lunedì 26 dicembre 2016

LA VITA DELLA GENTE ALL'EPOCA DELLA SICCITÀ


ARCHIVIO BRASILE



Mercoledì, 25 luglio. Visita alle famiglie della regione di Lagoa das pombas. C´é più acqua nella regione rispetto alle altre comunità che ho visitato in questo periodo. Il motivo è un temporale di due settimane fa che ha riempito le cisterne e gli açudes. Nonostante ciò la gente continua a preparare il cibo per gli animali, perché la pioggia non è stata sufficiente per far crescere l’erba nei campi. Sarebbero state necessarie altre due piogge così, ma purtroppo ciò non è avvenuto. Ho incontrato un giovane de 35 anni, Edicarlos, in una casa molto lontana dalle altre. Mi ha colpito il fato che vive da solo. Mi ha raccontato brevemente della sua vita. Aveva molta voglia di parlare e, ogni volta che facevo una mossa come per andarmene, iniziava subito un argomento. Edicarlos mi ha raccontato che è stato cattolico, poi evangelico e ora non frequenta più nessuna chiesa. Lui stesso mi ha detto che quando una persona passa per varie chiese poi si stanca e non si avvicina più a nessuna. Mi è sembrato un uomo buono, tranquillo. Gli ho chiesto se non aveva intenzione di sposarsi e lui mi ha risposto che è una decisione che richiede molta riflessione. “Vede padre, con i tempi che corrono, non é facile trovare la persona giusta disposta a condividere la vita. Non ho fretta. Vedremo”. Pranzo a casa di una signora responsabile della comunità. Mi ha raccontato della solitudine che vive. Il marito lavora nei campi, i i figli a scuola e lei sola in casa. Il problema é che la casa e sperduta in mezzo ai campi. Mi ha parlato della depressione che ha vissuto per alcuni anni e superata soprattutto grazie alla preghiera. A provocare la depressione sono stati anche i continui tradimenti del marito. Ora, dice lei, tutto sembra sotto controllo. Speriamo che sia vero. Dopo pranzo ho preso la bicicletta per tornare a casa. Mi sono fermato nella comunità di Raspador nella casa di Nedinha. Mi piace visitare i responsabili delle comunità: è un modo per valorizzarli. Nedinha è una signora molto attiva e simpatica. Ha un figlio che studia in Salvador e un altro che fa le elementari. Dopo poco arriva suo marito Giovanni, che lo scorso anno mi aveva accompagnato in moto nella visita alle famiglie della comunità. Saluto anche Nedinha e mi dirigo verso casa. Mentre sono in viaggio decido di andare a Ipiraí con l’obiettivo di invitare Celita per l’evento di domani pomeriggio a Tapiramutá. Celita mi accoglie molto sorridente e mi offre subito da bere. Parliamo un pó delle ultime vicende politiche della città di Capela. Suo marito si lascia molto coinvolgere e Celita éèpreoccupata. Mi dice che farà di tutto per partecipare domani all'evento. Speriamo.
Arrivo in casa verso le 16 abbastanza stremato per il lungo viaggio di circa 80 km nelle comunità, ma sostanzialmente contento per gli incontri realizzati.
Alla sera messa nel settore 5 della città. Poca gente in chiesa. Luca, uno dei responsabili della comunità, mi dice che il motivo è la morte di un giovane in una comunità li vicino. Nonostante tutto, la messa è ben partecipata anche perché animata da un piccolo coro di adolescenti.


