Pubblico questa bella testimonianza sul caso Bibbiano
Come in ogni cosa esiste sempre una verità e il suo
esatto contrario
Veronica Prampolini
Quando
scoppiò il “caso Bibbiano” noi famiglie affidatarie restammo, basite, incapaci
di comprendere, orfani e privati di ogni riferimento professionale che aveva in
carico i nostri bambini, impauriti e incerti sul futuro che ci attendeva. Chiamavano
Demoni quelli che per me erano Angeli e per cercare di comprendere meglio
iniziò quella concitazione di telefonate e messaggi per confrontarci tra noi
famiglie affidatarie. Volevamo portare le nostre testimonianze, tentavamo
tramite i social di dare il nostro contributo, ma la melma di odio cresceva
sempre più, si allargava fino a coprire tutto il sistema affidi a livello
nazionale. Ad ogni testimonianza che riuscivamo ad apportare alla causa, ci
tornava come un boomerang odio e disprezzo. Venivamo sospettati anche noi
perché cercavamo di difendere ciò in cui abbiamo sempre creduto.
Diventavamo
Demoni anche noi, eravamo guardati con sospetto e vedevamo i ruoli
capovolgersi. Le famiglie bio alle quali
erano stati allontanati i figli per metterli in sicurezza, diventavano Angeli e
noi affidatari che crescevamo con fatica e sacrificio i figli di altri facendo
parte di un sistema malato, diventavamo Demoni. Piano piano tutti noi abbiamo
fatto un passo indietro, ci siamo rifugiati nel silenzio, soprattutto perché il
nostro timore era quello di danneggiare i Servizi Sociali indagati, anziché
alleggerirli. E così in questi anni ho avuto modo di riflettere tanto su ciò
che era accaduto, su come chiunque di noi, per un motivo o per un altro
potrebbe svegliarsi una mattina, trovare i lampeggianti sotto casa e diventare
un Demone, disprezzato sui Social, con una carriera spezzata, una vita
distrutta, rapporti sociali azzerati. Resti solo tu, con la tua verità,
sull’orlo di un abisso profondo.
Cosa
avrei fatto io, se fosse accaduto a me?
Avrei
trovato la forza di continuare a vivere? Cosa mi avrebbe tenuta in vita?
Forse
la voglia di dimostrare la Verità. Solo
quella.
Ma
nel frattempo poi la vita è andata avanti, i tempi della giustizia sono lunghi
anni e si deve trovare la forza di restare a galla, possibilmente in salute. È
luogo comune pensare e parlare male dell’operato dei servizi sociali, perché a
volte ad urlare all’ingiustizia sono proprio quei genitori che non hanno saputo
essere accudenti con i figli, non hanno saputo proteggerli, non hanno saputo
amarli. E il cattivo giornalismo di oggi, ci va a nozze con le ingiustizie
urlate, senza però approfondire, senza sentire la controparte. I social poi completano l’opera di
diffamazione dando voce a chi non conosce nemmeno la differenza tra la parola
“adozione” e la parola “affido”. E ancora una volta la “colpa” è dei servizi
sociali che tolgono i figli. Nella mia “carriera” di mamma affidataria ho
collaborato con tanti servizi sociali, non tutti del mio comune di residenza,
ho quindi purtroppo avuto modo di conoscere dei pessimi assistenti sociali
(pochi per fortuna) che non mettevano al centro il benessere del bambino, ma
solo quello degli adulti e degli assistenti sociali speciali e coraggiosi che
non si piegavano davanti alle minacce e alle sfuriate dei pessimi genitori. Quando
io mettevo piede nella sede della Valdenza era per me eccitazione. Era un
sentirsi a casa. In un ambiente che offriva protezione. Eccitazione di
incontrare persone altamente qualificate, accoglienti, mai giudicanti, che ti
illustravano un progetto tenendo conto delle tue competenze di accoglienza,
rassicurandoti nelle difficoltà, garantendoti presenza nel compiere questo
cammino insieme.
La responsabile ci fornì il suo cellulare per eventuali emergenze, tramite un gruppo Whattsapp aggiornavo in tempo reale responsabile, educatrice e assistente sociale sull’andamento del mio affido e quando mi trovai a gestire una situazione di sospetto pericolo ebbi immediata risposta della responsabile che nonostante fosse notte e fosse in ferie, allertò subito le forze dell’ordine per metterci in sicurezza. Io quei servizi sociali lì, li rimpiango là dove vedo soffrire bambini, là dove si ignorano i loro disagi, là dove il nostro ruolo di affidatario risulta essere solo fastidioso. Provo tanta dolore quando penso a questa brutta pagina di cronaca, voglio però avere fiducia nella magistratura e mi auguro che presto la verità possa ridare dignità e vita a queste persone che sono state per ora giudicate e giustiziate dall’ignoranza e dell’egocentrismo di chi vuole emergere dando aria ai denti, senza rendersi conto del male che questo ha portato al sistema affidi e quanto ora i bambini siano in pericolo perché non si ha il coraggio di proteggerli per paura di svegliarsi la mattina e trovare i lampeggianti sotto casa.
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