sabato 23 gennaio 2016

LA CULTURA DELL'INCONTRO




IL BISOGNO DI DIO E LA CULTURA DELL’INCONTRO
SABATO 23 GENNAIO 2016
DIOCESI DI REGGIO EMILIA-GUASTALLA


Sintesi: Paolo Cugini

Paolo Cagnati (Gazzetta di Reggio)
Credo che in questo momento ci sia bisogno di un binario parallelo costituito di presenze simboliche e tanta concretezza.
I simbolismi sono importanti perché hanno un valore intrinseco. Elementi simbolici di aggregazione sono importanti in un momento di spaesamento. Dall’altro viviamo nella società delle chiacchere.
I momento di dialogo e di confronto non sono così frequenti. Il rapporto tra l’Islam e le sue comunità e come l’Islam ufficiale gestisce la cultura del dialogo nel mondo in cui opera: è complesso.
Problema se esista un Islam moderato. E’ fondamentale che le comunità islamiche riescano ad inserirsi nel contesto culturale.  Necessità di un lavoro sul territorio di dialogo. La cultura dell’incontro è l’unica cosa che può salvare.
C’è poi il problema del rapporto tra diritti e doveri. Dobbiamo sapere che se da un lato vano riconosciuti i diritti, dall’altro lato i doveri sono comuni, una questione etica e legislativa che devono valere per tutti. Il capitolo delle responsabilità dell’Occidente è un capitolo di macroeconomia.
C’è una forma di neocolonialismo che ci fa riflettere. La supremazia dell’Occidente è un mito che appartiene al passato e con il quale non abbiamo ancora fatto i conti. Rischio che la religione diventi la madre di tutti gli alibi.

Luigi Manfredi (Carlino Reggio)
Viviamo un tempo d’individualismo e c’è una grande difficoltà di rappresentanza e partecipazione. C’è scarsa partecipazione ai momenti identitari.
In Scozia in uno stadio cantavano a cappella l’inno nazionale. Era la loro storia, le loro radici. Individualismo digitale. Illusione di essere connessi con il mondo intero. C’è il trionfo del narcisismo che sfocia nella solitudine.
Difficoltà nel dare significato alle parole: giusto, ingiusto. Crisi di legalità che si percepisce nelle piccole cose di ogni giorno. La nostra società non può prescindere dal passato. Sulle parole ci vuole una certa nettezza.
La speranza è nelle giovani generazioni. Due esempi. Morte di Silvester sotto l’autobus. Qualche giorno dopo c’è stata una manifestazione di ragazzi, non ideologica. Altro ragazzino di nome Daniel che ha mandato una riflessione sul giornale. Noi e più di io.

Corrado Guerra (Prima Pagina Reggio)
Che accoglienza possiamo dare da chi fugge dalla tragedia dei loro paesi? E poi ci sono anche i nostri vicini di casa che la crisi ha messo in ginocchio. Necessità di accogliere e comprendere le persone povere.
Che cosa chiediamo agli stranieri per accoglierli. E’ importante chiedere per poter offrire. E’ necessario un rispetto condiviso delle regole.
In piazza Valisneri ci sono molti parcheggi con le righe blu. Ci sono molti stranieri che lavorano lì. Come partecipano gli stranieri alla vita della città che li ospita?
Ci accontentiamo degli stranieri che non recano disturbo. Gli diamo un finto lavoro, gli diamo un modo per alimentarsi ma restano estranei a noi. Essere sensibili e solidali, ma c’è il problema se questa società è in grado di offrire. La nostra offerta è all’altezza delle loro richiesta.