LETTERA AI GIOVANI

ARCHIVIO BRASILE






  Paolo Cugini
Fogliano, 17 settembre 2006

Carissimi giovani,
sono in Brasile da circa otto anni e da quattro non tornavo in Italia. Vivo a Tapiramutá, un città della Bahia, nel Nordest del Brasile, una regione colpita dalla siccità e, soprattutto dalla corruzione dei politici che lascia la maggior parte delle popolazione in condizioni di indigenza.
Tutti i giorni incontro moltissimi ragazzi e giovani in giro per le strade o nei bar senza far nulla. Con alcuni giovani della parrocchia abbiamo pensato di fare qualcosa e abbiamo così progettato la creazione di gruppi giovani in tutti quartieri della città. L’obiettivo che ci siamo proposti è stato quello di offrire una proposta alternativa ai giovani per il sabato sera. Infatti, l’unica proposta che incontrano nella città è il bar. Quando dico bar non dovete pensare a quei locali carini e bellini, pieni di cose e di leccornie che vedete a Reggio Emilia. I bar di Tapiramutà offrono solo due cose: la cachaça, che è una specie di grappa, e la birra. E allora i giovani al sabato sera riempiono questi locali, che spesso si trasformano in discoteche – anche qui tiratevi dalla testa l’idea di discoteca che avete – per bere e ubriacarsi.

