giovedì 26 aprile 2018

UN ANNO INSIEME A MADELEINE DELBREL




Paolo Cugini

Come ogni anno l’Unità Pastorale Santa Maria degli Angeli indica un personaggio come punto di riferimento dei cammini formativi dell’anno: dalla catechesi alle sagre. Per la prima volta da quando abbiamo iniziato quest’iniziativa – vale a dire il 2015 – il personaggio in questione sarà una donna: Madeleine Delbrel[1]. Dopo un’adolescenza segnata da un ateismo radicale e profondo, Madeleine ritrova la fede nella gioventù, grazie all’incontro con alcuni amici cristiani e, in particolare, all’ingresso nei domenicani del ragazzo che amava, eventi che la spingono a riflettere sulla possibilità dell’esistenza di Dio. Sotto la guida di un abate – padre Lorenzo – inizia un cammino spirituale che la immerge nella preghiera e nella meditazione della Parola di Dio.

La sua intensa vita spirituale che la porta ad immergersi nel mistero di Cristo, accompagnerà tutta la sua esistenza. La passione per Cristo e per il Vangelo orienterà da questo momento tutta la sua vita: decide di essere tutta di Dio. La sua esperienza personale la renderà compassionevole verso i non credenti: scrive “io stessa avevo corso il rischio di preferire la morte alla vita”, e lo dice quando riceve la notizia che due sue amiche atee si sono suicidate. Nel 1929 Madeleine fa nascere il “gruppo del martedì sera”, che studia e riflette sulle Sacre Scritture: la scelta di riunire dei laici che leggono e riflettono sulla Bibbia è, per l’epoca, assolutamente anticonformista. L’esperienza durerà tre anni. Le partecipanti si trovano a casa di Madeleine: le loro riunioni sono costantemente interrotte dal padre che le insulta definendole delle “zitelle frustrate”. Lentamente, riflettendo per tre anni sulle Sacre Scritture, le ragazze vedono concretizzarsi l’esperienza di una vita comune consacrata totalmente a Dio: saranno “contemplative nel mondo”!

Con l’abate Lorenzo inizia a portare pacchi di cibo e di indumenti alle famiglie più disagiate: La strada diventa il terreno sul quale vivere la sua vocazione. Il suo diventa “un Dio coinvolto dal mondo che egli ama”. Con un gruppo di amiche decide di andare ad abitare, negli anni Trenta del secolo scorso, in un quartiere povero di Parigi, desiderando vivere con loro uno stile di famiglia, condividendo la vita dei poveri che, per la maggior parte, erano operai. Svolge in mezzo a loro un’intensa attività come assistente sociale. Proprio questo lavoro la conduce verso un impegno per elaborare politiche sociali in grado di far fronte alla povertà del mondo operaio. S’impegna a favore dei poveri, ma cerca di capire le cause della povertà. La piccola comunità di Madeleine decide anche come sostentarsi. La scelta forte è quella di vivere il più possibile come gli operai: per questo, e poiché nessuna delle tre è abituata a vivere nelle privazioni, tengono una busta per ogni tipo di spesa riempiendola con i loro striminziti stipendi. Tutto ciò che avanza alla fine del mese verrà dato a chi, nella cittadina, ne ha bisogno. 

Nel luglio del 1941 l’assemblea dei cardinali e vescovi francesi apre la Missione di Francia e la Missione di Parigi: si tratta delle prime esperienze dei cosiddetti “preti operai”, che vivono lavorando accanto agli operai nelle fabbriche e nei porti. Viene aperto un Seminario che si occuperà della loro formazione. L’abate Lorenzo, amico di Madeleine e parroco ad Ivry, diventa assistente del direttore del Seminario. A Madeleine viene chiesto di tenervi alcune lezioni dal titolo Il posto del laicato nella Chiesa, Il laicato sottovalutato, Il rinnovamento a lungo atteso e Nulla ci sia di profano. Nell’indicare quali passi avrebbe dovuto compiere la Chiesa per avvicinarsi al mondo reale Madeleine era certamente avanti rispetto ai tempi, ma pienamente conforme alla realtà attuale.

Nel 1950, grazie ai soldi vinti con un biglietto della Lotteria regalatole da un amico, Madeleine può recarsi a Roma per pregare “disperatamente” per la situazione della Chiesa: rimane in San Pietro otto ore. Nel 1955 Madekeine si ammala. Nello stesso anno muoiono il padre e la madre. Per non mantenere troppi legami con ciò che le appartiene, Madeleine brucia tutti i suoi lavori giovanili personali (poesie, disegni, scritti…) 

Dopo trent’anni di attività a Ivry Madeleine è ormai riconosciuta come una “specialista” dell’incontro tra cristianesimo e marxismo: invitata a parlare della sua esperienza e della sua visione in giro per l’Europa, inizia a viaggiare per tenere conferenze.  Poiché non vuole essere pagata dagli organizzatori, cerca di viaggiare di notte per dormire in treno. Quando questo non le è possibile dorme in stazione dove, a volte, viene cacciata fuori insieme ai barboni. Negli ultimi anni della sua vita, Madeleine viaggia intensamente per la Francia a parlare della sua esperienza e di quella delle sue compagne, senza tuttavia trascurare la vita della sua comunità. Lei stessa si definisce “commesso viaggiatore della Parola mio malgrado”. Negli ultimi mesi della sua vita, oltre a viaggiare, Madeleine si impegna nel Movimento per la Pace, di fronte al dilagare delle armi nucleari nel mondo, e invita la sua comunità a ritrovarsi per approfondire temi di attualità come “la teoria del Big Bang”, “le origini della vita e la sua evoluzione”, “le ultime scoperte scientifiche”, mai stanca di conoscere e di studiare. Il 13 ottobre 1964 Madeleine muore mentre lavora seduta alla sua scrivania, una grande scrivania ovale sulla quale, nel corso di 30 anni di lavoro, aveva steso la cartina del planisfero e attaccato foto provenienti da tutto il mondo.

