martedì 31 maggio 2022
giovedì 26 maggio 2022
IL TEOLOGO MANCUSO COMMENTA L'ELEZIONE DI MATTEO ZUPPI A PRESIDENTE DELLA CEI
Nel
nome del Signore
VITO
MANCUSO - LA STAMPA, 25 Maggio 2022
Il cardinale, arcivescovo di Bologna, Matteo
Maria Zuppi, neo Presidente Cei
Credo che la maniera
migliore di commentare la nomina del cardinale Matteo Zuppi a presidente della
Conferenza episcopale italiana sia di istituire un confronto tra lui e coloro
che l’hanno preceduto in quella carica. Assumendo il governo del cardinal
Bassetti come un periodo che definirei di transizione, penso che il vero
confronto vada istituito con il duo Ruini-Bagnasco che per ben 26 anni,
precisamente dal 1991 al 2017, hanno guidato la Cei in stretta continuità tra
loro. Ebbene, se mettiamo in parallelo le personalità Ruini-Bagnasco e quella
del neopresidente Zuppi il risultato che emerge, a mio avviso, è il seguente:
da un lato l’istituzione, dall'altro il movimento; da un lato la politica,
spesso declinata anche come “partitica”, dall’altro la società; da un lato la
forma e talora la formalità, dall’altro la spontaneità e la fantasia; da un
lato la tradizione, dall’altro l’innovazione; da un lato la sicurezza,
dall'altro la volontà di infondere coraggio (il che è un’altra cosa dal dare
sicurezza, perché chi dà sicurezza toglie la libertà, mentre chi infonde
coraggio toglie la paura mantenendo la libertà). Insomma, da un lato il potere
della Chiesa gerarchica, dall’altro il servizio della Chiesa comunità. Da un
lato la Chiesa di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, dall’altra quella di
Francesco. So bene che in ambito ecclesiale non si amano queste
contrapposizioni e si tende a sottolineare ovunque lo svilupparsi lineare e
concorde dell’unica tradizione e dell’unico carisma, ma ci sono duemila anni di
storia ecclesiastica a mostrare nel modo più evidente che le differenze
esistono e che spesso si esplicitano proprio nelle contrapposizioni sopra
evidenziate. E come l’elezione di Bergoglio ha determinato la leadership
dell’ala profetica e progressista nella Chiesa cattolica, così la nomina di
Zuppi fortemente voluta da Bergoglio è destinata a introdurre anche nella
Chiesa italiana il primato della profezia e di quelle evoluzioni che
genericamente chiamiamo progresso.
Non
è facile il compito della Chiesa italiana oggi, come non è facile in genere il
compito di essere cristiani in Occidente. Non lo è perché le nostre società
apprezzano l’anti-istituzionalità, la ribellione, il no più del sì, premiano le
alternative e gli alternativi, e quindi istintivamente non amano le istituzioni
portatrici di una lunga e pesante tradizione, tra le quali primeggia la Chiesa
cattolica. Papa Francesco risulta tanto popolare esattamente per la sua carica
alternativa, un Papa non papale, quasi laico con quelle sue scarpe nere del tutto
normali, e il cardinal Zuppi oggi alla guida della Chiesa italiana ha uno stile
personale del tutto simile, senza minimamente atteggiarsi a “bergogliano”
perché egli è proprio così di suo, e anzi complessivamente è più dolce e più
mite di Bergoglio che invece, da antico gesuita, sa essere talora aspro e
direttivo.
Ma
il punto vero riguarda il mondo, non la Chiesa, perché la Chiesa esiste per il
mondo, non per sé, e anzi quando è in funzione di sé e non del mondo tradisce
la missione per cui venne fondata. E all’interno di un mondo come l’attuale
risentito verso il passato e spaventato ancora più del futuro, un mondo privo
di certezze se non quelle del denaro e del piacere che nulla hanno a che fare
con l’etica e che per questo non sanno infondere il bene più prezioso che è la
pace interiore, un mondo in cui sono sempre di più coloro che risultano
completamente analfabeti in materia religiosa, in questo mondo delle pandemie e
delle guerre, dell’emergenza climatica e delle migrazioni, in questo mondo che
sembra appartenere più al diavolo che di Dio, qual è il contributo che può dare
la Chiesa? Me lo chiedo pensando a Matteo Zuppi che da anni conosco
personalmente e con il quale ogni tanto andavo nella trattoria a due passi
dall’arcivescovado bolognese osservando come in quei quattro passi per strada
fossero numerose le persone che lo fermavano e lo salutavano, e come egli
avesse uno sguardo e una parola per tutti. Ma ecco il primo contributo della
Chiesa: umanità, fraternità, superamento delle solitudini, senso di comunità,
gentilezza, calore umano, genuina accoglienza. L’evangelizzazione passa da qui,
senza umanità e comunità non c’è oggi nessun Vangelo che tenga. È esattamente
quello che papa Francesco vuole dei vescovi e dei preti: che abbiano “l’odore
delle pecore”, metafora evangelica per dire la capacità di vicinanza dei
sacerdoti alla gente.