Mattia Mariani (Tele Reggio)
Luoghi d’incontro a Reggio Emilia. Si parla spesso di accoglienza degli stranieri. Che cosa dovremmo imporre per legge ali stranieri che arrivano? Imponiamo la legge.
Quanta gente camuffa la legge, se la fanno per conto loro.
Lo Stato non può venire dal basso. Dobbiamo imporre per legge l’educazione. Ci mettiamo 18 anni per creare una persona che possa contribuire al benessere di una comunità. Possiamo pensare di presentare un percorso educativo per coloro che arrivano da un altro paese.
Ho visto una scuola neutra in questi anni. Per educare occorrono delle testimonianza. Le testimonianze ha in sé il senso del sacrificio.
 Siamo in grado di gestire la delinquenza? Si può parlare di micro-criminalità? Occorre la mano ferma. Esistono a Reggio delle vicende personali, delle opportunità offerte da diverse realtà per un percorso d’integrazione, che prevede l’educazione.
Ora si tratta di andare oltre. Abbiamo due grandi punti interrogativi. La comunità cinese. Il secondo punto sono le donne islamiche.
Chi può in maniera legale proporre percorsi educativi? La scuola dovrebbe essere molto più schierata.

Giovanni Mazzoni (Tele tricolore)
L’esistenza di un Dio Creatore è riconosciuta. Qual è il bisogno di Dio che è chiamato a fare un’accoglienza. E’ Dio che ha bisogno di noi.
Accoglienza e carità li esercitiamo tutti i giorni.

Mons Massimo Camisasca
Verso dove siamo andando? E’ una domanda che suscita paura perché sembra di avere lasciato alle spalle un mondo che non c’è più. Uno dei nostri compiti di credenti è quello di aiutare le persone a leggere i segni che nel presente ci permettono di superare la paura.
Stiamo vivendo una trasformazione e non una fine. La storia del passato in questo può insegnarci qualcosa.

Sottolineature. Nell’accoglienza c’è sempre qualcosa che si chiede e che si offre. Integrazione come negare ogni soluzione ghettizzante. Dobbiamo accogliere affinché le persone possano entrare in contatto con la storia di un popolo. Nella scuola potremmo avere una della strade fondamentali della nostra reciproca accoglienza e integrazione. Percorso che avviene nelle scuole di tutti. Importanza dei luoghi d’incontro e di dialogo. E’ difficile stabilire luoghi di dialogo e d’incontro perché siamo convinti che esiste un umano che ci accomuna, che è fondamento del possibile incontro fra gli uomini. Consapevolezza che facciamo parte di una comunità universale che ci permette di parlarci gli uni e gli altri. Nelle piccole comunità è più facile l’integrazione. Il futuro nasce in piccole comunità nascoste. Non possiamo programmare il futuro: possiamo solo seminarlo.
Che cosa possiamo e dobbiamo offrire?
L’Islam è una realtà complessa. Dobbiamo lavorare per conoscerlo per stabilire dei ponti con coloro che capiscono che per vivere qui occorre un incontro e il rispetto della storia di un popolo. Dobbiamo offrire e chiedere un no definitivo dell’uccidere in nome di Dio. Di fatto, Dio è il nome della vita e non di morte. Le religioni si sono incontrate proprio su questa alleanza. Le moschee si devono pronunciare su questo.

Dio necessario. E’ necessario Dio anche per chi non crede. Il male più grande di una società è quando l’uomo pensa di essere Dio. Se non c’è Dio è facile che l’uomo pensi di poterlo sostituire. Occorre che ci aiutiamo a riconoscerci nella nostra debolezza, imperfezione e creaturalità. Valore laico dell’uomo che si riconosce come creatura. Quando ci riconosciamo creature possiamo costruire un percorso assieme. Configurazione nuova attraverso l’accoglienza. Non dobbiamo nascondere il bene vissuto nella nostra storia. Esempio di questo è la realtà della famiglia. Sono convinto che parlare della famiglia non è un percorso che guarda al passato, ma al futuro. Abbiamo bisogno di famiglia come incontro fra l’uomo e la donna, che si assumono la responsabilità reciproca di portare assieme la responsabilità dell’esistenza. L’Europa e le nostre società hanno bisogno della famiglia, luoghi in cui i bambini possono nascere, hanno bisogno di trovare un padre e una madre. Equiparare la famiglia ad altre forme di vita affettive, non è un bene.
L’indebolimento della famiglia rappresenta la premessa dell’indebolimento della persona. Rischio dell’esaltazione dell’individuo manipolabile e astratto. Testimonianza della famiglia anche pubblicamente.




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