lunedì 26 marzo 2018

STORIA DI UN'IDEA DIVENUTA REALTÀ



PENSARE CRISTIANAMENTE LA STORIA. EMMANUEL MOUNIER E LA RIVISTA ESPRIT


Perché questo libro?
Ho raccontato la storia di un gruppetto di amici universitari che, desiderosi di contribuire positivamente ai grandi drammi che sconvolgeva il loro paese, vale a dire la Francia degli anni ’20-’30 del secolo scorso, decidono di fondare un movimento politico e, soprattutto, una rivista. Mi è sembrato molto attuale e per questo mi sono impegnato nella ricerca e nella stesura del testo. E’ un modo per trovare ispirazione dal passato, per imparare dalla storia e, così, guardare con occhi più sereni il futuro.


INDICE


PREMESSA
INTRODUZIONE


1.      CAPITOLO PRIMO: LA CRISI DEGLI ANNI TRENTA
1.1.L’origine della crisi
1.2. L’Europa tra crisi istituzionale ed economica: l’avvento dei fascismi
1.3.Tra cultura della crisi ed esigenza di rinnovamento

2.      CAPITOLO SECONDO: ALLE ORIGINI DI ESPRIT
2.1. Esigenze di una nuova rivista
2.2. I fondatori di Esprit
2.3. Prime difficoltà
2.4. La ricerca dei collaboratori
2.5. Le tappe della prima elaborazione dottrinale
     2.5.1. La prima circolare
     2.5.2. Il Prospectus
2.6. Verso il Congresso di fondazione
    2.6.1. Credenti e non credenti: collaborazione possibile?
    2.6.2. Esprit: rivista e/o movimento?

3.      CAPITOLO TERZO: ESPRIT FRA RIVISTA E MOVIMENTO
3.1. Font Romeu
3.2. Il manifesto di Font Romeu
 3.2.1. Prima zona d’accordo
3.2.2. Critica al capitalismo e al marxismo
 3.2.3. Il Piano programmatico
 3.3. La struttura della rivista
 3.3.1. Le rubriche
3.3.2. Il bollettino Esprit
 3.4. Esprit: un movimento
3.4.1. I gruppi di studio
3.5. Esprit e la Troisieme Force
3.5.1. La polemica con Maritain
 3.5.2. La minaccia degli ambienti ecclesiali
 3.5.3. La scissione tra “Esprit” e la Troisiéme Force
3.6. Gli amici di Esprit
  3.6.1. Quale azione per gli “Amis d’Esprit”

4.      CAPITOLO QUARTO: LA RIVISTA ESPRIT E LA II GUERRA MONDIALE
4.1.Un necessario confronto: Esprit 1930-1932
4.2.Esprit ottobre 1939-giugno 1940: gli editoriali
4.3.L’elaborazione dottrinale
4.4.La questione comunista
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA

PREMESSA
Nel panorama politico-culturale degli anni trenta la rivista Esprit, apparsa per la prima volta nell’ottobre del 1932 e tutt’ora viva e vitale, occupa un posto di particolare rilievo per il modo con il quale ha saputo inserire il proprio messaggio nel delicato clima storico del periodo. Sullo sfondo di un’Europa minacciata sia dai postumi della gravissima crisi economica del ’29 del secolo scorso, sia dall’avvento dei totalitarismi enfatizzati dell’esperienza fascista italiana e da quella nazista della Germania, Esprit ha voluto essere il punto di riferimento culturale di una generazione spiritualmente smarrita. Le pagine della rivista rivestono, quindi, un particolare interesse per la storia delle dottrine politiche, soprattutto in riferimento al fecondo periodo della cultura cattolica francese degli anni trenta.

Lo studio che qui presentiamo tenta di cogliere, attraverso un’analisi storico-dottrinale, gli avvenimenti e i dibattiti culturali che hanno accompagnato la rivista Esprit dall’idea iniziale della fondazione (1930) ai primi anni della sua attività editoriale (1934), con un approfondimento sul periodo iniziale della seconda guerra mondiale. Per dare maggiore organicità al nostro lavoro abbiamo cercato, nell’introduzione e nel primo capitolo, di collocare storicamente Esprit, individuando i motivi fondamentali della sua nascita. Abbiamo, così, presentato Esprit da una parte, come punto di riferimento dell’impegno intellettuale di Emmanuel Mounier, il fondatore e l’artefice principale della peculiare azione spirituale condotta dalla rivista, dall’altra come risposta costruttiva al periodo di crisi epocale degli anni Trenta, che coinvolgeva non solamente le strutture economiche, ma che intaccava l’autenticità dei valori spirituali tradizionali.