C’è
però anche bisogno di un altro odore, quello dell’incenso. Intendo il bisogno
di recuperare il senso del sacro e della liturgia perché troppo spesso le messe
sono celebrazioni formalistiche e chiassose dove il senso del mistero si perde,
dove non si prega, dove si ascoltano prediche scontate, non ci si raccoglie,
non si medita, e ci sono ben poche tracce di spiritualità. Qui passa a mio
avviso uno dei fronti più urgenti della missione della Chiesa italiana e
sarebbe un errore fatale trascurarlo, o peggio ancora rendere la liturgia
dominio dei tradizionalisti anticonciliari, gente non priva di forti
accentuazioni fasciste e antisemite. La Chiesa italiana deve lavorare per
ritrovare la sacralità e la bellezza antica della liturgia, e far riassaporare
il suo mistero non a dispetto del mondo contemporaneo ma donando a questo
mondo, ormai privo di riti degni di questo nome, ciò che esso ha perduto: il
sacro, il mistero, la solennità. Anche questo mi aspetto dal cardinale Zuppi
presidente della Cei e so che egli è in grado di lavorare al riguardo. Meno di
una settimana fa eravamo seduti insieme nella Sala Rossa del Lingotto a
ragionare sul teologo luterano Dietrich Bonhoeffer davanti al pubblico del
Salone del Libro di Torino. Il tema era: “Trovare Dio in ciò che conosciamo”,
una frase che Bonhoeffer scrisse in una lettera del 30 maggio 1944. Ebbene, io
mi attendo che il nuovo Presidente dei vescovi aiuti il nostro Paese a trovare
Dio. Sono sicuro che anche i laici ne trarrebbero beneficio, perché non si
tratta di tornare tutti in Chiesa in processione in fila per due, come forse
avrebbero voluto i precedenti presidenti della Cei. Si tratta piuttosto di
“mettere ordine nella propria vita”, per riprendere l’espressione di Ignazio di
Loyola che il cardinal Martini ricordava molto spesso, il che può avvenire solo
in presenza di un principio ordinatore – che poi lo si chiami Dio, o giustizia,
bellezza, verità, amore, bene, è una questione tutto sommato secondaria.
Dall’ordine
introdotto nella propria vita nasce il coraggio, ciò di cui il nostro tempo ha
un bisogno urgente, come dell’aria che si respira. Si tratta di dare coraggio a
questo nostro tempo spaventato, spaventatissimo. Una volta insieme in trattoria
gli proposi una grande assemblea sulla paura: tre, quattro, cinque giorni in
cui convocare le più interessanti personalità italiane, credenti e no, a
raccontare le loro paure. Mi ascoltò con interesse, poi non ne fece nulla,
immagino non trovò il tempo. Ora però ha a disposizione le leve del comando
della Chiesa italiana, non tanto, ovviamente, per fare l’assemblea, quanto per
infondere coraggio. Etimologicamente coraggio significa azione del cuore, con
il termine formato dal latino “cor-cordis” e dal suffisso -aggio che esprime
l’azione specifica del sostantivo (come spia-spionaggio,
vagabondo-vagabondaggio e così via). Zuppi ha un grande cuore, lo so, quindi le
carte in regola per la missione più importante che lo aspetta.
lunedì 23 maggio 2022
Lettera aperta all’assemblea generale della Cei sugli abusi sui minori nella Chiesa
S. Em. Card. Gualtiero
Bassetti, presidente Conferenza Episcopale Italiana
membri tutti della
Conferenza Episcopale Italiana
e p.c.
S. Em. Card. Pietro Parolin
S. Em. Card. Luis
Francisco Ladaria Ferrer, S.I.
S. E. Mons. Lazzaro
You Heung Sik
S. Em. Card. Mario Grech
Eminenza, Eccellenze,
siamo donne e uomini diversi per
sensibilità e appartenenza, credenti e non credenti.
Vi scriviamo prima di tutto come
cittadine e cittadini. Perché la Chiesa è parte della società e non fuori di
essa.
Ci muove uno spirito di verità,
di giustizia, di responsabilità che oggi ci fa stare davanti a voi, in piedi,
in coscienza, con franchezza.
Gli abusi perpetrati all’interno
della Chiesa colpiscono le persone nei loro corpi, nella loro vita, nella loro
coscienza: sono violazioni dei diritti umani. Se la Chiesa non rispetta i
diritti umani, non può predicare il Vangelo. Per questo l’obbedienza al Vangelo
può spingere alla “disobbedienza” ogni volta che in nome della “prudenza” si
rischia di diventare complici dei delitti.
Questa lettera è rivolta a voi,
ma resa pubblica perché altri e altre possano sottoscrivere la nostra richiesta
e perché pubblicamente voi possiate rispondere. Daremo conto della vostra
replica nel corso della conferenza stampa che terremo il 27 maggio prossimo
alle ore 11, presso la Sala stampa estera a Roma.
