Testimonianza di Vincenzo Linarello –
Veglia “Legalità e Misericordia”
1 marzo 2016 – Chiesa di Gualtieri
Grazie per l’invito. E’ veramente commovente e bello per noi che
quest’incontro avvenga il 1° marzo, che questa data sia rimasta nel cuore di
molti una data di memoria, di riscatto e liberazione.
Goel oggi è una realtà particolare e ci siamo sempre chiesti come
definirci. L’ultima attenzione che ci piace è “comunità di riscatto”. Essere
comunità, perché oggi Goel è composto da 10 cooperative sociali, due
associazioni di volontariato, 2 cooperative non di tipo sociale e 28 aziende
agricole, che operano in settori molto diversi: dai servizi sociali ai servizi
sanitari con persone che hanno disturbi mentali, dall’accoglienza dei migranti
ad attività di turismo responsabile; dall’aver messo in piedi una Cooperativa
di aziende agricole vittime di ‘ndrangheta, fino a creare un marchio di moda
per ridare lavoro e dignità alle tessitrici calabresi.
Sono settori molti diversi e da un po’ di tempo ci vediamo tutti
quanti insieme perché ci piace l’idea che alle tessitrici stia a cuore cosa
accade agli operatori sociali, che agli operatori sociali stia a cuore cosa
accade agli agricoltori, che agli agricoltori stia a cuore cosa accade agli
operatori turistici, e così via. E’ la faticosa costruzione di una comunità che
poggia su un progetto di riscatto. Da qui il nome che ci siamo dati, Goel, che
abbiamo scelto con grande attenzione quando nel 2003 ci costituimmo. Il Goel,
nell’antico Israele, era colui che pagava il prezzo del riscatto di chi era
caduto in schiavitù e lo restituiva, diremmo oggi, allo stato di “cittadino
libero”. E ci piaceva questa idea perché la consideriamo alla base di un
progetto di liberazione: tu che non sei vittima della schiavitù, che non hai
avuto una situazione negativa alle spalle, sei disponibile a pagare il prezzo
del riscatto dell’altro. Ed è così che si costruisce la “comunità di riscatto”.
Dentro questo tipo di percorso, l’idea di riscatto ovviamente
riguarda un territorio come quello della Calabria, con la disoccupazione, con
la violenza della ‘ndrangheta, con quel sistema di alleanza negativa tra la
‘ndrangheta e le massonerie deviate all’interno del territorio, quel modo di
ricattare nella quotidianità le persone, prenderle per il collo dei bisogni
quotidiani per riuscire ad asservirle, per riuscire a indirizzare i voti e il
consenso per assoggettare le persone. Ecco allora l’altro grande obiettivo: noi
dobbiamo tracciare un percorso di liberazione che ci consenta di rendere a
Cesare quel che di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Cosa vuol dire questo
nella nostra esperienza? Vuol dire avere la forza di restituire a quel Cesare
della ‘ndrangheta, a quel Cesare della massoneria deviata, a quel Cesare della
politica corrotta quelle logiche. Ci vuole coraggio per restituire a Cesare
quel che è di Cesare, perché rimandare al mittente la logica delle
raccomandazioni, del clientelismo, la logica del potere, la logica della
sopraffazione di cui tutti siamo pronti in qualche modo a denunciare quando
siamo le vittime, ma che poi con grande facilità relativizziamo quando siamo
noi a usufruirne direttamente. Allora quelle logiche vanno restituite, quella
forma di potere, di privilegio, di cui in qualche modo si può godere. Pensate
ai processi d’infiltrazione all’interno di questo territorio, una pesante
infiltrazione che la ‘ndrangheta sta portando avanti. Ma questa infiltrazione
porta dei soldi e questi soldi da qualche parte vengono spesi. Allora tutti
siamo sicuramente pronti a denunciare la presenza della mafia nel territorio,
ma chi è pronto a restituire i soldi ai mafiosi quando vengono a comprare nella
propria impresa, nel proprio esercizio commerciale quando in qualche modo ti
trovi nella “fortunata” situazione di bere quella bevanda avvelenata
dall’infiltrazione?
