martedì 8 marzo 2016

LEGALITÀ' E MISERICORDIA






Testimonianza di Vincenzo Linarello – Veglia “Legalità e Misericordia
1 marzo 2016 – Chiesa di Gualtieri


Grazie per l’invito. E’ veramente commovente e bello per noi che quest’incontro avvenga il 1° marzo, che questa data sia rimasta nel cuore di molti una data di memoria, di riscatto e liberazione.
Goel oggi è una realtà particolare e ci siamo sempre chiesti come definirci. L’ultima attenzione che ci piace è “comunità di riscatto”. Essere comunità, perché oggi Goel è composto da 10 cooperative sociali, due associazioni di volontariato, 2 cooperative non di tipo sociale e 28 aziende agricole, che operano in settori molto diversi: dai servizi sociali ai servizi sanitari con persone che hanno disturbi mentali, dall’accoglienza dei migranti ad attività di turismo responsabile; dall’aver messo in piedi una Cooperativa di aziende agricole vittime di ‘ndrangheta, fino a creare un marchio di moda per ridare lavoro e dignità alle tessitrici calabresi.
Sono settori molti diversi e da un po’ di tempo ci vediamo tutti quanti insieme perché ci piace l’idea che alle tessitrici stia a cuore cosa accade agli operatori sociali, che agli operatori sociali stia a cuore cosa accade agli agricoltori, che agli agricoltori stia a cuore cosa accade agli operatori turistici, e così via. E’ la faticosa costruzione di una comunità che poggia su un progetto di riscatto. Da qui il nome che ci siamo dati, Goel, che abbiamo scelto con grande attenzione quando nel 2003 ci costituimmo. Il Goel, nell’antico Israele, era colui che pagava il prezzo del riscatto di chi era caduto in schiavitù e lo restituiva, diremmo oggi, allo stato di “cittadino libero”. E ci piaceva questa idea perché la consideriamo alla base di un progetto di liberazione: tu che non sei vittima della schiavitù, che non hai avuto una situazione negativa alle spalle, sei disponibile a pagare il prezzo del riscatto dell’altro. Ed è così che si costruisce la “comunità di riscatto”.
Dentro questo tipo di percorso, l’idea di riscatto ovviamente riguarda un territorio come quello della Calabria, con la disoccupazione, con la violenza della ‘ndrangheta, con quel sistema di alleanza negativa tra la ‘ndrangheta e le massonerie deviate all’interno del territorio, quel modo di ricattare nella quotidianità le persone, prenderle per il collo dei bisogni quotidiani per riuscire ad asservirle, per riuscire a indirizzare i voti e il consenso per assoggettare le persone. Ecco allora l’altro grande obiettivo: noi dobbiamo tracciare un percorso di liberazione che ci consenta di rendere a Cesare quel che di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Cosa vuol dire questo nella nostra esperienza? Vuol dire avere la forza di restituire a quel Cesare della ‘ndrangheta, a quel Cesare della massoneria deviata, a quel Cesare della politica corrotta quelle logiche. Ci vuole coraggio per restituire a Cesare quel che è di Cesare, perché rimandare al mittente la logica delle raccomandazioni, del clientelismo, la logica del potere, la logica della sopraffazione di cui tutti siamo pronti in qualche modo a denunciare quando siamo le vittime, ma che poi con grande facilità relativizziamo quando siamo noi a usufruirne direttamente. Allora quelle logiche vanno restituite, quella forma di potere, di privilegio, di cui in qualche modo si può godere. Pensate ai processi d’infiltrazione all’interno di questo territorio, una pesante infiltrazione che la ‘ndrangheta sta portando avanti. Ma questa infiltrazione porta dei soldi e questi soldi da qualche parte vengono spesi. Allora tutti siamo sicuramente pronti a denunciare la presenza della mafia nel territorio, ma chi è pronto a restituire i soldi ai mafiosi quando vengono a comprare nella propria impresa, nel proprio esercizio commerciale quando in qualche modo ti trovi nella “fortunata” situazione di bere quella bevanda avvelenata dall’infiltrazione?