CHIEDIAMO VERITÀ,
GIUSTIZIA E PREVENZIONE
Come “Coordinamento contro gli
abusi nella Chiesa cattolica-ItalyChurchToo”, espressione delle vittime di
abusi, del laicato cattolico, di istanze del dialogo interreligioso, della
cittadinanza e di alcuni media sensibili, chiediamo a voi vescovi verità e
giustizia per le vittime di abusi - minori, adulti, adulte, persone
vulnerabili, religiose - perpetrati da persone a vario titolo impegnate nella
Chiesa, nonché misure di prevenzione perché la Chiesa riacquisti
credibilità e autorevolezza. Consapevoli che alcuni aspetti che citeremo
saranno oggetto del confronto sinodale, vogliamo focalizzarci, qui e ora, sulla
realtà italiana.
A) IN UN'OTTICA DI VERITÀ
1)
Chiediamo la piena collaborazione della
Chiesa italiana a una indagine indipendente, condotta da professionisti
credibili e super partes, che faccia luce sugli abusi compiuti dal clero in
Italia, che veda uniti gli sforzi di diverse e altissime professionalità e che
utilizzi contemporaneamente metodi qualitativi, quantitativi e documentali; in
questa prospettiva, rigettiamo anticipatamente qualsiasi ipotesi di lavoro
condotto con strumenti e risorse interne alla Chiesa stessa, che non
avrebbe le caratteristiche di terzietà necessarie e risulterebbe non credibile,
carente e in ultima analisi inutile, se non dannosa.
2)
Chiediamo che siano aperti e resi disponibili
gli archivi di diocesi, conventi, monasteri, parrocchie, centri pastorali,
istituzioni scolastiche ed educative cattoliche; che siano posti in essere
canali di fattiva collaborazione con le istituzioni dello Stato italiano perché
i colpevoli di crimini contro i minori vengano perseguiti. Non siamo
disposti ad accogliere sinergie con istituzioni statali che non contemplino una
seria indagine sul passato, un coinvolgimento diretto delle vittime e una
riparazione proporzionata al danno arrecato. È necessario che le
responsabilità personali dirette, così come omissioni e indebite coperture,
causa di rivittimizzazione delle vittime, siano accertate e rese note, a tutti
i livelli, ai fini di una corretta presa in carico delle conseguenze delle
proprie azioni, alle quali tutte e tutti siamo chiamati.
3)
Chiediamo che si affronti il nodo critico della mancanza
di terzietà dei centri diocesani di ascolto esistenti, elaborando una
proposta alternativa che offra figure professionali neutrali e competenti, per
rendere meno psicologicamente gravosa e più agevole e rigorosa la raccolta di
storie e testimonianze.
B) IN UN'OTTICA DI GIUSTIZIA
4)
Chiediamo che le vittime e le loro famiglie siano ascoltate, accolte e
risarcite, anche finanziariamente,
per i danni biologici, psicologici, morali ed economici subiti, pur nella consapevolezza che nulla potrà mai
compensare la sofferenza subita. E che siano contestualmente
contemplati percorsi di assunzione di responsabilità degli autori di reato davanti alle vittime, in un'ottica di
giustizia riparativa.
5)
Chiediamo l'applicazione rigorosa delle norme stabilite da papa Francesco,
in particolare contenute nel motu
proprio Vos estis lux mundi, che sancisce in primo luogo l’obbligo,
morale e giuridico, di segnalazione degli abusi ai danni di minori e di persone
vulnerabili, o contro qualunque persona
con violenza, minaccia o abuso di autorità.
6)
Chiediamo che vi facciate promotori dell’eliminazione dei termini di
prescrizione per gli abusi, come
già sta avvenendo in altri Paesi: la maturazione della coscienza dell’abuso richiede alle vittime, come ormai attestato anche
in sede scientifica, tempi molto lunghi che fatalmente,
oggi, rendono prescritta la maggior parte delle denunce.
C) IN UN’OTTICA DI
PREVENZIONE:
Consapevoli che l’ambito della
prevenzione degli abusi, diretta e indiretta, implica questioni di vastissima
portata - tra cui la formazione al ministero ordinato, l’educazione
psico-affettiva dei seminaristi e dei/delle candidati/e alla vita religiosa, il
ripensamento delle dinamiche della cura pastorale – che richiedono tempi di
riflessione molto lunghi, nel contesto di questa lettera
7)
chiediamo di estendere anche al clero e al volontariato attivo nella Chiesa l’obbligatorietà del certificato antipedofilia,
previsto dalla Convenzione di Lanzarote adottata
dal Consiglio d’Europa, al fine di restituire maggiore trasparenza alle
istituzioni ecclesiastiche.
Queste richieste sono intese ad
allineare l’operato della Chiesa italiana a quello di altre Conferenze
episcopali e singole diocesi, e a spazzare via ogni dubbio relativo alle
reticenze che l’episcopato italiano potrebbe avere riguardo all’emersione della
reale portata del fenomeno in Italia.
Come cittadine e cittadini,
vittime di abusi, battezzate e battezzati, madri, padri, educatori,
professionisti, abbiamo la necessità di vedere la Chiesa italiana compattamente
orientata a un’operazione senza ombre e senza sconti.