Nel percorrere le tappe fondamentali che hanno segnato l’inizio di Esprit ci siamo addentrati nel travagliato clima culturale della Francia degli anni Trenta, nei contrastanti dibattiti politici protesi alla ricerca di mezzi spirituali efficaci in grado di affrontare positivamente la situazione di crisi. In questa prospettiva, momenti fondamentali del nostro lavoro diventano sia l’analisi della prima elaborazione dottrinale avvenuta all’interno del gruppo dei fondatori della rivista (Mounier, Georges Izard, André Déléage, Louis Emile Galey), sia il dibattito sviluppatosi sin dal congresso di fondazione di Esprit (Font-Romeu, agosto 1932) sul tipo di azione che la rivista e coloro che aderivano alle sue idee, avrebbero dovuto condurre.

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lunedì 19 marzo 2018

GESÙ CRISTO OVVERO LA DESACRALIZZAZIONE DELLA RELIGIONE




Paolo Cugini


Dio ha deciso di manifestarsi, di dire chi è, di mostrarsi avvicinandosi a noi a tal punto da farsi uno di noi. E’ su questo aspetto che a mio avviso vale la pena riflettere, per capire le svariate implicanze che, questo evento unico nella storia dell’umanità, produce. Sino all’ arrivo di Gesù c’era una distinzione ben precisa tra sacro e profano, con tutto ciò che comporta una separazione di questo genere. Sacro dice di una distanza, di una separazione da ciò che è profano. La nascita di Gesù in una mangiatoia rappresenta la distruzione del sacro, la distruzione di ogni tipo di distanza e separazione tra sacro e profano, perché nell’evento del Natale, il sacro viene ad abitare il profano, e il profano diventa la casa del sacro. Nascendo in una grotta Dio ha operato un processo di umanizzazione del divino, volendo in questo modo destrutturare il processo umano di sacralizzazione del divino. Dio in Gesù ha sacralizzato il tempo, ha rotto le distanze e, di conseguenza, si è avvicinato ad ogni uomo e ad ogni donna. Che cosa significa questo avvicinamento che è, allo stesso tempo, un’identificazione? Significa che d’ora innanzi non abbiamo più bisogno di sacralizzare gli spazi religiosi, perché la sacralizzazione è stato un processo della religione ancestrale spesso e volentieri manipolata da chi gestiva il potere religioso. In secondo luogo, essendosi umanizzato Dio ha dato accesso a tutti al divino, ha tolto il dominio religioso di qualcuno, per donarsi a tutti e a tutte. Davvero, a partire da Gesù, l’uguaglianza è divenuta il segno visibile della presenza di Dio nella carne umana. Ecco perché la nascita di Gesù significa la fine e il giudizio negativo su ogni modello sociale che produce disuguaglianze, separazioni, divisioni. Se Colui che era in alto, nel cielo è venuto sulla terra ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, significa che d’ora innanzi nessuno può porsi in alto ritenendosi migliore di altri. Gesù è la presenza dell’uguaglianza: venendo al mondo e ad abitare in mezzo a noi Dio ha voluto dire che tutti siamo degni, perché non si è avvicinato a qualcuno, ma a tutti. Il regno dei cieli annunciato da Gesù è un monito chiaro contro tutti coloro che producono e mantengono in piedi il modello economico nefasto del neoliberalismo, che produce sempre più poveri a favore di una piccola élite di ricchi sempre più ricchi, alla faccia dei poveri. Dove c’è disuguaglianza non c’è la presenza di Cristo, perché Gesù ha scelto poveri, vale a dire l’esplicitazione del desiderio di dare dignità ad ogni persona. Quest’identificazione di Gesù con i poveri, che troviamo al momento della nascita, è indicata da Gesù stesso come criterio per entrare nel Regno dei cieli. Il cammino della vita sulla terra, per i discepoli e le discepole di Gesù, non può che essere caratterizzato dallo stile semplice e dalla presa di posizione nei confronti delle persone povere. Non a caso la Chiesa, sin dal suo inizio, sviluppa quest’attenzione verso i più poveri, proponendo il cammino della solidarietà e della condivisione.

