sabato 18 febbraio 2023

Credo in Dio che custodisce la vita: la cura

 




PARROCCHIE DI: BEVILACQUA, DODICI MORELLI, GALEAZZA, PALATA PEPOLI

 

CICLO DI INCONTRI: IL CREDO DELLE DONNE


 

Venerdì 17 febbraio 2023

 

Relatrice: Lidia Maggi

 

Sintesi: Paolo Cugini

 

Proviamo a ridire le parole della fede. C’è un Dio che continua a prendersi cura di un Dio della vita, della storia.

La storia è abbandonata a se stessa? Oppure è accompagnata da un progetto? Dio si prende cura con la Parola che ci viene consegnata. Siamo stati creati con una voce che ci ha riconosciuto. Siamo affidati ad una Parola che per noi è di Dio. È una parola che ci strappa al nostro monologo ed è una parola che dice di tante voci, ci consegna delle narrazioni. Una Parola che ci circonda. Il canone biblico mette in scena una Parola dove Dio parla direttamente, dall’alto. Una Parola altra, che non ci appartiene, ma che comunica un messaggio per noi.

Poi c’è la parola dei profeti, che sono la bocca di Dio. Cercano di ridire la Parola nelle faccende storiche dove Israele s’incarta, per provare a trovare senso. Spesso i profeti usano un linguaggio del corpo. Poi ci sono i Sapienziali, in cui Dio parla attraverso la vita laica.

Tutte le volte che assolutizziamo un’immagine di Dio, rischiamo di farci un idolo. Rischio di fissarci su di un’immagine. Nella Bibbia troviamo mille modi di dire Dio. Occorrono tanti sguardi per dire Dio. Per troppo tempo Dio è stato detto in modo univoco, al maschile. Siamo diventati tutti un po' più ricchi quando abbiamo scoperto voci nuove, parole nuove. Una Parola che è un discorso complesso, non è Babele, non è un pensiero unico.

Dio che si prende cura: ci sono tante immagini. Alcune di queste sono legate alla genitorialità: Is 49: può una madre dimenticarsi del figlio? Dio viene raffigurato dal profeta come una madre che non può dimenticarsi dei figli.

Dio Padre. Gesù quando mette in scena il Dio che si prende cura lo fa per rialzare quelli che si sentono inutili. Uno sguardo diverso del potere capovolto. Gesù utilizza l’immagine della paternità per liberare dall’ansia di sopravvivere. Pensare che la vita è bella e Dio, come Padre, se ne prende cura. Si può entrare nella vita con fiducia.

Gesù vede la donna e la chiama a sé e le dice parole che le offrono visibilità. Attraverso il tocco che la confermano come donna liberata e diventa una predicatrice. Il gesto di cura di Gesù è un gesto di liberazione.

Esodo: è una grande storia di cura, perché è una storia di liberazione. Dio chiede aiuto a Mosè per liberare il suo popolo. A Mosè viene affiancato suo fratello Aronne. Prima di questo c’è un preambolo che mette in scena un pasto. Ci sono due donne che hanno ricevuto l’ordine di uccidere i bambini, ma non obbediscono all’ordine del faraone, e ascoltano la loro vocazione e custodiscono la vita.  Quando Dio entra in scena al capitolo tre di Esodo sembra richiamare i gesti che hanno fatto le donne nel capitolo precedente. È un Dio che sembra avere appreso la grammatica della liberazione attraverso le donne. C’è un’epopea di liberazione con un Dio vigoroso, condottiero. Dall’altra parte, c’è un Dio che si prende cura attraverso le braccia di levatrici. Il Dio della libertà: occorre mettere in atto una molteplicità diverse. In questa narrazione troviamo lo sguardo maschile e femminile. Anche Gesù fa lo stesso.

Lo si coglie quando Gesù cita il salmo 22 sulla croce: mio Dio perché mi hai abbandonato? Per ritrovare fiducia non basta la memoria collettiva, ma è necessaria la memoria personale dove l’immagine del divino è l’immagine di una levatrice: Cfr. Sal 22,9. Dio che si prende cura; Sal 91. Gesù riprende questa immagine del salmo come un lamento verso Gerusalemme. C’è una volontà di cura, che non sempre sono antropomorfiche.

C’è l’immagine della responsabilità nel gesto di cura c’è Dio. Il libro di Rut c’è l’esperienza di un Esodo laico. C’è una comunità che agisce e si assume la responsabilità di nutrire.

Sal 22: il pastore è un’immagine maschile. Però, Gesù accosta l’immagine della moneta, un’immagine femminile.

Dio ci consegna narrazioni, che ci risollevano dal sentirci impotenti. Dio custodisce il mondo con la cura.

Nei primi 11 capitoli della Bibbia c’è un Dio che continuamente ricrea il mondo. Dio riapre continuamente una possibilità. Quando l’umanità si perde, Dio la ricerca. Quando il mondo sembra implodere nel diluvio, Dio chiama un uomo per far riprendere la vita.

Fatica di una comunicazione che non sia semplicemente eco della mia voce. È in scena un Dio che offre continuamente una possibilità. È il Dio delle seconde volte più radicale. La vita risorge quando il peccato è perdonato, quando ci scambiamo misericordia, quando ci riconciliamo. Il Dio che si prende cura è il Dio che mi chiama. Dio riapre continuamente la vita. È il Dio delle seconde volte. È un Dio che riapre il giardino. Il Dio della cura è un Dio che non esclude.

Il Dio che continuamente ricrea e non si rassegna a tutte le chiusure.

Il tema del Dio personale, della relazione e del luogo privilegiato della Parola, non esclusivo. La Parola è umana e ci apre all’altro. Ci sono due opportunità per non farci delle immagini di Dio. Dove moltipliche le immagini crei delle possibilità di linguaggio.

 

 

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