Nella certezza della vostra
attenzione
Coordinamento ItalyChurchToo
Roma, 23 maggio 2022
I
primi firmatari della lettera alla Conferenza episcopale italiana
Francesco
Zanardi – Rete L’Abuso – ECA
Mario Caligiuri – avvocato – Rete L’Abuso
Cristina Balestrini – Sezione Vittime e Famiglie Rete L’Abuso
Beppe Pavan – Comunità cristiane di base
Paola Lazzarini – Donne per la Chiesa
Giovanna Bianchi – Donne per la Chiesa
Agnès Théry – Donne per la Chiesa
Michelangelo Ventura – Noi siamo Chiesa
Vittorio Bellavite – Noi siamo Chiesa
Angelo Cifatte – Noi siamo Chiesa
Paola Cavallari – Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne –
OIVD
Clelia Degli Esposti – OIVD
Marzia Benazzi – OIVD
Piera Baldelli – OIVD
Maria Teresa Milano – OIVD
Marco Campedelli – teologo e narratore – OIVD
Paolo Cugini – presbitero e teologo – OIVD
Doretta Baccarini – OIVD
Ludovica Eugenio – giornalista – Adista
Eletta Cucuzza – giornalista – Adista
Giampaolo Petrucci – giornalista – Adista
Ivana Santomo – Associazione Officina Adista
Federico Tulli – giornalista – Left
Federica Tourn – giornalista indipendente
Comité de la Jupe
Chantal Götz – Voices of Faith
Lorita Tinelli – presidente Centro Studi Abusi Psicologici (CeSAP)
Luigi Corvaglia – CeSAP – direttivo FECRIS
I membri dell’Organizzazione internazionale Ex Focolari – OREF
Carlo Bolpin – presidente Associazione Esodo
Giuseppe Deiana – Associazione Puecher
Emanuela Provera – numeraria Opus Dei dal 1986 al 2000
Renata Patti – membro interno del Movimento dei Focolari dal 1967 al 2008
Giuseppe Lenzi
Piero Cappelli – giornalista e scrittore
Francesco Antonioli – giornalista
Federica Roselli – avvocato
Maria Armida Nicolaci – biblista
Mauro Concilio – educatore
Laura Verrani – teologa
Ugo Gianni Rosenberg – baccalaureando in Teologia
Roberto Fiorini – responsabile rivista PretiOperai
Antonietta Potente – religiosa domenicana e teologa
Mauro Castagnaro – giornalista
Francesco Peloso – giornalista vaticanista
Giorgio Saglietti – Tempi di Fraternità
Franco Barbero – biblista e teologo
Giulia Lo Porto – biblista
giovedì 19 maggio 2022
sabato 14 maggio 2022
PERCHÈ VEGLIARE? Le veglie di preghiera per le vittime dell’omotransfobia
Paolo
Cugini
Ogni anno a metà maggio, i gruppi di cristiani LGBT+, in Italia e in Europa, organizzano delle veglie di preghiera per le vittime dell’omotransfobia. Queste veglie, di natura ecumenica, vengono organizzate a partire da un versetto che viene scelto in rete per mezzo del Progetto Gionata, il portale nazionale di fede e omosessualità attivo dal 2007. Il versetto scelto per le veglie di quest’anno è un brano di Paolo: “Dove c’è lo spirito del Signore c’è libertà” (2 Cor 3,17). Secondo il report di omofobia.org dal2013 ad oggi in Italia ci sono stati 1384 vittime di omofobia, di cui 147 solamente quest’anno. “Il numero di vittime di violenza fisica – commenta il sito - precedentemente inferiore a quello delle vittime di episodi non aggressivi, rappresenta il 56%”. Siamo dunque, dinanzi ad un fenomeno che non può essere taciuto, né banalizzato.
Queste veglie di preghiera hanno come primo obiettivo di rompere il muro di silenzio, che si riscontra non solo nella società, ma anche nella Chiesa su questo tema. Allo stesso tempo, è uno strumento per aiutare la comunità cristiana a camminare nella realizzazione di relazioni autentiche, accoglienti ad ogni uomo e donna. Il tema dell’omosessualità è senza dubbio un tema delicato, che non può essere banalizzato né tanto meno affrontato in modo superficiale. Sono tante le comunità cristiane che in questi ultimi anni hanno aperto le loro porte ai gruppi di cristiani LGBT+, segno che un lavoro di sensibilizzazione e di formazione è stato fatto e sta producendo frutti. Chi nega l’omofobia, spesso proviene da percorsi esistenziali e anche spirituali in cui il problema non è stato affrontato oppure è stato letto alla luce di pregiudizi radicati nella nostra cultura patriarcale, difficili da scalfire, se non attraverso un serio cammino di approfondimento.
