venerdì 23 luglio 2021

NON SONO LA COSTOLA DI NESSUNO - IN DIALOGO CON L'AUTRICE

 






L’associazione PALATA E DINTORNI organizza per mercoledì 28 luglio alle ore 21 nel cortile della chiesa di Palata Pepoli: Dialogo con l’autrice. Dibattito sul tema proposto dal libro dell’autrice Paola Cavallari, in dialogo con Paolo Cugini,

 

 

PAOLA CAVALLARI (a cura di), Non sono la costola di nessuno. Letture sul peccato di Eva, Verona, Gabrielli 2020

 

Il mito di Eva, secondo una lettura stereotipata di Genesi 2 e 3, indica un archetipo che condiziona in modo poderoso paradigmi culturali e pregiudizi del nostro tempo in materia di sessi/generi. Il libro raccoglie contributi diversi di studiosi - tre donne e tre uomini che rappresentano senza divisioni né preclusioni il cristianesimo della Riforma, il cristianesimo cattolico e la tradizione ebraica - che hanno ascoltato le parole di Genesi in un orizzonte di senso teso a “rendere giustizia”: essi scoprono che all’origine era stata posta non la sottomissione di un sesso/genere sull’altro, ma l’alleanza e la parità, nelle differenze.

Secondo una lettura del testo biblico che, come suggerisce la tradizione ebraica, disigilla ancora una volta nuove scintille di significato, ognuna nel dono di sé all’altra. Testi di: Gianpaolo Anderlini, Carlo Bolpin, Paola Cavallari, Lidia Maggi, Paolo Ricca, Brunetto Salvarani, Letizia Tomassone.

martedì 13 luglio 2021

A PALATA PEPOLI PRESENTAZIONE DEL LIBRO: VISIONI POSTCRISTIANE

 


Presentazione

Paolo Cugini

 

Il testo: “Visioni postcristiane” è nato sulle strade percorse dall’autore in questi ultimi anni. Strade diverse, come diversi sono i percorsi della vita. Le strade delle parrocchie di una delle tante Unità Pastorali, che dicono di un’esperienza di Chiesa che tenta cammini nuovi per portare il vangelo nelle periferie. Le strade di tanti adulti e di tante coppie che cercano ogni giorno il volto del Signore nelle scelte che compiono, scelte che spesso e volentieri incontrano la difficoltà di far entrare il Vangelo nei percorsi educativi proposti ai propri figli. Sono anche i cammini dei tanti studenti universitari africani incontrati in questi anni. Giovani del Camerun, del Togo e del Congo alla ricerca di una possibilità nuova nella vita. Cammini che hanno trovato pronte comunità cristiane nell’esperienza dell’ascolto e dell’accoglienza, manifestando che c’è ancora un po' di umanità in mezzo a noi, grazie alla forza disarmante del Vangelo. E poi ci sono le piazze dei tanti bambini stranieri carichi di mille problematiche familiari che si riversano rumorosi nei nostri cortili parrocchiali e richiedono quell’attenzione che non sempre è scontata. Cammini quotidiani della diversità, che dicono della fatica di scrollarsi di dosso la tentazione di chiudersi dietro i pregiudizi culturali, la cui veridicità si fa fatica dimostrare. È quello sperimentato nel cammino con i cristiani LGBT che, oltre ad un profondo cammino di fede, hanno messo a dura prova il senso delle eucarestie domenicali di tanti cristiani trovati impreparati dalla novità.

Le pagine che presentiamo costituiscono una sorta di diario spirituale ed esistenziale, nelle quali si cerca di dare ragione della forza del Vangelo, capace di dire qualcosa di significativo nelle complicate situazioni culturali ed esistenziali del nostro tempo. Sono pagine che analizzano le criticità di comunità cristiane che fanno fatica a scrollarsi di dosso metodi e stili che vengono da molto lontano e che rischiano d’intralciare il cammino dello Spirito che viene a noi attraverso i tanti mondi diversi che l’epoca postcristiana ci offre. Riflessioni sorte sul cammino e che hanno già vissuto un primo confronto attraverso i blog dell’autore, come articoli in alcune riviste e come percorsi educativi realizzati con i tanti giovani incontrati. I cammini della diversità obbligano a riflettere sul significato della diversità, dei cammini educativi proposti, oltre al contenuto che la religione può offrire nelle situazioni di un mondo sempre più complesso. Riteniamo, allora, che le pagine proposte in questo libro, possono dire ancora qualcosa ed offrire spunti di riflessione per tutti coloro che prendono sul serio il viaggio affascinante della vita.