Nel gennaio di quest’anno Papa Francesco riconosce le virtù eroiche di questa donna proclamandola venerabile, dando così continuità al processo di beatificazione iniziato nel 1994.

Sono molti gli punti della vita di Delbrel che possono stimolare la nostra riflessione durante il prossimo anno pastorale. Molte, poi, sono le sintonie con la proposta ecclesiale di Papa Francesco. L’esigenza di un rapporto con il Signore sempre più personale e profondo, che conduce i discepoli e missionari a non chiudersi nel tempio, ma ad aprirsi con slancio verso i fratelli e le sorelle più deboli. Ancora. L’amore per la parola di Dio che diventa punto di riferimento che orienta tutta l’esistenza sino al punto di decidere di donare tutta la propria vita per Dio e per i poveri. Elemento importante da sottolineare è la costante dimensione comunitaria ed ecclesiale che caratterizzerà la vita di Madeleine Delbrel.
Già nella sagra di Regina Pacis – 24-27 maggio - avremo modo d’iniziare ad assaporare la bellezza della santità di questa donna straordinaria, che tanto ha da offrire anche a noi.


[1] Per le note biografiche cfr.: Irene Abis, Vivere il Vangelo nelle periferie di Parigi -  La spiritualità incarnata di Madeleine Delbrêl, Novara 2007

lunedì 23 aprile 2018

LA BIBBIA HA PAROLE D’AMORE PER LE PERSONE OMOSESSUALI?







CICLO D’INCONTRI: LA TEOLOGIA DELLE DONNE

MARIA SOAVE BUSCEMI
REGGIO EMILIA 23 APRILE 2018

Sintesi: Paolo Cugini
Quando pensiamo di avere molte risposte la vita ci cambia le domande. Accompagnare l’erranza delle domande che nascono dalla vita. Errare: camminare, permettersi di sbagliare. Non esiste cammino senza l’erranza della possibilità dell’errore. Non esistono cammini già asfaltati, tutti pieni di risposte. Quando le risposte chiudono e mettono un punto finale, quello che avviene è arroganza, soffocamento. Occorre essere disponibili all’erranza.

Papa Francesco usa tantissimo i gerundi, che è un verbo rotondo, in movimento, in cammino. Errando in un continuo cammino, movimento, umile porsi domande e provare respiri e profumi di alcuni tentativi di risposte che aprono cammini. A volte occorre inventare le parole, quando quelle che abbiamo non esprimono abbastanza il concetto.

Cammino per depregiudiziare la Bibbia, decostruire i pregiudizi con cui andiamo alla Bibbia. La Bibbia ha una parola d’amore per le persone omosessuali? Se c’è la domanda è perché c’è un sospetto.

1.      Non c’è bisogno di difendere l’omosessualità, perché non c’è bisogno di persone che difendono, ma di uomini e donne disposte al dialogo con le differenze e con le diverse infinite possibilità ermeneutiche riguardo la vita, il testo. L’esperienza sessuale dell’Israele antico non corrisponde alla nostra. Questo dato deve entrare in dialogo

2.      Non c’è bisogno di giustificare l’omosessualità. Cerchiamo di comprendere i significati di amore di altre epoche.

3.      Non c’è bisogno di promuovere l’omosessualità. Perché l’elezione di orientamento sessuale, come atto cosciente e riflessivo costituisce un’accoglienza libera e non coercitiva. La libertà va amata e rispettata. Libertà d’identità, di mistero.
Perché si perde tempo nominando un’ideologia?

L’omosessualità è bellezza e grazia, perché è relazione d’amore. Dobbiamo comprendere che l’Israele antico non e sempre stato monoteista. Il monoteismo si è presentato a parte del periodo post-esilico. Fino ad allora c’è stata una grande tensione su come balbettare l’esperienza di Dio, che aveva il nome del tetragramma: JHWH. Era un respiro di molti colori, di molte possibilità. Diventa un’unica possibilità dopo l’esilio 587 a.C. Il respiro dell’Israele antico delle mille possibilità svanisce. Si fortifica l’idea di peccato, la teologia del puro e dell’impuro. Si fortifica la teologia della retribuzione: tutto è meritocrazia. Vien soffocato il respiro di Dio. Esiste, però la resistenza popolare, di uomini e donne che scrivono di amore libero contro il progetto di Salomone e di Gerusalemme. C’è resistenza e noi continuiamo la resistenza ancora oggi, contro le teologie che rendono monotematico e monocultura l’esperienza. Israele era monolatrico. Anarchia al femminile a tutti i respiri possibili.
Ci sono testi nella Bibbia che sono duri da digerire. Ci sono testi che vanno contestualizzati. Conosciamo i testi di Sodoma e Gomorra, del Levitico 18,20.

