venerdì 30 ottobre 2020

VENGONO TUTTI IN ITALIA: TRA FAKE NEWS E QUALCHE VERITA'

 




Dietro ad affermazioni stereotipate come: “Vengono tutti in Italia. Non possiamo accoglierli tutti”, bisogna stare attenti a non correre il rischio di lasciarsi standardizzare al contrario, di dare per scontato che si tratti di un’affermazione falsa e, di conseguenza, di non ascoltare ciò che vuole indicare. Senza dubbio, affermazioni così categoriche e perentorie, dicono di un immaginario standardizzato e strumentalizzato che cela interessi di tipo politico e che fa leva sulla così detta “pancia” del popolo, sulle paure collettive, portatrici di un’immediatezza tale da non permettere il discernimento della bontà o negatività della notizia. Certamente i numeri parlano chiaro: nel 2018, i migranti arrivati in Italia sono stati 332 300, poco più di un terzo di quelli arrivati in Germania (893 900) e la metà di quelli arrivati in Spagna (643 700). La Francia si è attestata su numeri simili, con 386900 nuovi arrivi nel 2018 (fonte Eurostat 2019). Degli oltre 300000 arrivi totali del 2018, solo 22031 sono arrivati senza documenti sul territorio italiano. Non c’è traccia, dunque, della tanto proclamata invasione.

C’è però, anche da considerare il motivo per cui una frase come quella citata all’inizio, trova una breccia immediata nella coscienza collettiva di un popolo. Se, infatti, quella frase, come abbiamo visto, contiene falsità eclatanti, allo stesso tempo è in sintonia con ciò che le persone vedono con i loro occhi. Chi è abituato viaggiare in treno, senza dubbio si è imbattuto nei bivacchi di persone provenienti da altri paesi, adagiate sui marciapiedi delle stazioni (Roma, Napoli, Milano, ecc.). Dinanzi a questi scenari è facile chiedersi il senso di un’accoglienza che non permette a chi arriva d’inserirsi in un percorso formativo e lavorativo e di buttare il proprio tempo senza fare nulla. Davvero queste persone sognavano questa vita quando hanno deciso di partire?

Chi lavora da decenni, come il sottoscritto, con l’accoglienza di persone provenienti da altri paesi, ha diverse volte ascoltato la storia di coloro che sono arrivati immaginandosi qualcosa che poi si è rivelato l’esatto contrario. Ciò è dovuto, anche, alla narrazione che i compaesani emigrati fanno al ritorno nel proprio paese, nel quale si sentono obbligati a raccontare meraviglie sul proprio nuovo stile di vita, nascondendo la realtà di sfruttamenti e di miseria in cui spesso si trovano a vivere.

Basterebbe, allora, fermarsi e chiedersi perché i paesi europei non hanno problemi a sborsare milioni di euro ai paesi in prima linea nell’accoglienza di persone proveniente dall’Africa (ma poi tirarsi indietro sul tema della redistribuzione di queste persone e la difficoltà a modificare la convenzione di Dublino), mentre continuano indisturbati a depredare le risorse minerarie di quegli stessi paesi. Forse si tratta della fatica a rinunciare ad uno stile di vita, che necessita del sacrificio di altre vite. Con i soldi si pensa di fare tutto, persino di addormentare le coscienze. Fino a quando?

 


lunedì 26 ottobre 2020

STANDARDIZZAZIONE E LIBERTA'

 


UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO

GLOBALIZZAZZIONE E SCIENZE SOCIALI

Venerdì 23 ottobre 2020

 

Prof: Stefano Tomelleri

Sintesi: Paolo Cugini

 

 

Standardizzazione: standard è un format, un algoritmo che decide chi dobbiamo veder. Non abbiamo una logica del funzionamento dell’algoritmo, che però ha un’influenza sulla nostra vita. Lo standard ci crea un ambiente umanamente sostenibile. La tecnologia ha raggiunto un livello di sofisticazione tale che hanno prodotto delle antropologie implicite. Ciò significa che accettando gli standard proposti, si accoglie una particolare visione dell’uomo, un modo di essere. Dove c’è sicurezza e confort c’è anche perdita della libertà.

O siamo dentro allo standard o siamo fuori. Gli algoritmi selezionano le notizie, idee, e condizionano il nostro immaginario. La Cina ha necessità di controllare gli algoritmi. La dittatura teme le altre dittature. Qual è il ruolo delle agenzie che filtrano le notizie, le immagini che filtrano le notizie?