Allora capite la forza, la potenza di questa frase di Gesù: dare a
Cesare quel che è di Cesare. Non ci si può lamentare di alcune cose solo quando
queste ci danneggiano. Bisogna avere la forza e la coerenza di restituire al
mittente, anche quando questo ci potrebbe avvantaggiare. Dall’altro lato
bisogna restituire a Dio quello che è di Dio. Cosa vuol dire? A me piace
pensare alla logica della parabola dei talenti, dove il padrone consegna questi
talenti dicendo ai servi di investirli e di ridarglieli con gli interessi. Cosa
è di Dio? Cosa restituirgli? La vita, il creato, la nostra libertà. Bisogna avere
la capacità di prendere queste cose che ci ha dato Dio e restituirgliele con
gli interessi. Così anche la dignità, il non piegare mai la testa di fronte a
nessuno, perché il primo dei comandamenti dice “non avrai altro Dio all’infuori
di me”… Nessun mafioso, nessun massone, nessun potente e nessun politico è più
di Dio. Non piego la testa di fronte a nessuno, ma non perché sono superbo, ma
perché quella dignità originaria che mi ha dato Dio io la devo restituire
integra, non consumata, non svenduta, non messa sotto i piedi attraverso il
servilismo quotidiano di fronte a certe logiche di potere. E allora restituire
a Dio la libertà con gli interessi, la vita con gli interessi, restituire a Dio
il creato con gli interessi: capite la potenza di questa frase di Gesù.
Allora il ragionamento della misericordia, a mio avviso, assume un
volto nuovo. Una delle cose che ho imparato stando nella Locride, in Calabria,
incontrando anche quotidianamente le persone appartenenti alla ‘ndrangheta, è
che la vera misericordia nei loro confronti passa necessariamente attraverso il
coraggio. Io non posso essere misericordioso nei confronti delle persone che
temo. Prima devo avere la forza di guardare negli occhi il mafioso, di non
temerlo, di essere forte di fronte a lui, e solo dopo posso essere
misericordioso. Questa era la capacità di Gesù che, quando era assediato dal
potere, di fronte ai tentativi di metterlo a morte, di intrappolarlo, mostrava
grande dignità: non tremava di fronte al potere, di fronte ai “mafiosi”
dell’epoca.
I comportamenti della mafia fanno parte di ogni tempo: si
organizzavano, cospiravano allo stesso modo di come si organizzano oggi e
cercano di cospirare contro di noi. A fine ottobre è stato bruciato un intero
capannone di una nostra azienda agricola, colpita per la settima volta: circa
100mila euro di danni. Allora, come reagire? Quale è l’atteggiamento giusto?
Ricordo che quando andai da questa azienda, loro erano disperati, avevano
paura, erano sconfortati, non volevano andare avanti. Ma noi non siamo soli,
c’è la forza che ci viene da Dio. Allora gli ho detto: non vi preoccupate,
hanno fatto un grosso errore a mettersi contro Dio, e trasformeremo questa cosa
in una vittoria incredibile. Loro mi guardavano perplessi, a dire il vero,
quando dissi questo. Però di fatto che cosa è accaduto? È successo che grazie
alla solidarietà di tanti, alcuni presenti anche qui oggi, siamo riusciti in
tempo rapidissimo a raccogliere ben oltre 70.000 euro e abbiamo ricomprato il
trattore e ricostruito il capannone. Loro ci volevano depressi, ci volevano
rinunciatari, volevano che dichiarassimo alla stampa che in questa terra non si
riesce a fare più nulla, e invece noi abbiamo organizzato una festa. Il 19
dicembre abbiamo fatto la festa della ripartenza: siamo andati nei campi,
abbiamo inaugurato il capannone nuovo, il trattore, con centinaia di persone
venute insieme a noi, tra cui don
Matteo e alcuni di voi. E quell’azienda agricola quest’anno
ha venduto tutto, molto più dello scorso anno.
Il risultato dell’esperimento quale è stato? Che il male si è
trasformato in bene. Se tiriamo in ballo Dio, non solo vinciamo la paura, ma ritorciamo
contro il male, il male stesso. Ma rinunciare alla paura è la premessa alla
misericordia. Io non sono dell’idea che non bisogna parlare con i mafiosi. Io
con i mafiosi ci parlo, quando li incontro per strada in alcune situazioni mi
ci fermo a parlare, li guardo negli occhi, non ho timore a dirgli che per me è
totalmente sbagliato quello che fanno. E’ sbagliato per il territorio ed è
sbagliato per loro stessi. In diverse situazioni ho fatto notare ad alcuni
mafiosi, che quando loro si troveranno ad aver bisogno di essere ricoverati
all’ospedale, andranno a quello stesso ospedale che per colpa del clientelismo
e della raccomandazione probabilmente verrà guidato da persone inette; avranno,
sì, la forza della violenza per chiedere di essere accuditi meglio di altri, ma
chi li accudirà se coloro che sono stati selezionati magari sono il frutto di
una certa logica clientelare? Alla fine patiranno la malasanità, patiranno il
sistema che loro stessi hanno contribuito a creare.