Chi veglia crede che la preghiera abbia una
grande forza per scardinare gli ostacoli che la ragione crea e che il
pregiudizio rafforza. È nella preghiera
che le comunità cristiane sperimentano la presenza della luce del risorto che
passa attraverso qualsiasi muro, penetra qualunque resistenza, trasforma ogni
cosa. Partecipare a queste veglie significa immettersi in un cammino di
conversione, disponibile a lasciarsi plasmare dall’amore del Signore, che ci
aiuta a vedere fratelli e sorelle là dove l’ignoranza ci mostra dei nemici. Nel
retro del foglietto preparato per le veglie di quest’anno sono indicate alcune
motivazioni di questi particolari momenti di preghiera: “Vegliamo perché
nessuno sia lasciato mai più indietro, per quelli che sono caduti, per quelli
che sono e per quelli che verranno, per chi chiede diritti, per chi vuole
essere se stesso, per chi vuole giustizia e un posto nel mondo. Vegliamo per le
vittime dell’omotransfobia e per la fine dell’omotransfobia. Vieni a vegliare
con noi “(Alessandro Previti). Chi volesse partecipare a una di queste
veglie qui di seguito alcune date nei dintorni:
Martedì 17 maggio PARMA alle
ore 21, nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria del Rosario in via
Giuseppe Isola 18 a Parma
Venerdì 20 maggio 2022 BOLOGNA alle
20.45 nella parrocchia di San Bartolomeo della Beverara, via della Beverara 90
a Bologna.
Martedì 6 giugno 2022 REGGIO
EMILIA alle ore 21.00 nella parrocchia di San
Bartolomeo Apostolo in via Freddi 47 a Reggio Emilia.
Mercoledì 8 giugno DODICI
MORELLI (Ferrara) alle ore 21 nella Parrocchia della SS.
Trinità di XII Morelli in Via Dodici Morelli 2 a Dodici Morelli (provincia di
Ferrara).
venerdì 13 maggio 2022
IN MEMORIA DI SARAH HALIMI Z.L.
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane organizza il 23
maggio prossimo alle ore 20.30 una serata in memoria di
Sarah Halimi, già direttrice di un asilo nido francese, di 65
anni, che nell'aprile 2017 è stata picchiata e poi gettata a morte dal suo
appartamento nel nord-est di Parigi, dal suo vicino Kobili Traorè, per
questioni di odio razziale e terrorismo.
La
serata vedrà la partecipazione del figlio e della nuora di
Sarah Halimi che verranno da Israele dove oggi vivono, di S.E.
L'Ambasciatore Christian Masset, di Francis Kalifat presidente del
Conseil Rapresentatif des Institutions Juives de France, della
professoressa Milena Santerini coordinatrice nazionale per la lotta contro
l’antisemitismo, dell'avvocato penalista Tommaso
Levi, del professor Giuliano Balbi ordinario di Diritto Penale
all'Università degli Studi della Campania.
La
serata sarà dedicata ad un approfondimento sul tema dell'antisemtismo, per
la preoccupante crescita, il quadro normativo di riferimento e la
giurisprudenza. Sarà altresì presentato il Progetto "Ohel
Sarah" avviato lo scorso anno in memoria di Sarah Halimi z.l.. (Noemi
di Segni).
martedì 10 maggio 2022
BAUMAN E IL CONSUMISMO
Festival della filosofia – Modena 2012
Sintesi: Paolo Cugini
Affaticamento da
soddisfazione. Diritto di escludere e gettare.
Problema:
quando trasferiamo i criteri di come usiamo le cose alle relazioni umane.
Oggi un elemento fondamentale è il principio del piacere,
che trasferiamo nel consumismo. Se l’unico
obiettivo è la soddisfazione anche nei rapporti, quando non c’è più
soddisfazione, ci sentiamo liberi di andarcene. Si cerca la soddisfazione per
arrivare all’obiettivo, poi si esce dalla relazione per cercare un’altra
soddisfazione.
Atto di liberazione:
libero di uscire da un rapporto. L’atto di liberazione crea situazioni pesanti,
stato di ansia. Se la controparte ci abbandona cosa succede? Rischio di diventare una cosa, di essere
gettabile, sostituibile.
Problema: mancanza
di forza nei rapporti di oggi che genera l’ansia permanente, il timore di
essere scartato. Viene a meno la reciprocità. Sgretolabilità delle relazioni di
oggi.
Rete: è facile entrare come è facile uscire.
Comodità, convenienza. Tutto ciò sgretola la logica delle relazioni di un
tempo. Non c’è più bisogno di dare spiegazioni. L’aspetto morale di ciò è nascosto, meso da
parte. La superficialità delle relazioni, tutto è molto più debole. Stiamo
scivolando sulla superficie delle cose, non abbiamo i piedi fissi per terra.
Oggi è difficile fare promesse in questo contesto consumista. Tranquillanti morali. Non c’è più colpa. Ogni
singolo essere umano ha questa nuova modalità di morale interna. Trascuriamo i doveri che abbiamo.
L’amore è al
contrario della cultura del consumismo. L’amore
significa impegno eterno, richiede sacrificio, cedere parte di sé. Oggi ci viene fatto credere che la felicità si
trova attraverso il consumo.