Allora capite la forza, la potenza di questa frase di Gesù: dare a Cesare quel che è di Cesare. Non ci si può lamentare di alcune cose solo quando queste ci danneggiano. Bisogna avere la forza e la coerenza di restituire al mittente, anche quando questo ci potrebbe avvantaggiare. Dall’altro lato bisogna restituire a Dio quello che è di Dio. Cosa vuol dire? A me piace pensare alla logica della parabola dei talenti, dove il padrone consegna questi talenti dicendo ai servi di investirli e di ridarglieli con gli interessi. Cosa è di Dio? Cosa restituirgli? La vita, il creato, la nostra libertà. Bisogna avere la capacità di prendere queste cose che ci ha dato Dio e restituirgliele con gli interessi. Così anche la dignità, il non piegare mai la testa di fronte a nessuno, perché il primo dei comandamenti dice “non avrai altro Dio all’infuori di me”… Nessun mafioso, nessun massone, nessun potente e nessun politico è più di Dio. Non piego la testa di fronte a nessuno, ma non perché sono superbo, ma perché quella dignità originaria che mi ha dato Dio io la devo restituire integra, non consumata, non svenduta, non messa sotto i piedi attraverso il servilismo quotidiano di fronte a certe logiche di potere. E allora restituire a Dio la libertà con gli interessi, la vita con gli interessi, restituire a Dio il creato con gli interessi: capite la potenza di questa frase di Gesù.
Allora il ragionamento della misericordia, a mio avviso, assume un volto nuovo. Una delle cose che ho imparato stando nella Locride, in Calabria, incontrando anche quotidianamente le persone appartenenti alla ‘ndrangheta, è che la vera misericordia nei loro confronti passa necessariamente attraverso il coraggio. Io non posso essere misericordioso nei confronti delle persone che temo. Prima devo avere la forza di guardare negli occhi il mafioso, di non temerlo, di essere forte di fronte a lui, e solo dopo posso essere misericordioso. Questa era la capacità di Gesù che, quando era assediato dal potere, di fronte ai tentativi di metterlo a morte, di intrappolarlo, mostrava grande dignità: non tremava di fronte al potere, di fronte ai “mafiosi” dell’epoca.
I comportamenti della mafia fanno parte di ogni tempo: si organizzavano, cospiravano allo stesso modo di come si organizzano oggi e cercano di cospirare contro di noi. A fine ottobre è stato bruciato un intero capannone di una nostra azienda agricola, colpita per la settima volta: circa 100mila euro di danni. Allora, come reagire? Quale è l’atteggiamento giusto? Ricordo che quando andai da questa azienda, loro erano disperati, avevano paura, erano sconfortati, non volevano andare avanti. Ma noi non siamo soli, c’è la forza che ci viene da Dio. Allora gli ho detto: non vi preoccupate, hanno fatto un grosso errore a mettersi contro Dio, e trasformeremo questa cosa in una vittoria incredibile. Loro mi guardavano perplessi, a dire il vero, quando dissi questo. Però di fatto che cosa è accaduto? È successo che grazie alla solidarietà di tanti, alcuni presenti anche qui oggi, siamo riusciti in tempo rapidissimo a raccogliere ben oltre 70.000 euro e abbiamo ricomprato il trattore e ricostruito il capannone. Loro ci volevano depressi, ci volevano rinunciatari, volevano che dichiarassimo alla stampa che in questa terra non si riesce a fare più nulla, e invece noi abbiamo organizzato una festa. Il 19 dicembre abbiamo fatto la festa della ripartenza: siamo andati nei campi, abbiamo inaugurato il capannone nuovo, il trattore, con centinaia di persone venute insieme a noi, tra cui don Matteo e alcuni di voi. E quell’azienda agricola quest’anno ha venduto tutto, molto più dello scorso anno.
Il risultato dell’esperimento quale è stato? Che il male si è trasformato in bene. Se tiriamo in ballo Dio, non solo vinciamo la paura, ma ritorciamo contro il male, il male stesso. Ma rinunciare alla paura è la premessa alla misericordia. Io non sono dell’idea che non bisogna parlare con i mafiosi. Io con i mafiosi ci parlo, quando li incontro per strada in alcune situazioni mi ci fermo a parlare, li guardo negli occhi, non ho timore a dirgli che per me è totalmente sbagliato quello che fanno. E’ sbagliato per il territorio ed è sbagliato per loro stessi. In diverse situazioni ho fatto notare ad alcuni mafiosi, che quando loro si troveranno ad aver bisogno di essere ricoverati all’ospedale, andranno a quello stesso ospedale che per colpa del clientelismo e della raccomandazione probabilmente verrà guidato da persone inette; avranno, sì, la forza della violenza per chiedere di essere accuditi meglio di altri, ma chi li accudirà se coloro che sono stati selezionati magari sono il frutto di una certa logica clientelare? Alla fine patiranno la malasanità, patiranno il sistema che loro stessi hanno contribuito a creare.
