Recensione di Paolo Cugini
Nell’attuale contesto culturale,
sempre più marcatamente post-cristiano, nel senso che il cristianesimo si
lascia definitivamente alle spalle un modo ingombrante di occupare lo spazio
religioso, al meno a livello di sensibilità comune, le stesse religioni perdono
terreno nei confronti di coloro che cercano risposte ai grandi temi della vita.
Non più, dunque, appello ad un sacro che appare sempre più sbiadito e non
necessario nell’orizzonte della ricerca spirituale, ma sempre di più esigenza
di risposte che abbiano un’attinenza con il vissuto quotidiano, in altre
parole, con il realismo. Si parla spesso, nella storia del pensiero
occidentale, di ricorsi storici, di alternanze di approcci alla realtà. E così,
da un modo sacrale d’intendere il divino, che lo mantiene a distanza
rivestendolo pesantemente di accessori desueti e pagani, si passa all’esigenza
di cammini spirituali che s’intrecciano con le grandi tematiche esistenziali
del vissuto quotidiano. Il libro di Giorgio Borghi, Nelle braccia del
Mistero. Itinerario non religioso di ricerca spirituale, edito dalle
edizioni san Lorenzo di Reggio Emilia 2021, cerca di offrire qualche indicazione
in questa direzione. Il percorso che propone nelle tre parti del libro è allo
stesso tempo trinitario e biblico con l’originale caratteristica di presentare
i personaggi e gli eventi biblici sempre con l’attenzione di non chiudere il
discorso sul Mistero con affermazioni apodittiche. Il cammino, dunque consiste
nel prendere per mano il lettore, per aiutarlo ad uscire da una visione
religiosa del Mistero ed introdurlo in una dimensione esistenziale e, per
questo motivo, il discorso deve continuamente stare attento al linguaggio, per
non chiudere la riflessione nel già conosciuto. Abramo, in questa prospettiva,
diventa il prototipo dell’uscita dalla logica del controllo del Mistero, che
era la logica sottesa nell’evento di Babele (p.29). Anche l’esperienza di Mosè
la si coglie in questo dinamismo d’incertezza nei confronti di Colui che si
manifesta senza mostrarsi e la cui rivelazione del nome, più che risolvere
l’enigma dell’identità, la amplia a dismisura. Accettare di mettersi in cammino
verso il Mistero, come hanno fatto Abramo, Mosè, i profeti, significa avere il
coraggio di abbandonare la tranquillità delle sicurezze, che la religione tenta
di offrire, per rimanere aperti all’ignoto. In definitiva, “dobbiamo accettare
questa nostra impossibilità di nominare il Mistero, rispettando i mille nomi
con cui l’umanità può invocarLo” (p. 37). Questo tentativo di manipolare il
Mistero e di ridurlo alla nostra misura umana, è visibile nell’esperienza del vitello
d’oro, che manifesta in modo significativo il senso profondo dell’idolatria di
Israele, che sta alla base della distruzione del tempio, perlomeno nella
rilettura operata dai saggi d’Israele. Nella riflessione che Borghi propone, la
distruzione del tempio di Gerusalemme assume un valore paradigmatico, “perché
nel tempio si rispecchiava tutta la realtà di Israele, per cui il tempio
distrutto significava la distruzione del documento di identità religiosa del
popolo” (p.48). La ricostruzione del tempio, come sappiamo, invece di apportare
la ricchezza dell’esperienza spirituale di un popolo costretto a vivere lontano
dalla propria fonte religiosa, inasprirà l’apparato legale, soprattutto per
mezzo della forza acquisita dal gruppo sacerdotale. Saranno i sacerdoti,
infatti, a prendere il sopravvento nel nuovo tempio di Gerusalemme,
appesantendo il popolo di Israele con leggi e culti, definendo sempre di più la
vita religiosa a scapito della ricerca spirituale. Il profeta Isaia, non si
stancherà di richiamare in modo duro la religione del tempio per le derive
ipocrite in cui incorre. Sottolinea, infatti, Borghi che: “Non serve costruire
il tempio, professare una religione, compiere tutti i suoi riti, per poi vivere
una vita sbagliata” (p. 49).