La maggior parte dei giovani, non appena finiscono le superiori, che in Brasile dura tre anni, emigrano in altre città in cerca di lavoro o per provare ad entrare nelle università. Molto presto, a 16-18 anni, lasciano le loro famiglie, le loro origini, per immergersi nel caos delle grandi città e, spesso, perdersi. E’ pensando a queste situazioni che, assieme ai collaboratori che incontro nella parrocchia, pensiamo proposte da rivolgere ai giovani. Proposte alla nostra portata, conforme ai nostri mezzi. Proposte soprattutto formative, per offrire a questi giovani di famiglie povere, che non hanno condizioni per comprarsi libri o giornali, strumenti che possano aiutarli a leggere la realtà con occhi diversi. E’ con queste riflessioni che è nata l’idea di mettere in piedi una biblioteca per offrire anche un materiale che metta in condizione i giovani di prepararsi per entrare all’università. Qui in Brasile, infatti, per accedere all’università, è necessario passare un esame di ammissione, abbastanza difficile, basato su domande di attualità che richiedono la conoscenza dei problemi sociali e politici oltre alla letteratura brasiliana e internazionale contemporanea. E’ chiaro che, coloro che non hanno accesso a riviste e libri aggiornati, sono tagliati fuori. Un giovane che non riesce a studiare, o si perde nelle grandi città, o diviene preda facile del sistema politico, che li coopta offrendo loro lavori umilianti a bassissimo prezzo in cambio dell’appoggio politico. Per questo il potere politico locale non investe quasi nulla in cultura, per mantenere la gente ignorante e, quindi, sottomessa. La cultura è strumento di liberazione, di riscatto sociale. Le nuove economie emergenti – Corea del Sud, Sudafrica, India e Cina – per uscire dalla situazione di miseria in cui si trovavano, hanno investito nella rinnovazione dei loro sistemi scolastici. Il problema è che in questi paesi emergenti il rinnovamento sociale e culturale è rivolto sempre e solo alle classi più elevate. Ai poveri si danno alcune briciole, per metterli a tacere e per avere in mano uno strumento di ricatto.
La biblioteca che stiamo mettendo in piedi non è fatta solo di libri, ma soprattutto di idee. Assieme a Domingos - un padre di famiglia di Tapiramutà, che da anni lavora pere i progetti sociali della diocesi di Ruy Barbosa, soprattutto sui progetti legati alla riforma agraria e che molti di voi hanno conosciuto lo scorso anno – abbiamo radunato vari giovani in biblioteca per pensare a forme di cooperative che potrebbero generare posti di lavoro a Tapiramutà. Oltre a ciò, con un gruppo di giovani che stanno partecipando del cammino formativo per ricevere il sacramento della Cresima (qui a Tapiramutà non è obbligatorio entrare nella catechesi della Cresima, entrano solamente quei giovani che amano la Chiesa e quindi desiderano conoscere di più Gesù e la sua Parola), abbiamo elaborato una serie di proposte per promuovere la cultura e l’amore alla lettura tra i giovani. E così sono nate diverse idee, tra le quali l’idea del " Concorso Dom Helder Camara" dove offriamo un premio in denaro ai primi tre classificati. L’idea, anche, di offrire borse di studio per i giovani poveri che desiderano tentare l’esame di ammissione all’università e che non hanno i soldi per pagassi la tassa d’iscrizione. Stiamo pensando di organizzare corsi di letteratura, storia, inglese chiamando qualche professore dell’università di Jacobina, che dista circa 130 km da Tapiramutà. In vista anche delle elezioni municipali del 2008, abbiamo intenzione di organizzare un corso di formazione politica, come primo passo per formare il movimento "Fede e Politica", che in Brasile si prefigge l’obiettivo di coscientizzare politicamente le persone, affinché non si lascino corrompere, ma apprendano a valorizzare il loro diritto al voto. Abbiamo pensato anche, soprattutto per i mesi estivi, di attivare un cineforum da realizzare nei quartieri più poveri.
