Paolo
Cugini
È
proprio così: una sensazione, strana, ma profonda, che viene da molto lontano. Una
sensazione che nasce dalla percezione di qualcosa che sta svanendo sotto i
nostri occhi e che, nonostante l’evidenza, si continui a vivere come se niente
fosse, come se non stesse succedendo nulla. Eppure, sta accadendo. Questa
percezione si trasforma in fastidio quando la considero a partire da quello che
sono, cioè un rappresentante di quella istituzione che percepisco come
inattuale, inadeguata. Non è una sensazione simpatica sentire di fare parte di
un’istituzione che, ormai, non esite più, che sta crollando. Odori di muffa, di
qualcosa che è invecchiato e che è stato messo da parte, trascurato, che
nessuno guarda più. Molta gente passa davanti e dentro le chiese senza
importarsi di quello che hanno rappresentato, ma al massimo per visitarle, come
si visita un museo.
Non a caso, in molte chiese importanti dal
punto di vista artistico, si paga per entrare. Sensazione di chiuso che si
percepisce durante quelle celebrazioni liturgiche con pochissime persone,
soprattutto quando avvengono durante la settimana, con persone anziane, perché
i giovani cercano altro, non s’interrogano se partecipare o meno: vanno altrove.
È questo che mi colpisce: la distanza. Da una parte ci sono le nuove
generazioni che cercano vita dove l’annusano e, il mondo religioso, non rientra
in ciò che per loro può offrire vita. Dall’altro, i responsabili della
religione, che continuano a fare e proporre i loro servizi, allo stesso modo di
sempre e, la maggior parte di loro, radicalizzando le forme del passato.
Idiosincrasia pura. Senza dubbio, la religione è ancora visibile materialmente.
Le sue chiese, cattedrali, palazzi sono ancora in mezzo a noi, così, come le
sue celebrazioni pompose, la sua rete di comunità, la sua struttura ben
organizzata. Nessuno mette in dubbio questo dato di fatto estetico, materiale,
visibile agli occhi umani.
Quello
che invece, a mio avviso, è chiaro e che non tutti stanno vedendo è che ciò che
sta rimanendo in piedi è una struttura svuotata di contenuto. Anche qui si può
dire che ci sono contenuti, ma che non riescono più ad attecchire con la realtà
e, di conseguenza, sono svuotati di senso. Stiamo andando verso un cammino di
chiesa come museo, come vestigio storico, bello esteticamente e che rivela la
memoria di ciò che era e oggi non c’è più. La domanda è: quando ci sveglieremo?
Quale evento riuscirà a svegliare le menti dei nostri capi religiosi? Che cosa
deve ancora succedere per renderci conto che abbiamo imboccato una strada senza
ritorno?
Hai ragione.
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