Questo aspetto della desacralizzazione della religione realizzata con la venuta di Gesù nel tempo si manifesta nella polemica con i farisei sul puro e l’impuro e, soprattutto, sul tempio. La critica radicale di Gesù alla religione del tempio, che nel Vangelo di Giovanni esplode sin dall’inizio, vale a dire al capitolo due, sarà approfondita nel capitolo quattro nel dialogo con la samaritana. Il Tempio, invece di essere il luogo dell’incontro con Dio, con il tempo è divenuto il suo contrario, vale a die un ostacolo. Perché? Ci sono alcuni passaggi del Vangelo di Giovanni che ci aiutano a capire il problema:
“Si avvicinava, intanto, la Pasqua dei Giudei”. Passaggio che dice già il tono della polemica: non è più la pasqua di Dio, il suo passaggio che salva il popolo, ma la Pasqua dei Giudei, vale a dire dei capi del popolo, come si evince poi dal contesto del brano. C’è stato nell’arco dei secoli un cammino di trasformazione in negativo. La Pasqua non è più la Pasqua dell’Esodo, ma de regime giudaico, è divenuta uno strumento di dominio, una pasqua a beneficio di pochi che curano i propri interessi. La Pasqua è divenuta motivo di guadagno anche alle spalle dei poveri.

Ai venditori di colombe disse…” le colombe sono gli animali che i poveri potevano utilizzare per offrire sacrifici. Ebbene, il disastro morale era arrivato al punto che i mercanti lucravano anche sui poveri. Sembra di ascoltare la voce dei profeti, in modo particolare il profeta Amos che inveiva contro i ricchi del suo tempo perché sfruttavano i poveri, vendendoli per un paio di sandali (cfr. Os 2,6). Quando si arriva a sfruttare il povero significa che il livello sociale di un popolo ha veramente toccato il fondo. La cosa peggiore è che ciò avviene nel tempio. Come può una religione avere perso di vista così tanto il suo punto di riferimento da compiere tali delitti? La cosa peggiore è che ciò viene fatto nel tempio di IHWH, che ha sempre avuto un’attenzione particolare per i poveri.
Non fate della casa del Padre mio un mercato”. Se c’è una cosa che è antitetica al Dio d’Israele è il mercato. Infatti, Dio è donazione totale di sé, è gratitudine, attenzione ai piccoli. Al contrario, il mercato è interesse, modellato sull’egoismo, che schiaccia i piccoli. La critica di Gesù al tempio raggiunge il parossismo. Come può un tempio divenire il luogo del mercato e delle sue logiche?
“Distruggete questo tempio”. Gesù è venuto per distruggere il tempio, quel luogo che nel tempo è divenuto simbolo di disuguaglianza e ingiustizie sociali. E’ questo l’obiettivo del cammino cristiano: uscire dalla religione negativa, dalla religione che fa male, che invece di essere stimolo per l’uguaglianza diviene spazio per ogni forma d’ingiustizia e discriminazione. Uscire dalla logica del tempio come luogo di diseguaglianze. Infatti, già nel libro del Levitico ci sono molte prescrizioni cultuali che proibiscono l’accesso alle persone in situazione d’impurità. Lebbrosi, malati, stranieri, pagani, donne mestruate: tante persone non possono accedere al Tempio. Uscire dalla logica del tempio fatto dagli uomini, che è spazio di diseguaglianze e di logiche perverse, per seguire il cammino che Gesù propone, basato sull’amore e la misericordia.

E’ questo cammino che dovrebbero realizzare le comunità cristiane: abbandonare le forme eccessive di sacralizzazione religiosa, spesso e volentieri segno di manipolazioni da parte di un gruppo a scapito della maggioranza, per dare spazio a forme di accoglienza, segno della misericordia di Dio manifestatasi nel suo Figlio Gesù. Comunità cristiane il cui segno caratteristico diviene lo stile nuovo inaugurato da Gesù, in cui nessuno si sente escluso perché tutti possono avere acceso a Lui. Comunità in cui gli uomini e le donne, più che essere preoccupati sulle forme esterne di espressione della devozione cultuale, s’interrogano sulla bontà delle loro relazioni e sulle modalità messe in atto per manifestare il cammino di uguaglianza e misericordia proposto da Gesù.



