Paolo Cugini
È
stata questa la mia considerazione finale al termine dei tre giorni del Forum
con i cristiani LGBT, svoltosi all’inizio del mese di ottobre 2018 ad Albano
Laziale. Non vogliono nient’altro che questo: vivere come tutti. È questa una
risposta semplice e banale alla classica domanda che la gente perbene, quella
gente che pensa di essere nel giusto e nel vero, per il semplice fatto che si
sente normale (non ho scritto: che è, ma che si sente): che cosa vogliono
questi qua? Vogliono vivere, mia cara signora omofoba; desiderano vivere liberi
e non giudicati, carissimo signore della porta accanto, che ti fa ribrezzo
solamente sentire nominare la parola omosessuale. È questo semplicissimo dato
esistenziale, che ho compreso in queste bellissime giornate di amicizia,
studio, preghiera e condivisione. Mentre ascoltavo le relazioni, partecipavo ai
gruppi di lavoro, pregavo, mi domandavo: ma perché siamo arrivati al punto che
delle persone devono nascondere la propria identità, per paura delle
ripercussioni, non solo in famiglia, ma anche nel lavoro e anche -mi rincresce
molto dirlo, ma è la verità – nella Chiesa. Che cosa è successo?
Ascoltando
le testimonianze dei cristiani omosessuali, dei loro genitori (mi hanno
colpito, in modo particolare, le testimonianze di alcune mamme), delle loro
sofferenze causate spesso dagli uomini di Chiesa, che utilizzano la dottrina
come un machete senza nessun scrupolo, forti dell’identificazione
dottrina-verità, mi chiedo a cosa siano serviti secoli di filosofia e di
teologia, se non sono riusciti a sgretolare nel pensiero occidentale pregiudizi
ancestrali ingiustificati, tenuti in piedi solamente da ragioni artefatte, messe
in piedi per salvare l’opinione comune. Nonostante da decenni la scienza
affermi che ci sono persone che nascono omosessuali, la cultura nella quale
siamo nati e della quale ci siamo imbevuti, rifiuta questo dato confermato
dalle stesse persone interessate. Basterebbe fermarsi ed ascoltarle. Come prete
dico: basterebbe prendere sul serio le testimonianze ascoltate nelle confessioni,
per capire che nella dottrina cattolica che dichiara “l'inclinazione omosessuale
oggettivamente disordinata”, c’è qualcosa che non funziona,
qualcosa che non è inerente alla realtà. Quando la teologia non spiega la
realtà, o la spiega parzialmente, mettendo delle pezze a ciò che, a causa delle
precomprensioni culturali, non riesce a comprendere, significa che ha imboccato
la strada dell’ideologia e, come sappiamo, qualsiasi ideologia è di parte,
difende interessi, provoca divisioni dentro e fuori le persone. Come ha
sostenuto la teologa Cristina Simonelli, attuale presidente delle teologhe
italiane, nel suo intervento al V Forum dei cristiani LGBT: “Il
catechismo della Chiesa cattolica è una sintesi datata, non certo eterna o
intangibile: a dimostrazione, è stata tolta la liceità della pena di morte, può
essere tolto anche il disordine oggettivo! Si
tratta dunque di un documento che merita rispetto, sì, ma anche comprensione
storica, critica, teologica e dunque dibattito”.
Sono
solo due anni che come pastore accompagno cristiani LGBT e già sono stanco di
sentire l’ipocrisia della Chiesa che servo, che utilizza le parole magiche
dell’accoglienza e dell’inclusione senza poi, dall’altra parte, offrire i
contenuti della stessa. Rimango stordito quando ascolto le belle parole
dell’accoglienza da quella mia Chiesa, che poi sbatte volgarmente fuori dai
confessionali fratelli e sorelle che s’inginocchiano per chiedere misericordia.