E’ chiaro che per realizzare queste idee ci servono dei fondi. Come li raccogliamo?
La prima regola che ci siamo dati è di non chiedere nulla ai politici locali, per non rimanere intrappolati nei loro ricatti. Organizziamo delle tombole con premi donati dai commercianti locali. Al sabato, al mercato, vengono vendute torte fatte da alcune signore e da alcune ragazze al venerdì sera nella cucina della parrocchia. Il salario del parroco è un’altra fonte irrinunciabile. Ci affidiamo anche alle offerte che vengono dall'Italia.
Su questo ultimo punto vorrei soffermarmi per chiarire il discorso. Non basta aprire il portafoglio e fare un’offerta. A volte la carità invece di aiutare offende, umilia. Quando i politici danno delle cose ai poveri, lo fanno per fargli capire la differenza e per fare in modo che, questa differenza di livello sociale, rimanga e si rinforzi. Non basta fare la carità: bisogna vedere che cosa c’è nel cuore. Per noi cristiani, che crediamo nella proposta evangelica di Gesù, la carità è dono di Dio e stimola alla responsabilità con i fratelli e le sorelle che il Signore ci pone accanto. Anche perché c’è da dire una cosa che forse non sapete. I giovani poveri che conosco, con i quali collaboro tutti i giorni, non hanno i soldi perché i loro genitori sono poveri, ma hanno una grande dignità. Fernanda, Cleidiane, Uilma, Laise e Marineide, per esempio, sono le volontarie della biblioteca parrocchiale. Oltre ad andare a scuola, ognuna di loro tiene dietro alla casa e ai loro numerosi fratellini. Non fanno i capricci perché il papà non gli dà i soldi per uscire al sabato sera. Se vogliono comprarsi un paio di pantaloni o di scarpe nuove, non vanno a piangere soldi dalla mamma o dalle nonne: si tirano su le maniche e se lo guadagnano, facendo servizi umili a casa dei ricchi. E tutto ciò con il sorriso sulle labbra. Non c’è nulla di bambine viziate nei loro atteggiamenti: c’è invece una grande dignità, un orgoglio per i propri genitori, per la propria vita, che a volte mi mette soggezione. E penso: io alla loro età non ero così forte, non avevo quella dignità. Tutte le volte che avevo bisogno di qualcosa, correvo dal papà ed esigevo quello che per me era il dovuto. E ancora. Quando ero ancora in Italia, tutti i giorni ero immerso dalle bestemmie e dalle volgarità dei giovani che frequentavano l’oratorio parrocchiale. In quasi otto anni di Brasile non ho mai ascoltato una bestemmia. Nelle nostre parrocchie brasiliane non abbiamo gli oratori miliardari che ci sono da queste parti, super attrezzati per accogliervi, ma vi assicuro che ci sono giovani educati, rispettosi e riconoscenti per quello che la Chiesa fa per loro. I giovani della parrocchia di Tapiramutà sono poveri, non dei poverini. Scrivo queste cose per aiutarvi a combattere un preconcetto abbastanza diffuso e cioè che un povero è un pezzente, un essere inferiore. Fate un piccolo esame di coscienza e pensate un momento: con che occhi guardate coloro che non hanno le scarpe o i pantaloni alla moda? Che cosa esprimete quando vi deprimete perché non potete avere quella determinata cosa? Perché non ce la fate a vivere sereni e contenti se non avete determinate cose? Come vi ha ridotti questa società?
