Paolo Cugini
È
la difficoltà nell’attendere le risposte ai quesiti della vita, che ci fa
correre incontro alla prima religione che ci capita sotto il naso che, nella
stragrande maggioranza delle volte, coincide con quella che troviamo in
famiglia. È la regione a basso prezzo, che ci costa poco, se non il prezzo di
una misera candela elettrica. In fin dei conti, basta poco per tranquillizzare
la nostra coscienza e tornare alla svelta al nostro lavoro quotidiano, che
consiste, per dirla alla spicciolata, nel perdere tempo, nel far passare il
tempo, senza pensare esattamente al perché delle cose, ai motivi per cui
facciamo una cosa invece di un’altra. E il tempo passa, e a noi sembra lento,
ci sembra fermo.
Tentati
continuamente dalla religione per non pensare, per metterci al riparo, per
trovare un rifugio sicuro, con la garanzia della tradizione e, soprattutto, con
altra gente che, forse, è la maggiore garanzia per chi fa fatica a cercare le
proprie risposte. È la droga del senso comune, del si è sempre fatto così, del
pensiero bell’e fatto. E poi ci sono i riti sempre uguali, con le stesse
identiche parole che danno una grande sicurezza per tutti coloro che, impauriti
dalla vita, cercano un sofà per riposare tranquilli, lontani dagli affanni.
Bisogna
aver imparato a camminare in solitudine alla ricerca di se stessi, di un senso
delle cose che si vivono. Occorre aver iniziato a percorrere questo cammino sin
dall’adolescenza, per divenire giovani che non indietreggiano dinanzi alla
stupidità di massa, al senso comune che vuole entrare nei meandri della
coscienza, per fagocitare tutto.
Contro
la forza dell'evidenza fatta religione, non c’è ragione che tenga. Quando
il pensiero di un gruppo diventa uniforme, non è più possibile ragionare e, il
pensiero diverso, il pensiero che pone domande e s’interroga, diventa
pericoloso per l’intera comunità. In questi casi, per lo spirito libero, per
colui che semplicemente cerca il senso delle cose, è meglio cambiare aria,
andare altrove.
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