Levitico 18,20: contro coloro che hanno relazioni omosessuali. Il libro del Levitico è redatto nell’epoca post-esilica quando si stabiliscono le leggi. Nelle stesso contesto abbiamo la poligamia, la schiavitù. Nel caso di tradimento vicino alla porta della città c’era l’uccisione per lapidazione per lavare l’onore del padre. E’ giusta questa pratica della poligamia, schiavitù? E allora perché non riteniamo anacronistica la lettura che Levitico fa sulle relazioni omosessuali? E’ importante uscire dallo schema fondamentalista del testo? Qual è il contesto che ha dato origine al testo?

Il testo di Sodoma e Gomorra in Gen 19, riguarda il rispetto e l’ospitalità. Lot sta difendendo dei cittadini che corrono il rischio di essere violentati da altri cittadini. La questione è la violenza e non l’amore e la relazione omosessuale. Il testo dice no a relazioni di violenza. Il testo dice no sulle relazioni fondate sulla violenza patriarcale egemonica. C’è uno sforzo ermeneutico che dev’essere fatto. La teologia si fa con i piedi e non con la testa. I nostri piedi chi amano, a chi sorridono? Dipende da dove stiamo, con chi stiamo? Abbiam poveri per amici? Abbiamo persone omosessuali, lesbiche per amici? Sentiamo le loro ferite? L’ermeneutica sono i nostri piedi. “Non entrerò mai nella sala degli oppressori perché se ci metto piede sono come loro” (Salmo). Essere voce di chi non ha voce. E’ un errore perché chi non ha voce ha il diritto di avere la sua voce anche quando dirà ciò che io non voglio ascoltare.
Il nostro cammino di gente di Gesù è che chi non ha voce abbia la sua voce, il suo modo di toccare i testi sacri, il suo modo d’interpretare. “Sono venuto perché abbiate vita in abbondanza”. Allora, il mio modo di essere costruisce vita, o morte, esclusione. Quel modo d’interpretare costruisce amore, relazioni non più fondate sulla violenza?

La saga di Gionata e Davide. Gionata era figlio di Saul, il padrone di buoi e cavalli. Gionata quando vede Davide dice: lo amò, parlò alla sua anima. Quando Gionata morirà, Davide adotta il figlio di Gionata. Se entrassimo in una lettura eterosessuale avremmo una bella storia d’amore, romantica. Perché ce la precludiamo quando sono due uomini, due donne. Il Libro di 1 Samuele è scritto nello stesso periodo in cui sono scritte le leggi durissime del Levitico. Ciò significa che ci sono resistenze.

Le tribù d’Israele non erano 12, ma 13. C’è una figlia violata che è la 13 figlia di Giacobbe: 12 maschi e una donna: Dima. Perché, come mai non ci viene detto? Perché non sappiamo di Dina? Perché c’è una tredicesima tribù che non riempie le biblioteche ufficiali e normodotate; c’è una tredicesima tribù errante esclusa da tutti, che ha bisogno di essere nominata, riconosciuta. Questa tredicesima tribù è di Dio.

Dio è sceso in campo è lotta per noi, tra di noi. Lotta contro l’omofobia. Lotta a favore di questa tredicesima tribù. Perché con Gesù le cose non sono migliorate. Gesù non è morto, ma è stato ucciso. Da chi è stato ucciso Gesù? Il tempio e il Sinedrio e l’impero Romano. E’ stato ucciso perché in Cristo Gesù non c’è più giudeo e greco. In Gesù tutti puri per grazia; amati e amate gratis senza dover dimostrare nulla. Il principio è misericordia. Siamo amati e amate gratis. In Gesù non c’è più schiavo né libero. E’ chiaro che questo fa imbestialire l’Impero schiavo-cratico. In Gesù non c’è più né uomo né donna: il patriarcato viene meno, non può esistere.
JHWH è il Padre degli ultimi e non l’ordine simbolico violento del patriarcato.

Criteri ermeneutici:
1.      Partire sempre da sé. E’ la vita, la mia vita tocca il testo della Bibbia.
2.      Decostruire il testo, disfare la maglia. Il modo di leggere tradizionale e fondamentalista non serve all’amore, alla vita.
3.      Ricostruire qualcosa di nuovo con ciò che si ha
4.      Celebrare, fare festa




venerdì 20 aprile 2018

WEEKEND DELL'EDUCAZIONE



UNITA’ PASTORALE SANTA MARIA DEGLI ANGELI-REGGIO EMILIA

WEEKEND DELL’EDUCAZIONE

PROGETTARE L’AZIONE EDUCATIVA IN ORATORIO
DON CARLO PAGLIARI
VENERDI 20 APRILE 2018
Sintesi: Paolo Cugini

Col la testimonianza di una persona si concretizza la vita di Cristo e la rende visibile.
Don Cafasso: Va per la città e guardati intorno. Don Cafasso era l’assistente spirituale del carcere di Torino. Don Bosco esce turbato dalle visite al carcere. Le carceri erano strapiene di ragazzini minorenni.

