sabato 20 ottobre 2018

VOGLIONO SOLO VIVERE. RIFLESSIONI SUI CRISTIANI LGBT







Paolo Cugini

È stata questa la mia considerazione finale al termine dei tre giorni del Forum con i cristiani LGBT, svoltosi all’inizio del mese di ottobre 2018 ad Albano Laziale. Non vogliono nient’altro che questo: vivere come tutti. È questa una risposta semplice e banale alla classica domanda che la gente perbene, quella gente che pensa di essere nel giusto e nel vero, per il semplice fatto che si sente normale (non ho scritto: che è, ma che si sente): che cosa vogliono questi qua? Vogliono vivere, mia cara signora omofoba; desiderano vivere liberi e non giudicati, carissimo signore della porta accanto, che ti fa ribrezzo solamente sentire nominare la parola omosessuale. È questo semplicissimo dato esistenziale, che ho compreso in queste bellissime giornate di amicizia, studio, preghiera e condivisione. Mentre ascoltavo le relazioni, partecipavo ai gruppi di lavoro, pregavo, mi domandavo: ma perché siamo arrivati al punto che delle persone devono nascondere la propria identità, per paura delle ripercussioni, non solo in famiglia, ma anche nel lavoro e anche -mi rincresce molto dirlo, ma è la verità – nella Chiesa. Che cosa è successo?

Ascoltando le testimonianze dei cristiani omosessuali, dei loro genitori (mi hanno colpito, in modo particolare, le testimonianze di alcune mamme), delle loro sofferenze causate spesso dagli uomini di Chiesa, che utilizzano la dottrina come un machete senza nessun scrupolo, forti dell’identificazione dottrina-verità, mi chiedo a cosa siano serviti secoli di filosofia e di teologia, se non sono riusciti a sgretolare nel pensiero occidentale pregiudizi ancestrali ingiustificati, tenuti in piedi solamente da ragioni artefatte, messe in piedi per salvare l’opinione comune. Nonostante da decenni la scienza affermi che ci sono persone che nascono omosessuali, la cultura nella quale siamo nati e della quale ci siamo imbevuti, rifiuta questo dato confermato dalle stesse persone interessate. Basterebbe fermarsi ed ascoltarle. Come prete dico: basterebbe prendere sul serio le testimonianze ascoltate nelle confessioni, per capire che nella dottrina cattolica che dichiara “l'inclinazione omosessuale oggettivamente disordinata, c’è qualcosa che non funziona, qualcosa che non è inerente alla realtà. Quando la teologia non spiega la realtà, o la spiega parzialmente, mettendo delle pezze a ciò che, a causa delle precomprensioni culturali, non riesce a comprendere, significa che ha imboccato la strada dell’ideologia e, come sappiamo, qualsiasi ideologia è di parte, difende interessi, provoca divisioni dentro e fuori le persone. Come ha sostenuto la teologa Cristina Simonelli, attuale presidente delle teologhe italiane, nel suo intervento al V Forum dei cristiani LGBT: “Il catechismo della Chiesa cattolica è una sintesi datata, non certo eterna o intangibile: a dimostrazione, è stata tolta la liceità della pena di morte, può essere tolto anche il disordine oggettivo!  Si tratta dunque di un documento che merita rispetto, sì, ma anche comprensione storica, critica, teologica e dunque dibattito”.

