mercoledì 17 dicembre 2014

GESÙ E LA SAMARITANA



Paolo Cugini
Introduzione. Le domeniche del tempo di quaresima del ciclo A ci offrono un cammino battesimale per aiutarci a riscoprire il senso del nostro essere cristiani. Ogni domenica la liturgia ci offre una tappa di un cammino che dovrebbe portarci a scoprire a che punto siamo nella nostra adesione al Signore e alla sua proposta di vita.
La terza domenica ci presenta il dialogo di Gesù con la Samaritana, che possiamo considerare una potentissima metafora esistenziale e spirituale sul senso della vita. Per poter cogliere il messaggio di questa pagina di vangelo è importante tentare di interpretare i personaggi messi in scena da Giovanni.
Samaritana. Chi è la Samaritana e, soprattutto, chi rappresenta? La Samaritana è il simbolo dell’umanità e cioè, in un certo senso ognuno di noi è quella Samaritana. Affinché il discorso fluisca nello svelamento dei suoi significati, dovremmo poter arrivare ad affermare: “quella Samaritana sono io”.
Il pozzo. La Samaritana va al pozzo perché ha sete. Che cosa significa questa sete? Indica la struttura carente della nostra esistenza. Per vivere abbiamo bisogno di qualcosa, di qualcuno. Durante tutta la nostra vita cerchiamo dei pozzi d’acqua che ci possano dissetare. Ne troviamo uno e poi, quando si esaurisce, andiamo alla ricerca di un altro. Tutta la nostra esistenza si può misurare nella dialettica tra sete e acqua, tra ricerca di senso e ideali che riempiano il significato cercato. La sete indica quindi un bisogno a più livelli di complessità: istintuale, spirituale, intellettuale. Siamo assetati: è questa la nostra caratteristica esistenziale e quindi siamo continuamente alla ricerca. Questa ricerca significa anche insoddisfazione, che spesso si sposa con frustrazione, perché l’acqua che troviamo non ci disseta. L’insoddisfazione genera poi un’inquietudine, che non ci lascia in pace sino a quando troviamo quello che andiamo cercando.
Gesù seduto al pozzo. Che cosa significa questa presenza di Gesù seduto al pozzo? Significa che Gesù conosce il nostro problema, conosce la nostra sete, sa delle nostre inquietudini e frustrazioni. E allora per poterci dire qualcosa sull’acqua che andiamo cercando, si mette a nostro livello, si fa assetato, si siede al pozzo e ci aspetta. Per fare cosa? Per ascoltarci e, nel dialogo, rivelare il senso del nostro smarrimento, il motivo della nostra sete. Questa immagine di Gesù al pozzo è una significativa metafora del rapporto educativo: ogni volta che vogliamo dire e insegnare qualcosa a qualcuno, dobbiamo scendere dal piedistallo e metterci al suo livello. La relazione precede il contenuto. L’incarnazione è il metodo da Dio scelto per comunicare il vangelo.
Cinque mariti. Chi sono questi cinque mariti della Samaritana? Che cosa significano? Sono il simbolo di una sequenza, di una ripetizione. Abbiamo sete e abbiamo fretta di dissetarci e, una volta trovato un pozzo, qualcosa che ci disseti, nonostante percepiamo che non ci disseta pienamente, che non risolve la nostra carenza, che non dà un significato alle nostre frustrazioni, abbiamo la tendenza ad andare sempre nello stesso pozzo. Ci accontentiamo dell’acqua marcia o sporca: l’importante è che ci tolga la sete del momento. C’è un’acqua che non disseta. E’ Gesù stesso che lo dice: “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete”. La paura di soffrire, di sentire il dolore delle nostre carenze ci conduce ad accontentarci di quello che troviamo. Per non stare male adesso, ci riempiamo la pancia di qualcosa che progressivamente ci svuota e ci sfinisce. I cinque mariti sono il simbolo delle nostre esperienze affettive, o delle soddisfazioni che buttiamo sul lavoro, oppure dello sfogo nei vizi, nel gioco, ecc. Non si tratta di soluzioni, ma di ripetizioni. Sembriamo condannati a ripetere delle situazioni senza senso, inutili. C’è un’uscita a questa condanna?
Gesù è l’acqua che disseta. Possiamo comprendere l’identità di Gesù solamente se abbiamo sete, se siamo consapevoli della nostra sete, del fatto che per vivere abbiamo bisogno di acqua. Possiamo scoprire la profondità e allo stesso tempo, l’unicità della Parola di Gesù, solamente se siamo alla ricerca di qualcosa, di un senso della vita. Le persone sazie non si alzano in piedi per cercare quello che pensano di avere. Chi ha la pancia piena non si mette in cammino.
Durante questo tempo di quaresima dovremmo chiederci: di che cosa abbiamo sete? Che cosa stiamo cercando? Oppure dovemmo chiederci come mai non abbiamo più sete?
Finché toglieremo la sete con qualcosa che non disseta, nessuno si alzerà più per cercare un pozzo.
E se nessuno più cerca il pozzo, la chiesa, chiamata a zelare e custodire il pozzo, potrà vivere la tentazione di modificare il pozzo, trasformarlo in qualcosa di seducente, modificandolo in qualcosa che non è più un pozzo.
Preghiamo perché sappiamo coltivare la sete di Dio nelle persone e, allo stesso tempo, perché coloro che sono addetti a zelare del posso vincano la tentazione di trasformarlo in qualcosa d’altro.





Nessun commento:

Posta un commento