MASSIMO CACCIARI
Sintesi: Paolo Cugini
Il
sapere è sempre in crisi, aperto, non si chiude mai. Il passaggio tra un
momento all’altro è sempre traumatico. All’interno di ogni momento vi sono
anche al suo interno contraddizioni e inquietudini. Il pensiero tende al sistema,
ma nella coscienza che le questioni rimangono sempre aperte. Il vero pensiero
rimane sempre in crisi.
Gregori
ci ha fatto capire che la definizione in generale contiene delle
contraddizioni.
Il
medioevo è al suo interno una lotta tra due ideali di sapere: la filosofia che
nessuno disprezza in quanto tale vale ma è preparazione all’intelligenza della
fede. La filosofia prepara non alla fede, all’intelligenza della fede. Noi
vogliamo intelligere la fede, capire ciò crediamo. È un’eredità che riceviamo
da Atene. Vogliamo farcene una ragione. Ad un certo punto questo entra in antagonismo
con l’irruzione di un’ideale di scienza che proviene da Aristotele. La teologia
non è scienza.
Vi
era una concordia tra teologia e filosofia. Questo grande
schema viene rotto, contestato. Irrompe l’aristotelismo scientifico. Quest’affermazione
provoca una lotta.
A
questo attacco aristotelico rispondo i teologi, ma trovano un clima ostile. La
contrapposizione si capisce nella Divina Commedia di Dante. Il viaggio
di Dante che ancora è al fondo dell’errore conoscenza fisico filosofica. AL
centro del suo itinerario c’è l’altro viaggio: quello di Ulisse, dove Dante
stigmatizza il viaggio del sapere solo. Ulisse viaggia orizzontale, da terra a
terra. Dante viaggia verticale: dall’inferno al paradiso. Il viaggio di Dante è
in verticale, quello di Ulisse è orizzontale.
Dante
cerca di tenere insieme questi due viaggi. Ulisse naufraga. Chi non innalza mai
lo sguardo naufraga: è la profezia di Dante. Occorre leggere Dante in una
chiave drammatica: è così che nasce l’umanesimo.
L’impero,
la monarchia. Attraverso un sapere razionale posso giungere a pensare a
costituire il paradiso terrestre, posso giungere ad un regime in terra che è
paradiso. La stessa idea torna nella Commedia. Il paradiso terrestre che è
immaginato è uno spazio in cui la Chiesa si riforma totalmente, e i due soli formano
un’unica luce. La ragione – Virgilio – non entra nel paradiso. È Beatrice che
conduce Dante nella grande visione. La ragione è cieca, non conduce al paradiso
terrestre.
L’itinerario
di Dante possiamo farlo tutti noi. È questo il senso della
Grazia che si è manifestato grazia al dono della guida Virgilio. Dante si sente
investito di una vocazione profetica.
L’inferno
che ci sta a fare? Tutti noi possiamo scendere e risalire. Dante ci annuncio
che l’amore divino può vincere la giustizia divina: è la misericordia che
vince. L’inferno è uno scandalo.
La domanda dell’umanesimo è: chi sei tu, uomo? Chi vuoi
essere? L’uomo per l’umanesimo è un compito. Chi vuoi cercare di essere? Ogni
progetto interferisce con quello degli altri. La fortuna e il caso significa
che il mio progetto deve potersi combinare con infiniti altri. Sappi che quello
che decidi di fare, deve fare i conti con altri e mai in modo autonomo e isolato.
È questa la prospettiva degli umanisti che vedono l’uomo un miracolo.
Il
linguaggio si collega alla coscienza. Siamo un miracolo, siamo nell’ordine
della natura, ma allo stesso tempo siamo anche straordinari. Questo qualcosa di
straordinario rispetto alla natura è quello che ci permette di fare la cupola
del Brunelleschi e anche la violenza degli uni contro gli altri, l’essere
cattivi, la violenza contro la natura.
Come
vogliamo usare la nostra potenza, la nostra straordinarietà? La strada del male
è la più facile: ritornare su è difficile. È questa l’antropologia dell’umanesimo.
L’umanesimo
è impegnato anche dal punto di vista politico e religioso.
Presagi di fine della cristianità. Tutto questo bisogno rappresentarselo per quello
che è. Questo è il soggetto dell’umanesimo, un io duplice in tutte le sue
dimensioni. Esempio di Petrarca: sono un uomo doppio, dovrei guardare avanti,
ma io guardo indietro. Anche nei grandi umanisti c’è sempre una tensione tra
passato e presente. Fatica di combinare tra l’amore dei classici e l’appartenere
alla tradizione cristiana. È evidente in Marsilio Ficino.
Questo
io viene messo a tacere nella fine della modernità. Montaigne
rivisita tutto in chiave scettica.
La nascita del grande razionalismo cambia tutto. L’uomo è
pensiero: è la risposta del razionalismo all’umanesimo. L’uomo è essenzialmente
il resto è contingenza. C’è un rovesciamento antropologico.
Medioevo è un conflitto di saperi e non un qualcosa di
compatto, come una certa manualistica ci passa. Il conflitto che è espresso
nella Divina Commedia. Passaggi faticosi. Anche nel moderno ci sono conflitti,
in primo luogo contro l’umanesimo, anche se il moderno non è la morte dell’umanesimo.
Grande, Cugini.
RispondiEliminaQue é isto a Filosofia?!