Vecchio modo per raggiungere la felicità: chiacchierare,
stare con gli amici, la famiglia, un lavoro ben fatto. I mercati ci offrono tentazioni continue. A
livello sociale il problema è ancora più profondo. Non ci sono più modelli
comunicativi se non l’aumento del PIL.
Soluzioni: ricordiamoci
che siamo umani, diversi da tutti gli altri, siamo capaci di pensare, parlare,
possiamo scegliere, capire la nostra situazione. Possiamo darci un taglio a consumare. Il
cittadino del XXI secolo morirà a causa di guerra che qualcuno vuole qualcosa
che noi abbiamo.
GENITORI FORTUNATI. VIVERE DA CREDENTI IL COMING OUT DEI FIGLI- UN LIBRO DA LEGGERE E MEDITARE
La
Tenda di Gionata (a cura di), Genitori fortunati. Vivere da credenti il
coming out dei figli, Effatà, Torino 2022.
Recensione
di: Paolo Cugini
Non c’è verità più grande che
quella sperimentata di persona. La forza della testimonianza personale non
ammette discorsi che tentino di confutarla: è la forza dell’evidenza. È questo
dato che si percepisce leggendo le testimonianze di alcuni genitori “fortunati”,
per dirla con il titolo del libro, testimonianza che ribalta il modo di sentire
comune, impastato di pregiudizi a basso prezzo. È il principio di realtà che è
capace di scardinare le presunte certezze, che sembrano invincibili quando sono
sorrette da dottrine religiose e supportate dalla cultura patriarcale. È il
cuore di una mamma, l’amore di un padre che sono capaci di cogliere la realtà
delle cose, comprendere la verità di un figlio, una figlia che fa coming out,
liberandoli, così, dal dolore provocato dall’isolamento e dal giudizio del
mondo circostante. Le testimonianze di Mara e Agostino, Dea, Corrado e Michela,
Maria Rosaria, Anna, Serenella e Salvatore, in modi diversi sono rivelative,
nel senso che manifestano la presenza del Mistero nelle situazioni più
impensabili. Leggendo queste pagine si coglie tutta la sofferenza e il timore
dei giovani che vanno dai loro genitori per dire-rivelare la propria identità
e, dall’altra parte, la sofferenza, lo smarrimento di adulti impreparati
dinanzi a tali rivelazioni. Pagine cariche di amore, di persone che decidono di
lasciarsi guidare dal cuore, di dar valore ai propri sentimenti, le proprie
sensazioni, di ascoltare la propria coscienza, per mettere in grado
l’intelligenza di riconoscere ciò che è autentico e, in questo modo, iniziare
il processo di smascheramento e di decostruzione delle pseudo verità assimilate
inconsciamente dalla cultura e dalla religione. Accettare il coming out dei
figl*, soprattutto per chi vive in un ambito religioso, esiger coraggio, amor
proprio, fiducia in se stessi, fede in Dio e nei suoi progetti misteriosi, la
percezione che non si è mai arrivati e che le verità più profonde esigono
umiltà, disponibilità all’ascolto, la decisione intelligente di dedicare tempo
alla novità emersa. Tutto questo percorso non è segnato esclusivamente dalla
sofferenza interiore, da un malessere generalizzato, dalla sensazione di aver
sbagliato tutto. Il cammino intrapreso da questi genitori li conduce ad essere
persone nuove, a scoprire mondi nuovi e, così, a giungere a ringraziare Dio per
il dono di una figlia lesbica, di un figlio omosessuale e di essere, in fin dei
conti, dei genitori fortunati, sommamente fortunati, benedetti da Dio. C’è di
più. Leggendo queste testimonianze e ascoltandole di persona, come in alcuni
casi mi è capitato, c’è la percezione che questi genitori avvertono la
responsabilità di non tenere solamente per sé questa gioia, questa preziosa
scoperta inaudita, ma di comunicarla, di aiutare altri genitori ad avere
l’umiltà e la pazienza di mettersi in cammino con i propri figl*.