Come Goel ci siamo detti che non dobbiamo vincere, noi dobbiamo convincere, questa è la misericordia. Misericordia è dire: la giustizia è questo, ed io sono così sicuro che la tua via è fallimentare che te lo dimostro in modo chiaro ed inequivocabile. Allora convincere vuol dire due cose: persuadere i mafiosi che la loro via è fallimentare. Chi di voi era a Locri alla manifestazione del 1 marzo 2008, si ricorderà forse che noi dal palco abbiamo detto: voi siete un’organizzazione che rovina il futuro dei suoi stessi figli all’interno del territorio, noi stiamo seguendo una strada che sta portando dignità e rispetto.
Allora convincere vuol dire persuasione, ma vuol dire anche avere la capacità di raccogliere la sfida di dimostrare che il Vangelo incarnato nella società è una risposta buona per tutti, anche per loro. Questo ci chiede lo sforzo di spremere le meningi e di lavorare, di sudare sangue per trovare soluzioni buone per tutti. Quando noi andiamo in alcuni paesini della Locride e cominciamo a parlare di legalità, di valori, di giustizia, ci sono persone che ti vomitano addosso la disoccupazione, l’abbandono. E sono cose vere, non sono false. E quella sfida bisogna che noi abbiamo il coraggio di assumercela, di prenderla sulle spalle e dargli una risposta. Una risposta è quella delle aziende agricole di Goel Bio, che invece di farsi pagare le arance a 5 centesimi al chilo, le fanno pagare a 40 centesimi al chilo. E abbiamo dimostrato che quelle aziende agricole vittime di ‘ndrangheta oggi ricevono il giusto prezzo per il lavoro nei campi. E questa è la dimostrazione chiara che si può far fronte a quelle ingiustizie, che poi sono l’humus su cui cresce la mafia, grazie alla forza dello Spirito Santo, alla creatività che viene dallo Spirito Santo, che ci porta a risolvere quei problemi, a dimostrare che il Vangelo non solo è giusto, ma funziona. Il grande ministero dei laici è dimostrare che il Vangelo funziona! Che funziona in economia, che funziona nella politica, nella società.
Questa opera non si costruisce da soli, ma con l’aiuto dello Spirito Santo, sudando e trovando soluzioni ai problemi. Solo così toglieremo alla ‘ndrangheta ogni legittimazione, toglieremo alla ‘ndrangheta ogni scusa perché la strada del Vangelo è una strada che funziona, su cui si possono costruire alternative serie. Allora la misericordia assume un altro volto: tu non neghi la relazione con il fratello che ha sbagliato, ma lo guardi negli occhi e gli dici che non hai paura di lui, non lo odi, e hai un’alternativa valida al fallimento totale che lui ha scelto. Il cuore della misericordia è questo! Ed era l’atteggiamento di Gesù, che non ha mai avuto paura di entrare nella casa dei pubblicani, dei farisei. Traduciamolo con il linguaggio di oggi… E’ andato nella casa dei politici corrotti, è entrato nella casa delle persone comuni, che non contavano nulla. Non ha mai avuto paura di confrontarsi con altri, perché dentro aveva la sicurezza che il messaggio che stava portando che gli veniva dal Padre, era un messaggio solido, che ha una risposta seria per chi sta male.

Ovviamente questo ha delle conseguenze che bisogna essere disposti a pagare. Però, credetemi, in questa battaglia non siamo da soli, e Dio è veramente pronto a spendersi insieme a noi, ad aiutarci a trasformare il territorio. Quindi, non tiratevi indietro, non giratevi dall’altro lato, non abbiate paura: restituite a Cesare quel che è di Cesare, aprite gli occhi sul territorio, impicciatevi di quello che accade, non cascate dalle nuvole e abbiate il coraggio di affrontare senza odio, perché noi non vogliamo vincere ma solo convincere, senza paura. Coraggio a tutti e facciamocela insieme.