sabato 28 settembre 2019

NELL'ANIMA DELLA CINA


FESTIVAL FRANCESCANO
BOLOGNA 2019




Sintesi: Paolo Cugini

Prodi: La Cina è sempre stata all’avanguardia. La Cina è una forza comune per recuperare un ruolo del mondo. C’è un grande progresso che ha unificato il Paese. Quando c’è una potenza che decade e una che cresce spesso c’è una guerra di mezzo. Il compito dell’Europa sarebbe quello di mediare tra le due potenze. L’Italia è il paese europeo in cui ci sono più cinesi.

Spadaro: in generale Matteo Ricci per i gesuiti è un modello. I gesuiti hanno nel cuore la Cina, perché la Cina rappresenta l’altro da noi, la sua cultura è fortemente diversa dalla cultura Occidentale. Papa Francesco è colpito da Matteo Ricci perché lui aveva disegnato il mappamondo per il popolo cinese. Il mappamondo ti fa conoscere il mondo. La Cina si è sempre letta come una specie di proiezione del cielo sulla terra. Matteo ricci facendosi cinese è riuscito a creare un ponte tra la Cina e il mondo, e mostrando come nel mondo c’erano grandi culture. È la logica della tavolozza di colori. La chiave dei rapporti dei popoli per Matteo Ricci è l’amicizia. Il rapporto tra Cina ed Europa è lontanissimo. La via della seta è stata attiva dal primo e il XIV secolo. L’economia si lega moltissimo con la spiritualità. All’interno della via della seta, si sono incontrati cristiani, mussulmani, buddisti, confuciani, zoroastrismi, ecc. C’erano monaci che attraversavano la via della seta.

Prodi: Pechino è l’opposto di Palermo. La Cina ha la consapevolezza della propria crescita economica e della tendenza positiva. La tensione tra Cina e USA non è più commerciale, ma tecnologica. La Cina sta sopravanzando gli USA sullo sviluppo tecnologico. La Cina ha il 20% della popolazione del mondo e il 6% delle terre coltivabili. La Cina è spinta a fare una politica estera per cercare cibo, materie prime di cui ha bisogno. Ecco perché è così presente in Africa e in America Latina. L’Europa dovrebbe lavorare assieme alla Cina per l’Africa. Spadaro ha parlato di Matteo Ricci. Ebbene lui prima ha dovuto dimostrare competenze. Il problema della selezione è il più grande strumento che ci sia in Cina. Il livello intellettuale è elevatissimo. In questa storia dell’arricchimento ci sono stati anche problemi di corruzione. Ecco perché il nuovo presidente ha fatto una campagna contro la corruzione. La storia cambia sempre. Fra 30 anni il paese più popoloso sarà l’India.

Spadaro: Dobbiamo considerare che quello che stiamo vivendo nel dialogo tra Vaticano e Cina è qualcosa di nuovo. Matteo Ricci è stato accolto in Cina non perché prete, ma perché uomo dotto e colto. Adesso il dialogo avviene su un livello religioso. Il Governo cinese si rende conto che la crescita economica richiede un’armonia interna. La Chiesa cattolica è un’entità strutturata con cui si può dialogare, più che con le sette. C’è un bisogno di armonia sociale che spinge il Governo a cercare il dialogo. Lo sviluppo economico produce domande di senso. Ci sono delle sette che crescono nel paese, crescono molto di più della Chiesa cattolica che è stata divisa sino ad ora. Dopo il dialogo tutti i vescovi che lavorano in Cina sono in comunione con il Papa. Ratzinger si chiedeva se esisteva un cristianesimo cinese. Lo stesso si chiese il presidente della Cina. L’unico momento della storia in cui il cristianesimo ha dovuto confrontarsi con una sfida così grande è stato nel periodo dell’inculturazione con il pensiero greco-ellenico. Ripensare il cristianesimo con le filosofie confuciane, taoiste, ecc. Occorre ripensare l’inculturazione del cristianesimo. Sono stati ordinati dopo l’accordo provvisorio, due vescovi cinesi. Per la prima volta in Cina vengono ordinati due vescovi che sono stati scelti in perfetto accordo tra il Governo cinese e la Santa Sede. Il Papa è stato riconosciuto come fondamentale per la selezione e ordinazione di vescovi in Cina. È la prima volta in Cina. Nel corso della celebrazione il Papa è stato nominato. Questa è una rivoluzione rispetto al passato. Tutto quello che riguarda gli affari dipendono dalla Cina, ma dal punto di vista religioso in Cina oggi si vive in comunione con il Papa.