Sono solo due anni che come pastore accompagno cristiani LGBT e già sono stanco di sentire l’ipocrisia della Chiesa che servo, che utilizza le parole magiche dell’accoglienza e dell’inclusione senza poi, dall’altra parte, offrire i contenuti della stessa. Rimango stordito quando ascolto le belle parole dell’accoglienza da quella mia Chiesa, che poi sbatte volgarmente fuori dai confessionali fratelli e sorelle che s’inginocchiano per chiedere misericordia. Ma che roba è questa? Di che cosa stiamo parlando? Soprattutto: ci rendiamo conto dei disastri che stiamo combinando in nome di un Vangelo che il mondo non riconosce nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti schizofrenici? Con la bocca, infatti, diciamo una cosa, mentre con i nostri gesti la neghiamo. Perché non permettiamo ad una persona omosessuale di leggere in Chiesa o di fare catechismo (su questo tema specifico la letteratura è spiacevolmente e vergognosamente enorme)? Come si fa, poi, a dire ai cristiani LGBT “ti accolgo nella comunità” e poi vescovi e preti proibiscono di realizzare le veglie per le vittime dell’omofobia? Quanta vergogna e quanto imbarazzo ho sentito in questi due anni in cui assieme agli amici e amiche del gruppo abbiamo organizzato le veglie di preghiera e venire barbaramente e violentemente attaccati da quegli stessi fratelli e sorelle che alla domenica incontravamo attorno alla stessa mensa del Signore per ascoltare la sua stessa Parola e cibarci del suo stesso corpo. Perché accadono queste cose? Che cosa hanno fatto? Non hanno diritto di pregare come tutti? Perché tu che sei stato messo per essere il pastore conforme al Vangelo del Signore, sbatti le porte in faccia a questi fratelli e sorelle? Eppure i cani li lasciamo entrare nelle Chiese!

Chi lavora da anni con i cristiani omosessuali sente che, grazie anche agli impulsi e agli stimoli dottrinali di Papa Francesco, è giunto il momento di osare qualche passo in più nella direzione di un’accoglienza che sia retta da una nuova elaborazione dottrinale e teologica. Lo ha ricordato suor Fabrizia che da dieci anni, assieme alle sue consorelle domenicane, ha aperto le porte del monastero di Firenze. Dopo aver ricordato che: “le nostre comunità cristiane, che hanno condannato per lo più al nascondimento le persone LGBT presenti al loro interno, lasciando sussistere il sospetto di un sottile legame tra condizione omosessuale e perversione morale, debbono riconoscere di aver tradito lo sguardo benedicente di Dio”, suor Fabrizia ha aggiunto che “per quanto sia fondamentale la conversione pastorale, siamo convinte che questa non basti. Crediamo che la teologia sia chiamata oggi a ripensare con coraggio, secondo la sua specifica vocazione alla ricerca, le questioni relative al mondo LGBT”.

I nostri fratelli e le nostre sorelle LGBT ci stanno facendo crescere, ci stanno aiutando a togliere dai nostri occhi il velo dell’ipocrisia, ci stanno aiutando a capire il vangelo divenendo in questo modo, un luogo ermeneutico incredibile. Per questo, ve ne siamo grati e preghiamo perché anche i nostri pastori-vescovi escano al più presto dalle facili parole e dai facili atteggiamenti di maniera, per riconoscere finalmente il dono di grazia che Dio ha fatto con la vostra vita omosessuale.




7 commenti:

  1. Caro amico concordo totalmente con la tua riflessione! Il nostro comportamento di "cristiani professi" è ipocrita come lo è quello di pastori "tiepidi" e vescovi duri di cuore pieni solo di formalismo. Spero e prego affinché la Chiesa si converta, apra il cuore al Vangelo e abbandoni potere, denaro, regole (vedi lettera ai Galati) liberandosi da tutte queste schiavitù e servendo solo Cristo!
    La tua riflessione mi ha commosso profondamente. Ti ringrazio per coraggio e la coerenza assoluti con i quali vivi la Parola. Con tuo esempio mi confronto e trovo la forza per continuare a lottare affinché la Chiesa maturi. Grazie Signore e grazie Paolo.

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  2. Mamma mia Paolo . Grazie grazie grazie.. Per il momento non riesco a dire altro