Coca cola ha fatto una campagna sul movimento. Per smaltire un litro di coca-cola ci vogliono 8 ore di attività fisica. Sono i paradossi dello standard.

La capacità dello Standard è quello di prevedere la realtà. Gli standard tolgono lo spazio di libertà, creando l’illusione della libertà. Ciò non significa che dobbiamo togliere lo standard, perché abbiamo bisogno di modelli capaci di prefigurare il futuro. Lo standard è stato pervertito in uno strumento di influenza sulle persone. Occorre capacità critica.

Delirio del non senso, l’arte della fuffa: “mandami un’email”. Questa è la riproduzione del modello che dobbiamo rendicontare. Chi è il responsabile dello standard? Scompare nel sistema della standardizzazione.



Mary Douglas, come pensano le istituzioni? (Bologna: Il mulino 1990). Pensano come sistemi organizzativi.

Uno dei grandi temi di Goethe è quello di rendere disponibile l’anima. Oggi si crea lo scalpore moralistico. Il punto: perché si ritiene che il tuo corpo diventi disponibile al commercio? È una dimensione culturale.

Marc Augé: c’è una sensazione di eterno presente, senza un futuro, nel senso che ad un certo punto scompare il pensiero sul futuro che aveva caratterizzato i grandi sistemi filosofici prodotti nella modernità.

Siamo sempre disponibili h 24. È assurdo. Si è creato il problema del flusso permanente: devi essere sempre connesso, se no sei fuori.

A questo punto del discorso il problema è: come possiamo riappropriarci del tempo? Abbiamo reso anche il futuro disponibile. Il passato non esiste più e quando neghi il passato neghi l’eredità, che è tutto ciò che portiamo dal passato e dice di un’identità.  L’idea della disponibilità assoluta è nociva alla performance. Porta all’esaurimento delle persone che sono in una organizzazione. Occorre fermarsi. Occorre spegnere il cellulare, dice Marc Augé.

L’immigrato arriva nel nostro flusso e ci arriva a piedi pari e rischia di essere travolto dal capitalismo, da un sistema economico e di pensiero che non gli appartiene.

Domanda: in questo contesto i legami sociali sono ancora possibili?

 

domenica 25 ottobre 2020

MASS MEDIA E MIGRAZIONI

 




UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO

POLITICHE MIGRATORIE


 

Prof. GIANROBERTO GNESOTTO

 

 

Sabato 24 ottobre 2020

Sintesi Paolo Cugini

Ci rendiamo conto che la costruzione di una società multiculturale dipende da alcune condizioni e una di questa è la qualità dell’informazione. Scelta di determinati termini, discorsi che vanno declinati. Occorre superare la logica del mero mercato. In quest’ottica della comunicazione corretta nel caso italiano ha dei notevoli sbilanciamenti. Il rapporto tra mass media e migrazione si rivela problematico. In TV l’immigrato appare poche volte, non ha voce. Quando viene ascoltato viene fatto in situazioni problematiche. L’immigrato ha quindi l’aspetto del disperato. Di fronte all’immigrazione siamo dinanzi ad un problema. Rischio di un’incapacità di guardare il problema del fenomeno migratorio in modo obiettivo.

Rilevazione del 7o rapporto dell’associazione Carta di Roma che analizza come gli immigrati vengono trattati dai mezzi di comunicazione.  Assieme a questo aspetto e come conseguenza c’è il fenomeno di un netto distacco tra il dato reale e il dato immaginato. Ciò significa che il fenomeno migratorio viene sovrastimato dai cittadini europei. Difronte ad un 7,2% di presenze il cittadino europeo ha la percezione di un 16%. Il dato che riguarda l’Italia è ancora più problematico: presenza reale è il 10% e la percezione immaginata è del 30%.  Avere una sovrastima del dato significa avere un peggioramento delle problematiche collegate. Anche la Spagna, il Portogallo e l’Inghilterra hanno una percezione elevata delle stime sulle migrazioni. Il primo aspetto sotto i nostri occhi va imputato alla comunicazione e alla scarsa informazione, che alimentano i pregiudizi. La nostra conoscenza è limitata. Il meccanismo più facile è quello della semplificazione della realtà che si accumula attorno a determinati stereotipi. Lo stesso meccanismo viene attuato dai mezzi di comunicazione.