Dell’umana fratellanza e altri dubbi


FESTIVAL FRANCESCANO
BOLOGNA 2019


Adnane Mokrani e Brunetto Salvarani

modera Giuseppe Caffulli

Due teologi, uno cristiano (Brunetto Salvarani) e uno musulmano (Adnane Mokrani), si confronteranno sul rapporto tra le religioni, dal Concilio Vaticano II al “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.
Sintesi: Paolo Cugini

Il documento sulla fratellanza spinge sulla cultura della pace e della tolleranza. Francesco dice che la pace non è solo il contrario della guerra.

Adnane: “Le religioni non incitano alla guerra e non invitano alla violenza”. Questa conferma così chiara, ha suscitato dubbi. Nella storia in tanti casi, le religioni sono state usate come strumenti di guerra. La religione dovrebbe essere strumento di pace e realizzazione. Nella storia la religione è stata usata per servire il potere.

Salvarani: Tre considerazioni. La prima è sul tema della fratellanza. Giacobbe ed Esaù, due fratelli che litigano. Peer dirsi fratelli occorre fare un percorso insieme. La storia di Genesi è utile perché dopo molti momenti di conflitti, alla fine, quando s’immagina che Esaù è esasperato, alla fine c’è un abbraccio. La fratellanza ha dei prezzi da pagare. Due sorelle: Lia e Rachele, mogli di Giacobbe. L’esito della fratellanza non è scontato. Quell’abbraccio finale non viene fatto. Qui c’è una fratellanza solo sulla carta. Occorre passare dalla carta alla carne, pagando dei prezzi. La seconda considerazione: è un documento laico. Si parla poco di teologia. Il tema è di far emergere la dimensione sociale del dialogo. Ultima considerazione: faccio fatica ad usare il termine tolleranza, perché la fratellanza prevede un medesimo livello, e quindi si tratta di educarci alla gestione dei conflitti. Dobbiamo recuperare una responsabilità corale e globale.
Giuseppe: tema della povertà e giustizia. Uno dei problemi del mondo è legato agli squilibri economici. Come si declina il tema della giustizia?

Adnane: nel documento si parla di un unico destino dell’umanità. “Abbiamo condiviso gioie e tristezze nel mondo contemporaneo”. C’è un’emergenza che necessita solidarietà, unità, resistenza. Viviamo un’epoca di globalizzazione anche dei problemi che non permettono visioni monistiche. La religione dovrebbe essere la coscienza critica dell’umanità, strumento di liberazione. Il documento parla di valori condivisibili. Credere in Dio significa credere nella gente che soffre: la solidarietà è il frutto diretto nella fede in Dio. C’è un cerchio tra Dio, popoli, umanità e valori fondamentali.

Salvarani: religioni come coscienza critica. La gente che soffre: in un ambito francescano fa venire in mente il testamento di Francesco. Qui racconta che si è convertito baciando il lebbroso. Questo è fondamentale, perché è un messaggio importante. È in quel lebbroso che si trova l’immagine più realistica di Dio. Oggi ci sono due tesi: da una parte c’è chi identifica le religioni come responsabili del fanatismo. Dall’altra c’è chi dice che le religioni non c’entrano. Sono entrambi risposte sbagliate. Non possiamo dimenticare le nostre responsabilità nei colonialismi vecchie e nuovi. Quello che non possiamo sopportare è il sistema di iniquità economica che produce disuguaglianze esplosive. Dove sono le religioni in una stagione storica così delicata? Dovrebbero essere li dove si dice che occorre recuperare la dignità umana per tutti.
Giuseppe: Il documento di Abudabi cerca di mantenere una riflessione condivisa tra cattolici e mussulmani. Esistono, però dei codici diversi d’interpretazione. Come si dialoga a partire dalle differenze?

