Paolo
Cugini
Leggendo
i documenti della Chiesa sul tema dell'inculturazione, ci si rende conto che il
discorso è unidirezionale. Al di là delle parole e delle riflessioni, il
discorso parte sempre dal presupposto che il Vangelo è l'unica parola vera e
che le verità delle altre culture sono tali quando sono in consonanza con le
verità e i valori del Vangelo. A questo punto è lecito una domanda: ci può
essere una verità, un valore in una cultura che non sia strettamente legato
alle verità e ai valori del Vangelo? La domanda intende porre il problema della
libertà dello Spirito Santo di fecondare in ogni cultura la verità. Se ciò
fosse possibile vorrebbe dire che la chiesa, incontrando altre culture, non
dovrebbe attivare semplicemente un processo di verifica di consonanza delle
verità e dei valori culturali con il Vangelo, ma porsi in un ascolto attento
per accogliere la novità apportata sul tema della verità da una cultura diversa
e per questo, essere disponibili ad accoglierla, così come si manifesta, senza
volerla modificare o, peggio ancora deturpare.
È
a questo livello che si pone il tema della contaminazione come elemento
positivo del cammino di evangelizzazione. Se esistono valori e verità
autentiche nelle altre culture che sono indipendenti, autonome, diverse dai
contenuti del Vangelo, ma che hanno una verità evidente, è possibile che queste
verità altre contaminino il contenuto del Vangelo? È possibile lasciarsi
contaminare positivamente senza paura di perdere l'identità cristiana,
ritenendo che l'identità che lo Spirito Santo è capace di produrre sia il
frutto dell'accoglimento delle diverse verità suscitate dallo spirito e non
elaborate dall'ideologia dominante?
Porre il problema della contaminazione in
teologia non significa scadere nel campo del sincretismo o del pluralismo a
basso costo, ma entrare nella verità profonda delle possibilità dello Spirito
Santo, che troppo spesso nella storia della teologia cattolica è stato
prigioniero di strutture filosofiche, metafisiche, ti teologie che più di
approfondirne il messaggio autentico, ne hanno ristretto il campo di azione e
la sua autentica possibilità di rivelazione.
Entrando
in questo tipo di riflessione che cerca di valutare la capacità di lasciarsi
contaminare di una cultura, diviene evidente il processo d’indurimento avvenuto
nella chiesa per proteggere i propri contenuti nei confronti delle possibili contaminazioni.
Potremmo leggere in questa prospettiva il fenomeno dell’inquisizione (Santa?),
della caccia alle streghe, delle torture di tutti coloro che erano ritenuti
eretici. Il fenomeno dell’eresia nasce proprio quando una istituzione difende
ad ogni costo quello che ritiene essere il proprio patrimonio ideologico
considerato inviolabile e inalterabile.
La
domanda a questo punto del discorso è la seguente: quando Gesù ha annunciato il
Vangelo ha voluto proporre una dottrina di tipo dogmatico da difendere con i
denti, oppure ha voluto indicare un cammino, uno stile di vita che, proprio
come tale, sarebbe dovuto rimanere aperto ad ogni possibile contaminazione in
sintonia con il messaggio annunciato?
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