PARROCCHIE DI: BEVILACQUA,
DODICI MORELLI, GALEAZZA, PALATA PEPOLI
CICLO
DI INCONTRI: IL CREDO DELLE DONNE
Venerdì
17 febbraio 2023
Relatrice:
Lidia Maggi
Sintesi: Paolo Cugini
Proviamo
a ridire le parole della fede. C’è un Dio che continua a prendersi cura di un
Dio della vita, della storia.
La
storia è abbandonata a se stessa? Oppure è accompagnata da un progetto? Dio si
prende cura con la Parola che ci viene consegnata. Siamo stati creati con una
voce che ci ha riconosciuto. Siamo affidati ad una Parola che per noi è di Dio.
È una parola che ci strappa al nostro monologo ed è una parola che dice di
tante voci, ci consegna delle narrazioni. Una Parola che ci circonda. Il canone
biblico mette in scena una Parola dove Dio parla direttamente, dall’alto. Una
Parola altra, che non ci appartiene, ma che comunica un messaggio per noi.
Poi
c’è la parola dei profeti, che sono la bocca di Dio. Cercano di ridire la
Parola nelle faccende storiche dove Israele s’incarta, per provare a trovare
senso. Spesso i profeti usano un linguaggio del corpo. Poi ci sono i
Sapienziali, in cui Dio parla attraverso la vita laica.
Tutte
le volte che assolutizziamo un’immagine di Dio, rischiamo di farci un idolo. Rischio
di fissarci su di un’immagine. Nella Bibbia troviamo mille modi di dire Dio.
Occorrono tanti sguardi per dire Dio. Per troppo tempo Dio è stato detto in
modo univoco, al maschile. Siamo diventati tutti un po' più ricchi quando
abbiamo scoperto voci nuove, parole nuove. Una Parola che è un discorso
complesso, non è Babele, non è un pensiero unico.
Dio
che si prende cura: ci sono tante immagini. Alcune di queste sono legate alla
genitorialità: Is 49: può una madre dimenticarsi del figlio? Dio viene
raffigurato dal profeta come una madre che non può dimenticarsi dei figli.
Dio
Padre. Gesù quando mette in scena il Dio che si prende cura
lo fa per rialzare quelli che si sentono inutili. Uno sguardo diverso del
potere capovolto. Gesù utilizza l’immagine della paternità per liberare dall’ansia
di sopravvivere. Pensare che la vita è bella e Dio, come Padre, se ne prende
cura. Si può entrare nella vita con fiducia.
Gesù
vede la donna e la chiama a sé e le dice parole che le offrono
visibilità. Attraverso il tocco che la confermano come donna liberata e diventa
una predicatrice. Il gesto di cura di Gesù è un gesto di liberazione.
Esodo:
è una grande storia di cura, perché è una storia di liberazione. Dio chiede
aiuto a Mosè per liberare il suo popolo. A Mosè viene affiancato suo fratello
Aronne. Prima di questo c’è un preambolo che mette in scena un pasto. Ci sono due
donne che hanno ricevuto l’ordine di uccidere i bambini, ma non obbediscono all’ordine
del faraone, e ascoltano la loro vocazione e custodiscono la vita. Quando Dio entra in scena al capitolo tre di
Esodo sembra richiamare i gesti che hanno fatto le donne nel capitolo
precedente. È un Dio che sembra avere appreso la grammatica della liberazione
attraverso le donne. C’è un’epopea di liberazione con un Dio vigoroso,
condottiero. Dall’altra parte, c’è un Dio che si prende cura attraverso le
braccia di levatrici. Il Dio della libertà: occorre mettere in atto una
molteplicità diverse. In questa narrazione troviamo lo sguardo maschile e femminile.
Anche Gesù fa lo stesso.
Lo
si coglie quando Gesù cita il salmo 22 sulla croce: mio Dio perché
mi hai abbandonato? Per ritrovare fiducia non basta la memoria collettiva,
ma è necessaria la memoria personale dove l’immagine del divino è l’immagine di
una levatrice: Cfr. Sal 22,9. Dio che si prende cura; Sal 91. Gesù riprende
questa immagine del salmo come un lamento verso Gerusalemme. C’è una volontà di
cura, che non sempre sono antropomorfiche.
C’è
l’immagine della responsabilità nel gesto di cura c’è
Dio. Il libro di Rut c’è l’esperienza di un Esodo laico. C’è una
comunità che agisce e si assume la responsabilità di nutrire.
Sal
22: il pastore è un’immagine maschile. Però, Gesù accosta l’immagine della
moneta, un’immagine femminile.
Dio
ci consegna narrazioni, che ci risollevano dal sentirci impotenti. Dio custodisce
il mondo con la cura.
Nei
primi 11 capitoli della Bibbia c’è un Dio che continuamente ricrea il mondo. Dio
riapre continuamente una possibilità. Quando l’umanità si perde, Dio la
ricerca. Quando il mondo sembra implodere nel diluvio, Dio chiama un uomo per
far riprendere la vita.
Fatica
di una comunicazione che non sia semplicemente eco della mia voce. È in scena
un Dio che offre continuamente una possibilità. È il Dio delle seconde volte
più radicale. La vita risorge quando il peccato è perdonato, quando ci
scambiamo misericordia, quando ci riconciliamo. Il Dio che si prende cura è il
Dio che mi chiama. Dio riapre continuamente la vita. È il Dio delle seconde volte.
È un Dio che riapre il giardino. Il Dio della cura è un Dio che non esclude.
Il
Dio che continuamente ricrea e non si rassegna a tutte le chiusure.
Il
tema del Dio personale, della relazione e del luogo privilegiato della Parola,
non esclusivo. La Parola è umana e ci apre all’altro. Ci sono due opportunità
per non farci delle immagini di Dio. Dove moltipliche le immagini crei delle
possibilità di linguaggio.
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