Adnane: ci sono differenze non solo tra Occidente e Oriente, ma anche dentro l’Islam e anche dentro il cristianesimo. La vera differenza è quella tra oppressori e oppressi, tra dittatori e quelli che subiscono la dittatura. Nel mondo arabo c’è sete di libertà e democrazia. La dittatura nel mondo arabo non è separata dal tema del denaro. I potenti coprono le situazioni di disuguaglianza. C’è una solidarietà del male. Dobbiamo rispondere con la solidarietà del bene. Nel documento si capiscono i valori postivi condivisi. La libertà come dono e il pluralismo come fatto positivo: questa è una novità teologica. Dio ci vuole diversi. L’interpretazione dei testi sacri ci aiuta molto, perché ci aiuta a capire che Dio può parlare in diverse lingue e culture e ogni credente può imparare da tutti.

Salvarani: Un passaggio di questo testo del documento di Abudabi apre ad una posizione teologica che non c’era stato in un nessun documento cattolico. “Il pluralismo di fedi, culture, di sesso, è sapiente volontà divina”. Sparisce il paradigma inclusivista e esclusivista: Dio ha creato il plurale. Sono una sapiente volontà divina. In Europa si ha l’impressione che quella che oggi non ci aiuti è la crisi della politica. Oggi la politica dovrebbe rendersi conto che il fatto che le religioni vogliono essere presenti sullo spazio pubblico è una benedizione. Siamo in una stagione fatta di paure e strumentalizzazioni. Dobbiamo ricostruire un tessuto di comunità. È possibile camminare insieme.
Giuseppe: viviamo il problema delle differenze interne nelle nostre culture. A partire da quello che siamo, come impostare un dialogo autentico? Quale Islam oggi e come superare le differenze?

Adnane: da mussulmano posso parlare, analizzare la crisi del mondo islamico, ma sono anche interessato gli sviluppi dentro il cristianesimo e in particolare la missione di Papa Francesco. Occorre trovare nuovi linguaggi, nuovi cammini. Francesco sta in mezzo ad una tempesta, senza cambiare via, senza lasciarsi travolgere dalle tempeste negative. Sunniti e sciti hanno il compito per dire che non c’è nessuna giustificazione per la guerra e la violenza.

Salvarani: attenzione nei confronti di quanto sta succedendo oggi nel cristianesimo. Oggi tutte le religioni stanno vivendo una lotta durissima al proprio interno. C’è una spinta verso l’idea che la tradizione sia il tradizionalismo, mentre la Tradizione significa coltivare le cose che vengono dal passato con la novità della contemporaneità. La Chiesa si fa colloquio. Novembre 2015 a Firenze, Francesco diceva che noi siamo in un’epoca del cambiamento. Noi siamo gli ultimi cristiani di un certo modo di essere cristiani. Non sono più sufficienti i rosari, le devozioni, per essere credibili. Oggi il mondo non ha bisogno di parole, ma di uno stile. Il problema è come vive il cristiano. Le difficoltà, le perplessità sono pane quotidiano di un cammino di fede. Oggi non si può più identificare il cristianesimo con l’Occidente. Se c’è una forza nel Vangelo è quella di rompere le appartenenze culturali. Il Vangelo va oltre. Balducci parlava di uomo planetario.




SOTTO LA TENDA DEL SULTANO

FESTIVAL FRANCESCANO

BOLOGNA 2019

Con Giuseppe Buffon e Paolo Bizzeti




Sintesi: Paolo Cugini
Giuseppe Buzzon. Ha scritto un libro: Francesco l’ospite folle. Massignon era un archeologo francese che viene accusato di spionaggio, condannato a morte e salvato da una famiglia mussulmana. Questo evento gli ha permesso di compiere un cammino di riscoperta delle religioni.

