sabato 29 ottobre 2016

LOTTARE CONTRO LA CORRUZIONE POLITICA: INCONTRO A BRESCELLO-RE



Giovedì 3 novembre alle ore 21 a Brescello nella sala Prampolini si terrà la presentazione del libro Rivoluzione. Diario di una rivoluzione politica nel Nordest brasiliano. L'incontro fa parte di una serie d'incontri organizzati dal gruppo SCIOGLIERE L'INDIFFERENZA. QUI ED ORA PER BRESCELLO, che ha l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi della mafia e della corruzione politica. 

sabato 22 ottobre 2016

PARTECIPARE E ANNUNCIARE





CONVEGNO NAZIONALE – RETE VIANDANTI
CHIESA DI CHE GENERE SEI?
BOLOGNA 22 OTTOBRE 2016

PARTECIPARE E ANNUNCIARE. NUOVA CONSAPEVOLEZZA DEL SACERDOZIO UNIVERSALE
Relatrice: Cettina Militello
Sintesi: Paolo Cugini

Manuale di Ecclesiologia, Dehoniane 2013

Non ci sarebbe un convegno sulla Chiesa se non ci fosse stato il Vaticano II. Partecipazione e annuncio possono essere fatti propri dai laici a partire dalla grazia battesimali, grazie alle riflessioni emerse al Concilio. Il punto di partenza per appartenere alla chiesa è il Battesimo. Il rito del Battesimo, soprattutto il RICA,  ha un grandissimo valore per comprendere il legame tra battesimo e annuncio.
Si tratta di un cambio di passo, passare da un’immagine di chiesa ad un altro. Quello che il Rito attiva è il comune sacerdozio. 1 Pt 2,9-10. Disegno di Dio sul popolo che Dio stesso si è scelto. Sacerdozio, profezia, regalità disegnano la dinamica del popolo. Regalità, profezia e sacerdozio è unita nel cammino del popolo di Dio.
La ferita più lacerante è quella sul piano della regalità divenuta potenza, che serve i propri interessi. Corre nella Chiesa l’aspirazione di una piena uguaglianza. La condizione filiale è fondamentale.
Regalità, sacerdozio e profezia si concretizzano in Gesù. L’unzione è un momento importante. La profezia conosce una ritualità visibile. Il tema dell’unzione è presente in 1gv 2, 20-27. La percezione d’essere profeti, re e sacerdoti conoscerà un’eclisse nella sacramentaria di età scolastica. L’antagonismo di papato e re provoca questo svilimento.

La teoria dei tria munera è affermazione del magistero del Vaticano II, che l’applica anche ai laici. Lumen Gentium (LG) 34-36. Nessuno è escluso dall’identità dei tria munera. All’interno di LG 3 i tria munera è enfatizzato ponendo il vescovo nell’ottica del sommo magistero.
LG 10-11: legge la soggettualità del popolo di Dio nel vissuto sacramentale, nella direzione della profezia e ha il suo luogo proprio nell’affermazione del sensus fidei.
LG 13: parla di chiese.

I tria munera come chiave interpretativa della soggettualità ecclesiale. Sintassi battesimale. Il dato generativo è il battesimo. L’ecclesiogenesi battesimale fa la chiesa: la chiesa non solo nasce dalla Eucaristia. In che rapporto stanno i due sacerdozi, comune e ordinato? Lettura tipologica. A partire dalla nostra necessità antropo-sociale, che giustifica anche la distinzione dei poteri legislativo e giudiziale, come segnaletica di sacerdozio e profezia comune. Nella chiesa lo sviluppo abnorme del ministero sacerdotale ne ha stravolto il senso originario. Abbiamo ontologizzato un compito, un ufficio, che ha senso di guida, di segnaletica di ciò che tutti devono condividere. Munus significa dono, ministero di grazia. Il ministero ordinato tipicizza i munera: suo compito è indicare ciò che a tutti è proprio. Il ministero diaconale ipotizza il servizio. Il presbitero, l’anziano, ha nella comunità il compito di testimoniare il Cristo attraverso i segni sacramentali. Il vescovo è il sorvegliante che rappresenta. Il ministero del Vescovo è fare in modo di rendere le persone partecipi della vita della chiesa.
Facciamo fatica a liberarci di modelli che si sono dogmatizzati. Il ministero è chiamato all’annuncio. Abbiamo fatto diventare l’annuncio dottrina.

Un popolo profetico. Esercizio della profezia comune è l’ascolto, ricevere la Parola di Dio, avere davanti la Parola con l’obbligo di studiarla per comprenderla e viverla. Già i catecumeni sono chiamati ad annunciare.
L’ascolto si traduce in testimonianza, perché la comunità non può vivere ripiegata su sé stessa. Parola diretta al mondo. Il testimone è colui che traduce la Parola.
Ciò si accompagna al discernimento dei segni dei tempi che riguarda tutti noi. Profezia dei bisogni è il farsi carico di ogni tipo d’indigenza.