venerdì 16 marzo 2018

IO STO IN MEZZO AL MIO POPOLO






CICLO DI CONFERENZE DI TEOLOGIA DELLE DONNE
Reggio Emilia Venerdì 16 marzo 2018

ANTONIETTA POTENTE

Sintesi: Paolo Cugini

Simone de Bouvoir: donne non si nasce ma si diventa. Qui entrano anche gli uomini, quelli capaci di accogliersi alla luce delle donne. La smettono di aver paura, di entrare in conflitto. La chiesa ha paura delle donne. Non c’è un motivo teologico perché le donne non celebrano o perché i preti non si possano sposare. Le donne nell’immagine della Chiesa è impura.

Anche le donne devono prendere coscienza di essere donne. Il pensiero delle donne non è parlare delle donne, ma è un pensiero della loro parte.

La bellezza della diversità va mantenuta in piedi. Dire che siamo tutti uguali va detto alla fine dei tempi. E’ importante conoscerci in questa differenza, e conoscersi nella differenza è un lavoro che esige un cammino lento. Occorre vedere Dio in un altro uomo. Tutti s’immaginano Dio come uomo. Ogni tanto gli si appiccicano dei ruoli femminili, perché è buono. Ma non è sufficiente. La lettura della storia da parte delle donne deve essere differente, perché le donne contribuiscono a vedere le cose da una prospettiva diversa. Nella prospettiva maschilista non possono emergere quello che le donne vedono. Rispettare è fondamentale e anche ascoltare le diversità.

Gesù è rimasto nel mistero. Che cos’è la resurrezione? I vangeli dicono della tomba vuota con dei piccoli segni. E poi ci sono differenti testimoni di cui la prima è una donna, l’apostolo degli apostoli: Maria Maddalena. Nel 1200 Maria Maddalena è stata fatta patrona degli ordini predicatori, perché è la prima annunciatrice del mistero della risurrezione. Tutti dobbiamo prendere coscienza di chi siamo. Nella mistica si dice che chi non ha una conoscenza di se stesso non può accostarsi al grande mistero di Dio.

Occorre portare avanti il Vangelo. 2 Re 4,13: Eliseo. C’è una donna senza nome, la Sunnamita che si comporta in un modo bello con Eliseo. Il profeta colpito dalla sua benevolenza pensa che deve fare qualcosa. “Io sto in mezzo al mio popolo”. E’ l’annuncio e la profezia nei confronti di una realtà che per dare delle soluzioni si appoggia a chi ha un ruolo più importante. Le donne non hanno a che fare con le istituzioni che non sono per le donne. Per le donne è importante la vita che non può essere tenuta nelle mani di poche persone. Non si può ridurre la vota e consegnarla. Sono le istituzioni che dovrebbero entrare nel ritmo della vita. E’ la Chiesa che deve diventare umanità e non il contrario. Le donne non devono fare quella politica istituzionale.

Gli uomini dovrebbero stare dalla parte del popolo. Fino a quando non fanno un cammino di coscienza profonda della loro appartenenza, non possono fare questo passo. 
Nessuno vuole escludere qualcuno dalla vita, però chi ha assorbito così com’è stata data, ha incominciato a parlare delle donne regalando loro permessi.

Problema del diaconato delle donne: perché si pongono oggi il problema che è aperto da tanti secoli? Se gli uomini vogliono essere a servizio della realtà devono uscire dallo schema: lo concedo io. Uscire dallo schema del dominatore. Persino Gesù ha dovuto convertirsi nel dialogo con la cananea. Credo che questa eco: io sto in mezzo al mio popolo, dice di una visione mistico-politica altra.
Per le donne i dettagli sono importanti. La visione delle donne è mistico-politica.
Visione: desiderio che avvenga qualcosa. Desiderio che torni o venga qualcuno. La visione delle donne è prima di tutto del bene di tutte le donne, del bene della creazione, della pace e non solo visione ristrette di categorie femminili.

In America Latina è da tanti anni che si parla della teologia delle donne.