Altro dato è che il mezzo di comunicazione devono rispondere all’utenza. Ogni singolo mezzo di comunicazione funziona come un’azienda, rispondendo ai propri fruitori in modo tale che l’azienda non chiuda. Ciò dice delle condizioni in cui la notizia è veicolata. C’è un tempo di produzione e gli spazi: tutto ciò va ad influire sull’informazione. Occorre fare una selezione sul materiale ricevuto, oltre a tener conto alla sensibilità dei lettori di uno specifico giornale.  Spesso si mette l’accento su quanto colpisce l’immaginario collettivo. Spesso la migrazione è collocata come problema più che un fenomeno. Si potrebbe descrivere l’andamento del fenomeno migratorio in Italia dal punto di vista dell’informazione nei mass media a partire dal 1973. È questa la data che viene indicata come inizio delle migrazioni in Italia.

Circa 5 milioni sono gli immigrati presenti in Italia e altri 5 milioni di italiani che sono attualmente emigrati all’estero. Ci sono questi due movimenti. C’è un’identificazione in Italia dell’immigrato come marocchino. Qui si vede il processo di semplificazione e di stereotipo. Più tardi viene indicato l’immigrato come vu cumprà. Poi è stato suggerito un altro termine: extra-comunitario. Altro termine: clandestino. Cittadino non appartenente alla comunità europea: è la dizione corretta. Si passa ad una narrazione che genera allarmismo con alcuni termini: invasione, onda nera che avanza, marea montante. Emblematico come narrazione e scelta di termine prendere in considerazione su ciò che è avvenuto nel 1991 con lo sbarco degli albanesi in Italia, al porto di Bari. I discorsi, le parole che vengono scelte all’interno di un vocabolario, le immagini selezionate, il discorso che viene svolto, ha dirette conseguenze sulla decostruzione di un contesto culturale. In questa costruzione della realtà che risultata problematica, ad un certo punto interviene un documento che è la Carta di Roma. È il protocollo deontologico concernente i richiedenti asilo, rifugiasti, vittime della tratta, migranti. Siamo nel 2008. Si invitano i direttori delle testate nazionali. Viene fatto un incontro a Roma per cui si chiede che ci sia una funzione pedagogica per far si che questo fenomeno avesse una valenza importante per la costruzione del contesto italiano. Dire ai giornalisti che il loro compito è anche pedagogico è per il prof una strategia perdente. Altro aspetto problematico: insegnare ai giornalisti il loro lavoro chiedendo di dare notizie positive sul fenomeno migratorio.



Ci sono due eventi specifici che preparano la stesura della Carta di Roma:

Strage di Erba 2006. 4 persone tra cui un bambino di due anni vengono uccisi a coltellate. Nelle prime ore viene dato come colpevole un tunisino marito di una delle vittime e padre della donna uccisa. Viene detto: “se non è lui è uno come lui”. “Chi fa queste cose non può essere uno di noi”. C’è dunque il capro espiatorio designato: il marocchino.

2007: omicidio Reggiani (Roma).

Carta di Roma 2008: osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove.Questo tema viene specificato con quattro corollari:

a. Adottare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore ed all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri;

b. Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. CNOG e FNSI richiamano l’attenzione di tutti i colleghi, e dei responsabili di redazione in particolare, sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e servizio; e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti;

 c. Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali. Inoltre, va tenuto presente che chi proviene da contesti socioculturali diversi, nei quali il ruolo dei mezzi di informazione è limitato e circoscritto, può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell’esposizione attraverso i media;

d. Interpellare, quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni.

Il codice deontologico viene diretto all’ordine dei giornalisti, che hanno una ventina di protocolli deontologici. C’è anche la Carta di Treviso, di Perugia che riguarda il settore della trattazione di notizie per soggetti che riguardano la sanità. Poi la carta di Firenze, ecc.

La questione della carta protocollo deontologico di natura giuridica, per cui i codici deontologico sono norme giuridiche obbligatorie per gli iscritti all’ordine. Nel 2016 tutte le carte sono confluite in un compendio dei doveri del giornalista. Per quanto riguarda la carta di Roma nel compendio è entrato il glossario.