Ernoul 1227-29 è un cronista favorevole al dialogo con l’Islam.

Jacopo da Vitry 1220-25 era convinto che attraverso la predicazione della crociata si potevano calmare i crociati. È critico nei confronti di Francesco prima della sconfitta dei crociati. “Sono le armi o la nudità il fattore più importante per entrare in dialogo con l’Islam”. SI rende conto che la mondanità della Chiesa non ha nessuna via d’uscita. E’ l’umiltà di Francesco che conquista e permette il dialogo.

Francesco d’Assisi 1221-1225 I frati non devono portare nulla per il viaggio. È il vangelo sine glossa. Non solo ospiti, ma sottomessi nella casa in cui i fratelli sono ospitati. Francesco chiede ospitalità. Sudditi anche delle bestie. La conflittualità va gestita con la pace.

Capitolo XVI prima regola: i frati che vanno tra gli infedeli devono evitare liti e dispute ed essere soggetti a tutti e confessino di essere cristiani. C’è un modo di fare missione essendo sottomessi a tutti.

Biografi: desiderio di martirio. Come mai Francesco è santo ma non è martire?
Enrico D’Avranches 1232. Per lui Francesco è un retore, ma Francesco rifiuta quest’arte in Europa e la utilizza con i popoli mussulmani. Francesco è un folle per questo motivo.

Bonaventura di Bagnoregio 1221-1274 Parla di un frate illuminato che accompagna Francesco. Per la prima volta inventa il fuoco. Tra Francesco e il Sultano non c’è disputa ma il fuoco. In un’immagine è un prete che fugge con il fuoco.
Francesco non vuole discutere sulla fede con la ragione. Per Bonaventura non c’è problema di Martirio e l’incontro di Francesco con il sultano prepara le stigmate.

Angelo Clareno. Il sovrano si converte. Il problema dell’incompatibilità riguarda l’ordine dei frati minori in cui comincia il dissidio. Il martirio diventa convivenza con i confratelli.

Vera e perfetta letizia: il problema del rapporto con l’altro è interno.
La grande disputa con l’islam riguarda la disputa che riguarda la nostra Europa. Per i protestanti i frati sono come l’Islam e Francesco come Maometto. Francesco è l’emblema della follia cristiana. Voltaire dirà di Francesco che è un venerabile folle, un fanatico e un demente.
La follia è la chiave di lettura della realtà occidentale. In oriente trovano che i cristiani convivono con i maomettani. Secondo Chesterton la follia di Francesco è stata l’occasione perduta della storia.

Massignon: recupera l’idea del fuoco che è una ripresa di ciò che è accaduto con Maometto.
Senza la pazzia non c’è incontro e senza la pazzia non c’è la richiesta di ospitalità. Poveri e pellegrini sono l’immagine autentica di Cristo.

Paolo Bizzeti, gesuita:
Se volgiamo parlare di dialogo occorre parlare stabilendo una relazione. Abbiamo voglia di stabilire una relazione? Francesco fa una scelta: si fa ospitare.
Esperienza in Turchia. Quando parliamo di dialogo dobbiamo prima di tutto domandarci: chi sono io? È impossibile dialogare senza una chiara identità. C’è chi pensa che essere cristiano appendere un crocifisso e recitare un rosario. Prima di tutto: chi sono io? Cosa vuol dire essere discepolo di Cristo.
Cristiano fa riferimento a Gesù, al suo Vangelo. Prima di dialogare con l’altro, il cristiano deve incominciare a dialogare con Gesù Cristo.

Abbiamo delle statistiche. Nel XVI secolo fu fatto un censimento e oltre ¼ erano cristiani. Se oggi i cristiani siano percentualmente molte basso dipende da situazioni politiche.
I cristiani sono divisi: pochi e poveri e non contano nulla in Turchia. Siamo bravi a divederci tra di noi e poi ci dividiamo con gli altri. Il paino di Dio, la volontà di Gesù? Quale Chiesa ha fondato Gesù? La chiamata alla salvezza è per tutti, ma non vuol dire diventare tutti cattolici. Noi abbiamo un potere non risolto sul potere. Facciamo fatica a pensare al cristianesimo come lievito, piccolo gruppo, semente.

