martedì 16 dicembre 2014

MENTRE ANDAVANO PER LA STRADA





RIFLESSIONI SUL SENSO DELL’EVANGELIZZAZIONE

Paolo Cugini

Mentre andavano per la strada…”. E’ un versetto che dice molto sullo stile di Gesù. E’ significativo che il verbo andare sia al plurale. L’annuncio del Vangelo, così come l’ha pensato Gesù, non è qualcosa per eremiti, ma è anzitutto comunione, cioè è una questione d’amore. L’amore esige l’altro, il fratello e la sorella. La comunione indica anche percorsi di relazione, di attenzione all’altro, di cura. E allora il verbo al plurale è molto più che una semplice questione grammaticale, ma più che altro esistenziale, spirituale. Stiamo bene al mondo quando amiamo qualcuno, quando andiamo per le strade della vita con qualcuno al fianco, quando ci sentiamo amati da qualcuno, ci sentiamo importanti per qualcuno e quando, allo stesso tempo, diamo importanza con il nostro amore a qualcuno. L’andare di Gesù perle strade è prima di tutto questo camminare assieme, che dice della condivisione con qualcuno di un percorso e che questo percorso diventa vuoto se fatto da solo.
Sappiamo poi, leggendo i vangeli, che la compagnia di Gesù non era solo costituita da dodici uomini, ma anche da donne. Realizziamo la nostra umanità in un rapporto di reciprocità. L’incontro dell’uomo con la donna e della donna con l’uomo e del genere nel senso più ampio possibile, non è solo un problema di finalità, di progettualità, ma di umanità. C’è un’attrazione reciproca che non può essere ostacolata, ma va accompagnata per il nostro bene esistenziale, spirituale. L’umanità soffre quando questo incontro non avviene o quando è ostacolato per motivi culturali, spirituali (?), ecclesiali (?), pre-concettuali. L’annuncio del Vangelo come incontro nella reciprocità, come cammino verso l’altro, come attenzione al genere è una buona notizia per il mondo.
Il fatto poi che i discepoli e le discepole di Gesù andavano, significa anche che durante il percorso sperimentavano non solo la reciprocità, ma anche la diversità. Dai pochi dati che abbiamo nei vangeli sappiamo che lo sforzo di Gesù con i discepoli e le discepole non è stato indirizzato a metterli tutti dentro uno stesso modello. Durante il cammino Gesù ha accompagnato, conosciuto e valorizzato le singole diversità. Tra i discepoli e le discepole di Gesù c’era di tutto. Alla fine del percorso e cioè ai piedi della croce, c’erano tutti loro ognuno con le proprie caratteristiche, ognuno con la propria umanità. Dopo la Resurrezione li ha uniti l’unico obiettivo di annunciare il Vangelo, ognuno con quelle caratteristiche emerse durante il cammino con il Maestro.
Il cammino significa lentezza, tempo disponibile per dialogare, ascoltare, rispondere. Camminare con gli amici e le amiche significa darsi tempo per conoscersi e farsi conoscere. Gesù ha permesso ai suoi amici e amiche di conoscerlo camminando con loro. Si è dato il tempo per questo, per l’ascolto e la conoscenza dell’altro. Evangelizzare passa anche per questo piccolissimo, ma significativo dettaglio.  L’unico progetto visibile nell’attività pubblica di Gesù è quello di dirigersi a Gerusalemme. Per il resto cammina con i suoi discepoli e discepole. Mentre cammina entra nei villaggi che incontra, spiega la Parola e guarisce le persone ammalate. Si percepisce una grandissima libertà di movimento e nessuna istituzionalizzazione. Anzi, se volgiamo proprio dirla tutta fino in fondo, sono evidenti le polemiche di Gesù con il potere religioso, con le istituzioni religiose. Non c’è in tutto il Vangelo una sola parola positiva sulle istituzioni religiose: è un caso, un dettaglio, o un’indicazione programmatica?
Mentre camminava con i suoi discepoli e discepole Gesù ha annunciato il Regno di Dio, regno di pace, di giustizia, di comunione. Ha realizzato questo annuncio spiegando la Parola, curando gli ammalati, condividendo la vita quotidiana con coloro che lo seguivano. In nessun momento nei vangeli si dice che Gesù avesse celebrato dei riti. Forse l’unico rito al quale partecipa è quello accennato al capitolo quarto del Vangelo di Luca, che narra l’inizio della sua attività pubblica. In quella situazione Gesù si alzò per spiegare la Parola. Gesù annunciò la Buona Novella senza celebrare riti e, soprattutto, senza inventarne alcuno. Rito, infatti, rimanda ad un’istituzione che Intende preservare qualcosa che ritiene valido. Gesù ha annunciato il Vangelo sulla strada, inventando, creando l’annuncio a partire dal contesto nel quale si trovava, senza far riferimento a schemi rituali istituzionalizzati. Anche questi non sono dettagli da poco.

 Il testo preso come riferimento della riflessione dice che andavano per la strada. Gesù con la sua comunità ha annunciato la buona notizia sulla strada, mentre andavano, in cammino. Non si sono stabilizzati. Gesù non ha costruito una struttura per accogliere la sua comunità e dei luoghi sacri per celebrare i suoi riti. La strada è luogo d’incontro non di persone che scegliamo, ma che semplicemente incontriamo. La strada dice di una costante disponibilità alla novità dell’altro.  Gesù ha evangelizzato non parlando sempre alle stesse persone per tutta la durata della sua vita pubblica, ma a quelle che incontrava nel cammino. E’ dalla strada che Gesù ha guardato il mondo, la storia, il suo tempo. Il punto che Gesù sceglie per guardare il mondo non è di poco conto. Sarebbe stato tutto un altro Vangelo se Gesù avesse annunciato il Regno dal palazzo del re. Lo ha annunciato dalla strada. Forse è per questo che è venuto fuori quella roba strana che anche oggi facciamo fatica a capire e a vivere.

Nessun commento:

Posta un commento