Lo puoi acquistare qui: https://www.amazon.it/Visioni-postcristiane-religione-nellepoca-cambiamento/dp/8810204832/ref=sr_1_2?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=paolo+cugini&qid=1626211305&sr=8-2



giovedì 8 luglio 2021

NELLE BRACCIA DEL MISTERO - ITINERARIO NON RELIGIOSO DI RICERCA SPIRITUALE. UN LIBRO DI GIORGIO BORGHI

 



Recensione di Paolo Cugini

 

Nell’attuale contesto culturale, sempre più marcatamente post-cristiano, nel senso che il cristianesimo si lascia definitivamente alle spalle un modo ingombrante di occupare lo spazio religioso, al meno a livello di sensibilità comune, le stesse religioni perdono terreno nei confronti di coloro che cercano risposte ai grandi temi della vita. Non più, dunque, appello ad un sacro che appare sempre più sbiadito e non necessario nell’orizzonte della ricerca spirituale, ma sempre di più esigenza di risposte che abbiano un’attinenza con il vissuto quotidiano, in altre parole, con il realismo. Si parla spesso, nella storia del pensiero occidentale, di ricorsi storici, di alternanze di approcci alla realtà. E così, da un modo sacrale d’intendere il divino, che lo mantiene a distanza rivestendolo pesantemente di accessori desueti e pagani, si passa all’esigenza di cammini spirituali che s’intrecciano con le grandi tematiche esistenziali del vissuto quotidiano. Il libro di Giorgio Borghi, Nelle braccia del Mistero. Itinerario non religioso di ricerca spirituale, edito dalle edizioni san Lorenzo di Reggio Emilia 2021, cerca di offrire qualche indicazione in questa direzione. Il percorso che propone nelle tre parti del libro è allo stesso tempo trinitario e biblico con l’originale caratteristica di presentare i personaggi e gli eventi biblici sempre con l’attenzione di non chiudere il discorso sul Mistero con affermazioni apodittiche. Il cammino, dunque consiste nel prendere per mano il lettore, per aiutarlo ad uscire da una visione religiosa del Mistero ed introdurlo in una dimensione esistenziale e, per questo motivo, il discorso deve continuamente stare attento al linguaggio, per non chiudere la riflessione nel già conosciuto. Abramo, in questa prospettiva, diventa il prototipo dell’uscita dalla logica del controllo del Mistero, che era la logica sottesa nell’evento di Babele (p.29). Anche l’esperienza di Mosè la si coglie in questo dinamismo d’incertezza nei confronti di Colui che si manifesta senza mostrarsi e la cui rivelazione del nome, più che risolvere l’enigma dell’identità, la amplia a dismisura. Accettare di mettersi in cammino verso il Mistero, come hanno fatto Abramo, Mosè, i profeti, significa avere il coraggio di abbandonare la tranquillità delle sicurezze, che la religione tenta di offrire, per rimanere aperti all’ignoto. In definitiva, “dobbiamo accettare questa nostra impossibilità di nominare il Mistero, rispettando i mille nomi con cui l’umanità può invocarLo” (p. 37). Questo tentativo di manipolare il Mistero e di ridurlo alla nostra misura umana, è visibile nell’esperienza del vitello d’oro, che manifesta in modo significativo il senso profondo dell’idolatria di Israele, che sta alla base della distruzione del tempio, perlomeno nella rilettura operata dai saggi d’Israele. Nella riflessione che Borghi propone, la distruzione del tempio di Gerusalemme assume un valore paradigmatico, “perché nel tempio si rispecchiava tutta la realtà di Israele, per cui il tempio distrutto significava la distruzione del documento di identità religiosa del popolo” (p.48). La ricostruzione del tempio, come sappiamo, invece di apportare la ricchezza dell’esperienza spirituale di un popolo costretto a vivere lontano dalla propria fonte religiosa, inasprirà l’apparato legale, soprattutto per mezzo della forza acquisita dal gruppo sacerdotale. Saranno i sacerdoti, infatti, a prendere il sopravvento nel nuovo tempio di Gerusalemme, appesantendo il popolo di Israele con leggi e culti, definendo sempre di più la vita religiosa a scapito della ricerca spirituale. Il profeta Isaia, non si stancherà di richiamare in modo duro la religione del tempio per le derive ipocrite in cui incorre. Sottolinea, infatti, Borghi che: “Non serve costruire il tempio, professare una religione, compiere tutti i suoi riti, per poi vivere una vita sbagliata” (p. 49). 