C’è un progetto babelico del dialogo consiste nell’avere una sola lingua. Questo è un progetto demoniaco. Babele è un progetto religioso: è far diventare tutto cielo. Oggi il progetto della globalizzazione è attuato, anche se scricchiola da tutte le parti. Stanno sorgendo, infatti, i particolarismi. Siamo ammalati di questo sogno religioso che tutti diventino come noi. Una volta che si è arrivati a definire che cos’è la verità, l si vuole imporre a tutti.

Verremo valutati sull’amore, sull’attenzione agli altri, ai poveri. In Turchia ci sono giornalisti, avvocati, professori che sono disponibili a perdere ciò che hanno, a rimetterci la vita, perché non vogliono venire a compromessi con il potere, possiamo domandarci: chi è il vero martire?
Chi è il testimone della verità? Chi la proclama con esattezza, o chi ama il fratello o la sorella? Guardare a quanto nelle persone la Verità viene prima della propria vita. 

mercoledì 25 settembre 2019

PRIMA PRESENTAZIONE DL LIBRO: VISIONI POSTCRISTIANE


Bar del Centro                            Border Trio
Via Provinciale 13                                           Libero gruppo di ricerca
Viano                                                          Culturale
presentano
Don Paolo Cugini
teologo e missionario

Discuterà con voi del nuovo libro
Visioni postcristiane.
Dire Dio e la religione nell'epoca del cambiamento


MERCOLEDI 9 OTTOBRE  ORE 20.45
Bar del Centro – via Provinciale 13 Viano

Letture recitate : Faustino Stigliani
Musiche ebraico-cristiane :  Claudio Ughetti






a seguire rinfresco con prodotti tipici locali
Serata gratuita su prenotazione ( posti max 30)
Confermare la partecipazione al 380 1842421 o mail mau.casini@libero.it entro il 5 ottobre

sabato 14 settembre 2019

QUIS ES, HOMO? FESTIVAL DELLA FILOSOFIA 2019




MASSIMO CACCIARI
Sintesi: Paolo Cugini

Il sapere è sempre in crisi, aperto, non si chiude mai. Il passaggio tra un momento all’altro è sempre traumatico. All’interno di ogni momento vi sono anche al suo interno contraddizioni e inquietudini. Il pensiero tende al sistema, ma nella coscienza che le questioni rimangono sempre aperte. Il vero pensiero rimane sempre in crisi.
Gregori ci ha fatto capire che la definizione in generale contiene delle contraddizioni.

Il medioevo è al suo interno una lotta tra due ideali di sapere: la filosofia che nessuno disprezza in quanto tale vale ma è preparazione all’intelligenza della fede. La filosofia prepara non alla fede, all’intelligenza della fede. Noi vogliamo intelligere la fede, capire ciò crediamo. È un’eredità che riceviamo da Atene. Vogliamo farcene una ragione. Ad un certo punto questo entra in antagonismo con l’irruzione di un’ideale di scienza che proviene da Aristotele. La teologia non è scienza.
Vi era una concordia tra teologia e filosofia. Questo grande schema viene rotto, contestato. Irrompe l’aristotelismo scientifico. Quest’affermazione provoca una lotta.

