sabato 14 settembre 2019

IL SOVRANO DELLA VITA - FESTIVAL DELLA FILOSOFIA 2019






PAOLO FLORES D’ARCAIS
Sintesi: Paolo Cugini

Chi è il sovrano della vita? Dio, lo Stato, l’individuo. Tra qualche giorno la corte costituzionale dovrà decidere tra queste tre risposte. Nel codice del periodo fascista la Chiesa e il regime andavano d‘accordo nell’escludere l’individuo rispetto alla decisione sulla propria vita. La sensibilità popolare era però in sintonia con l’idea che la persona ha diritto a decidere della propria vita.

Fin dalla filosofia greca c’è stata una riflessione sull’eutanasia. La controversia è stata risolta nella modernità con Montaigne, il quale sosteneva che vivere è servire se manca la libertà di morire.
Oggi in ambito democratico il diritto di ciascuno di scegliere il fine vita dovrebbe essere riconosciuto e metterlo nella costituzione.
Tra i grandi filosofi l’ostilità maggiore al diritto al suicidio viene da Platone e Socrate. Nel Fedone dice: In una sorta di prigione siamo rinchiusi noi uomini e non è lecito evaderne. C’è una condanna il suicidio, ma ricorrono ad un argomento extra razionale, cioè alla volontà di Dio. Se siamo un possesso degli dei, sono loro che decidono quando veniamo in vita e quando moriremo.
In una società democratica non possiamo considerare la vita una proprietà di Dio.
Gli stoici avevano un’altra posizione. A volte è doveroso per gli uomini porre fine alla propria vita. Ci sono una serie di stoici ripropongono le modalità di trapassare di vita secondo ragione.
Aristotele combatte il diritto al suicidio. Il morire per fuggire la povertà o l’amore è una debolezza, una viltà. Mette in relazione il suicida con il delinquente e il perverso. Aristotele sa dare come argomento il fatto che darsi la morte sarebbe non una colpa verso se stesso, ma verso la città.

La modernità nasce da una riflessione opposta. La democrazia ha nella regola della maggioranza un suo strumento per governare, ma non può fare quello che vuole. Ci sono diritti dei cittadini che devono essere sottratti alle leggi dei cittadini.


L’unico autore della modernità che considera il suicidio come negativo è Kant. L’atto del suicidio in sé stesso è negativo. Kant riconosce che: la vita va considerata solo nella misura in cui si è degni di viverla. Kant è costretto in realtà a ricorrere anche lui a Dio. Noi possiamo disporre del nostro corpo in vista della preservazione; chi si toglie la vita si priva della sua persona; ciò è contrario ai doveri verso sé stessi. Quella di Kant è un raziocinio che fa ricorso alla fede e non alla ragione.

Montaigne dice che il dono più propizio che ci abbia fatto la natura è di averci lasciato la chiave della libertà. Per morire occorre solo volerlo. La morte è la ricetta di tutti i mali. Tutta l’esistenza dell’uomo è in conflitto con la natura. In tutti gli autori della Chiesa gerarchica c’è il riferimento alla natura. Montaigne dice che la natura non esiste, ma esiste la natura umanizzata.
Per continuare a sostenere l’illegalità del suicidio occorre ricorrere al Dio creatore o allo Stato come surrogato do Dio.
Giacomo Leopardi dice che è matematicamente vero che l’assoluto non essere giova all’uomo più dell’essere. Chiunque vive tolta la religione, vive per puro e formale errore di calcolo dell’utilità. L’uomo continuo a perpetuarsi perché vive di religione e di illusioni. Tolte queste due sfere ogni fanciullo appena iniziassero a ragionare si suiciderebbero. Tolti i sentimenti religiosi è una felice naturale pazzia il continuare a vivere ed è contrario alla ragione, che ci dice che non c’è nessuna speranza per noi.

Solo l’argomento di fede può stabilire che non ci si deve uccidere anche dinanzi ai dolori più insopportabili, perché la vita viene da Dio. La volontà di Dio non può essere fondamento di una legge di uno stato pluralista e laico. L’argomento Dio vale solo per i credenti. E poi: quale Dio? Il teologo Hans Kung ha scritto due libri in difesa al suicidio. Don Giovanni Franzoni ha scritto più di un libro sul diritto di ciascun cristiano di poter decidere liberamente sul proprio fine vita.

Noi ci troviamo in una circostanza paradossale. Non esistono argomenti razionali contro il diritto di ciascuno a scegliere il proprio fine vita. Il presidente della CEI, cardinal Bassetti, intima la corte costituzionale sulla decisione che deve prendere fra dieci giorni. Chi assiste qualcuno al suicidio deve prendere 12 anni di carcere.

C’è un argomento che deve porre fine a qualsiasi controversia. Se si ponesse a qualsiasi persona: sul tuo fine vita, se ci fosse un problema di malattia dolorosa preferiresti scegliere tu o qualcuno che non conosci? E’ evidente che ciascuno preferirebbe scegliere lui. Purtroppo viviamo ancora oggi in cui a parole parliamo di uguaglianza, ma rispetto a problemi cruciali vi sono ancora alcuni che ritengono di avere il diritto di imporre le loro scelte e la loro volontà anche agli altri.

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