L’oratorio quando si struttura troppo si dimentica l’idea originale. Don Bosco per parlare di oratorio e spiegarlo, racconta la sua vita. L’oratorio è una questione di cuore. Una buona pastorale giovanile parte da qui: andare in giro e guardarsi attorno e lasciarsi bucare il cuore dalla realtà e dalle esigenze che i giovani hanno. Don Bosco capisce i problemi di Torino di quei tempi. Investire sui giovani è un investimento per il futuro. Occorre che gli adulti si prendano cura dei giovani. Il prendersi cura nasce da uno sguardo cristiano. Solo chi ha un cuore evangelizzato vede dei ragazzi che non hanno la possibilità di crescere.

“L’educazione è cosa di cuore e Dio solo ne è il padrone”. Uno può essere laureato in pedagogia, ma se non hai l’umiltà di riconoscere che il cuore di una persona è abitato da Dio, non vai lontano. Solo Dio può insegnarci l’arte di avvicinare il cuore dell’uomo, perché Lui ha le chiavi. Don Bosco desiderava dare dignità ai ragazzi. Il primo in Italia a fare un contratto di lavoro è stato don Bosco. Partiva dall’indignarsi e quindi faceva di tutto per difendere i ragazzi.
Gli oratori nascono con don Filippo Neri al centro e sud Italia. Anche don Carlo Borromeo inizia gli oratori in Lombardia. L’oratorio con il tempo è diventato sinonimo della pastorale giovanile.
A Milano si chiama Pastorale giovanile degli oratori.
Gaudium et Spes 1: le gioie e le speranze…Nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Cristo. Tutto ciò che l’uomo vive sta a cuore ai discepoli di Cristo. LA comunità cristiana si sente solidale con il genere umano e la sua storia.
Don Rossano Sala è direttore di Note di Pastorale Giovanile (NPG) ed è segretario del Sinodo dei Giovani. E’ salesiano. Nel numero di marzo 2018. Una pastorale giovanile se non è vocazionale non esiste.
Il cristianesimo ha sempre a che fare con un rapporto personale con Dio. Tutto dev’essere fatto affinché i ragazzi incontrino Gesù.

Papa Francesco: Una pastorale giovanile e vocazionale dev’essere:
·         Differenziata: non si possono proposte omologanti. Il cristianesimo non passa esclusivamente dalla parrocchia.

·         Narrativa: deve avere il volto delle persone e incarnata nelle testimonianze. Racconti di vita.
·         Ecclesiale. Inserita in un tessuto di Chiesa e non un’esperienza isolata. Respirare ampio. Ecclesialità vuole dire possibilità di un confronto.

·         Evangelica: Gesù Cristo è il cuore della pastorale giovanile
·         Accompagnata: ci vuole un accompagnamento personale. I ragazzi devono sentirsi accompagnati, custoditi.

·         Perseverante: il contadino aspetta con pazienza che il seme cresca.
·         Giovanile: dei giovani e per i giovani. Occorre capire che sono ragazzi.

Tracce per un cammino condiviso ed ecclesiale
Il progetto per non fallire deve coinvolgere la comunità. Una comunità deve poter progettare. Non si può delegare il progetto educativo a qualcuno. Spesso i ragazzi e gli educatori non sono sostenuti dalla comunità.

La PG è figlia di una storia:
1.        Ci sono i cammini formativi di tutte le età. Un buon cammino deve mostrare i cambiamenti nel metodo che ci sono nell’età evolutiva.

2.      Oratorio: l’educatore delle scuole superiori non può pensare di esaurire il desiderio educativo nell’ora dell’incontro. Animazione, cortile, laboratori

3.       Soggetti: ragazzi e i giovani, non sono destinatari. I giovani devono sentirsi protagonisti. A volte li vediamo solo come destinatari. Poi c’è il gruppo educatori. Anche al famiglia è un soggetto, assieme alla comunità. Spesso il problema della PG sono gli adulti che mancano. Il sacerdote è soggetto.

4.      Territorio: scuola, gli allenatori, città. La pastorale Giovanile sta attenta al mondo della scuola.




LETTURA POPOLARE DELLA BIBBIA





LETTURA POPOLARE DELLA BIBBIA

I LIBRI SAPIENZIALI E IL CANTICO DEI CANTICI

COVIOLO-REGGIO EMILIA SABATO 21 APRILE 2018


Sabato 21 aprile a Coviolo inizia un percorso biblico sui libri sapienziali e il Cantico dei cantici. Chi guiderà il percorso sarà Maria Soave Buscemi, biblista e animatrice di gruppi biblici in Brasile. Soave da molti anni accompagna la formazione di laici e religiosi che si preparano per andare in missione il America Latina. Il lavoro di Soave consiste soprattutto nell’aiutare gruppi e persone ad accostarsi al testo biblico con il metodo della lettura popolare della Bibbia, metodo messo a punto e cresciuto nel continente latinoamericano. Questo metodo consiste nell’aprire e interpretare i testi biblici a partire dalla vita, dall’esperienza concreta delle persone. E’ la comunità che diviene il criterio interpretativo del testo biblico ascoltato.
 Questo cammino parte dal presupposto che la Bibbia non è un libro semplicemente del passato, da leggere come un libro di storia, ma le sue pagine hanno qualcosa da dire agli uomini e alle donne di ogni tempo. Si tratta, allora, di permettere allo Spirito Santo, quello Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo e che continuiamo a ricevere, di aprire le nostre menti alla comprensione della Parola, affinché sia Lei ad illuminare di senso le nostre scelte quotidiane.
Nell’edizione di quest’anno Soave ci aiuterà a conoscere i libri sapienziali, per la verità poco conosciuti dalla stessa comunità cristiana, ma ricchi di contenuti e di spunti per il nostro cammino di fede. Vi aspettiamo.

giovedì 19 aprile 2018

PERCHÉ VEGLIARE PER LE VITTIME DELLA TRANS-OMOFOBIA?