Un popolo sacerdotale. Partecipazione attiva, tutto il popolo di Dio è soggetto dell’azione liturgica. Partecipazione che non si esaurisce nei ministeri. Il popolo di Dio è soggetto del convergere insieme. Ci riuniamo per acquisire coscienza. È il popolo di Dio il soggetto. LG 11: i battezzati sono soggetti attivi. Colletta: farsi carico degli altri, esprime la solidarietà tra le chiese nel segno dell’unità.

Un popolo regale. La regalità di Cristo è anomala, Cristo regna dal legno della croce. Sappiamo che Cristo è re non solo per le profezie messianiche, ma perché lo sostiene la potenza dello Spirito. La comunità eredità la regalità di Cristo e la esercita a partire dalla libertà. Regalità è autonomia e condivisone decisionale. Se il popolo di Dio si esprime non può essere consultivo.
Il vero modello della regalità è quello della sobrietà.
Dobbiamo rifondare la chiesa senza preoccuparci di demolire la chiesa ufficiale, lasciandola andare dove va e cioè verso l’autodistruzione. Occorre fondare comunità nuove, dove c’è uguaglianza e reciproco servizio. L’unica via è quella ecclesiogenetica dal basso, per imprimere la svolta che viene fuori da una coscienza piena, vale a dire dalla consapevolezza che come battezzati non abbiamo bisogno di autorizzazioni per ascoltare la Parola.
Visione perdente della catechesi: ne ha fatto un percorso parallelo della scolarizzazione. Se gruppi familiari si mettessero insieme e si assumessero l’onere della formazione dei loro figli sarebbe più efficace.
La grazia sacramentale ci è stata data: bisogna viverla. Occorre agire. La crisi delle vocazioni è provvidenziale come lo è la richiesta delle donne al sacerdozio. Una chiesa che baratta i valori del Regno non ha posto nel futuro.


martedì 18 ottobre 2016

PRESENTAZIONE DEL LIBRO SULL'OPERAZIONE AEMILIA



Segnalo un'importante iniziativa che si terrà a Brescello sabato 22 ottobre alle ore 17 dove verrà presentato il libro di SABRINA PIGNEDOLI sull'operazione AEMILIA. Conoscere meglio il fenomeno della mafia sul nostro territorio è un modo significativo per prevenirlo.

lunedì 17 ottobre 2016

VERITÀ E REALTÀ




PERCHÉ' LA MISSIONE E' INDISPENSABILE ALLA CHIESA


Paolo Cugini

Ci sono dei dati, anche nella vita spirituale, che risentono dei tempi, dei cambiamenti. E in fin dei conti è giusto così. Se è vero che la Verità si è incarnata, è entrata nella storia, allora è proprio la storia, gli eventi l’ambito privilegiato per comprenderla. La Verità non si dona, quindi, come qualcosa di statico, come un pezzo di marmo, ma si manifesta, si offre negli eventi quotidiani. Il cammino della storia porta con sé anche il cambiamento delle culture, delle tradizioni, dei modi di vedere e di agire. Anche la vita spirituale vive questi cambiamenti. Chi vuole relazionarsi con Dio deve apprendere a camminare dentro la storia, a non identificare la sua fede con i modelli culturali, o con le forme esterne. In fin dei conti, la stessa idea spirituale ed evangelica di conversione, passa attraverso la presa di coscienza del carattere storico delle Verità di fede espresse nel Vangelo, incarnate da Gesù. Se l’idea d’inculturazione, nata e sviluppatasi soprattutto nel mondo missionario, ha trovato sin dalla sua formulazione tanta resistenza, è a causa di una concezione statica dell’idea di Verità. Proviamo ad approfondire brevemente i motivi che conducono a resistere all’idea di una Verità che cammina nella storia e che esige di essere compresa ponendo attenzione agli eventi.

La tradizione culturale Occidentale ha da sempre pensato la realtà e la verità come poli contrapposti, inconciliabili. La prima grande spaccatura si ha con il pensiero di Parmenide, che pone l’essere in contrapposizione con il non essere, il mondo fenomenico. Da lì in poi il cammino tra questi due mondi diviene sempre più in contrapposizione. Il problema sorge dal modo in cui il pensiero Occidentale concepisce la Verità, e cioè come un’idea fissa a sé stante, immobile, staccata dalla realtà, percepita come mobile e quindi imperfetta. Se la verità deve avere lo stesso spessore metafisico di Dio, allora, siccome il dio dei filosofi è immobile, anche le verità che derivano da lui devono essere concepite in questo modo. Platone è considerato il punto di riferimento filosofico per comprendere la filosofia Occidentale. Secondo lui, il Demiurgo, nel momento di creare le cose, ha dinanzi a sé due realtà preesistenti: la materia informe e le idee. Il demiurgo contempla le idee perfette e preesistenti e modella la materia per fare le cose. In questo modo, le cose della realtà sono copie imperfette di idee perfette. È importante riflettere su questi passaggi storici della nostra cultura, perché hanno influenzato pesantemente anche il pensiero cristiano e la sua spiritualità. Nel sistema plotiniano – siamo già nel terzo secolo dell’epoca cristiana -, sistema filosofico chiamato appunto neo-platonico, Plotino nelle Enneadi spiega la realtà come una mancanza di luce. Il Nous nel suo discendere (procedere) e dare consistenza ai diversi livelli della realtà, giunge progressivamente senza energia, senza luce. Ebbene per Plotino la realtà è esattamente questa situazione che si viene a creare quando il Nous è totalmente svuotato di energia. Se il sistema neoplatonico porta a maturazione un cammino della cultura Occidentale durato circa otto secoli, il risultato è la totale separazione e inconciliabilità tra dio e il mondo, tra Verità e realtà.

