domenica 25 gennaio 2015

AZIONI DEPONENTI







LE AZIONI DEPONENTI NELLA COSTRUZIONE DEI  PROGETTI  EDUCATIVI PER ADOLESCENTI
ALCUNE RIFLESSIONI DAL CONVEGNO “GENERAZIONE IN RICERCA” SUI DIRITTI DEGLI ADOLESCENTI. ROMA 14-18 LUGLIO 2014


Paolo Cugini

Apprendere a costruire percorsi educativi per gli adolescenti mettendo in relazione tutti gli agenti del progetto educativo: è questa una delle sfide maggiori che ci attendono. É una sfida perchè non siamo capaci di farlo, non siamo capaci di pensare all’adolescente come portatore di contenuti educati,  ma solo come usufruitore di percorsi e di spazi che come adulti prepariamo per loro.  Non si possono considerare gli adolescenti meri frutori di un progetto: in un modo o nell’altro bisogna coinvolgerli. In questa prospettiva Michele Marmo – presidenta di AssociAnimazione - parla di azioni deponenti e cioè di azioni educative capaci di fare spazio agli interlocutori, dove la competenza non consiste nel proporre contenuti nuovi, ma nella capacità di mettere in relazione le persone, di fare connessioni, di accompagnare gli interlocutori nel percorso che viene costruito assieme. Aiutare le persone interlocutrici dei processi educativi a spogliarsi dei ruoli precostituiti, per togliersi un pó, per fare spazio all’altro, per creare delle condizioni di possibilità nuove, in una parola, per ascoltare: questa è la prospettiva sulla quale lavorare. Questo vale a tutti i livelli e cioè anche nella scelta degli spazi. 

Come ci ricorda Gustavo Pietropolli Charmet – psichiatra e psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro - l’adolescenza è quella fase nella vita nella quale la persona trasforma i propri spazi vitali passando dalla camera alla cameretta. Non vuole più abitare la camera preparata dai genitori, ma si costruisce il suo mondo, il suo spazio fatto a modo suo, costruito in modo tale da non permettere all’adulto di entrarvi. Lo stesso vale per tutti gli spazi che gli adulti costruiscono per gli adolescenti come centri commerciali, oratori, centri giovani, che vengono sistematicamente disattesi. Al loro posto prendo spazio i parchi, i giradini, le panchine, gli angoli più strani della città, che acquistano significato perchè diventano propri, spazi di appartenenza spesso in contrapposizione non tanto con gli adulti, ma con altri gruppi di adolescenti. Sono le appartenenze parziali che caratterizzano il mondo adolescenziale, appartenenze per sintonie, per interessi, o altro. Il criterio della città vista dal punto di vista degli adolescenti non è estetico, perlomeno non riguarda i criteri estetici degli architetti, ma rispondo a specifiche esigenze comportamentali. E allora improvvisamente diventa bello il luogo più scalcinato del quartiere, per il fatto che diviene abitato e riqulificato dagli adolescenti che lo occupano.

 Secondo Charmet non è vero che gli adolescenti escudono gliadulti dal loro mondo, ma in realtà li cercano. Gli ambienti che gli adolescenti si costruiscono servono per comunicare con i loro coetanei e per lasciare fuori gli adulti, soprattutto quel mondo di adulti che non riesce ad identificarli, a riconoscerne il cambiamento. L’adolescenza per definizone è il passaggio successivo all’infanzia. È questo che l’adolescenza aborrisce con tutto se stesso e cioè l’essere identificato come un bambino. Gli adulti che non riescono a fare questo passaggio, a riconoscere un cambiamento in atto, una novità, sono destinati ad essere esclusi. La mamma che continua ad abbracciare e a baciare il suo bambino, soprattutto quando lo fa davanti a tutti, è destinata ad essere esclusa. allora gli adolescenti, mentre escludono dai propri spazi e dal proprio mondo tutti quegli adulti incapaci d’identificarli, d’identifcare la loro novità rispetto all’infanzia, dall’altra parte cercano adulti capaci di riconoscerli.

 È per questo motivo che i progetti educativi preconfezionati dagli adulti per gli adolescenti sono destinati a fallire. Imparare a coinvolgere gli adolescenti nei progetti educativi che s’intende predisporre per loro, facendosi consegnare i contenuti, costruendo assieme i percorsi, definendo le mete, permette di realizzare un cammino insieme e non “per” o direzionato a qualcuno. Detto così può sembrare logico e chiaro. In realtà per mettere in atto un simile percorso è necessario un deponziamento dei ruoli, una capacità di mettersi da parte, di creare spazi culturali e mentali affinchè l’altro, l’adolescente, possa percepire la possibilità di esprimersi. Tirarsi indietro non è facile, soprattuto quano si è da sempre abituati a farsi a vanti, a pensare l’educazione come un intervetno diretto, a pensare le competenze com un discorso individuale da investire su degli oggetti ritenuti come meri recipienti. Le azioni deponenti di un percorso educativo esigono la capacità di mettersi in discussione e di lasciarsi mettere in discussione, di lasciarsi dire quello che solitamente si vuole dire perchè si ritiene di sapere. Le azioni deponenti esigono la capacità di creare spazi nei quali poter accolgiere gli abituali usufruitori dei percorsi educativi, facendoli interagire, mostrandone la loro attività, la loro possibilità di consegnare contenuti, il loro diritto di sapere di che cosa hanno bisogno. Educare in questo contesto significa, allora, più che orientare e indicare un cammino, saper accompagnare, saper mettere ordine a delle idee nate durante il cammino. Ascolto e attenzione divengono strumenti fondamentali per riuscire a mettere in sintonia stimoli provenienti da mondi diversi, come quello degli adolescenti, dei genitori, degli insegnati. Educare deponendo il proprio diritto di parola, significa aspettare ad intervenire fino a quando non viene detta l’ultima parola da chi sta intorno. Educare deponendo le presunzioni educative significa anche stimolare il più possibile gli interlocutori affinchè esprimano la loro opinione sul problema esaminato per poi assieme scegliere le strategie necessarie per il raggiungimento degli obiettivi. Costruire itinerari educativi attraverso un percorso di azioni deponenti richiede un’intuizione fondamentale, vale a dire che tutte le persone chiamate in causa sul mondo degli adolescenti, hanno qualcosa da dire di positivo e, più che essere mondi antagonisti – genitori contro figli, insegnanti contro genitori, educatori contro insegnanti, ecc. – sono portatori di significati che esigono di essere ascoltati per poter contribuire in modo costruttivo e non distruttivo, come purtroppo spesso avviene.

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