sabato 14 settembre 2019

QUIS ES, HOMO? FESTIVAL DELLA FILOSOFIA 2019




MASSIMO CACCIARI
Sintesi: Paolo Cugini

Il sapere è sempre in crisi, aperto, non si chiude mai. Il passaggio tra un momento all’altro è sempre traumatico. All’interno di ogni momento vi sono anche al suo interno contraddizioni e inquietudini. Il pensiero tende al sistema, ma nella coscienza che le questioni rimangono sempre aperte. Il vero pensiero rimane sempre in crisi.
Gregori ci ha fatto capire che la definizione in generale contiene delle contraddizioni.

Il medioevo è al suo interno una lotta tra due ideali di sapere: la filosofia che nessuno disprezza in quanto tale vale ma è preparazione all’intelligenza della fede. La filosofia prepara non alla fede, all’intelligenza della fede. Noi vogliamo intelligere la fede, capire ciò crediamo. È un’eredità che riceviamo da Atene. Vogliamo farcene una ragione. Ad un certo punto questo entra in antagonismo con l’irruzione di un’ideale di scienza che proviene da Aristotele. La teologia non è scienza.
Vi era una concordia tra teologia e filosofia. Questo grande schema viene rotto, contestato. Irrompe l’aristotelismo scientifico. Quest’affermazione provoca una lotta.

A questo attacco aristotelico rispondo i teologi, ma trovano un clima ostile. La contrapposizione si capisce nella Divina Commedia di Dante. Il viaggio di Dante che ancora è al fondo dell’errore conoscenza fisico filosofica. AL centro del suo itinerario c’è l’altro viaggio: quello di Ulisse, dove Dante stigmatizza il viaggio del sapere solo. Ulisse viaggia orizzontale, da terra a terra. Dante viaggia verticale: dall’inferno al paradiso. Il viaggio di Dante è in verticale, quello di Ulisse è orizzontale.
Dante cerca di tenere insieme questi due viaggi. Ulisse naufraga. Chi non innalza mai lo sguardo naufraga: è la profezia di Dante. Occorre leggere Dante in una chiave drammatica: è così che nasce l’umanesimo.
L’impero, la monarchia. Attraverso un sapere razionale posso giungere a pensare a costituire il paradiso terrestre, posso giungere ad un regime in terra che è paradiso. La stessa idea torna nella Commedia. Il paradiso terrestre che è immaginato è uno spazio in cui la Chiesa si riforma totalmente, e i due soli formano un’unica luce. La ragione – Virgilio – non entra nel paradiso. È Beatrice che conduce Dante nella grande visione. La ragione è cieca, non conduce al paradiso terrestre.


L’itinerario di Dante possiamo farlo tutti noi. È questo il senso della Grazia che si è manifestato grazia al dono della guida Virgilio. Dante si sente investito di una vocazione profetica.

L’inferno che ci sta a fare? Tutti noi possiamo scendere e risalire. Dante ci annuncio che l’amore divino può vincere la giustizia divina: è la misericordia che vince. L’inferno è uno scandalo.

La domanda dell’umanesimo è: chi sei tu, uomo? Chi vuoi essere? L’uomo per l’umanesimo è un compito. Chi vuoi cercare di essere? Ogni progetto interferisce con quello degli altri. La fortuna e il caso significa che il mio progetto deve potersi combinare con infiniti altri. Sappi che quello che decidi di fare, deve fare i conti con altri e mai in modo autonomo e isolato. È questa la prospettiva degli umanisti che vedono l’uomo un miracolo.

Il linguaggio si collega alla coscienza. Siamo un miracolo, siamo nell’ordine della natura, ma allo stesso tempo siamo anche straordinari. Questo qualcosa di straordinario rispetto alla natura è quello che ci permette di fare la cupola del Brunelleschi e anche la violenza degli uni contro gli altri, l’essere cattivi, la violenza contro la natura.

Come vogliamo usare la nostra potenza, la nostra straordinarietà? La strada del male è la più facile: ritornare su è difficile. È questa l’antropologia dell’umanesimo.
L’umanesimo è impegnato anche dal punto di vista politico e religioso. Presagi di fine della cristianità. Tutto questo bisogno rappresentarselo per quello che è. Questo è il soggetto dell’umanesimo, un io duplice in tutte le sue dimensioni. Esempio di Petrarca: sono un uomo doppio, dovrei guardare avanti, ma io guardo indietro. Anche nei grandi umanisti c’è sempre una tensione tra passato e presente. Fatica di combinare tra l’amore dei classici e l’appartenere alla tradizione cristiana. È evidente in Marsilio Ficino.

Questo io viene messo a tacere nella fine della modernità. Montaigne rivisita tutto in chiave scettica.
La nascita del grande razionalismo cambia tutto. L’uomo è pensiero: è la risposta del razionalismo all’umanesimo. L’uomo è essenzialmente il resto è contingenza. C’è un rovesciamento antropologico.
Medioevo è un conflitto di saperi e non un qualcosa di compatto, come una certa manualistica ci passa. Il conflitto che è espresso nella Divina Commedia. Passaggi faticosi. Anche nel moderno ci sono conflitti, in primo luogo contro l’umanesimo, anche se il moderno non è la morte dell’umanesimo.

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