A questo attacco aristotelico rispondo i teologi, ma trovano un clima ostile. La contrapposizione si capisce nella Divina Commedia di Dante. Il viaggio di Dante che ancora è al fondo dell’errore conoscenza fisico filosofica. AL centro del suo itinerario c’è l’altro viaggio: quello di Ulisse, dove Dante stigmatizza il viaggio del sapere solo. Ulisse viaggia orizzontale, da terra a terra. Dante viaggia verticale: dall’inferno al paradiso. Il viaggio di Dante è in verticale, quello di Ulisse è orizzontale.
Dante cerca di tenere insieme questi due viaggi. Ulisse naufraga. Chi non innalza mai lo sguardo naufraga: è la profezia di Dante. Occorre leggere Dante in una chiave drammatica: è così che nasce l’umanesimo.
L’impero, la monarchia. Attraverso un sapere razionale posso giungere a pensare a costituire il paradiso terrestre, posso giungere ad un regime in terra che è paradiso. La stessa idea torna nella Commedia. Il paradiso terrestre che è immaginato è uno spazio in cui la Chiesa si riforma totalmente, e i due soli formano un’unica luce. La ragione – Virgilio – non entra nel paradiso. È Beatrice che conduce Dante nella grande visione. La ragione è cieca, non conduce al paradiso terrestre.


L’itinerario di Dante possiamo farlo tutti noi. È questo il senso della Grazia che si è manifestato grazia al dono della guida Virgilio. Dante si sente investito di una vocazione profetica.

L’inferno che ci sta a fare? Tutti noi possiamo scendere e risalire. Dante ci annuncio che l’amore divino può vincere la giustizia divina: è la misericordia che vince. L’inferno è uno scandalo.

La domanda dell’umanesimo è: chi sei tu, uomo? Chi vuoi essere? L’uomo per l’umanesimo è un compito. Chi vuoi cercare di essere? Ogni progetto interferisce con quello degli altri. La fortuna e il caso significa che il mio progetto deve potersi combinare con infiniti altri. Sappi che quello che decidi di fare, deve fare i conti con altri e mai in modo autonomo e isolato. È questa la prospettiva degli umanisti che vedono l’uomo un miracolo.

Il linguaggio si collega alla coscienza. Siamo un miracolo, siamo nell’ordine della natura, ma allo stesso tempo siamo anche straordinari. Questo qualcosa di straordinario rispetto alla natura è quello che ci permette di fare la cupola del Brunelleschi e anche la violenza degli uni contro gli altri, l’essere cattivi, la violenza contro la natura.

Come vogliamo usare la nostra potenza, la nostra straordinarietà? La strada del male è la più facile: ritornare su è difficile. È questa l’antropologia dell’umanesimo.
L’umanesimo è impegnato anche dal punto di vista politico e religioso. Presagi di fine della cristianità. Tutto questo bisogno rappresentarselo per quello che è. Questo è il soggetto dell’umanesimo, un io duplice in tutte le sue dimensioni. Esempio di Petrarca: sono un uomo doppio, dovrei guardare avanti, ma io guardo indietro. Anche nei grandi umanisti c’è sempre una tensione tra passato e presente. Fatica di combinare tra l’amore dei classici e l’appartenere alla tradizione cristiana. È evidente in Marsilio Ficino.

Questo io viene messo a tacere nella fine della modernità. Montaigne rivisita tutto in chiave scettica.
La nascita del grande razionalismo cambia tutto. L’uomo è pensiero: è la risposta del razionalismo all’umanesimo. L’uomo è essenzialmente il resto è contingenza. C’è un rovesciamento antropologico.
Medioevo è un conflitto di saperi e non un qualcosa di compatto, come una certa manualistica ci passa. Il conflitto che è espresso nella Divina Commedia. Passaggi faticosi. Anche nel moderno ci sono conflitti, in primo luogo contro l’umanesimo, anche se il moderno non è la morte dell’umanesimo.

IL SOVRANO DELLA VITA - FESTIVAL DELLA FILOSOFIA 2019






PAOLO FLORES D’ARCAIS
Sintesi: Paolo Cugini

Chi è il sovrano della vita? Dio, lo Stato, l’individuo. Tra qualche giorno la corte costituzionale dovrà decidere tra queste tre risposte. Nel codice del periodo fascista la Chiesa e il regime andavano d‘accordo nell’escludere l’individuo rispetto alla decisione sulla propria vita. La sensibilità popolare era però in sintonia con l’idea che la persona ha diritto a decidere della propria vita.

