sabato 15 settembre 2018

FESTIVAL DELLA FILOSOFIA - ALETHEIA (VERITA')







MODENA 15 SETTEMBRE 2018



Relatore: Massimo Cacciari
Sintesi: Paolo Cugini

Platone: il bene fornisce verità alla cose conosciute. La verità appartiene alla cosa.

L’oggetto è conoscibile nella misura che è secondo verità. La cosa è conoscibile in verità perché sta in verità. L’ente è conoscibile. Se non fosse vero in sé, non ci sarebbe nessuna verità. Sia nel mito, che nella Repubblica di Platone, sia nel mito della Caverna, s’insiste sull’idea di verità come carattere della cosa. E’ la cosa che è reale
E’ inconcepibile un discorso vero senza nessun rapporto con le cose in quanto disvelano la verità. Io so veramente perché vedo la cosa e, quindi, colgo la verità.
Per dire con autorevolezza devo dire le cose come stanno, secondo ciò che si manifestano. Allora il dire è autorevole, in ordine con dike, quando dico le cose come stanno, e le cose come stanno sono la verità.
Non solo il bene fornisce verità alle cose, ma anche la facoltà di conoscere. Il discorso deve avere un suo ordine per essere autorevole, ma il dire ciò che è essenziale secondo verità, è vero solo in questo senso grazie alla sua aderenza all’ente. La logica è tale solo in riferimento al vero che appare, è rivelata nella cosa. E’ questo il tema ella metafisica classica.

Hegel recupera continuamente l’ontologia classica, contro la logica formale kantiana. Il concetto di Hegel è chiamato a interpretare l’intera realtà.

Che cosa ci appare manifesto? Enti finiti. Sono percepibili solo nella loro relazione. Ogni ente ha il suo confine. Non posso mai esprimere l’ente secondo se stesso, in sé e per sé. Quando determino un ente lo determino mettendolo in relazione all’altro. Lo dice Spinoza e poi lo riprende Hegel. Per determinare qualcosa lo devo porre in relazione con una cosa che quella cosa non è. Aristotele: l’ente non è mai definibile nella sua irriducibile sostanzialità.
Ogni ente è sostanzialmente se stesso? Per definire un ente devo porlo in relazione ad un altro e, quindi, devo negarlo. Ogni essente è un singolo. Se dico di conoscere l’ente come singolo, però, so anche che l’ente nella sua sostanzialità è infinito, opera un’opposizione tra finito e infinito. A questo punto l’infinito rimane relativo e quindi devo cambiare strada.

Perché porre la differenza? Perché quando penso devo dire che lo vedo concatenato con il tutto? Perché devo supporre una differenza tra enti? Perché devo scindere l’ente dalle sue connessioni con il tutto?

E’ il terzo grado di conoscenza spinoziana è vedere l’essenza finito nella causa. Che cosa sono le relazioni dell’ente? Perché il finito non può essere colto in se stesso? Ogni finito manifesta un’infinita connessione.

Altra differenza. Se vedendo questo finito vedo la sua relazione al tutto, allora anche le conoscenze finite vanno collocato in questo sapere vedere di finito e infinito. La verità abbraccia anche l’apparire, il finito. Parmenide dice cose diverse. Io penso che non ci sia un solo modo di leggere Parmenide. La verità dice delle cose come realmente appaiono.
Platone si allontana dalla prospettiva di Parmenide.

La verità infinita ha in sé il finito. Sono dimensioni diverse, ma non sono astrattamente separate. Il percorso platonico segue questo cammino. Tutto è collegato armonicamente, matematicamente secondo la numerologia pitagorica. Occorre superare il discorso della differenza. Il finito è manifestazione dell’infinito, della connessione di tutti gli essenti nel tutto.

Questa connessione non risulta evidente. Ogni apparente incertezza ha un dominatore comune. La differenza di opinione esprime la certezza che la cosa sia probabilmente come si dice. Quando diciamo “io so”, molte volte sappiamo che il nostro dire non corrisponde allo stato di cose, ma cerchiamo di dire. Chiediamo la fiducia dell’altro sulle nostre affermazioni veritative. Tutto sta connesso nel momento in cui provo a dire le cose.
Anche quando esprimo il termine verità nel modo più debole, che può essere un’opinione, è connessa a tutto il ragionamento ontologico. Ogni nostra forma di dire vuole corrispondere alla cosa, è una prospettiva sulla verità, che cerca di vedere l’ente nella misura della sua rivelazione.
Ci sono prospettive diverse, ma rivelano tutte la verità.

Platone non disprezza l’opinione. Partiamo tutti come prigionieri dal fondo della caverna. A partire da Pitagora e da Platone, il numero elabora la costruzione dell’essente. La natura parla un linguaggio matematico. La matematica è lo strumento fondamentale per comprendere gli enti secondo la sostanzialità.

La connessione tra l’aspetto formale e scientifico è fondamentale. Connettere la realtà. Veniamo da una stagione filosofica che ha diviso: è giunto il momento di connettere. Oggi è possibile riconnettere i diversi campi della verità, in cui cerchiamo di dire la verità delle cose.
Come si può arrivare a ciò? Non possiamo non indagare secondo questa prospettiva ultima. Le diverse prospettive debbono essere distinte, ma non separate.
Come pretendere che vi sia un pensiero nostro che non sia aspetto in tutti i modi, che escluda la passione, l’affetto? Posiamo avere nello stesso momento passioni opposte.
La fede regge il principio di non contraddizione, che la cosa rimanga una, se stessa. Nega la ricerca plurale di una verità una, non delle molte verità, ma delle molte vie.
L’uomo non può vivere senza una costante fiducia di qualcosa d’indistruttibile dentro di lui. Come faccio a vivere senza infinito?
Il finito nel suo manifestarsi è vero.



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