Come Goel ci siamo detti che non dobbiamo vincere, noi dobbiamo
convincere, questa è la misericordia. Misericordia è dire: la giustizia è
questo, ed io sono così sicuro che la tua via è fallimentare che te lo dimostro
in modo chiaro ed inequivocabile. Allora convincere vuol dire due cose:
persuadere i mafiosi che la loro via è fallimentare. Chi di voi era a Locri
alla manifestazione del 1 marzo 2008, si ricorderà forse che noi dal palco
abbiamo detto: voi siete un’organizzazione che rovina il futuro dei suoi stessi
figli all’interno del territorio, noi stiamo seguendo una strada che sta
portando dignità e rispetto.
Allora convincere vuol dire persuasione, ma vuol dire anche avere
la capacità di raccogliere la sfida di dimostrare che il Vangelo incarnato
nella società è una risposta buona per tutti, anche per loro. Questo ci chiede
lo sforzo di spremere le meningi e di lavorare, di sudare sangue per trovare
soluzioni buone per tutti. Quando noi andiamo in alcuni paesini della Locride e
cominciamo a parlare di legalità, di valori, di giustizia, ci sono persone che
ti vomitano addosso la disoccupazione, l’abbandono. E sono cose vere, non sono
false. E quella sfida bisogna che noi abbiamo il coraggio di assumercela, di
prenderla sulle spalle e dargli una risposta. Una risposta è quella delle
aziende agricole di Goel Bio, che invece di farsi pagare le arance a 5
centesimi al chilo, le fanno pagare a 40 centesimi al chilo. E abbiamo
dimostrato che quelle aziende agricole vittime di ‘ndrangheta oggi ricevono il
giusto prezzo per il lavoro nei campi. E questa è la dimostrazione chiara che
si può far fronte a quelle ingiustizie, che poi sono l’humus su cui cresce la
mafia, grazie alla forza dello Spirito Santo, alla creatività che viene dallo
Spirito Santo, che ci porta a risolvere quei problemi, a dimostrare che il Vangelo
non solo è giusto, ma funziona. Il grande ministero dei laici è dimostrare che
il Vangelo funziona! Che funziona in economia, che funziona nella politica,
nella società.
Questa opera non si costruisce da soli, ma con l’aiuto dello
Spirito Santo, sudando e trovando soluzioni ai problemi. Solo così toglieremo
alla ‘ndrangheta ogni legittimazione, toglieremo alla ‘ndrangheta ogni scusa
perché la strada del Vangelo è una strada che funziona, su cui si possono
costruire alternative serie. Allora la misericordia assume un altro volto: tu
non neghi la relazione con il fratello che ha sbagliato, ma lo guardi negli
occhi e gli dici che non hai paura di lui, non lo odi, e hai un’alternativa
valida al fallimento totale che lui ha scelto. Il cuore della misericordia è
questo! Ed era l’atteggiamento di Gesù, che non ha mai avuto paura di entrare
nella casa dei pubblicani, dei farisei. Traduciamolo con il linguaggio di oggi…
E’ andato nella casa dei politici corrotti, è entrato nella casa delle persone
comuni, che non contavano nulla. Non ha mai avuto paura di confrontarsi con
altri, perché dentro aveva la sicurezza che il messaggio che stava portando che
gli veniva dal Padre, era un messaggio solido, che ha una risposta seria per
chi sta male.
Ovviamente questo ha delle conseguenze che bisogna essere disposti
a pagare. Però, credetemi, in questa battaglia non siamo da soli, e Dio è
veramente pronto a spendersi insieme a noi, ad aiutarci a trasformare il
territorio. Quindi, non tiratevi indietro, non giratevi dall’altro lato, non
abbiate paura: restituite a Cesare quel che è di Cesare, aprite gli occhi sul
territorio, impicciatevi di quello che accade, non cascate dalle nuvole e
abbiate il coraggio di affrontare senza odio, perché noi non vogliamo vincere
ma solo convincere, senza paura. Coraggio a tutti e facciamocela insieme.