Il volume, che era nato come
raccolta di alcune testimonianze di genitori con figl* LGBT+, è stato in
seguito arricchito da alcuni contributi significativi, che aiutano i credenti a
cogliere più in profondità il fenomeno in questione. Tra questi, intendo
evidenziarne due. Il primo, è del biblista di Torino Gian Luca Carrega, da anni
impegnato ad accompagnare i cristiani LGBT+ della sua diocesi, analizza i testi
che parlano nella Bibbia di omosessualità. In modo particolare, sono da
segnalare l’analisi proposta per i due brani più famosi, che spesso vengono
utilizzati dai cattolici tradizionalisti per sostenere tesi omofobe. Il primo è
Genesi 19,1-11, che narra il tentativo da parte degli abitanti di Sodoma di
abusare sessualmente di due ospiti della casa di Lot. Carrega fa notare che:
“lo stupro degli ospiti non è legato ad una attrazione nei loro confronti, ma
al desiderio di sottometterli fisicamente e di esprimere il dominio sugli
stranieri” (p.70). L’analisi comparata
con un altro testo della Scrittura, vale a dire Giudici 19,15-28, mostra come i
violentatori non fanno alcuna differenza tra maschi e femmine, “ma desiderano
soltanto imporre la legge del branco che non tollera la presenza di stranieri
nel proprio territorio” (p. 71). Uno dei grandi insegnamenti della Dei
Verbum, il documento del Concilio Vaticano II sulla Parola di Dio, è stato
proprio quello di uscire da una lettura fondamentalista della Scrittura, per
imparare a contestualizzare i testi, per cercare di cogliere quello che Dio
voleva dire alla comunità in quel determinato contesto culturale. Spesso il
rischio, nelle comunità cristiane, abituate a leggere la Parola alla lettera, consiste
nel far passare come parola di Dio ciò che, invece, ad una lettura attenta,
emerge come dato culturale dell’epoca dell’autore. È proprio ciò che viene
messo in risalto dall’analisi di Carrega del brano indicato e anche dall’altro
brano famoso: Romani 1, 26-27. In questi versetti c’è un’affermazione piuttosto
dura di Paolo nei confronti delle donne “che hanno cambiano i rapporti naturali
in quelli contro natura”. Secondo Carrega, anche in questo caso occorre
inquadrare il testo all’interno del contesto culturale del tempo di Paolo.
“L’apostolo non biasima le donne che si concedono a questi rapporti, ma censura
i loro mariti che permettono questi comportamenti” (p.75). In una società
maschilista è l’uomo che deve vigilare sulla condotta della donna e, le sue
eventuali trasgressioni, ricadono sotto la sua diretta responsabilità. Carrega
aiuta il lettore, dunque, a leggere in modo più attento e approfondito questi e
altri passi biblici, per imparare ad uscire dalla logica di forzare la Bibbia
per ottenere un sostegno alle proprie presunte ragioni e immettersi, così, in
un cammino di ascolto, che è l’unico modo per permettere alla Parola di
penetrare nel cuore e cambiarlo.
L’altro contributo che desidero
indicare come apporto significativo per la comprensione delle testimonianze,
che si trovano nella prima parte del libro, è quello del giovane filosofo
Damiano Migliorini: spunti di antropologia relazionale. Il tema
dell’omosessualità chiama in causa non solo la prospettiva religiosa, ma anche
l’idea di uomo, donna, in una parola: la prospettiva antropologica. Anche in
questo caso, come per la Bibbia, molte idee strane ce le facciamo assorbendo
dal contesto culturale e sociale in cui viviamo e, con questo armamentario
superficiale, pronunciamo sentenze inappellabili su realtà che a mala pena
conosciamo. Nonostante la giovane età, sono ormai alcuni anni che Migliorini
sta proponendo una riflessione antropologica che prenda le distanze dal
dualismo di tipo platonico, che ha modellato la cultura occidentale, per
sperimentare il cammino della relazionalità, vale a dire, della percezione che
la nostra identità si modella a partire dalle relazioni che vive. “Il soggetto
è costitutivamente relazionale: dai gesti, alle esperienze nel grembo,
attraverso tutte le interazioni soggettive” (p. 95). Facendo riferimento alla
filosofa Martha Nussbaum, Migliorini ci ricorda che nelle relazioni entrano in
gioco le emozioni che, a differenza di ciò che si pensa, non sono mai pure, ma
anch’esse vengono costruite socialmente già al tempo dell’infanzia. C’è un
cammino che compiamo nel quale abbiamo la possibilità di apprendere dalle
nostre emozioni, provocate anche dalle relazioni che ci troviamo a vivere.
Dalla complessa interazione di fattori corporei e psicologici “si determinano molte
esistenze umane, varianti naturali dell’unica umanità: intersessuali,
transessuali, omosessuali, eterosessuali…e la lista sarebbe piuttosto lunga” (p.102).
La riflessione antropologica deve, a sua volta, aiutare l’etica a non formulare
indicazioni astratte, ma che sappiano tener conto che, la definizione di ciò
che è normale e patologico “è sempre legata al momento storico e ai dispositivi
di potere in essi presenti”. Il discorso sull’omosessualità coinvolge aspetti
culturali che, se non analizzati in profondità, rischiano di essere
assolutizzati e condizionare il dibattito antropologico a scapito di una
comprensione distorta della realtà delle cose. Questo pericolo è ben evidente
tutte le volte che si entra nel campo della determinazione della natura
dell’uomo. Spesso si spaccia come verità assoluta sulla natura umana, ciò che,
in realtà, non è altro che, come ricorda Migliorini, un “deposito culturale”,
una “curvatura epistemica” (p.105). Il contributo dell’antropologia culturale
da una parte e delle scienze storiche dall’altra, hanno permesso al dibattito
sul tema della natura umana, di non scivolare nelle sabbie mobili delle
culture, per riuscire a portare il discorso sulla natura nell’ambito
dell’antropologia relazionale, svincolandolo, in questo modo, da presupposti
metafisici ormai obsoleti.