Ancora una volta vi dico: ho incontrato più dignità, più amore alla vita, più riconoscenza a Dio nei giovani poveri di Tapiramutà o di Miguel Calmon ( la parrocchia nella quale ho lavorato per cinque anni), che in tanti giovani ricchi e viziati italiani. Essere uomini, essere donne, non dipende dal conto in banca o dalla casa nella quale si abita o dalla moto, dalla macchina che si ha nel garage: è una questione di dignità, di amore e questo non si compra. Ringrazio allora Dio, la Chiesa, il Vescovo che mi ha mandato in Missione in Brasile per diventare più uomo, per crescere in umanità, per scrollarmi di dosso quella vita superficiale e a basso costo che ho appreso in Italia.
I miei amici giovani di Tapiramutà, non hanno bisogno delle nostre briciole: sono abituati alla vita dura. Hanno bisogno di amici che gli vogliano bene, di amici che amano la vita, che non si disperano per la mancanza di cose di cui si può benissimo fare a meno. Carissimi giovani, se ci pensate bene i miei amici giovani di Tapiramutà vi stanno offrendo una grandissima occasione per crescere in umanità. Questo è il bello della missione: si pensa di fare qualcosa di buono per gli altri e si scopre che sono loro a farlo per noi. Non vi chiediamo di organizzare cene, gnoccate, o altre cose del genere. Peggio ancora, non andate a chiedere ai vostri genitori dei soldi per mandare in missione: per favore non fateci anche voi del male! E allora che cosa vogliamo?
Desideriamo che voi apprendiate a vivere con l’essenziale, che vi liberiate di ciò che è inutile. Lo sappiamo che è una proposta un po’ pesante, forse scioccante, ma è una proposta che sgorga dal Vangelo e come tale va presa e pensata. Desideriamo che i soldi che riceviamo da voi non siano soldi facili, a basso prezzo, che non vi costano nulla, ma difficili, che vi costino fatica, sacrifici. Perché è così che sono le nostre vite: difficili, piene di sacrifici. Accettiamo volentieri offerte che siano il segno di una vostra rinuncia di qualcosa che potete benissimo fare a meno. Non scendo negli esempi particolari per non cadere nel banale, ma credo che ci siamo capiti. Se però avete bisogno di capire meglio, vi faccio l’esempio di Martina.
Martina è una bambina di otto anni. I suoi genitori le hanno letto la lettera che avevo scritto a tutti i genitori, in cui esprimevo più o meno queste idee che state leggendo. Un giorno eravamo assieme in macchina e la mamma gli ricordava che tra pochi giorni ci sarebbe stato il suo compleanno. " Che cosa dici Martina, – la interrogava il papà al volante, scherzando con lei - perché non facciamo come ha suggerito don Paolo nella lettera, invece dei regali chiediamo ai tuoi amici di raccogliere i soldi e mandarli ai bambini di Tapiramutà?". Martina sorrideva e taceva e la cosa finì lì. Otto giorni dopo ho ricevuto una letterina di Martina, il cui contenuto è il seguente:
"Ciao don Paolo ho seguito il tuo consiglio: alla mia festa di compleanno ho chiesto ai mie amici di non portare regali, ma se volevano fare un’offerta per i tuoi bambini.
Loro sono stati contenti, uno mi ha dato un biglietto di auguri con scritto che era una bellissima idea. Qualche regalo è arrivato lo stesso. La Sara, una mia amica, anziché comprarmi un regalo ha fatto per me un bellissimo fiore. Io sono contenta e quando ci vediamo ti do quello che mi hanno offerto. A tutti i miei compleanni farò sempre questa cosa. Ciao Martina."