VERSO LE VEGLIE DI PREGHIERA PER LE VITTIME DELL’OMOFOBIA E DI OGNI FORMA DI DISCRIMINAZIONE


Paolo Cugini



Come ricorda il PROGETO GIONATA, che è il portale di fede e omosessualità in Italia: “Le veglie per un mondo senza omotransfobia sono una consuetudine che si rinnova dal 2007, quando per la prima volta a Firenze alcuni omosessuali credenti decisero di pregare insieme a seguito di un tragico evento: Matteo, un giovane adolescente, si era tolto la vita a causa delle vessazioni dei compagni di scuola. Da allora in molte città italiane e in diverse città del mondo tanti cristiani di diversa provenienza si riuniscono ogni anno per pregare. Fare memoria delle tante vittime e dire basta alle discriminazioni”. Per il gruppo cristiani LGB di Reggio Emilia la veglia di preghiera è un momento significativo, che dice anche di un cammino di fede che stiamo realizzando. Per certi aspetti, è il momento che conclude il percorso annuale fatto di momenti di preghiera e altri di formazione.

 I gruppi tradizionalisti cattolici negano l’omofobia, affermando che è un problema che non esiste, inventato dai gruppi LGBT. Dispiace molto leggere o ascoltare simili affermazioni, che feriscono nel profondo le tante persone che ogni giorno subiscono ingiustizie a causa della loro differenza. Dispiace soprattutto, perché vengono da persone che ascoltano la stessa Parola e partecipano dello stesso banchetto eucaristico. Il negazionismo è una forma di idealismo, un voler affermare un’opinione e spacciarla come vera, indipendentemente dalla realtà delle cose. Il negazionismo è una forma di arroganza del pensiero, che non accetta di mettersi in discussione, nemmeno dall’evidenza della realtà. Non si accetta la realtà quando non si è disposti a cambiare, perché il cambiamento esige di riorganizzare le proprie impostazioni mentali. Il negazionismo, in questa prospettiva, è un’implicita affermazione di preferire vivere nella menzogna di una realtà inventata dalle proprie scelte di comodo, dettate da pregiudizi mai verificati, piuttosto che vivere nella verità suggerita dalla realtà. Negare l’evidenza della realtà che, in questo caso, ha la forma della sofferenza e dell’ingiustizia, significa non essere disposti a contribuire alla realizzazione del Regno dei Cieli, che è un regno di giustizia e di pace. Ogni volta che l’ingiustizia trova un varco, la pace si allontana dall’umanità.

Perché è importante vegliare per le vittime dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione? Perché Gesù è sempre stato dalla parte degli ultimi, degli oppressi. E’ la pietra di scarto con la quale Dio ha costruito la nuova religione, il nuovo rapporto con Lui, non più basato sull’obbedienza di precetti, ma sull’amore che si dona gratuitamente. E, allora, non fa distinzione, non discrimina, ma accoglie e abbraccia tutti. E’ perché ci sentiamo avvolti da questo amore che non ce la facciamo a tacere e a rimanere inerti quando vediamo un nostro fratello, una nostra sorella discriminati per motivi sessuali, culturali, o altro. Vegliamo e preghiamo perché sappiamo che il Signore ascolta il grido dei poveri e non abbandona nella disperazione coloro che in un qualche modo si sentono afflitti. Vegliamo per le vittime dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione perché desideriamo che la vita di Dio, manifestatasi nel Risorto, possa entrare in noi e ricreare dal di dentro quell’umanità nuova visibile nel Signore Gesù. Un’umanità nuova, fatta di fratelli e sorelle che vivono in comunione, e che si sforzano di riprodurre nella vita quotidiana lo stile di vita di Gesù, che andava verso tutti, che abbracciava e accoglieva tutti; che costruiva la pace seminando amore, costruendo ponti di giustizia, abbattendo i muri dell’odio e dell’indifferenza. Vegliamo insieme perché crediamo nella forza straordinaria della preghiera, soprattutto quando è fatta in comunità, quando è coinvolgente.

La verità vi farà liberi (Gv 8,32): è questo il versetto scelto come guida delle veglie 2018. Di che verità si tratta? Non certo della verità filosofica, ma di quella verità che è la persona Gesù Cristo, che ha imparato l’obbedienza dalle cose che patì (cfr. Eb 5,8). Gesù, uomo come noi, che è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato (Eb 4, 15). Si tratta, dunque di una verità impastata di terra, carne e sangue esattamente come noi: per questo ci possiamo fidare di Lui. Perché quello che ci consegna non sono dottrine, ma cammini; ciò che indica non sono teorie astratte, ma pezzi di vita vera, frutto della ricerca personale, ricerca fatta di sudore e fatica, come è ogni sforzo umano per uscire dalla mediocrità e superficialità della vita. Gesù ci ha consegnato e continua a consegnarci con il suo Spirito il coraggio di una vita impastata d’amore, di colui che ha amato i suoi sino alla fine. E’ questa verità fatta di sangue e di terra, plasmata dall’amore infinito di un uomo che non ha considerato un tesoro prezioso la sua uguaglianza con Dio, ma che l’ha donata per farsi simili a noi, per venirci incontro, che ci libera da ogni forma di presunzione arrogante, d’irrigidimento anacronistico. La Verità, che è l’amore di Gesù per noi, ci libera dall’odio per farci sentire tutti fratelli e sorelle, ci libera da ogni pregiudizio, per aprire le nostre menti e le nostre anime alla novità dell’altro che viene al nostro incontro e che incontriamo ogni giorno nel nostro cammino. Abbiamo bisogno della verità che è il Signore per essere persone diverse, non chiuse nei propri fragili pregiudizi, ma aperte, capaci di mettersi in discussione