La seconda parte del libro è dedicata all’accoglienza del Mistero così come si presenta nell’incarnazione, che ci propone, di fatto, “una logica assolutamente sconvolgente, per la quale il divino non è l’opposto dell’umano, l’immortale non è l’opposto del mortale e la perfezione non è l’opposto dell’imperfezione e il sacro non è l’opposto del profano” (p.53-54). La serietà della scelta dell’umano come spazio in cui si manifesta la divinità, conduce Borghi a centrale la sua riflessione sul Mistero così come si manifesta nell’Incarnazione sul cammino di Gesù compiuto nelle tentazioni. C’è una partecipazione del Mistero alla condizione umana, alle fatiche del vivere quotidiano, delle scelte da compiere. D’ora innanzi, sembra allertarci Giorgio Borghi, la strada per cogliere la presenza del Mistero nella storia degli uomini e delle donne, è quella di porre attenzione all’umanità di Gesù: “Lui ci salva mostrandoci come si può vivere bene, dandoci la forza d’animo, lo spirito corretto per riuscire a vivere e morire come Lui” (p. 59). Ed è nell’esperienza della vita quotidiana che, mentre sperimentiamo la possibilità dell’errore, di camminare per vie che ci fanno male, allo stesso tempo incontriamo il Mistero nelle vesti della Misericordia, che è allo stesso tempo padre e madre. È quello che si percepisce nella seconda tentazione di Gesù, che l’autore analizza utilizzando anche alcuni passaggi del Vangelo di Luca, primo fra tutti la parabola della misericordia. Nella vita quotidiana impariamo a donare misericordia per il fatto che l’abbiamo accolta, perché nella vita senza la misericordia di qualcuno, diventiamo persone dure e tristi. È nella vita di ogni giorno, affrontando le lotte quotidiane che sperimentiamo le nostre paure, tra le quali la possibilità dell’assenza del Mistero. È questo, secondo Borghi, che manifesta la terza ed ultima tentazione, che ha nella passione di Gesù il più alto momento. È in questa circostanza che il dramma del Mistero è vissuto da Gesù nella sua pienezza. L’autore fa notare che è proprio nel contesto della passione che l’evangelista Marco utilizza l’unica volta la parola ebraica Abbà, per esprimere il Mistero a cui il Figlio si affida totalmente, per affrontare l’ora tremenda senza sconti, ma vivendola pienamente nella propria umanità.

Nella terza parte l’autore mostra la presenza del Mistero nell’azione dello Spirito. Anche in questo caso vengono presi in esame alcuni brani del Nuovo Testamento, che permettono di comprendere come lo Spirito del Mistero ci liberi dalle ideologie – gli spiriti immondi -, dalla morale, dalle teologie che tentano di racchiudere il Mistero in definizioni chiuse, per fare spazio alla presa di coscienza della possibilità che tutti e tutte hanno di accedervi. Sino a quando rimaniamo legati ad una forma, ad una religione, non permetteremo al Mistero di rivelarsi nella sua apertura universale. Proprio in Gesù questa possibilità è visibile nel suo modo di agire, che non esclude nessuno, ma anzi diviene cammino di liberazione per tutti. “La missione – scrive Borghi – comincia dalla religiosa Gerusalemme, ma poi si amplia in regioni dove la religione giudaica non è più molto genuina, per arrivare dove non c’è più niente della religione originaria di Gesù o dei discepoli” (p. 97). Entrare in una prospettiva spirituale e anche cristiana non religiosa significa, in primo luogo prendere decisamente le distanze da tutti gli apparati sacrali che creano separazioni e differenze, per abbracciare la manifestazione del Mistero presente in Gesù che accoglie tutti. Per le persone religiose abituate ad identificare il Mistero con le norme e la morale religiosa, il cammino diventa più difficile, ma non impossibile. Questo cammino di liberazione è sottolineato dall’autore nell’esperienza dell’apostolo Pietro, che nell’incontro con Cornelio sperimenta l’apertura universalistica del Mistero e la scoperta che Dio non fa preferenza di persone (cfr. At 11,17), ma diviene possibilità di libertà per tutti e tutte le persone che lo desiderano. Papa Francesco ha ripreso in diverse circostanze quest’importante intuizione riproponendola come atteggiamento di fondo di coloro che si sentono chiamati a portare il Vangelo. Nell’Esortazione Querida Amazonia il papa scrive: “Occorre accettare con coraggio la novità dello spirito, capace di creare sempre qualcosa di nuovo con l’inesauribile tesoro di Gesù Cristo” (p.109). C’è, dunque, una grande possibilità che ci viene offerta nel cammino della nostra umanizzazione, che passa attraverso un percorso spirituale capace di liberarsi dalle infrastrutture religiose, dalle chiusure ideologiche e pregiudiziali delle teologie, dalle costruzioni morali che impongono pesi insopportabili. Il Mistero in quanto tale rimane alla portata di tutti coloro che si mettono in cammino alla ricerca di un senso della vita, attenti alle situazioni che la realtà presente manifesta. È in questo cammino che i cristiani, liberandosi dalla religione e dai residui pagani del sacro, hanno la possibilità di scoprire il Vangelo come spazio aperto all’incontro del Mistero.