Fin dalla filosofia greca c’è stata una riflessione sull’eutanasia. La controversia è stata risolta nella modernità con Montaigne, il quale sosteneva che vivere è servire se manca la libertà di morire.
Oggi in ambito democratico il diritto di ciascuno di scegliere il fine vita dovrebbe essere riconosciuto e metterlo nella costituzione.
Tra i grandi filosofi l’ostilità maggiore al diritto al suicidio viene da Platone e Socrate. Nel Fedone dice: In una sorta di prigione siamo rinchiusi noi uomini e non è lecito evaderne. C’è una condanna il suicidio, ma ricorrono ad un argomento extra razionale, cioè alla volontà di Dio. Se siamo un possesso degli dei, sono loro che decidono quando veniamo in vita e quando moriremo.
In una società democratica non possiamo considerare la vita una proprietà di Dio.
Gli stoici avevano un’altra posizione. A volte è doveroso per gli uomini porre fine alla propria vita. Ci sono una serie di stoici ripropongono le modalità di trapassare di vita secondo ragione.
Aristotele combatte il diritto al suicidio. Il morire per fuggire la povertà o l’amore è una debolezza, una viltà. Mette in relazione il suicida con il delinquente e il perverso. Aristotele sa dare come argomento il fatto che darsi la morte sarebbe non una colpa verso se stesso, ma verso la città.

La modernità nasce da una riflessione opposta. La democrazia ha nella regola della maggioranza un suo strumento per governare, ma non può fare quello che vuole. Ci sono diritti dei cittadini che devono essere sottratti alle leggi dei cittadini.


L’unico autore della modernità che considera il suicidio come negativo è Kant. L’atto del suicidio in sé stesso è negativo. Kant riconosce che: la vita va considerata solo nella misura in cui si è degni di viverla. Kant è costretto in realtà a ricorrere anche lui a Dio. Noi possiamo disporre del nostro corpo in vista della preservazione; chi si toglie la vita si priva della sua persona; ciò è contrario ai doveri verso sé stessi. Quella di Kant è un raziocinio che fa ricorso alla fede e non alla ragione.

Montaigne dice che il dono più propizio che ci abbia fatto la natura è di averci lasciato la chiave della libertà. Per morire occorre solo volerlo. La morte è la ricetta di tutti i mali. Tutta l’esistenza dell’uomo è in conflitto con la natura. In tutti gli autori della Chiesa gerarchica c’è il riferimento alla natura. Montaigne dice che la natura non esiste, ma esiste la natura umanizzata.
Per continuare a sostenere l’illegalità del suicidio occorre ricorrere al Dio creatore o allo Stato come surrogato do Dio.
Giacomo Leopardi dice che è matematicamente vero che l’assoluto non essere giova all’uomo più dell’essere. Chiunque vive tolta la religione, vive per puro e formale errore di calcolo dell’utilità. L’uomo continuo a perpetuarsi perché vive di religione e di illusioni. Tolte queste due sfere ogni fanciullo appena iniziassero a ragionare si suiciderebbero. Tolti i sentimenti religiosi è una felice naturale pazzia il continuare a vivere ed è contrario alla ragione, che ci dice che non c’è nessuna speranza per noi.

Solo l’argomento di fede può stabilire che non ci si deve uccidere anche dinanzi ai dolori più insopportabili, perché la vita viene da Dio. La volontà di Dio non può essere fondamento di una legge di uno stato pluralista e laico. L’argomento Dio vale solo per i credenti. E poi: quale Dio? Il teologo Hans Kung ha scritto due libri in difesa al suicidio. Don Giovanni Franzoni ha scritto più di un libro sul diritto di ciascun cristiano di poter decidere liberamente sul proprio fine vita.

Noi ci troviamo in una circostanza paradossale. Non esistono argomenti razionali contro il diritto di ciascuno a scegliere il proprio fine vita. Il presidente della CEI, cardinal Bassetti, intima la corte costituzionale sulla decisione che deve prendere fra dieci giorni. Chi assiste qualcuno al suicidio deve prendere 12 anni di carcere.