Considero questa veglia di preghiera il punto più alto, in un certo senso il punto d’arrivo di quest’anno del cammino pastorale delle parrocchie dell’Unità Pastorale santa Maria degli Angeli di Reggio Emilia. Affermo questo perché la veglia esprime il desiderio della proposta ecclesiale di Papa Francesco, vale a dire una Chiesa inclusiva e accogliente. Una Chiesa in cui tutti, senza distinzione, si sentono accolti, trovano spazio, si sentono amati. “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione” (Mt 26,40-41). Sono queste le parole che Gesù disse ai suoi discepoli nel Getsemani prima di morire. Di che tentazione si tratta? Della tentazione di chiudersi nelle proprie sicurezze, nella propria autoreferenzialità. Della tentazione di negare la realtà, che dice della fatica di cambiare, di mettersi in ascolto. Vegliamo, allora, per essere disponibili a creare quel mondo in cui tutti e tutte si sentono accolte, quel modo d’amore per il quale Gesù è morto sulla croce.



martedì 17 aprile 2018

LA CHIESA DI FRANCESCO - INTERVENTO DI VALENTINO BULGARELLI



I MARTEDI TEOLOGICI
CREDO NELLA CHIESA – SECONDO INCONTRO
LA CHIESA DI FRANCESCO
CON
 VALENTINO BULGARELLI
17 aprile 2018

Sintesi: Paolo Cugini

Papa Francesco ha senso dubbio dato una scossa alla Chiesa. Ci sono delle fatiche e delle resistenze nei confronti della sua proposta pastorale. Con Francesco anche nella Chiesa c’è spazio per le persone creative. “La gioia del Vangelo riempie il cuore di coloro che s’incontrano con Gesù. Con Gesù nasce e cresce la gioia” (EG1). Il cambio di prospettiva: la gioia del Vangelo. La domanda non è più che cosa devo fare, ma che cosa dice a me il Vangelo. La parola gioia provoca il cristiano. Come mai il mondo giovanile ci accusano di essere etici, di aver fatto diventare il Vangelo una morale? 
Il Vangelo sembra solo una pratica da mettere in campo. Oppure abbiamo troppo insistito sull’aspetto conoscitivo, una conoscenza da assimilare. Molte volte la dimensione cognitiva non basta a cambiare la vita. Serve qualcosa di più. Così come a volte abbiamo fatto in modo che il Vangelo diventasse il punto d’appoggio per legittimare tutti i nostri assetti organizzativi. Il Vangelo non può essere considerato solo questo. Oggi serve qualcos’altro. La Bibbia non può legittimare le nostre strutture. Da questo vi riconosceranno: dall’amore reciproco. La questione della gioia è fondamentale.

EG 14-15: rimarchiamo che l’evangelizzazione è connessa all’annuncio di coloro che non conoscono Gesù. C’è un desiderio di condivisione. La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione. La Chiesa non impone, ma propone. Non ansie da prestazione.

La Chiesa che vive la gioia del Vangelo, attenta a non confondere i piani. Cinque capitoli.
1: Chiesa missionaria e estroversa. Chiesa in uscita. Correre verso: il padre che corre incontro al figlio (Lc 15). I discepoli missionari, prendono l’iniziativa, fruttificano, festeggiano. Punto di partenza è il popolo santo di Dio.

2. Riflessione sulla crisi dell’impegno comunitario. Il papa segnala delle sfide culturali e ribadisce l’importanza dell’inculturazione della fede. Pericolo dell’accidia, il pessimismo e la mondanità spirituale.

3. Francesco individua le situazioni che toccano l’annuncio del Vangelo. Due azioni: l’omelia e la catechesi.

4. E’ il capitolo dedicato alla dimensione sociale. Francesco desidera che il Vangelo tocchi la vita: evangelizzazione e promozione umana. Il Vangelo è di un profondo realismo e ha a che fare con la vita. Il Papa afferma che desidera che il Vangelo torni alla vita.

5. Francesco richiama l’azione dello Spirito e il tema del discernimento, che è un’azione dello Spirito.

Quali sono i dinamismi che Francesco vuole mettere in movimento?
La gioia nasce dall’incontro con Cristo. Anche i credenti corrono il rischio di essere trisit, perché scontente, risentite. La vita dello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo è gioia. Il grande pericolo è l’isolamento, essere solo. Il Papa chiede alla Chiesa di non essere isolata, ma di stare dentro alla storia. Per questo il Concilio ha dedicato un documento al tema della Chiesa nel mondo. E’ il problema della coscienza isolata. Cos’è la coscienza? La coscienza è educabile. Lonergan parlava di dinamismi coscienziali. La coscienza è educabile se lo permetti; la coscienza ha bisogna della relazione. Il noi aiuta, educa. Ci sono situazioni che possono modificare i meccanismi interiori. Dal momento che sono isolato non cambierà mai nulla.