La riflessione proposta da Borghi nel so bel libro è a mio avviso significativa per diversi motivi. Il primo è di tipo ecclesiale. È all’interno di un cammino spirituale e non religioso che è possibile cogliere la profondità della proposta di Gesù, che crea una comunità di fratelli e sorelle uguali. Il principio di uguaglianza, ripreso dal Concilio Vaticano II proprio nel documento sulla Chiesa (Lumen Gentium, 32), permette un cammino ecclesiale in cui tutti trovano spazio. La ricerca spirituale del Mistero, libera dalle rassicuranti definizioni teologiche e, per molti aspetti, idolatriche, permette di accogliere il fratello e la sorella nella comunità così com’è, senza pregiudizi culturali e religiosi. Il dibattito attuale sul tema dell’omofobia e del DDL Zan, troverebbe le comunità cristiane che s’ispirano al Vangelo e che provengono da quel cammino spirituale sopra descritto, non in difesa di quella dottrina che crea separazioni e non riesce a cogliere la dignità di Dio negli uomini e nelle donne, ma protesa a farsi casa accogliente di coloro che soffrono discriminazioni a causa della loro diversità sessuale. Questo spettacolo pietoso che stiamo assistendo in questi mesi, che ha coinvolto anche la Conferenza Episcopale, è frutto di quella visione religiosa che da secoli pretende incatenare la forza e la creatività dello Spirito in nome di una dottrina che, alla luce di questi fatti, più che venire da Dio, viene da uomini poco lungimiranti e animati da interessi personali. La lettura del libro di Borghi, che non ha pretese specialistiche, ma che intende condividere un cammino spirituale è, dunque da consigliare e da proporre. Buona lettura.

 

PS: il testo è possibile acquistarlo direttamente dalle Edizioni San Lorenzo.

https://www.edizionisanlorenzo.it/products/nelle-braccia-del-mistero-di-giorgio-borghi

 

Qui si trova il video in cui lo stesso Giorgio Borghi presenta il suo libro:

https://www.youtube.com/watch?v=95BF39P3Lug

 

venerdì 2 luglio 2021

LA CHIAMATA: IN CHE SENSO?

 



Paolo Cugini

 

Bisognerebbe avere il coraggio di dire e pensare realmente a quello che s’intende quando si parla di chiamata. C’è molta sovrastruttura spirituale. Ho visto troppe volte, ho ascoltato troppi discorsi, ho incontrato così tanti presupposti “chiamati”, da diventare sospettoso sulle dinamiche della chiamata. Infatti, spesso si spaccia per chiamata ciò che in realtà è frutto di emozioni, suggestioni del momento, fantasie rivestite di mistica, forzature di alcuni ambienti. Spesso si indica come “chiamata” il desiderio di una vita diversa da quello che può offrire una vita matrimoniale, soprattutto per quei giovani che provengono da contesti familiari negativi.

Nel contesto attuale il presupposto “chiamato” alla vita presbiterale viene collocato in un ambiente artificiale per un periodo molto lungo di 6/7 anni, in un momento delicato della vita, vale a dire la giovinezza. Periodo in cui le persone solitamente decidono d’impostare la propria vita verso una direzione, solitamente il matrimonio o la vita a due. Giovani che manifestano un spiccata sensibilità religiosa e un desiderio di una vita differente, donata agli altri, vengono rinchiusi per un periodo prolungato per una formazione prevalentemente intellettuale. Vale la pena dire, anche, che questa formazione intellettuale, non è di alto livello e non è per offrire strumenti per comprendere la contemporaneità, per affrontare la vita attuale. Al contrario, questi giovani sensibili vengono letteralmente imbuniti di nozioni dottrinali, da imparare a memoria, nozioni storiche di contenuti spesso in contrasto con il cammino della scienza.

Il risultato è quello di giovani che escono da questo lungo percorso di studi, non con capacità tali da affrontare in modo lucido e creativo la realtà attuale e le sue sfide, ma come persone vecchie, preoccupate a ripetere in modo esatto dei riti dei quali si considerano gli unici mediatori, con un apparato concettuale appreso, che li trova spiazzati sui grandi problemi della vita dei loro contemporanei. Il dramma è che saranno proprio queste giovani persone con una simile pseudo-preparazione ad essere messi a capo di comunità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Abbandono delle comunità da parte delle nuove generazioni, perché non si sentono per nulla rappresentate da così detti leaders religiosi in grande difficoltà a comprendere le problematiche del tempo presente e, di conseguenza, totalmente incapaci di offrire chiavi di lettura significative per la vita di ogni giorno. Queste leaders religiosi così formati corrispondono all’esigenza di quella fetta di comunità di adulti che identificano il cammino della fede con i riti da partecipare. E così abbiamo una comunità in cui il prete celebra i riti che gli adulti desiderano e organizza attività per il divertimento di bambini e ragazzi.

Forse, però, Gesù pensava a qualcosa d’altro quando parlava alle folle e ai discepoli e alle discepole.