sabato 20 gennaio 2024

Inculturazione e contaminazione

 




 

Paolo Cugini

 

Leggendo i documenti della Chiesa sul tema dell'inculturazione, ci si rende conto che il discorso è unidirezionale. Al di là delle parole e delle riflessioni, il discorso parte sempre dal presupposto che il Vangelo è l'unica parola vera e che le verità delle altre culture sono tali quando sono in consonanza con le verità e i valori del Vangelo. A questo punto è lecito una domanda: ci può essere una verità, un valore in una cultura che non sia strettamente legato alle verità e ai valori del Vangelo? La domanda intende porre il problema della libertà dello Spirito Santo di fecondare in ogni cultura la verità. Se ciò fosse possibile vorrebbe dire che la chiesa, incontrando altre culture, non dovrebbe attivare semplicemente un processo di verifica di consonanza delle verità e dei valori culturali con il Vangelo, ma porsi in un ascolto attento per accogliere la novità apportata sul tema della verità da una cultura diversa e per questo, essere disponibili ad accoglierla, così come si manifesta, senza volerla modificare o, peggio ancora deturpare.

È a questo livello che si pone il tema della contaminazione come elemento positivo del cammino di evangelizzazione. Se esistono valori e verità autentiche nelle altre culture che sono indipendenti, autonome, diverse dai contenuti del Vangelo, ma che hanno una verità evidente, è possibile che queste verità altre contaminino il contenuto del Vangelo? È possibile lasciarsi contaminare positivamente senza paura di perdere l'identità cristiana, ritenendo che l'identità che lo Spirito Santo è capace di produrre sia il frutto dell'accoglimento delle diverse verità suscitate dallo spirito e non elaborate dall'ideologia dominante?

 Porre il problema della contaminazione in teologia non significa scadere nel campo del sincretismo o del pluralismo a basso costo, ma entrare nella verità profonda delle possibilità dello Spirito Santo, che troppo spesso nella storia della teologia cattolica è stato prigioniero di strutture filosofiche, metafisiche, ti teologie che più di approfondirne il messaggio autentico, ne hanno ristretto il campo di azione e la sua autentica possibilità di rivelazione.

Entrando in questo tipo di riflessione che cerca di valutare la capacità di lasciarsi contaminare di una cultura, diviene evidente il processo d’indurimento avvenuto nella chiesa per proteggere i propri contenuti nei confronti delle possibili contaminazioni. Potremmo leggere in questa prospettiva il fenomeno dell’inquisizione (Santa?), della caccia alle streghe, delle torture di tutti coloro che erano ritenuti eretici. Il fenomeno dell’eresia nasce proprio quando una istituzione difende ad ogni costo quello che ritiene essere il proprio patrimonio ideologico considerato inviolabile e inalterabile.

La domanda a questo punto del discorso è la seguente: quando Gesù ha annunciato il Vangelo ha voluto proporre una dottrina di tipo dogmatico da difendere con i denti, oppure ha voluto indicare un cammino, uno stile di vita che, proprio come tale, sarebbe dovuto rimanere aperto ad ogni possibile contaminazione in sintonia con il messaggio annunciato?

 

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