Domenica 17 settembre, dopo la Messa delle 11, Martina mi ha consegnato i soldi del compleanno.
Quella di Martina è stata una storia che mi ha commosso moltissimo. Ho capito perché Gesù diceva ai suoi discepoli: "Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 19,14). Noi adulti siamo diventati troppo complicati e quindi complichiamo la semplicità del Vangelo e facciamo fatica a viverlo.
Quello che Martina ha realizzato è ciò che io intendo come scambio della missione, e cioè gesti semplici, personali che nascono dal Vangelo e lentamente distruggono le abitudini mondane che abbiamo imparato e che facciamo fatica a scrollarcele di dosso. Gesti che sono frutto di nostre rinunce, che paghiamo di persona e che, quindi non facciamo pagare agli altri. Non si tratta, allora di quantità, ma di qualità, di stili di vita. E’ sullo stile di vita, sul nostro stile di vita che sarebbe bello confrontarsi, per capire se ciò che stiamo facendo ci rende davvero felici o dobbiamo cambiare qualcosa. 



LOTTA CONTRO LA CORRUZIONE POLITICA




ARCHIVIO BRASILE




Le “fischiate” del Movimento Fede e politica di Tapiramutá(Ba) contro la corruzione elettorale: maggio giugno 2008



Paolo Cugini


Il Movimento fede e politica, sorto in Brasile negli anni ottanta, ha tra i suoi obiettivi quello di aiutare le persone a comprendere l’autentico valore della politica. In una regione come il Nordest Brasiliano, campione di corruzione politica, questo lavoro di coscientizzazione è veramente arduo. Nella città di Tapiramutá, una delle più politicamente corrotte della regione- nel senso che solo Dio sa quanti milioni di reais il sindaco ha rubato alle casse del Municipio- il Movimento Fede e Politica é sorto como frutto del corso di formazione politica che la parrocchia ha organizzato alla fine del 2007, per preparare sia i candidati politici, che la gente in generale, alle elezioni politiche del 2008.
Il Movimento fede e politica nella prima parte dell’anno ha organizzato una serie di manifestazioni chiamate “Apitaço” e cioè “fischiata”. Il motivo di questo nome é molto semplice, e cioè è legato al fatto che tutti  i componenti del movimento presenti alla manifestazione ricevono un fischietto per fischiare. É un modo divertito di protestare contro la corruzione elettorale e, allo stesso tempo, allertare la gente sui danni sociali che  la corruzione produce. É stato bello vedere centinaia de persone, dai babini alle persone piú anziane, salire sui camion e con allegria partire per le comunità a protestare contro la corruzione elettorale. Già il fatto di partecipare ad un evento como questo é da considerare formativo. Camminare per le strade di una città ( siamo già stati nelle città di Mundo Novo, Piritiba, Miguel Calmon oltre che, naturalmente, Tapiramutá), o di una comunità della zona rurale (siamo giá passati per Volta Grande e Pau de Pilão, due comunità di Tapiramutá), per gridare slogans contro la corruzione, inneggiando alla libertà e alla fraternità in un contesto come è il nostro, è altamente significativo. Infatti, significa che in qualche modo quella paura dei potenti, dei politici corrotti, delle loro minacce, sta venendo meno.
 Due episodi legati alle nostre marce di protesta sono stati significativi in questo periodo, in relazione alla progressiva perdita di paura da parte della gente. Il primo é avvenuto nella camera degli assessori comunali, che si riunisce tutti i lunedì pomeriggio e, nel’ultimo lunedì del mese, lascia aperto lo spazio per i cittadini che vogliono esprimere il loro parere su qualcosa della città. Il signor Valmir della comunità di Dioclécio, un militante de Movimento, oltre ad essere un membro attivo della comunità cattolica di Dioclécio, nell’ultimo lunedì di maggio ha preso la parola pr denunciare pubblicamente i tentativi di corruzione operati per un assessore di nome Ruy Barros, presente in quel momento nella sala. In un primo momento lo stesso assessore é rimasto incredulo: nessuno aveva mai osato tanto così. In un secondo momento ha cominciato a inveire contro il signor Valmir, sino ad arrivare ad offese personali. Vedendo che il signor Valmir non si intimidiva, ma continuava impavido a citare dati e persone di quelle che l’assessore stava coinvolgendo nel tentativo di corruzione, l’assessore Ruy Barros, in un impeto di rabbia, ha preso il microfono e, gridando cose indicibili, l’ha scagliato con tutta la forza per terra e poi se n'è andato imprecando. Il giorno dopo in cittá non si parlava di altro e cioè del fatto he il povero signor Valmir aveva affrontato senza paura l’assessore del comune Ruy Barros: come a dire Davide contro Golia e, come sempre, nella disputa chi ha la meglio é Davide.
