RIFLESSIONI SUL SENSO DELL’EVANGELIZZAZIONE
Paolo
Cugini
“Mentre
andavano per la strada…”. E’ un versetto che dice molto sullo stile di
Gesù. E’ significativo che il verbo andare sia al plurale. L’annuncio del
Vangelo, così come l’ha pensato Gesù, non è qualcosa per eremiti, ma è
anzitutto comunione, cioè è una questione d’amore. L’amore esige l’altro, il
fratello e la sorella. La comunione indica anche percorsi di relazione, di
attenzione all’altro, di cura. E allora il verbo al plurale è molto più che una
semplice questione grammaticale, ma più che altro esistenziale, spirituale.
Stiamo bene al mondo quando amiamo qualcuno, quando andiamo per le strade della
vita con qualcuno al fianco, quando ci sentiamo amati da qualcuno, ci sentiamo
importanti per qualcuno e quando, allo stesso tempo, diamo importanza con il
nostro amore a qualcuno. L’andare di Gesù perle strade è prima di tutto questo
camminare assieme, che dice della condivisione con qualcuno di un percorso e
che questo percorso diventa vuoto se fatto da solo.
Sappiamo poi, leggendo i vangeli, che
la compagnia di Gesù non era solo costituita da dodici uomini, ma anche da
donne. Realizziamo la nostra umanità in un rapporto di reciprocità. L’incontro
dell’uomo con la donna e della donna con l’uomo e del genere nel senso più
ampio possibile, non è solo un problema di finalità, di progettualità, ma di
umanità. C’è un’attrazione reciproca che non può essere ostacolata, ma va
accompagnata per il nostro bene esistenziale, spirituale. L’umanità soffre
quando questo incontro non avviene o quando è ostacolato per motivi culturali,
spirituali (?), ecclesiali (?), pre-concettuali. L’annuncio del Vangelo come
incontro nella reciprocità, come cammino verso l’altro, come attenzione al genere
è una buona notizia per il mondo.
Il fatto poi che i discepoli e le
discepole di Gesù andavano, significa anche che durante il percorso
sperimentavano non solo la reciprocità, ma anche la diversità. Dai pochi dati
che abbiamo nei vangeli sappiamo che lo sforzo di Gesù con i discepoli e le
discepole non è stato indirizzato a metterli tutti dentro uno stesso modello.
Durante il cammino Gesù ha accompagnato, conosciuto e valorizzato le singole
diversità. Tra i discepoli e le discepole di Gesù c’era di tutto. Alla fine del
percorso e cioè ai piedi della croce, c’erano tutti loro ognuno con le proprie
caratteristiche, ognuno con la propria umanità. Dopo la Resurrezione li ha
uniti l’unico obiettivo di annunciare il Vangelo, ognuno con quelle
caratteristiche emerse durante il cammino con il Maestro.
Il cammino significa lentezza, tempo
disponibile per dialogare, ascoltare, rispondere. Camminare con gli amici e le
amiche significa darsi tempo per conoscersi e farsi conoscere. Gesù ha permesso
ai suoi amici e amiche di conoscerlo camminando con loro. Si è dato il tempo
per questo, per l’ascolto e la conoscenza dell’altro. Evangelizzare passa anche
per questo piccolissimo, ma significativo dettaglio. L’unico progetto visibile nell’attività
pubblica di Gesù è quello di dirigersi a Gerusalemme. Per il resto cammina con
i suoi discepoli e discepole. Mentre cammina entra nei villaggi che incontra,
spiega la Parola e guarisce le persone ammalate. Si percepisce una grandissima
libertà di movimento e nessuna istituzionalizzazione. Anzi, se volgiamo proprio
dirla tutta fino in fondo, sono evidenti le polemiche di Gesù con il potere
religioso, con le istituzioni religiose. Non c’è in tutto il Vangelo una sola
parola positiva sulle istituzioni religiose: è un caso, un dettaglio, o
un’indicazione programmatica?
Mentre camminava con i suoi discepoli
e discepole Gesù ha annunciato il Regno di Dio, regno di pace, di giustizia, di
comunione. Ha realizzato questo annuncio spiegando la Parola, curando gli
ammalati, condividendo la vita quotidiana con coloro che lo seguivano. In
nessun momento nei vangeli si dice che Gesù avesse celebrato dei riti. Forse
l’unico rito al quale partecipa è quello accennato al capitolo quarto del
Vangelo di Luca, che narra l’inizio della sua attività pubblica. In quella
situazione Gesù si alzò per spiegare la Parola. Gesù annunciò la Buona Novella
senza celebrare riti e, soprattutto, senza inventarne alcuno. Rito, infatti,
rimanda ad un’istituzione che Intende preservare qualcosa che ritiene valido. Gesù
ha annunciato il Vangelo sulla strada, inventando, creando l’annuncio a partire
dal contesto nel quale si trovava, senza far riferimento a schemi rituali
istituzionalizzati. Anche questi non sono dettagli da poco.
Il testo preso come riferimento della
riflessione dice che andavano per la strada. Gesù con la sua comunità ha
annunciato la buona notizia sulla strada, mentre andavano, in cammino. Non si
sono stabilizzati. Gesù non ha costruito una struttura per accogliere la sua
comunità e dei luoghi sacri per celebrare i suoi riti. La strada è luogo
d’incontro non di persone che scegliamo, ma che semplicemente incontriamo. La
strada dice di una costante disponibilità alla novità dell’altro. Gesù ha evangelizzato non parlando sempre alle
stesse persone per tutta la durata della sua vita pubblica, ma a quelle che
incontrava nel cammino. E’ dalla strada che Gesù ha guardato il mondo, la
storia, il suo tempo. Il punto che Gesù sceglie per guardare il mondo non è di
poco conto. Sarebbe stato tutto un altro Vangelo se Gesù avesse annunciato il
Regno dal palazzo del re. Lo ha annunciato dalla strada. Forse è per questo che
è venuto fuori quella roba strana che anche oggi facciamo fatica a capire e a
vivere.
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