Paolo Cugini
La
presa di coscienza che il teismo e il paradigma venutosi a formare con quella
che potremmo definire in modo un po' azzardato, ma in linea con quello che
stiamo presentando, l’invenzione di Dio, conduce il pensiero post-teista verso
nuovi orizzonti. Come ha sostenuto il gesuita Paolo Gamberini nel suo ponderoso
e affascinate studio sul tema:
com’è
stato per il passaggio dalla visione tolemaica a quella copernicana della
terra, così anche in teologia è necessario tener presente il passaggio da una
visione antropomorfica-mitica di Dio ad una in cui diventiamo coscienti che
tutto ciò che ascriviamo a Dio fa riferimento alla nostra percezione di Dio: al
nostro punto di vista[1].
Il
punto di vista dell’epoca che stiamo vivendo è segnato profondamente dal
paradigma scientifico. La domanda che un credente del ventunesimo secolo e che
lo stesso Gamberini si pone è la seguente: come si può continuare a credere in
Dio in una visione del mondo che ha cambiato radicalmente i suoi punti di
riferimento cosmologici e mitologici? Non è più possibile vivere in un ambiente
culturale che ha assorbito il paradigma scientifico in tutte le sue forme e
risponde ai grandi enigmi della vita riferendosi alle discipline della fisica,
delle neuroscienze, della microbiologia e delle altre discipline scientifiche e
poi, alla domenica, dare adito a forme mitiche, aderendo a narrazioni che non
corrispondono più alla vita quotidiana degli stessi fedeli. Il post-teismo,
dunque, come sostiene Claudia Fanti, “è fortemente debitore delle scienze
biologiche e cosmologiche rispetto alla nuova visione, a cui si richiama, della
materia”[2]. La ricerca scientifica da
una parte e la tecnologia dall’altra, hanno manifestato l’esigenza di criteri
d’identificazione di ciò che definiamo verità, che non possono più essere
affidati a principi apriori come quelli utilizzati dalla metafisica. Se le
religioni stanno vivendo una crisi profonda è anche a causa del loro modo di
proporre i contenuti, ai quali i fedeli sono chiamati ad un assenso acritico.
Lo sviluppo delle scienze ha messo a nudo i limiti della proposta religiosa, ne
ha relativizzato i contenuti e, soprattutto, la loro attendibilità. D’ora
innanzi è difficile pensare ad un’entità personale che interviene dall’esterno
a modificare le sorti del mondo. Come sostiene sempre Claudia Fanti che in uno
studio riporta le analisi contradditorie sul tema della religione, in ogni
modo: “è impossibile negare che sia in atto in molti luoghi un’evoluzione verso
una laicizzazione di dimensioni inedite che la comprensione della religione […]
ne risulti profondamente trasformata”[3]. Se religione e scienza
per secoli hanno camminato a braccetto, manifestando anche, in alcuni casi, i
limiti di ognuna quando danno spazio ai reciproci fondamentalismi – la
dogmatica nel caso della religione e il positivismo per quanto riguarda la
scienza - l’avvento della scienza come paradigma onnicomprensivo, ha provocato
l’accantonamento della proposta religiosa. È vero che anche in occidente si
riscontra una specie di ritorno del sacro, in ogni modo la religione non è più
il riferimento per le scelte sui grandi problemi del mondo attuale.
Accompagnando
le riflessioni degli autori presi in esame, potrebbe sembrare che l’analisi
post-teista conduca all’ateismo: in realtà non è così. La loro proposta ci
mostrerà una differenza sostanziale tra la loro posizione e quella elaborata
dal neopositivismo logico all’inizio del secolo scorso, o dallo stesso
positivismo dell’800. Mentre quest’ultimo aveva una chiara deriva ateista, il
post-teismo invece sbocca in un nuovo modello di spiritualità. Il non teismo
non conduce all’ateismo di tipo materialista, come è emerso nell’800 e nelle
derive nichilistiche e nell’esistenzialismo ateo del ‘900. Come sostiene Vigil:
Il non teismo non è in
sé né ateo, né nichilista, né materialista riduzionista, né chiuso al mistero,
alla sacralità o alla divinità. Semplicemente, si sbarazza criticamente e consapevolmente
di un prodotto evolutivo creato dall'essere umano, una fantasia utile di cui si
è servito in un momento dato dello sviluppo della sua cultura e della sua
infrastruttura materiale, un elemento la cui origine il cui statuto siamo
riusciti a conoscere solo ultimamente e che si rivela ora chiaramente
ingiustificato, obsoleto e responsabile di conseguenze nocive anche per il
pianeta[4].
A
questo punto diviene chiaro che Il problema, allora, è il theos, non la
divinità. Scoprire la genesi mitologica di Theos, come pure l'evidenza della
sua impraticabilità in una società adulta, scientifica e post mitica, non
conduce all'ateismo, ma semplicemente al post teismo, al non teismo.
L’affermarsi del paradigma scientifico conduce alla messa da parte definitiva
del paradigma teista che per secoli ha influenzato nel bene e nel male il
cammino dell’umanità. La difficoltà più grande, a questo punto, consiste nel
rileggere i dati della realtà e della spiritualità alla luce del nuovo
paradigma post-teista. Che cosa rimane della lettura che il cristianesimo ha
fatto della realtà utilizzando il paradigma teista? Se è vero che il
post-teismo non imbocca il cammino dell’ateismo, che tipo di spiritualità si
profila all’orizzonte? È proprio questo che cercheremo di scoprire nei prossimi
paragrafi.
[1] gamberini,
p. Deus. Due punto zero. Ripensare la fede nel post-teismo. Verona:
Gabrielli, 2022. p. 23.
[2] fanti, c. «Come l’oceano per l’onda,
Le sfide del post-teismo», in: Fanti C. -
Vigil M. J. (a cura di), Oltre Dio. cit., p. 31.
[3] fanti, c. «Per
un nuovo incontro tra divino e umano», in: Fanti
C. - Sudati, F. (a cura di), Oltre le religioni. Una nuova epoca per
la spiritualità umana, Verona: Gabrielli, 2022, p. 17.
[4]
vigil, J.M. Rivisitando la questione Dio,
cit. p. 81.
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