La
seconda parte del libro è dedicata all’accoglienza del Mistero così come si
presenta nell’incarnazione, che ci propone, di fatto, “una logica assolutamente
sconvolgente, per la quale il divino non è l’opposto dell’umano, l’immortale
non è l’opposto del mortale e la perfezione non è l’opposto dell’imperfezione e
il sacro non è l’opposto del profano” (p.53-54). La serietà della scelta
dell’umano come spazio in cui si manifesta la divinità, conduce Borghi a
centrale la sua riflessione sul Mistero così come si manifesta
nell’Incarnazione sul cammino di Gesù compiuto nelle tentazioni. C’è una
partecipazione del Mistero alla condizione umana, alle fatiche del vivere
quotidiano, delle scelte da compiere. D’ora innanzi, sembra allertarci Giorgio
Borghi, la strada per cogliere la presenza del Mistero nella storia degli
uomini e delle donne, è quella di porre attenzione all’umanità di Gesù: “Lui ci
salva mostrandoci come si può vivere bene, dandoci la forza d’animo, lo spirito
corretto per riuscire a vivere e morire come Lui” (p. 59). Ed è nell’esperienza
della vita quotidiana che, mentre sperimentiamo la possibilità dell’errore, di
camminare per vie che ci fanno male, allo stesso tempo incontriamo il Mistero
nelle vesti della Misericordia, che è allo stesso tempo padre e madre. È quello
che si percepisce nella seconda tentazione di Gesù, che l’autore analizza
utilizzando anche alcuni passaggi del Vangelo di Luca, primo fra tutti la
parabola della misericordia. Nella vita quotidiana impariamo a donare
misericordia per il fatto che l’abbiamo accolta, perché nella vita senza la
misericordia di qualcuno, diventiamo persone dure e tristi. È nella vita di
ogni giorno, affrontando le lotte quotidiane che sperimentiamo le nostre paure,
tra le quali la possibilità dell’assenza del Mistero. È questo, secondo Borghi,
che manifesta la terza ed ultima tentazione, che ha nella passione di Gesù il
più alto momento. È in questa circostanza che il dramma del Mistero è vissuto
da Gesù nella sua pienezza. L’autore fa notare che è proprio nel contesto della
passione che l’evangelista Marco utilizza l’unica volta la parola ebraica Abbà,
per esprimere il Mistero a cui il Figlio si affida totalmente, per affrontare
l’ora tremenda senza sconti, ma vivendola pienamente nella propria umanità.
Nella
terza parte l’autore mostra la presenza del Mistero nell’azione dello Spirito.