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  3. Carissimo amico e pastore,concordo in pieno di tutto quello che hai scritto.Purtroppo la nostra Chiesa madre ha perso significato della parola "Cristiani" . Durante il mio coming out ho scoperto il Cristo vero che ama,che non giudica, ti accetta per quello che sei.Se oggi sono così,perché Lui stesso mi ha creato così. Dopo la creazione, Dio disse;"E Dio vide che era cosa buona" Allora se sono creata da Dio così,perché deve essere un errore.Ma quanto pare la Chiesa la pensa così,tradizionalisti,allori sì che mettiamo in dubbio Dio stesso,della Sua esistenza e Suo amore per ciascun vivente in questa terra. Quindi dobbiamo pregare molto per la nostra Madre Chiesa,che apre il suo cuore,la sua mente,ma sopratutto dobbiamo pregare per la sua fede che la persa.Non siamo Cristiani solo perché ci siamo battezzati,ma perché seguiamo il cammino di Cristo,perché amiamo come Cristo,e perché siamo misericordiosi come Cristo..Sono felice di essere quello che sono, e anche perché ho incontrato Cristo Risorto nella mia vita..Omosessualità non e un peccato ma e un dono di Dio..
    Grazie don per averci,di avermi indicato la vera strada verso Cristo e grazie di avermi aiutato di non smarrirmi nella mia fede..Non e facile di essere perseguitati dai stessi fratelli che condividiamo stesso altare tutte le domeniche, ma quello che conta di non smarrirsi mai nel nostro cammino,ma seguire sempre Colui che ci ha creato e ci ha amato e ci ama.Questo e che conta,tutto resto non mi appartiene.
    Grazie don e Dio ti benedica

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  4. Mi sono preso il tempo di rileggere, sia pure piuttosto in fretta, i quattro Vangeli... e non ho trovato scritto in alcuna pagina che il comandamento dell’amore valga solo nei confronti di alcuni ed escluda tutti gli altri.
    Ma forse, considerando il comportamento di molti cristiani, (!!!), dev'essermi senz’altro sfuggito qualcosa...!!

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  5. Come al solito argomentazioni ineccepibili che portano ad una visione lucida e profonda.

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  6. parole autentiche alle quali non siamo più abituati, letture dal cuore che scandalizzano chi si é adeguato e appiattito alle regole della nostra società che non vuole essere disturbata dalla Verità.
    Grazie per tenere le nostre coscienze aderenti al Vangelo con il nostro cuore aperto a tutti

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  7. Carissimo don Paolo
    scusa se commento solo ora il tuo intervento.
    Ho sempre paura di non saper trovare le parole per esprimere quello che sento nel cuore e così non riuscire a portare un contributo valido a quella che per me e mio marito è diventata una missione: la piena accoglienza nella chiesa delle persone LGBT.
    Questo perchè abbiamo un figlio gay che invece di sentirsi accolto nella sua famiglia "così cattolica" e nella comunità di fede in cui era cresciuto, ha dovuto abbandonare tutto, anche la fede, per non soccombere al senso di colpa. Si sembra assurdo, ma è stato penalizzato soprattutto da me,una mamma, così fedele al magistero e alla dottrina della chiesa che ha visto "l'oggettivo disordine" e non il figlio e da sacerdoti in cui non ha trovato misericordia.
    Lui non ha avuto il coraggio di fare coming out, sono io che allarmata da alcuni segnali non ho resistito all'ansia e gliel'ho chiesto.Dalla sua risposta affermativa io ho reagito dicendo che andando dalle persone giuste sarebbe guarito.Ero così omofoba che non riuscivo nemmeno a pronunciare la parola omosessuale o lesbica.C'è voluto tanto tempo per colmare la frattura che si era creata, quando lui "voleva solo vivere" così com' era. Ma nella sua famiglia, nella parrocchia questo non era possibile.
    Come non mi stanco di ripetere, l'incontro con il gruppo LGBT di Reggio è stato la nostra salvezza e l'aiuto determinante a cambiare mentalità ed il nostro modo di vivere la fede. Ma se è stato importantissimo incontrare dei genitori, delle ragazze e dei ragazzi meravigliosi,è stato fondamentale incontrare te don Paolo: un PRETE, che vedeva in loro "persone", che donava amicizia,che pregava con loro, che anzi ti faceva capire e toccare con mano che Dio è padre di tutti indipendentemente dal proprio modo di vivere l'amore.
    Era il tempo di Pentecoste del 2017 e mai come allora ho fatto esperienza dello Spirito Consolatore.
    Grazie, per il bene che ci hai fatto. Ora nostro figlio è molto contento del cammino che stiamo facendo, sa che lo facciamo per lui, anche se non vuole avere più niente a che fare con una chiesa che lo ha giudicato e in tanta parte lo considera ancora "Un mostro".
    Noi speriamo che attraverso il nostro amore possa incontrare di nuovo Dio e sentirlo come un padre che lo ha amato da sempre e non lo ha mai escluso.
    Mara e Agostino

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