Ma che roba è questa? Di che cosa stiamo parlando? Soprattutto: ci rendiamo
conto dei disastri che stiamo combinando in nome di un Vangelo che il mondo non
riconosce nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti schizofrenici? Con la
bocca, infatti, diciamo una cosa, mentre con i nostri gesti la neghiamo. Perché
non permettiamo ad una persona omosessuale di leggere in Chiesa o di fare
catechismo (su questo tema specifico la letteratura è spiacevolmente e
vergognosamente enorme)? Come si fa, poi, a dire ai cristiani LGBT “ti accolgo nella comunità” e poi vescovi
e preti proibiscono di realizzare le veglie per le vittime dell’omofobia? Quanta
vergogna e quanto imbarazzo ho sentito in questi due anni in cui assieme agli
amici e amiche del gruppo abbiamo organizzato le veglie di preghiera e venire
barbaramente e violentemente attaccati da quegli stessi fratelli e sorelle che
alla domenica incontravamo attorno alla stessa mensa del Signore per ascoltare
la sua stessa Parola e cibarci del suo stesso corpo. Perché accadono queste
cose? Che cosa hanno fatto? Non hanno diritto di pregare come tutti? Perché tu
che sei stato messo per essere il pastore conforme al Vangelo del Signore,
sbatti le porte in faccia a questi fratelli e sorelle? Eppure i cani li lasciamo
entrare nelle Chiese!
Chi
lavora da anni con i cristiani omosessuali sente che, grazie anche agli impulsi
e agli stimoli dottrinali di Papa Francesco, è giunto il momento di osare qualche
passo in più nella direzione di un’accoglienza che sia retta da una nuova
elaborazione dottrinale e teologica. Lo ha ricordato suor Fabrizia che da dieci
anni, assieme alle sue consorelle domenicane, ha aperto le porte del monastero di
Firenze. Dopo aver ricordato che: “le nostre comunità cristiane, che hanno
condannato per lo più al nascondimento le persone LGBT presenti al loro
interno, lasciando sussistere il sospetto di un sottile legame tra condizione
omosessuale e perversione morale, debbono riconoscere di aver tradito lo
sguardo benedicente di Dio”, suor Fabrizia ha aggiunto che “per quanto sia fondamentale la conversione
pastorale, siamo convinte che questa non basti. Crediamo che la teologia sia chiamata oggi a ripensare con
coraggio, secondo la sua specifica vocazione alla ricerca, le questioni
relative al mondo LGBT”.
I
nostri fratelli e le nostre sorelle LGBT ci stanno facendo crescere, ci stanno
aiutando a togliere dai nostri occhi il velo dell’ipocrisia, ci stanno aiutando
a capire il vangelo divenendo in questo modo, un luogo ermeneutico incredibile.
Per questo, ve ne siamo grati e preghiamo perché anche i nostri pastori-vescovi
escano al più presto dalle facili parole e dai facili atteggiamenti di maniera,
per riconoscere finalmente il dono di grazia che Dio ha fatto con la vostra
vita omosessuale.
Caro amico concordo totalmente con la tua riflessione! Il nostro comportamento di "cristiani professi" è ipocrita come lo è quello di pastori "tiepidi" e vescovi duri di cuore pieni solo di formalismo. Spero e prego affinché la Chiesa si converta, apra il cuore al Vangelo e abbandoni potere, denaro, regole (vedi lettera ai Galati) liberandosi da tutte queste schiavitù e servendo solo Cristo!
RispondiEliminaLa tua riflessione mi ha commosso profondamente. Ti ringrazio per coraggio e la coerenza assoluti con i quali vivi la Parola. Con tuo esempio mi confronto e trovo la forza per continuare a lottare affinché la Chiesa maturi. Grazie Signore e grazie Paolo.
Mamma mia Paolo . Grazie grazie grazie.. Per il momento non riesco a dire altro
RispondiEliminaCarissimo amico e pastore,concordo in pieno di tutto quello che hai scritto.Purtroppo la nostra Chiesa madre ha perso significato della parola "Cristiani" . Durante il mio coming out ho scoperto il Cristo vero che ama,che non giudica, ti accetta per quello che sei.Se oggi sono così,perché Lui stesso mi ha creato così. Dopo la creazione, Dio disse;"E Dio vide che era cosa buona" Allora se sono creata da Dio così,perché deve essere un errore.Ma quanto pare la Chiesa la pensa così,tradizionalisti,allori sì che mettiamo in dubbio Dio stesso,della Sua esistenza e Suo amore per ciascun vivente in questa terra. Quindi dobbiamo pregare molto per la nostra Madre Chiesa,che apre il suo cuore,la sua mente,ma sopratutto dobbiamo pregare per la sua fede che la persa.Non siamo Cristiani solo perché ci siamo battezzati,ma perché seguiamo il cammino di Cristo,perché amiamo come Cristo,e perché siamo misericordiosi come Cristo..Sono felice di essere quello che sono, e anche perché ho incontrato Cristo Risorto nella mia vita..Omosessualità non e un peccato ma e un dono di Dio..
