CRISI ECOLOGICA E SALVAGUARDIA DEL CREATO
IL CONTRIBUTO DELLA TEOLOGIA INDIGENA
Paolo Cugini
Tra i contributi
più significativi emersi dal convegno internazionale IN ASCOLTO DELL’AMERICA
organizzato dalla pontificia Università Urbaniana dal 7 al 9 aprile 2014, vanno
segnalati i diversi interventi di teologi di origine indigena o che perlomeno
si muovono in questo ambito. Sono già alcuni decenni che, soprattutto in
America Latina nel dibattito teologico prende sempre più spazio la voce dei
popoli indigeni, con la loro ricca e stimolante riflessione teologica, che
sfocia nella proposta di un nuovo modo d’intendere il rapporto dell’uomo con la
natura. Non è strano che questo grido venga da un continente da secoli
martoriato e sfruttato dal mondo Occidentale. C’è tutto un modo di relazionarsi
con la natura che dice di una cultura, di tradizioni, di modi di essere e di
pensare. L’antropologo Manuel Muñoz Millalonko del popolo williche di Chiloé,
in Cile durante il suo intervento ha ribadito varie volte la radicale diversità
tra la cosmo-visione indigena e quella europea, che sta alla base del modo
differente dell’uomo e della donna di entrare in relazione con il creato. Una diversità che non si è mai messa in dialogo, non ha mai tentato una sintesi.
Anzi al contrario, la cosmo-visone dei colonizzatori europei è stata imposta con
la forza con tutte le conseguenze negative che sono sotto Gli occhi di tutti. La distruzione
dell’ecosistema delle terre indigene operata dai colonizzatori, è ancora in
atto ed è frutto di quella cosmo-visione che percepisce la terra come risorsa da
sfruttare e non come madre da amare e l’essere umano come una specie superiore
delle altre, che ha quindi il diritto di fare ciò che vuole. Manuel Muñoz ha
ricordato che la cosmo-visone indigena è una conseguenza della contemplazione
della natura, che dà luogo alla relazione con l’universo dove l’essere umano
trova il posto come un elemento tra i tanti del sistema. Uscire da una visione
fortemente antropocentrica per assumere una visione maggiormente olisitica e
integrale degli ecosistemi è, secondo Manuel Muñoz, il cammino da compiere per
vivere iL rapporto con la natura in modo più risPettoso dell’ambiente. “Le cosmo-visoni indigene offrono proprio
questo contributo alla comprensione umana dell’universo, mettendo in
discussione il mito della superiorità dell’essere umano sul pianeta e
nell’universo”. Certamente il cammino non è facile, anche perchè si tratta
di mentalità secolari radicate nelle tradizioni, nei modi di essere e di fare.
L’ascolto attento dell’altro, soprattutto sul terreno delicato del rispetto
della natura, diviene però necessario, anche perché gli uomini e le donne per
poter vivere hanno bisogno di un ambiente il più possibile salutare. Il
percorso può divenire possibile se si rivede un certo modo d’intepretare
la Scrittura che a volte è sembrato
giustificare l’abuso che gli uomini per secoli hanno diretto al creato.
In questa prospettiva s’inseriscono le stimolanti riflessioni del teologo Boliviano Lucas Cerviño, il quale ha
tentato d’indicare un percorso che la teologia cristiana potrebbe compiere per
aiutare l’Occidente ad uscire da un rapporto eccessivamente aggressivo con la
natura e, così, raccogliere le significative sfide che la teologia indigena da alcuni decenni sta offrendo. In primo luogo occorre recuperare il valore della
sacralità della terra, non tanto per divinizzarla, ma per apprendere a prendersene cura, rispettandola. Puntualizzare la sacralità della terra
comporta, allo stesso tempo, abbracciare un’antropologia integrale e prendere
le distanze da quell’antropologia dualista tipicamente Occidentale. Ciò
significa riconoscere che il nostro essere non è appena spirituale, ma anche
corporale e che la dimensione corporale non è un dato negativo, una copia
imperfetta dell’ideale umano, come voleva la tradizione platonica che tanto ha
influenzato il pensiero cristiano delle origini. “Percepire il nostro corpo, riconciliarsi e riconoscerlo, aiuta ad
armonizzare la relazione con la natura e gli altri esseri viventi, senza per
questo annullare la nostra relazione con Dio in Cristo”. É la nostra realtà
corporea che ci unisce alla terra e ci conduce a soffrire quando lei soffre,
come ci ha ricordato Papa Francesco (EG 215). Recuperare l’importanza della
dimensione corporale e, di conseguenza, del rispetto della terra rende più
facile dar valore a tutte quelle scelte che si pongono nella direzione
dell’attenzione all’ambiente. Ci sono scelte che compiamo ogni giorno che
manifestano la presenza dell’amore di Dio. Diminuire il consumo di energia e
dell’acqua, scegliere il tipo di alimentazione, riciclare i beni materiali,
sono tutte scelte in questa direzione. Secondo Lucas Cerviño solamente
recuperando un’antrpologia integrale è possibile cogliere il luogo dell’essere
umano nella creazione. Solitamente si è soliti considerare la creazione
dell’uomo e della donna come il culmine dell’azione creatrice di Dio. È questa,
agli occhi di Cerviño, una lettura della Genesi che muove da una visone
marcatamente antropocentrica. In realtà il vero coronamento della creazione,
non è l’uomo, ma il sabato. “Nella
tradizione ebraica el Sabbat fonda il rispetto per tutta la vita, come
d’altronde l’anno sabbatico”. Il Sabato, allora, colloca al centro della
creazione non l’uomo, ma la vita, che è in definitiva vita in Dio e, in questo
modo, riequilibra la relazione tra l’umano e il cosmico come azione divina. Secondo
Cerviño questa propsettiva riesce a spiegare meglio il valore e il significato
della Domenica come celebrazione della nuova creazione iniziata da Gesù Cristo.
In definitiva, tanto il mondo ebreo come la religione cristiana pongono in
rilievo una concezione olisitca della salvezza: il Regno di Dio include la
terra e tutti gli esserri viventi, come anche il creato per l’essere umano. La
Domenica-Sabbat rompe con qualcosa che per la nostra società sembra
impossibile, vale a dire il mito della produzione costante e della crescita
illimitata.
Sviluppare e
riprendere queste tematiche per approfondirle, può essere un’indicazione utile
per tentare di rendere più concreto il cammino che realizziamo nelle nostre
comunità parrocchiali. Dall’ascolto della Parola di Dio e dalle nostre
celebrazioni eucaristiche dovrebbe poter sorgere l’impegno quotidiano per la
salvaguardia del creato.
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