EG 164: Il catechista è il battezzato. Qual è il centro della nostra fede? La morte e la resurrezione di Gesù. I Vangeli ci consegnano segni e testimonianze. Per Francesco il primo annuncio, il Kérigma, è l’amore di Gesù, il suo dare la vita: oggi è al tuo fianco. L’adulto è il gratuito per eccellenza. Ciò che fa di un adulto un adulto, è la logica della gratuità. Il Dio nel quale noi crediamo fa gratuitamente, e non si aspetta nulla. Fino ad un crto punto abbiamo pensato che Dio ci voleva bene a partire dai nostri sforzi.

E’ vivo al tuo fianco: c’è la logica del dolore e della sofferenza. Come mai permetti la sofferenza? Sono le domande del mondo. La gente vuole sapere e capire il mistero della sofferenza, della morte, dei problemi della vita. E’ un Dio vivo.
Cambio di passo della comunità cristiana: in una civiltà ossessionata dalla vita degli altri, la chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per capire come muoversi davanti all’altro. La persona è al centro. Prima della struttura la persona. Bisogna interrogarsi se nei nostri percorsi pastorali la persona è al centro o no. Fermarsi, contemplare, dare tempo. Perché a voi interessa il prete? Chiedete al prete che vi dia tempo. Ognuno chiede di essere ascoltato.
178: Il papa trasforma il credo in una cammino esistenziale per la vita. Padre: conferisce una dignità infinita ad ogni persona. Il Figlio: ha assunto la nostra carne umana; ogni persona umana è stata elevata alla dignità di Dio. Confessare lo Spirito: agisce in tutti; ciò implica che cerca di penetrare in ogni situazione umana e in tutti i vincoli sociali.

Numero 33: La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio del si è sempre fatto così. Invito tutti ad essere audaci e creativi.

L’importante è non camminare da soli. Quali sono le grandi coordinate? Qual è la proposta?
1.      La nostra proposta per essere attraente deve essere essenziale. Non vuol dire superficiale, ma il centro, il cuore. Nessuno aderisce ad una proposta sfumata. Interessa una proposta vera, seria, credibile. Cfr. 169 EG. Dio vivo che genera in noi degli atteggiamenti, la capacità di essere vivi.

2.      Il Papa chiede una Chiesa che accorci le distanze che nel tempo si sono create. E’ giunto il tempo di essere una comunità che accorcia le distanze.
3.      Prendersi cura, custodire. Capacità di arricchirsi con la spiritualità del buon samaritano.





lunedì 16 aprile 2018

IL VESCOVO MASSIMO VISITA IL GRUPPO CRISTIANI LGBT di REGGIO EMILIA





Reggio Emilia, Monsignor Massimo Camisasca visita il gruppo di credenti LGBT della parrocchia di Regina Pacis. Un gruppo che, quando si incontra, è per pensare a Dio, al Suo amore. Per incontrarsi come amici e vivere come dirà il Vescovo :"un bel momento di condivisione, di meditazione". Questa sera c'è un amico nuovo, un battezzato Vescovo seduto ad una tavola semplice, con una pizza sopra.

Più tardi in chiesa per entrare insieme nella settimana santa (è la sera di lunedì santo), il Vescovo ci inviterà a partire dalle nostre vite, per disporci a vivere il nostro rapporto con Gesù con "amicizia", non come una "ideologia". Al termine della preghiera ascoltando il Vescovo nel suo intervento breve e significativo, non si poteva non sentire una eco lontana nel tempo, ma vibrante, delle parole di Don Giussani, nel suo invito a cercare Dio...guardare la storia delle persone: "ogni persona ha il suo mistero, noi dobbiamo essere attenti al mistero di ciascuno". Sono parole chiare: parresia e misericordia: "Questo non vuol dire non avere giudizi, ma avere giudizi non vuol dire criticare le persone e le cose.". È un momento pregnante e disarmante, all'inizio della settimana santa: un altro passo deciso verso la Pasqua. 
Il Vescovo dice che prima di tante cose dobbiamo sapere che: "la Chiesa vi accoglie". Una accoglienza delle esperienze e delle persone, perché ogni persona ha il suo mistero: "Attenzione al mistero di ciascuno, alla vocazione di ciascuno...". È stata una esperienza di accoglienza reciproca, si sono viste le braccia di questa Chiesa che accoglie: erano quelle di Monsignor Massimo e del nostro amico Don Paolo.  Era l'inizio della settimana santa ed era già Pasqua.
Maurizio Mistrali

mercoledì 11 aprile 2018

LA CHIESA DEL CONCILIO VATICANO II






UNITA’ PASTORALI  SANTA MARIA DEGLI ANGELI E PADRE ISERICORDIOSO

CREDO NELLA CHIESA
LA CHIESA PENSATA NEL CONCILIO VATICANO II
Don VALENTINO BULGARELLI

Sintesi: don Paolo Cugini

Per comprendere la Chiesa com’è stata tratteggiata nel Concilio Vaticano II occorre tener presente la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes. Non una Chiesa estranea al mondo, ma dentro i tragitti e le sfide del mondo e del tempo.