RispondiEliminaGrazie don per averci,di avermi indicato la vera strada verso Cristo e grazie di avermi aiutato di non smarrirmi nella mia fede..Non e facile di essere perseguitati dai stessi fratelli che condividiamo stesso altare tutte le domeniche, ma quello che conta di non smarrirsi mai nel nostro cammino,ma seguire sempre Colui che ci ha creato e ci ha amato e ci ama.Questo e che conta,tutto resto non mi appartiene.
Grazie don e Dio ti benedica
Mi sono preso il tempo di rileggere, sia pure piuttosto in fretta, i quattro Vangeli... e non ho trovato scritto in alcuna pagina che il comandamento dell’amore valga solo nei confronti di alcuni ed escluda tutti gli altri.
RispondiEliminaMa forse, considerando il comportamento di molti cristiani, (!!!), dev'essermi senz’altro sfuggito qualcosa...!!
Come al solito argomentazioni ineccepibili che portano ad una visione lucida e profonda.
RispondiEliminaparole autentiche alle quali non siamo più abituati, letture dal cuore che scandalizzano chi si é adeguato e appiattito alle regole della nostra società che non vuole essere disturbata dalla Verità.
RispondiEliminaGrazie per tenere le nostre coscienze aderenti al Vangelo con il nostro cuore aperto a tutti
Carissimo don Paolo
RispondiEliminascusa se commento solo ora il tuo intervento.
Ho sempre paura di non saper trovare le parole per esprimere quello che sento nel cuore e così non riuscire a portare un contributo valido a quella che per me e mio marito è diventata una missione: la piena accoglienza nella chiesa delle persone LGBT.
Questo perchè abbiamo un figlio gay che invece di sentirsi accolto nella sua famiglia "così cattolica" e nella comunità di fede in cui era cresciuto, ha dovuto abbandonare tutto, anche la fede, per non soccombere al senso di colpa. Si sembra assurdo, ma è stato penalizzato soprattutto da me,una mamma, così fedele al magistero e alla dottrina della chiesa che ha visto "l'oggettivo disordine" e non il figlio e da sacerdoti in cui non ha trovato misericordia.
Lui non ha avuto il coraggio di fare coming out, sono io che allarmata da alcuni segnali non ho resistito all'ansia e gliel'ho chiesto.Dalla sua risposta affermativa io ho reagito dicendo che andando dalle persone giuste sarebbe guarito.Ero così omofoba che non riuscivo nemmeno a pronunciare la parola omosessuale o lesbica.C'è voluto tanto tempo per colmare la frattura che si era creata, quando lui "voleva solo vivere" così com' era. Ma nella sua famiglia, nella parrocchia questo non era possibile.
Come non mi stanco di ripetere, l'incontro con il gruppo LGBT di Reggio è stato la nostra salvezza e l'aiuto determinante a cambiare mentalità ed il nostro modo di vivere la fede. Ma se è stato importantissimo incontrare dei genitori, delle ragazze e dei ragazzi meravigliosi,è stato fondamentale incontrare te don Paolo: un PRETE, che vedeva in loro "persone", che donava amicizia,che pregava con loro, che anzi ti faceva capire e toccare con mano che Dio è padre di tutti indipendentemente dal proprio modo di vivere l'amore.
Era il tempo di Pentecoste del 2017 e mai come allora ho fatto esperienza dello Spirito Consolatore.
Grazie, per il bene che ci hai fatto. Ora nostro figlio è molto contento del cammino che stiamo facendo, sa che lo facciamo per lui, anche se non vuole avere più niente a che fare con una chiesa che lo ha giudicato e in tanta parte lo considera ancora "Un mostro".
Noi speriamo che attraverso il nostro amore possa incontrare di nuovo Dio e sentirlo come un padre che lo ha amato da sempre e non lo ha mai escluso.
Mara e Agostino