desiderano percorrere un cammino
nella novità che l’epoca attuale sta portando, sena correre il rischio di
perdersi, di confondersi. Questo riferimento alla persona diviene ancora più
importante nel clima filosofico post metafisico, di perdita di quei fondamenti
che hanno segnato l’Occidente. Non, dunque, un riferimento qualunque, ma al
modo in cui il personalismo di Mounier intende la persona, ancorata alla fonte
cristiana in cui ancora oggi è possibile abbeverarsi senza il timore di
rimanere schiacciati sotto le macerie di un passato ingombrante. Per questo
motivo, nella seconda parte della presente ricerca presenteremo alcuni dei temi
che hanno segnato il cammino della proposta personalista di Mounier, temi che,
come avremo modi di dimostrare, rimangono costantemente aperti al confronto con
le dinamiche culturali del tempo.
Come
ogni pensiero e come ogni proposta culturale che segna un’epoca e che offre
spunti di riflessione per intere generazioni, anche la proposta di Mounier non
nasce a caso, non si sviluppa in modo isolato, ma ha delle origini, provoca dei
confronti. È questo il senso della terza parte della ricerca, che propone un
confronto con l’autore che lo stesso Mounier definisce un maestro: Charles
Péguy. Ci sono delle relazioni culturali che si trasformano in amicizie
spirituali, anche se gli autori non si sono mai conosciuti, com’è il caso di
Mounier e Péguy. Amicizie culturali che segnano una vita, perché vanno in
profondità, aprono varchi nell’anima e nel cuore, dirigono il pensiero,
costituiscono una guida così importante da rimanere sempre presenti durante il
cammino della vita. Nel corso degli anni, mentre approfondivo il pensiero di
Mounier, mi sono imbattuto in alcuni autori le cui riflessioni rimandavano
costantemente al padre del personalismo comunitario. Uno di questi è la
filosofa francese Simone Weil. Mi sono interrogato spesso sul motivo della
scarsa collaborazione tra i due pensatori e, per questo, ho pensato di dedicare
qualche pagina al tema.
L’ultimo
sforzo della ricerca è direzionato all’attualità. Qui il cammino si complica,
perché il rischio è quello d’impantanarsi nella palude dell’immediato, delle
simpatie tematiche, correndo il rischio di perdere di vista la serietà del
percorso, l’attenzione alle prospettive che s’intendono osservare. Ho ritenuto
allora opportuno, un confronto del personalismo con il mio campo specifico di
lavoro, che è la pastorale, che consiste nello sforzo quotidiano di annunciare
il Vangelo nel contesto specifico di una parrocchia. È questo il contenuto
della quarta e ultima parte di questa ricerca.
Senza
dubbio la riflessione di Mounier presenta degli aspetti superati, in quanto
legati all’epoca in cui la sua proposta è stata elaborata. La situazione
politica e culturale dei nostri giorni è cambiata e, per certi aspetti, non
sono proponibili dei paralleli. In ogni modo, ciò che è significativo nel
personalismo di Mounier è la capacità di pensare ai problemi incontrati sena
cercare risposte immediate capaci di soddisfare la maggioranza, ma di elaborare
una proposta guardano avanti. Sempre in questa prospettiva progettuale è
significativo lo sforzo di Mounier di coinvolgere nella ricerca persone
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