PAOLO
FLORES D’ARCAIS
Sintesi: Paolo Cugini
Chi è il sovrano della vita? Dio, lo Stato, l’individuo.
Tra qualche giorno la corte costituzionale dovrà decidere tra queste tre risposte.
Nel codice del periodo fascista la Chiesa e il regime andavano d‘accordo nell’escludere
l’individuo rispetto alla decisione sulla propria vita. La sensibilità popolare
era però in sintonia con l’idea che la persona ha diritto a decidere della
propria vita.
Fin
dalla filosofia greca c’è stata una riflessione sull’eutanasia. La controversia
è stata risolta nella modernità con Montaigne, il quale sosteneva che vivere è
servire se manca la libertà di morire.
Oggi
in ambito democratico il diritto di ciascuno di scegliere il fine vita dovrebbe
essere riconosciuto e metterlo nella costituzione.
Tra
i grandi filosofi l’ostilità maggiore al diritto al suicidio viene da Platone
e Socrate. Nel Fedone dice: In una sorta di prigione siamo rinchiusi
noi uomini e non è lecito evaderne. C’è una condanna il suicidio, ma
ricorrono ad un argomento extra razionale, cioè alla volontà di Dio. Se siamo
un possesso degli dei, sono loro che decidono quando veniamo in vita e quando
moriremo.
In
una società democratica non possiamo considerare la vita una proprietà di Dio.
Gli stoici avevano un’altra posizione. A volte è doveroso
per gli uomini porre fine alla propria vita. Ci sono una serie di stoici
ripropongono le modalità di trapassare di vita secondo ragione.
Aristotele
combatte il diritto al suicidio. Il morire per fuggire la povertà o l’amore è
una debolezza, una viltà. Mette in relazione il suicida con il delinquente e il
perverso. Aristotele sa dare come argomento il fatto che darsi la morte sarebbe
non una colpa verso se stesso, ma verso la città.
La
modernità nasce da una riflessione opposta. La democrazia ha nella regola della
maggioranza un suo strumento per governare, ma non può fare quello che vuole.
Ci sono diritti dei cittadini che devono essere sottratti alle leggi dei
cittadini.
L’unico
autore della modernità che considera il suicidio come negativo è Kant. L’atto
del suicidio in sé stesso è negativo. Kant riconosce che: la vita va
considerata solo nella misura in cui si è degni di viverla. Kant è
costretto in realtà a ricorrere anche lui a Dio. Noi possiamo disporre del
nostro corpo in vista della preservazione; chi si toglie la vita si priva della
sua persona; ciò è contrario ai doveri verso sé stessi. Quella di Kant è un
raziocinio che fa ricorso alla fede e non alla ragione.
Montaigne
dice
che il dono più propizio che ci abbia fatto la natura è di averci lasciato
la chiave della libertà. Per morire occorre solo volerlo. La morte è la
ricetta di tutti i mali. Tutta l’esistenza dell’uomo è in conflitto con la
natura. In tutti gli autori della Chiesa gerarchica c’è il riferimento alla
natura. Montaigne dice che la natura non esiste, ma esiste la natura
umanizzata.
Per
continuare a sostenere l’illegalità del suicidio occorre ricorrere al Dio
creatore o allo Stato come surrogato do Dio.
Giacomo
Leopardi dice che è matematicamente vero che l’assoluto
non essere giova all’uomo più dell’essere. Chiunque vive tolta la religione,
vive per puro e formale errore di calcolo dell’utilità. L’uomo continuo a
perpetuarsi perché vive di religione e di illusioni. Tolte queste due sfere
ogni fanciullo appena iniziassero a ragionare si suiciderebbero. Tolti i
sentimenti religiosi è una felice naturale pazzia il continuare a vivere ed è
contrario alla ragione, che ci dice che non c’è nessuna speranza per noi.
Solo
l’argomento di fede può stabilire che non ci si deve uccidere anche dinanzi ai
dolori più insopportabili, perché la vita viene da Dio. La volontà di Dio non
può essere fondamento di una legge di uno stato pluralista e laico. L’argomento
Dio vale solo per i credenti. E poi: quale Dio? Il teologo Hans Kung
ha scritto due libri in difesa al suicidio. Don Giovanni Franzoni ha scritto
più di un libro sul diritto di ciascun cristiano di poter decidere liberamente
sul proprio fine vita.
Noi
ci troviamo in una circostanza paradossale. Non esistono argomenti razionali
contro il diritto di ciascuno a scegliere il proprio fine vita. Il presidente
della CEI, cardinal Bassetti, intima la corte costituzionale sulla decisione
che deve prendere fra dieci giorni. Chi assiste qualcuno al suicidio deve
prendere 12 anni di carcere.
C’è
un argomento che deve porre fine a qualsiasi controversia. Se si ponesse a
qualsiasi persona: sul tuo fine vita, se ci fosse un problema di malattia dolorosa
preferiresti scegliere tu o qualcuno che non conosci? E’ evidente che ciascuno
preferirebbe scegliere lui. Purtroppo viviamo ancora oggi in cui a parole
parliamo di uguaglianza, ma rispetto a problemi cruciali vi sono ancora alcuni
che ritengono di avere il diritto di imporre le loro scelte e la loro volontà
anche agli altri.
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