L’altro episodio sintomatico di quella che si púo definire la progressiva scomparsa della paura dei “grandi” da parte dei piccoli, é avvenuto domenica 25 maggio, giorno nel quale il Movimento aveva organizzato una serie di eventi per manifestare contro la corruzione elettorale. E così dopo aver manifestato con le nostre “fischiate”e slogan nella comunità di Volta Grande, ci siamo diretti in città sulle macchine e i camion, sventolando le bandiere del movimento, continuando a fischiare sino ad arrivare nei pressi della chiesa per partecipare alla Messa. Dopo la messa, come concordato con il capo dell’infrastruttura del comune, un gruppo di giovani del Movimento avrebbe realizzato un pezzo di teatro sul tema della corruzione politica, nella piazza principale della città. Nel frattempo, però, i collaboratori del sindaco, sapendo che il Movimento aveva concentrato molta gente nella piazza della città per una manifestazione di massa, aveva organizzato in fretta e alla bene-meglio,  una serie di spettacoli coinvolgendo bambini e adolescenti. L’obiettivo chiarissimo era quello di fare di tutto per distogliere l’attenzione della moltitudine di gente presente in piazza e, soprattutto, non permettere ai giovani del movimento di prendere la parola. Siccome il nostro spazio d’intervento era previsto dieci minuti dopo il termine della messa e cioè esattamente alle 20,40, mi sono diretto verso il coordinatore dell’evento culturale organizzato dal comune per sapre se tutto stava conforme a ciò che si era stabilito in precedenza. Dopo pochissimi minuti ho visto il sindaco con sua moglie discutere animatamente in mezzo ad un vortice di gesti minacciosi con il coordinatore dell’evento culturale del comune. Chiaramente il sindaco non voleva assolutamente che il Movimento si manifestasse quella domenica sera. Al che vari membri del movimento ed io stesso abbiamo cominciato a marcare stretto Val Maia – è questo il nome del povero sventurato coordinatore dei progetti culturali del comune – il quale, non potendone più di tanta pressione, verso le 21,15 ha permesso al Movimento di realizzare ciò che era in programma. A quel punto sono salito sul palco e ho preso la parola spiegando il significato del Movimento Fede e Politica e di prestare molto attenzione a quello che i giovani avrebbero rappresentato. I giovani sono stati fantastici. Hanno presentato il pezzo di teatro sulla storia della corruzione in Brasile e, in modo particolare nel Nordest, con pezzi di musica popolare e dei migliori cantautori brasiliani con un entusiasmo e una partecipazione emotiva da far impressione. La gente stessa, presente in piazza, accompagnava con molta attenzione tutto quanto stava avvenendo. Gli applausi fragorosi sono stati il segno che qualcosa di grande era successo nella piazza centrale di Tapiramutá. Dopo di ciò il professor Leandro, un nostro carissimo amico che, sin dallo scorso anno si è reso disponibile ad accompagnare il progetto Logos e cioè il corso in preparazione all’università che la parrocchia organizza, ha presola parola tentando di attualizzare il contenuto del pezzo di teatro. Il suo discorso è stato breve ma molto incisivo. Tanto incisivo che il sindaco non c’è la fatta a resistere. Dopo che Leandro ha terminato il suo discorso, ancora una volta sommerso da una pioggia di applausi, il sindaco é salito come un fulmine sul palco cominciando a sbeffeggiare Leandro e il movimento. Al ché la gente presente in piazza\ha cominciato a fischiare e a protestare contro il sindaco. Non era mai successo una cosa del genere e cioè, che il sindaco fosse fischiato pubblicamente. Anche questo è stato letto come uno dei tanti sintomi manifestati in questi giorni, di un cambiamento radicale nella mentalità della gente, cambiamento che si sta manifestando con il coraggio di affrontare senza paura e senza reticenze i supposti grandi.
Per rafforzare il lavoro di coscientizzazione per glia aderenti del Movimento Fede e Politica, abbiamo organizzato una giornata di spiritualità, riflettendo sul tema della spiritualità profetica. In un clima religioso a volte alienante, dovuto soprattutto alla presenza dei gruppi religiosi neo-pentecostali, la cui predicazione è un invito alla salvezza individuale, alla ricerca di una sicurezza economica come segno divino della predestinazione salvifica, la riflessione sulla spiritualità de i profeti è servita a capire meglio il senso di ció che stiamo facendo. É significativo, infatti, riflettere e dare un fondamento spirituale ad attitudini per le quali occorre coraggio e fermezza. Sapere, allora, che profeti come Isaia e Geremia, o come Osea e Amos, non avevano paura di denunciare non solo una religiosità ipocrita e disincarnata, ma anche le malefatte dei potenti di quel tempo, é un’esperienza spirituale senza dubbio gratificante e incoraggiante. Per non parlare, poi, delle pagine del Vangelo nelle quali Gesù inveisce contro i soprusi della classe dell'élite religiosa e politica del suo tempo. Come dire: abbiamo una schiera di sante persone, oltre allo stesso Gesù dalla nostra parte, che ci sostengono con il loro esempio.
  La giornata è stata ben partecipata e, oltre a ciò, è servita anche per conoscerci meglio. Molte delle persone, infatti, che si stanno avvicinando al movimento, sono nuove, nel senso che non si vedevano nelle manifestazioni culturali o religiose realizzate in città. Anche questo é un sintomo che il Movimento sta funzionando e sta attraendo nuove persone. Altro dato positivo da segnalare é la presenza di persone evangeliche e anche di partiti differenti. Il movimento, infatti non si identifica con nessuna religione e con nessun partito, ma cerca il contributo di tutti per creare una società più giusta e solidale e, soprattutto, una società in cui i poveri non siano discriminati.
A questo punto non ci rimane che aspettare i cosiddetti mesi di fuoco e cioè agosto e settembre (le elezioni avvengono la prima domenica di ottobre) per vedere se il progetto tiene. Per ora non ci rimane che sfregarci le mani in segno di grande soddisfazione e chiedere a Dio la forza e il coraggio che tutto proceda bene e che il nostro impegno continui.