Il libro contiene anche alcune
sagge raccomandazioni ai genitori con figli LGBT+, di Gianni Geraci, che da
decenni accompagna il cammino ecclesiale di tanti cristiani LGBT+; le
riflessioni della pedagogista Alessandra Bialetti sul coming out in famiglia e
la toccante testimonianza di suor Jeannine Gramick, che condivide alcune
considerazioni sull’esperienza fatta assieme a padre Robert Nugent con un
gruppo di lesbiche e gay a Philadelphia. Si tratta, dunque, di un testo nuovo
nel suo genere, che offre spunti di riflessione e un materiale approfondito,
utile sia per la lettura personale che per cammini formativi con gruppi.
domenica 8 maggio 2022
giovedì 5 maggio 2022
martedì 3 maggio 2022
SECONDO INCONTRO CON CRISTINA SIMONELLI SUL TEMA DELLA RESURREZIONE
CREDO
NELLA RESURREZIONE DELLA CARNE
MARTEDI
3 MAGGIO 2022
CRISTINA
SIMONELLI
Sintesi:
Paolo Cugini
Le frome antiche che
riceviamo del credo, sono anche di più delle due che abbiamo e che recitiamo
alla messa.
·
Credo nella resurrezione della carne
·
Credo la resurrezione dei morti.
·
La vita eterna
·
La vita del mondo che verrà
Non c’è un solo modo per
dire il credo. Diverse parole e diverse espressioni per dire Dio in Gesù.
La resurrezione della carne
indica tutto di noi, non una parte.
Nelle lettere di Paolo
troviamo che carne e corpo non sono usati nello stesso modo. Dobbiamo cercare
di approfondire e capire.
La nostra resurrezione si
basa su quella di Gesù, che non è quella di Lazzaro. La resurrezione di Gesù è
di una qualità diversa.
Paolo fa l’esempio
facendo l’esempio del sema e della pianta, in cui non c’è identità. C’è
continuità pur nel cambiamento.
1 Cor 15, 20s.
Desiderio che non tutto finisca. Conseguenza di un fatto: Cristo è stato
resuscitato. Cristo è stato resuscitato da Dio.
Resurrezione della carne:
ha bisogno del passo precedente, che afferma la passione e la morte. Qui nasce
la domanda: che significa risorgere dai morti?
Mc 9:
non dite niente a nessuno fino che a che sarò resuscitato dai morti. I
discepoli si chiedono: ma che significa resuscitare dai morti?
Come risorgono i morti?
Corpo animale/corpo spirituale.
Dire che ogni seme ha la
sua pianta significa dire che non c’è dissolvenza, ma neanche un’identità. Gesù
è riconoscibile nella resurrezione nella relazione che instaura, ma non è la
stessa cosa di prima: il copro risorto non è lo stesso di quello di prima.
Per descrivere la
resurrezione gli autori del NT hanno cercato le parole.
L’articolo del credo si
basa sulla resurrezione di Cristo e, questa, sulla sua morte.
C’è il segno della tomba
vuota. È il Signore vivente he si dà a vedere e a volte preceduto dall’annuncio
dell’angelo.
Sono le donne che vanno al
sepolcro e ricevono l’annuncio. Secondo Mc le donne hanno paura: loro erano sotto
la croce. Si mette in evidenza la dimensione relazionale dell’evento della
resurrezione. È la fede, la chiamata per nome che permette di cogliere il
vivente.
Lc 24:
è un testo di seconda generazione. Secondo alcune interpretazioni i due
discepoli non sono tutti e due uomini, ma un uomo e una donna.
Spezzare il pane: è un
segno, che permette ai due discepoli di riconoscere il risorto.
Tre modalità di segno che
ci permettono d’incontrare il risorto:
Segni: parola, straniero,
pane spezzato.
Il risorto ci pone in contatto
con un mondo non magico, ma relazionale.
Cfr. Samaritana. Dialettica
di ogni cammino di fede.
Il tema della tomba vuota
è stato reinterpretato da vari teologi e teologhe. L’idea che Gesù sia il
vivente viene dalla relazione con Gesù e non della tomba vuota.
Discesa agli inferi:
credo nella resurrezione dei morti, di tutte le persone, affinché nulla vada
perduto. Nessuno e nessuna è perduto, ma tutto è affidato alla forza di Cristo.
Si parla della memoria di Cristo, memoria pericolosa, perché sovverte le idee.
In Cristo tutto è
affidato a dio, tutto è rilanciato nella vita.
Milena Mariani -
Mercedes Navarro Puerto, Percorsi di cristologia femminista. San Paolo
2022.
Tomba vuota: siamo sepolti
con Lui per partecipare alla sua resurrezione. Simbolo della tomba vuota come
idea della nuova nascita. Luogo di condensazione di energia, spazio quantico, per
dire che noi pensiamo questa relazione della resurrezione della carne in modo
che sia in continuità, ma non la riduzione, ma come se ci fosse una
condensazione e avessimo l’energia di quel corpo con una densità particolare.
Ci dev’essere qualcosa di
più complesso. Bisogna stare attenti di non cadere nel dualismo.