RIFLESSIONI IN PREPARAZIONE DEL NATALE
MARIA SOAVE BUSCEMI
REGINA PACIS-RE
LUNEDÌ 4 DICEMBRE 2017
Sintesi: Paolo Cugini
E’ la
luna piena che annuncia il Natale. Il Natale arriverà con un cielo buio,
completamente buio. E’ un richiamo spirituale importante nel tempo di Avvento.
Costantino l’imperatore ha aiutato a stabilire la data del Natale di Gesù, il
25 di dicembre. Perché si è stabilito il 25 di dicembre? Perché è la festa del
solstizio d’inverno, che è la notte più lunga e più buia dell’anno. Piano piano
la luce, il sole, riprende ad aumentare il suo corso. Noi celebriamo la nascita
di Gesù nella notte più buia dell’anno. E celebriamo la festa del sole. Sembra
una contraddizione. Proprio quando tutto è buio, noi celebriamo il sole che vince
le tenebre. La spiritualità di chi segue Gesù: quando tutto grida tenebre,
buio, non speranza, noi celebriamo il sole che vince, la luce, la vita. Sentire il profumo fragile della vita che
vince piccolina, semplice, quando tutto dice buio. Ecco perché i popoli del
nord hanno inventato gli alberi di natale: piccole lucine illuminavano la notte
e la notte è ancora più notte. Avvento è celebrare la luce che è Gesù che vince
le tenebre, in tempo profondamente buio. Allora possiamo chiederci: qual’è il
buoi della mia vita personale, famigliare, comunitaria, che ha bisogno di questa
luce piccola, semplice che è Gesù?
Gesù
viene ad illuminare questo tempo che è proprio buio. Quando la comunità di
Giovanni scrive, lo fa in un tempo ben particolare. Sono 100 anni dopo Gesù.
Nessuno persona delle comunità aveva conosciuto Gesù. Quando non si conosce
qualcuno è necessario presentarsi. E’ per questo che il quarto vangelo usa
spesso una Parola: in principio. Nel Vangelo di Giovanni è peculiare. C’è bisogno
di dire fin dall’inizio, occorre dire a queste comunità continuamente qualcosa
di fondamentale che altrimenti va perso. Gli anni ’90 sono anni di grande crisi.
L’impero Romano ha portato in questo periodo Domiziano, uno dei più violenti.
Ha portato le comunità a dire: non ce la faremo mai, l’Impero è troppo forte.
Paolo scrive ai Galati: in Gesù non c’è più giudeo e Greco, uomo o donna; in
Gesù liberi tutti. Tutti siamo uguali, non esiste uomo donna, non esiste il
patriarcato, l’ordine violento del padre. Ma nell’anno ’90 le comunità
cominciano a pensare che l’Impero fosse più forte. Ci saranno lettere apostoliche
che, in questo contesto politico, invitano le donne ad abbassare la testa e ai
servi di obbedire. Giovanni scrive: no. Dobbiamo continuare ad essere di Gesù.
In
Principio era la Parola. In principio c’era già colui che è la
Parola. La comunità del Vangelo di Giovanni cerca di narrarci il suo credo
cristologico, in un tempo in cui sta prevalendo un’idea che si chiama
docetismo. S’inizia a dire che Gesù non era vero uomo. A volte anche noi
corriamo questo rischio, allontanando Cristo da Gesù, che è quella pietra che
tutti i costruttori hanno negato e scartato. La comunità di Giovanni ci sta
richiamando a Gesù.
C’è bisogno di testimoni e nomina un testimone: Giovanni.
In questo Vangelo alcune persone sono chiamate testimone di Gesù.
Maria. Cap 2 le nozze di
Cana. “Servite come Lui vi dirà”. Servizio: Diaconia, ministero. Maria richiama
la Chiesa all’unica parola che conta: servizio.
Cap 4:
Samaritana. Questa donna è la prima
missionaria: va e annuncia.
Marta sorella di Maria Cap
11. Tu
sei il Cristo. Lo dice Marta. Negli altri vangeli lo dice Pietro.
Cap
12: essere unti in testa è il segno del sacerdozio. C’è una signora che unge i piedi di
Gesù e poi li asciuga con i suoi capelli. E’ lei che è la prima ad
essere unta.
Cap 22
Maria
Maddalena: è lei che riceve la rivelazione di Gesù risorto
Nel
Vangelo di Giovanni è di donne la testimonianza, il sacerdozio, la missione, il
servizio, l’apostolicità.
Nei
sinottici ci sono uomini. I vangeli canonici ci dicono che il sacerdozio, la
missionarietà, l’apostolicità è di uomini e di donne. Questa è la comunità dei
discepoli e discepole.
Il
prologo. I suoi non lo hanno voluto. Non solo il
mondo, ma i suoi. Nell’anno 100 dopo Cristo s’inizia a utilizzare un termine
per indicare i cristiani buttati fuori dalla sinagoga, dai potenti della
religione giudaica. Fuori dall’impero, fuori dalle sinagoghe. Questi sono i cristiani.
Ecco perché Papa Francesco ci dice: fuori. Noi siamo nati fuori. Fuori dallo
schema delle religioni, delle istituzioni. Perché non siamo nati dalla carne,
dal potere, dall’arroganza, dalla pretesa di un’unica verità, ma dalla grazia,
da grazia su grazia. Non siamo nati dalla Legge, ma da grazia su grazia. La
legge di Mosè la conosciamo e cerchiamo di applicarla. La legge non è l’ultima
parola, ma è misericordia, grazia su grazia, Se fosse per la logica e per la Legge
non si farebbe festa il 25 dicembre. Ma siamo fuori dalle mura di palazzi, in
Gesù tutto è grazia e la tenebra non è più tenebra, ma risplende in Gesù.
I suoi
non l’hanno accolto. Tutti i poteri religiosi anche oggi,
quando sono fondamentalisti e violenti, non accolgono la luce. Cristiani,
mussulmani, buddisti. Quando diventiamo arroganti, fondamentalisti andiamo e
massacriamo. I suoi non lo hanno accolto. Giovanni dice chi sono i suoi
veramente. Quelli che non sono nati da carne, ma nati dalla grazia, di gente
impura, fuori, impoverita, di donne, uomini, di respiri di umanità che hanno
fatto esperienza di essere nati non da carne, ma da grazia. Questi e queste che
sanno che in Gesù non ci sono più uomini e donne, schiavi e liberi.
E mise
la sua tenda in mezzo a noi. Ci richiama la nostra
esperienza fondante che è l’esodo: Dio in tenda con noi, fragile, non
arrogante, errante, mendicante con noi.
Nell’anno
’90 le comunità cristiane inventano una parola: parrocchia. Chi era
parrocchiano in quegli anni: tuti quelli senza documenti, che non valevano
nulla. Stranieri, donne, bambini, malati, tutte le periferie esistenziali.
Coloro che non avevano diritti civili, che non valevano nulla. E la Parrocchia
era il luogo che li accoglieva. La parrocchia è sempre più diventata il luogo
di quello che hanno i documenti in regola. Dobbiamo ritornare a Gesù. Per
questo continua a mettere la tenda nella notte più buia del mondo. Dobbiamo
accogliere tutti, per questo dobbiamo uscire. Dobbiamo fare di tutto questa
realtà, una parrocchia. La parrocchia è una tenda che si allarga per fare
continuamente spazio, perché nessuno venga escluso, affinché tutto e tutte
abbiano spazio. La Grazia ci fa uguali nella stessa dignità. Questa Grazia ci condurrà
a Dio nel cammino di Gesù.