domenica 4 dicembre 2016

VISIONI




Paolo Cugini

Leggere i testi dei profeti d’Israele è un’esperienza che lascia l’animo inquieto. Sfogliando le pagine di questi personaggi unici nel loro genere, ci s’imbatte in una serie di espressioni letterarie a dir poco originali.  Troviamo, infatti, oracoli, profezie e, soprattutto, visioni. I profeti vedevano cose che gli altri non riuscivano a percepire: come mai? Da dove veniva questa capacità? Come facevano a vedere al di là del presente? È difficile rispondere a questa domanda, anche perché spesso i dati sulla loro vita sono scarsi. Oltre a ciò, oggi non esistono personaggi come i profeti dell’Antico Testamento.
Parlare di visioni non vuol dire spingere la riflessione su un terreno irreale. La visione non è un’illusione, ma esprime la capacità di vedere al di là dei dati materiali e del presente storico, pur rimanendo sul piano della storia. Essa è un modo di cogliere la realtà in una prospettiva storica, che solamente colui che vive e sente la storia può avere. Non a caso i profeti erano persone molto attente ai problemi del loro tempo. Venivano consultati dai re sui problemi economici e politici. Interpretavano gli eventi storici del tempo alla luce della Parola di Dio, che meditavano continuamente. I profeti erano persone che provenivano da un’esperienza profonda di Dio e per questo offrivano ai loro contemporanei ciò che loro stessi vivevano in prima persona pur non cogliendolo, vale a dire il senso della storia e della vita. Avevano appreso a considerare gli eventi storici non come semplici accadimenti, ma come portatori di un significato, come spazio di una rivelazione. Sono i profeti che colgono la storia come manifestazione della volontà di Dio. C’è un Dio che comunica agli uomini la sua volontà e lo fa utilizzando lo stesso linguaggio che l’uomo può comprendere, vale a dire gli eventi storici. E’ nell’evento storico che Dio dona sé stesso, che si rivela.
La profezia per poter esprimere il proprio contenuto non passa sopra la realtà, ma la penetra. La profezia si alimenta della realtà perché dice qualcosa che non è sopra la realtà, ma la interpreta. Ecco perché il profeta come uomo di Dio è profondamente incarnato nel suo tempo. Quello che lui riesce a vedere e ad esprimere è frutto da una parte del suo radicamento profondo ad un territorio e ad una storia e, dall’altro, dal suo rapporto originalissimo con Dio. Certamente una vita così porta con sé molta solitudine. Il profeta però, non disprezza la solitudine, non la tema, ma la esige. Ne ha bisogno come l’aria per poter sprofondarsi indisturbato nel suo rapporto personalissimo con Dio. La cerca per poter penetrare la scorza dura del tempo materiale, che non permette di cogliere ciò che gli eventi contengono. La desidera per non essere travolto dalla superficialità che il mondo materiale porta con sé e che potrebbe intaccare la sua capacità di vedere al di là delle cose. Non è facile l’equilibro richiesto dal profeta. Da una parte la necessità di essere profondamente legato al suo tempo, immerso nella storia; dall’altra uomo di Dio, bisognoso di solitudine per captare la voce del Signore.
Riflettendo sulla vita dei profeti si capisce molto bene il perché oggi questi personaggi non esistano più. Ci manca la loro attenzione al presente, il loro attaccamento alla realtà, il loro desiderio di Dio. C’è troppa distrazione intorno a noi per poter vedere cose diverse da quelle che i nostri occhi vedono. Sono troppo veloci le sollecitazioni sensoriali per lasciar spazio a ciò che è sopra sensibile. Per questo anche la religione non sempre è spazio, nel nostro mondo post moderno, per l’incontro con Dio. Se l’attaccamento alla storia è fondamentale per captare il suo cammino, la sua direzione, allora siamo destinati a rimanere chiusi nella nostra cecità. La nostra cultura Occidentale vive schiacciata in un presente che non mostra nessun futuro. C’è un’eccessiva provocazione delle percezioni sensoriali e pochissimo spazio e, soprattutto, pochissimo tempo che viene concesso per l’elaborazione e interiorizzazione delle esperienze realizzate.
Eppure se c’è una cosa di cui oggi abbiamo più che mai bisogno è proprio questa, vale a dire la capacità di vedere al di là dei dati materiali, la capacità di avere visioni. Ne hanno bisogno i padri e le madri nei confronti dei loro figli. Ne hanno bisogno tutti coloro che esercitano una funzione educativa nella società. Forse è questa capacità posseduta dai profeti, il prezzo più alto che la società post moderna sta pagando, accettando di essere guidata dalle logiche neo liberali, dai mercati finanziari, dalla logica del denaro che massifica e quantifica tutto. Poter vedere al di là delle cose e comunicare queste visioni immette speranza nelle nuove generazioni, le aiuta soprattutto a organizzare il proprio vissuto attorno a dei significati che durano nel tempo. La durata, la resistenza, il rimanere attaccati ai sogni pensati sono elementi fondamentali dell’esistenza, perché permettono di dare un significato alle scelte fatte. Trasmettere visioni è forse uno dei compiti più importanti di un padre e di una made. Creare le condizioni affinché sia coltivata questa capacità è forse uno dei compiti più importanti che la Chiesa ha dinanzi in questo mondo postmoderno.