C’è un argomento che deve porre fine a qualsiasi controversia. Se si ponesse a qualsiasi persona: sul tuo fine vita, se ci fosse un problema di malattia dolorosa preferiresti scegliere tu o qualcuno che non conosci? E’ evidente che ciascuno preferirebbe scegliere lui. Purtroppo viviamo ancora oggi in cui a parole parliamo di uguaglianza, ma rispetto a problemi cruciali vi sono ancora alcuni che ritengono di avere il diritto di imporre le loro scelte e la loro volontà anche agli altri.

DISPARITÀ DI GENERE - FESTIVAL DELLA FILOSOFIA 2019




Costi umani e sociali della disuguaglianza

Chiara Saraceno

Sintesi: Paolo Cugini

Abbiamo un problema di monopolio maschile. Il termine genere da costrutto sociale mediato dal femminismo è stato ad evidenziare quanto sia una costruzione sociale, che diventa una corazza anche nella percezione. Siamo passati da questa grande innovazione concettuale, al fatto che oggi viene utilizzato come accusa. Oggi si è accusate di utilizzare il vocabolario del genere.

La parità di genere è uno degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. La parità di genere non è solo un obiettivo tra i tanti, ma è una dimensione dell’essere umano. È uno degli strumenti con cui si costruisce la società. Ci sono studi che dimostrano che nelle industri in cui esiste una presenza significativa delle donne, la produzione è migliore. Occorre incorporare l’uguaglianza come un valore.

Gli uomini anche loro sono incasellati, anche le loro possibilità di fare. Essere ridotto a categoria è il primo passo verso la discriminazione, sino a scendere nei discorsi di odio.
Uno dei grandi cambiamenti positivi in Italia la chiusura del gender classe. La disuguaglianza è ancora molto grande nel campo del lavoro. In Italia è fondamentale per le donne lo studio per entrare nel campo del lavoro. In Italia le donne escono dal mercato del lavoro per maternità.


Le famiglie in cui lavoro solo l’uomo in Italia sono di più rispetto agli altri paesi. Ciò significa che nelle coppie con figli le donne sono molto vulnerabili dal punto di vista economico. Le donne fanno il lavoro necessario per i figli e per il marito. Le donne sono molto vulnerabili anche dinanzi alla fine del matrimonio. In questo caso anche i figli sono vulnerabili dal punto di vista della povertà. In Italia sono tante le famiglie monoreddito perché la rigidità dei ruoli di genere è più elevata.
L’Italia è in una sensazione di ambivalenza. Da un lato l’idea di parità è passata. Dall’altro, c’è ancora disparità. C’è un problema anche di organizzazione sociale che favorisce gli uomini e molto meno le donne. Ci sono dei forti stereotipi di genere.

Anche per le donne che rimangono continuamente nel mercato del lavoro ogni figlio costa in termini pensionistici, perché la loro carriera viene rallentata, perché appaiono come persone su cui non investire perché hanno fatto un figlio.
Le conseguenze sulla povertà del fatto che in Italia c’è questa alta percentuale di famiglie monoreddito. L’Italia è un paese in cui la povertà non riguarda persone, ma famiglie. È molto concentrato nel meridione e con figli minorenni.

Occorre investire nella formazione e occupazione delle donne più svantaggiate. Investire nella scolarizzazione femminile ha delle ricadute positive sul problema della povertà.
Nella politica la presenza delle donne in Italia ´molto rara. C-´solo una governatrice di regione e due donne sindache di grandi città. L’asimmetria del potere economico produce violenza di coppia.
I luoghi di lavoro spesso sono spazi di molestie sessuali. Anche in politica le donne sono più oggetto di violenza di genere. Nel caso delle donne si utilizza spesso il riferimento al sesso.
Nel migliore dei casi possiamo dire che c’è un percorso disuguale nel cammino di uguaglianza di genere.