Per capire il Concilio occorre anche ascoltare due testi. Il primo è l’apertura del Concilio Vaticano II 11.10.1962. In questo discorso cogliamo l’idea chiave che ha portato la Chiesa a vivere il Concilio. “La Verità del Signore rimane in eterno… Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori, condannandoli a volte con la massima severità. Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di abbracciare il rigore”. Giovanni XXIII ha aperto la Chiesa alla misericordia; non una Chiesa che condanna, ma una Chiesa che propone.

Discorso di chiusura di Paolo VI: 7.12. 1965.La Chiesa del Concilio si è assai occupata oltre che di se stessa, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta... L’umanesimo laico e profano ha sfidato il Concilio. Non è avvenuto uno scontro e un anatema. La storia del buon Samaritano è stato il paradigma del Concilio”.

Il Concilio ha cercato di aprire delle strade: non c’è stata nessuna condanna. Il Concilio non ha condannato nessuno. La questione è chi è prossimo a me. La parabola del buon Samaritano è kerigmatica. Siamo partiti da un Dio che si fa vicino a noi, che cammina con noi. Martini: necessità oggi di ripartire da Dio.
Il volto di Chiesa che ricaviamo dal Concilio è quello dell’ascolto e della Misericordia.

Dei Verbum: è la riflessione su un Dio che si rivela e la consegna dell’immagine di Dio. DV 2: piacque a Dio rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà. E’ un Dio che vive la relazione. La bellezza di Gesù è quella d’introdurci in questa relazione. Dio parla agli uomini come ad amici e s’intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Il Dio nel quale in cui crediamo desidera stare con noi, parlarci, introdurci nella sua relazione più vera. E’ un Dio amante dell’uomo e della donna. Si può capire la Chiesa del Concilio se prima di tutto proviamo a purificare l’immagine che noi abbiamo di Dio. Anche i gesti rivelano Dio, non solo le parole.
Lumen Gentium. Ha otto capitoli che hanno una loro articolazione e possono essere raggruppato a coppie.
Il primo e il secondo parlano del mistero della Chiesa nella sua dimensione trascendenza e della forma storica della Chiesa, come Popolo di Dio.

Il terzo e il quarto presenta la struttura organica della Chiesa: gerarchia e laicato.

La terza coppia parla delle finalità della Chiesa. Il fine della Chiesa è la santificazione di tutti i membri del Popolo di Dio. C’è anche la testimonianza dei religiosi. Nella mens del Concilio la vita religiosa è il segno concreto che ci ricorda il fine della vita cristiana.

Ultima coppia: lo sviluppo escatologico della Chiesa peregrinante.
La struttura della Lumen Gentium è un’articolazione che apre delle prospettive.

Che cosa c’è d’importante nella LG? Leggiamo il numero 1. La luce delle genti è Cristo. Il Sinodo desidera illuminare gli uomini con la luce di Cristo che si riflette nella Chiesa annunciando agli uomini il Vangelo. Cristo è la luce delle genti: Il Concilio pensa la Chiesa nel suo rapporto con Cristo. Il Concilio rimette in moto una Chiesa che Evangelizza.

La Chiesa è in Cristo come sacramento, significa segno e strumento, cioè segno dell’unione con Dio, ma è anche segno e strumento delle relazioni e dell’unità di tutto il genere umano. La missione della Chiesa è questa.
Se Cristo è la luce delle genti, è evidente che la Chiesa è pensata dalla Trinità da sempre.

LG 4: l’azione dello Spirito nei confronti della Chiesa. Lo Spirito ringiovanisce continuamente la Chiesa. E’ lo Spirito che muove la Chiesa. Il discernimento è un’azione dello spirito e non umana. Il vertice di questo primo capitolo è la Chiesa come corpo di Cristo.

Siamo popolo di Dio. L’immagine del Popolo di Dio dice di un Popolo che appartiene a Lui. Viene poi descritto il Popolo come regale, profetico e sacerdotale.
Gaudium et Spes. Tutta la ricchezza della prospettiva ecclesiale della LG trova nella GS la realizzazione. “Le gioie e le speranze dell’uomo di oggi, sono anche le gioie e le tristezze dei discepoli di Cristo. La GS codifica come la Chiesa deve stare nel mondo. Ci sono dei punti di contatto con tutte le forme culturali che oggi abitano il tempo.

GS 3: tre verbi che chiariscono LG 1-2: dialogare, cooperare (lavorare insieme), mettere a disposizione.
Il Vaticano II ha pensato una Chiesa bella, non arrogante, ma dialogica. La Sinodalità è lo stile della chiesa. Occorre ripensare allora lo stile dell’evangelizzazione che non è di qualche professionista, ma di tutti i battezzati.

Tre passaggi importanti:
1.      Martin Lutero non aveva tutti i torti. Si parte dalla Scrittura, dai Padri. Il problema che si apre con Martin Lutero è che mette in discussione il fatto che la Chiesa abbia una relazione con Dio.
2.      L’illuminismo apre ulteriore la forbice dicendo che Cristo non è Dio.
3.      Terzo passaggio è il positivismo dove viene messa in discussione l’esistenza di Dio.
Oggi viene messa in discussione l’uomo capace di Dio. Il Concilio tenta di rispondere a queste problematiche. Pio XII con la mistici Corporis mette sul tavolo la prospettiva di ripensare la Chiesa.
Che cosa non è avvenuto nel post Concilio? Il prendere sul serio le prospettive aperte.
Il laico è corresponsabile.