La visione delle donne non possono farla gli uomini. Solo accogliendo la visione delle donne si può arrivare ad accogliere la diversità. La visione delle donne è restare svegli sulla realtà.
La prima domanda di Maria di Magdala in Gv 20: dove l’avete portato? Questa è la sensibilità di sentire anche nella propria pelle e nella sua tristezza capisce che ormai l’unione tra il divino e l’umano è avvenuta e l’unica via è trovare il corpo. Dove stai tu? E’ la domanda centrale della teologia delle donne. Dobbiamo uscire dagli schemi per aprirci alle visioni. La nostra domanda è: dove l’avete messo? Dove mettete i soldi per costruire tutte queste armi? Sono le donne che nei campi profughi continuano a portare la pace. E’ questa visione che le donne si devono riprendano.

Un mistico sufita: la luce ha l’aspetto di una persona umana. E’ una visione sull’umano. Questa luce è personificata, antropomorfa. Portare nella politica la visone delle donne.
La nostra vita non può separare il mistero del divino dalla realtà umana. Il fare politica è un impegno quotidiano con questa forza per non separarci.
Occorre vivere al di dentro della realtà più che nell’istituzione. Il primo tessuto che dobbiamo ricostruire è una relazione profonda con la realtà.

Occorre distanziarsi dalla gerarchizzazione delle relazioni che ha dimenticato la compassione di Gesù. Queste cose di un Gesù privo di sapienza delle donne ha dato il risultato di una chiesa che non è crollata, ma manca di questa grande passione per la vita. C’è ancora molto da camminare per recuperare l’umanità di Gesù. Finché la chiesa non si mescola continuerà ad avere un tono di beneficenza che non è vangelo. La vita è dare in abbondanza e non l briciole. Questa è la grande bellezza del mistero.

Stare in mezzo al popolo, in mezzo alla realtà significa non cercare favori, e non coprirsi dietro all’istituzione e alle relazioni gerarchiche. In questo la visione delle donne può aiutarci. Dobbiamo ricostruirci. Siamo un popolo che è cresciuto: tutti potranno avere visioni: Gioele cap. 3.

Simone Weil: Al di sopra delle istituzioni occorre inventare altre destinati a discernere e abolire tutto ciò che nella vita contemporanea sotto l’ingiustizia la menzogna. Occorre inventarle perché sono sconosciute.
Teologia delle donne: occorre inventare.


mercoledì 14 marzo 2018

LA POSIZIONE MISTICO POLITICA DELLE DONNE





VENERDÌ 16 MARZO ORE 20,45 PRESSO L'HOTEL ASTORIA
INCONTRO CON ANTONIETTA POTENTE


CICLO DI CONFERENZE: LA TEOLOGIA DELLE DONNE


Antonietta Potente è una teologa e religiosa italiana

Fa parte della congregazione dell'Unione delle suore Domenicane di san Tommaso d’Aquino

Ha conseguito il dottorato in teologia morale presso la Pontifica Università di san Tommaso D’Aquino in Roma con una tesi intitolata: La Diakonia: cooperazione della storia alla riconciliazione compiuta da Dio Trinità.

Dal 1994 vive in Bolivia dapprima a Santa Cruz e la Sierra, poi a Cochabamba. Sperimenta una nuova forma di vita comunitaria abitando insieme a dei campesinos di etnia Aymara. Partecipa attivamente al processo di cambiamento socio-politico e costituente che sta avvenendo in Bolivia con il presidente Evo Morales.

Dal 2000 al 2004 è stata membro della commissione teologica della Conferenza latinoamericana dei religiosi (Clar). Attualmente insegna teologia presso l'Università cattolica di Cochabamba e collabora con l'Istituto ecumenico di teologia andina di La Paz.


La sua riflessione teologica la pone tra le teologhe più fertili e creative all'interno del panorama italiano e sudamericano. La sua opera si sviluppa a partire da un ripensamento della vita religiosa alle luce di una spiritualità ancorata al presente che unisce mistica e politica Il suo pensiero, inoltre, si sviluppa verso un ripensamento del fare teologia a partire dalla riflessione ecologica e di genere

Attualmente è stata invitata a far parte del gruppo di analisi e riflessione sul nuovo testo costituzionale del popolo boliviano, in vista del prossimo referendum, insieme ad altri intellettuali, rappresentanti dei movimenti sociali e membri della stessa Assemblea Costituente che appoggiano il processo di cambiamento del governo del presidente Evo Morales (da Wikipedia)