Interessante notare, quando si sfogliano i testi dei padri della chiesa dei primi cinque secoli, come la loro conoscenza filosofica, che era prevalentemente platonica e neoplatonica, filtri l’interpretazione che loro fanno delle Scritture. Questa mediazione filosofica la si vede soprattutto per quanto riguarda la riflessione sulle pagine della Genesi che narra la creazione del mondo e nella concezione dell’uomo. La svalutazione del corpo a vantaggio dell’anima, con le conseguenti indicazioni mistiche di fuga dal mondo e disprezzo del corpo, hanno più un sapore platonico che evangelico. Siamo sempre nell’ambito delle contrapposizioni: corpo e anima, verità e realtà. La cultura Occidentale non riesce ad elaborare un pensiero capace di conciliare aspetti che percepisce e interpreta come contrapposti. Anche il cristianesimo, pur avendo nella proposta del Vangelo questa visone unitaria della realtà, nel mondo Occidentale viene costantemente riletto a partire dalle categorie filosofiche.

Gesù è il verbo incarnato, l’eterno che entra nel tempo, l’idea immobile che entra nella realtà mobile. Dal punto di vista filosofico è un dato inconcepibile e inconciliabile, anzi è la negazione di quanto era stato pensato sino a quel momento. Come può Dio, da sempre pensato in contrapposizione al tempo e alla storia, venire ad abitare in mezzo a noi? Com'è possibile che la Verità da sempre pensata immobile, uguale a sé stessa in ogni momento e in ogni epoca, entri nel tempo e, di conseguenza, si adatta al cammino della storia che è in continuo divenire? Dice il Vangelo di Giovanni che “Il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Non solo, ma Gesù, sempre nel Vangelo di Giovanni, si definisce la Verità: “Io sono la Via, la Verità e la vita”. Ciò significa che d’ora innanzi Dio non va cercato sulle nubi del cielo o sui libri dei filosofi, ma lo incontriamo nella persona di Gesù Cristo, nella sua storia, nelle sue parole e nei suoi gesti. D’ora innanzi la perfezione non è più un’idea astratta e immobile, ma va cercata nel cammino del tempo, nell’evolversi degli eventi.

Non c’è da stupirsi se ancora oggi tante persone che si definiscono cattoliche, resistono all'idea di una verità che si è fatta storia, rimanendo strettamente ancorati ad un’idea di verità più filosofica (platonica) che cristiana. Ecco perché rimangono meravigliati, anzi scandalizzati se la Chiesa, pensata da loro come un’istituzione fissa nel tempo, una verità fuori dalla storia e dal tempo, ogni tanto per adeguarsi ai cambiamenti della storia, modifica i contenuti, sposta gli accenti, indica nuovi percorsi. Probabilmente è più comodo ed è meno faticoso rimanere avvinghiati ad una verità immobile, che alla Verità che si è fatta storia e che esige continuamente di mettersi in discussione, di cambiare, di convertirsi. Sempre in questa prospettiva, si comprende molto bene se la più profonda esperienza d’inculturazione del Vangelo sia avvenuta nei primi secoli della chiesa per poi, salvi rari esempi, fermarsi lì. Purtroppo sono comprensibile, ma assolutamente non giustificabili, i disastri umani e culturali realizzati dai cattolicissimi spagnoli e portoghesi nelle terre latinoamericane.


Se ancora oggi la chiesa fa così tanta fatica ad inculturarsi, ad accogliere nei suoi riti e nelle sue formulazioni le novità che lo Spirito Santo ha preparato nelle culture dei popoli che incontra, è forse a causa di una cecità provocata dalle concezioni filosofiche e poco evangeliche, che riempiono da secoli le nostre menti. Ecco perché la missione è indispensabile nel cammino della chiesa: per convertirsi, per cominciare a vedere e a leggere in modo nuovo quel Vangelo donato a noi gratuitamente, ma che facciamo fatica a coglierne la profondità a causa delle nostre pre-comprensioni, che ci chiudono gli occhi e la mente. La missione è come il collirio che ci permette di vedere in modo autentico, o perlomeno in modo nuovo quel messaggio evangelico che diciamo di conoscere, ma che poi, alla prova dei fatti facciamo fatica a vivere spesso e volentieri perché mal consigliati. La missione è, allora, per noi una grande speranza: manteniamola viva!