Anche in questo caso vengono presi in esame alcuni brani del Nuovo Testamento,
che permettono di comprendere come lo Spirito del Mistero ci liberi dalle
ideologie – gli spiriti immondi -, dalla morale, dalle teologie che tentano di
racchiudere il Mistero in definizioni chiuse, per fare spazio alla presa di
coscienza della possibilità che tutti e tutte hanno di accedervi. Sino a quando
rimaniamo legati ad una forma, ad una religione, non permetteremo al Mistero di
rivelarsi nella sua apertura universale. Proprio in Gesù questa possibilità è
visibile nel suo modo di agire, che non esclude nessuno, ma anzi diviene
cammino di liberazione per tutti. “La missione – scrive Borghi –
comincia dalla religiosa Gerusalemme, ma poi si amplia in regioni dove la
religione giudaica non è più molto genuina, per arrivare dove non c’è più
niente della religione originaria di Gesù o dei discepoli” (p. 97). Entrare in
una prospettiva spirituale e anche cristiana non religiosa significa, in primo
luogo prendere decisamente le distanze da tutti gli apparati sacrali che creano
separazioni e differenze, per abbracciare la manifestazione del Mistero
presente in Gesù che accoglie tutti. Per le persone religiose abituate ad
identificare il Mistero con le norme e la morale religiosa, il cammino diventa
più difficile, ma non impossibile. Questo cammino di liberazione è sottolineato
dall’autore nell’esperienza dell’apostolo Pietro, che nell’incontro con
Cornelio sperimenta l’apertura universalistica del Mistero e la scoperta che Dio
non fa preferenza di persone (cfr. At 11,17), ma diviene possibilità di libertà
per tutti e tutte le persone che lo desiderano. Papa Francesco ha ripreso in
diverse circostanze quest’importante intuizione riproponendola come atteggiamento
di fondo di coloro che si sentono chiamati a portare il Vangelo. Nell’Esortazione
Querida Amazonia il papa scrive: “Occorre accettare con coraggio la
novità dello spirito, capace di creare sempre qualcosa di nuovo con l’inesauribile
tesoro di Gesù Cristo” (p.109). C’è, dunque, una grande possibilità che ci
viene offerta nel cammino della nostra umanizzazione, che passa attraverso un
percorso spirituale capace di liberarsi dalle infrastrutture religiose, dalle
chiusure ideologiche e pregiudiziali delle teologie, dalle costruzioni morali
che impongono pesi insopportabili. Il Mistero in quanto tale rimane alla
portata di tutti coloro che si mettono in cammino alla ricerca di un senso
della vita, attenti alle situazioni che la realtà presente manifesta. È in
questo cammino che i cristiani, liberandosi dalla religione e dai residui pagani
del sacro, hanno la possibilità di scoprire il Vangelo come spazio aperto all’incontro
del Mistero.
La
riflessione proposta da Borghi nel so bel libro è a mio avviso significativa per
diversi motivi. Il primo è di tipo ecclesiale. È all’interno di un cammino
spirituale e non religioso che è possibile cogliere la profondità della
proposta di Gesù, che crea una comunità di fratelli e sorelle uguali. Il principio
di uguaglianza, ripreso dal Concilio Vaticano II proprio nel documento sulla
Chiesa (Lumen Gentium, 32), permette un cammino ecclesiale in cui tutti trovano
spazio. La ricerca spirituale del Mistero, libera dalle rassicuranti
definizioni teologiche e, per molti aspetti, idolatriche, permette di accogliere
il fratello e la sorella nella comunità così com’è, senza pregiudizi culturali
e religiosi. Il dibattito attuale sul tema dell’omofobia e del DDL Zan, troverebbe
le comunità cristiane che s’ispirano al Vangelo e che provengono da quel
cammino spirituale sopra descritto, non in difesa di quella dottrina che crea
separazioni e non riesce a cogliere la dignità di Dio negli uomini e nelle
donne, ma protesa a farsi casa accogliente di coloro che soffrono
discriminazioni a causa della loro diversità sessuale. Questo spettacolo
pietoso che stiamo assistendo in questi mesi, che ha coinvolto anche la Conferenza
Episcopale, è frutto di quella visione religiosa che da secoli pretende
incatenare la forza e la creatività dello Spirito in nome di una dottrina che,
alla luce di questi fatti, più che venire da Dio, viene da uomini poco
lungimiranti e animati da interessi personali. La lettura del libro di Borghi,
che non ha pretese specialistiche, ma che intende condividere un cammino
spirituale è, dunque da consigliare e da proporre. Buona lettura.
PS:
il testo è possibile acquistarlo direttamente dalle Edizioni San Lorenzo.
https://www.edizionisanlorenzo.it/products/nelle-braccia-del-mistero-di-giorgio-borghi
Qui
si trova il video in cui lo stesso Giorgio Borghi presenta il suo libro:
https://www.youtube.com/watch?v=95BF39P3Lug