Carta di Roma, introduzione:

PROTOCOLLO DEONTOLOGICO CONCERNENTE RICHIEDENTI ASILO, RIFUGIATI, VITTIME DELLA TRATTA E MIGRAN Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, condividendo le preoccupazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) circa l’informazione concernente rifugiati, richiedenti asilo, vittime della tratta e migranti, richiamandosi ai dettati deontologici presenti nella Carta dei Doveri del giornalista - con particolare riguardo al dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche - ed ai princìpi contenuti nelle norme nazionali ed internazionali sul tema; riconfermando la particolare tutela nei confronti dei minori così come stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dai dettati deontologici della Carta di Treviso e del Vademecum aggiuntivo, invitano, in base al criterio deontologico fondamentale ‘del rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati’ contenuto nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine, i giornalisti italiani

È un paragrafo troppo lungo come introduzione.  Qui c’è qualcosa di particolare. Nella sequenza di questa citazione sarebbe stato opportuno mettere in primo luogo migranti. Viene messo alla fine dando priorità ad altre categorie, perché l’alto commissariato dei rifugiati ha voluto marcare il terreno su questo.

Sono elementi contenuti alla Carta dei doveri dei giornalisti del 1993, n. 69.  Articolo 1 della Dichiarazioni dei diritti dell’uomo art 1. Si parla di fratellanza. Costituzione Italiana 1948 art 3 (si parla di cittadini: anche gli stranieri?). Valerio Onida a questo punto afferma: La Costituzione parla di tutti i cittadini, anche di nuovi italiani. C’è la dignità della persona sottolineato dall’artico 3. Giovanni Maria Flik, Elogio della dignità: è il fondamento dello stato democratico, del vivere in un contesto di diritti.

Età inferiore ai 18 anni. Questa tutela è tra la fascia di persone che hanno maggiormente bisogno. Dettati deontologici della Carta di Treviso (è il codice deontologico che riguarda tutti i minori: 1990) e del Vademecum aggiuntivo. Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia. La carta di Treviso fu redatta dopo un fatto di cronaca: Serena Cruz (1988) in Piemonte a Torino degli assistenti sociali segnalano che un territorio aveva acquisito una bambina filippina di un anno. C’era il sospetto di un’acquisizione mascherata. Questa sentenza entra nel cuore della tutela dei minori. C’è un principio: il diritto di cronaca non è superiore al diritto dei bambini. La Carta di Treviso ha un Vademecum aggiuntivo del 1995: vuole dire che per 5 anni non era stata osservata da parte dei giornalisti. C’è un altro allegato del 2006 della Carta di Treviso. Si dice che siccome il contesto sociale è cambiato vuole dire che si deve specificare meglio. Si dice al numero 7 dell’allegato: nel caso di minori malati, feriti, svantaggiati o in difficoltà occorre porre attenzione alla diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che in nome di un sentimento pietoso si arrivi allo sfruttamento della persona.



Articolo 2 della Carta di Treviso: va garantito l'anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore, vittima o teste; tale garanzia viene meno allorché la pubblicazione sia tesa a dare positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando.

Ci sono parole da mettere al bando: extra-comunitario, clandestino, straniero, persona di colore, minoranze, zingaro. Vanno criticate e messe al bando.

Extracomunitario: non va utilizzata perché è scorretta. Cittadino non appartenente all’unione europea. Extra: indica esclusione, un estraneo, fuori dalla comunità. Ha a che vedere con una persona fuori dal consorzio di persone conosciute e si convive. E ‘ un termine superato dai fatti. C’è stata una commistione tra africano, gente di colore e extra comunitario. Svizzeri e americani di fatto non vengono mai apostrofati con questa terminologia che diviene discriminatorio.

Clandestino: non ha aggancio nei testi giuridici. Porta con sé delle presunzioni, che evita segretezza, legami con la criminalità, nulla a che vedere con persone che non possono avere accesso ai documenti.

Straniero: è all’esterno rispetto ad uno che sta dentro. Straniero è l’estraneo rispetto alla terra, al territorio, non è il cittadino e per questo è l’inquietante.

Minoranze: capitolo 2 di fratelli tutti. Capitolo 4. Numero 131 viene criticato il termine minoranze: uso discriminatorio.

Uomo di colore: c'è una poesia di Léopold Sédar Senghor che mette in ridicolo questa espressione.

Zingaro: è termine eteronimo. È usato nel linguaggio popolare in modo dispregiativo, negativo e discriminatorio.

Nomadi: di circa 170 mila presenza di Rom e Sinti e in Italia sono il 20% vive in campi Rom.

 

 

 

 

 



[1] Ci sono stati una serie d’incontri prima di arrivare a questa Carta.

martedì 20 ottobre 2020

DIBATTITO SUL CASO BIBBIANO


 Conferenza in diretta da radio radicale. Il link sarà fornito un'ora prima dell'evento sulla pagina di radio radicale:

https://www.radioradicale.it/