VERSO LE
VEGLIE DI PREGHIERA PER LE VITTIME DELL’OMOFOBIA E DI OGNI FORMA DI
DISCRIMINAZIONE
Paolo Cugini
Come ricorda il PROGETO GIONATA, che è il portale di fede e omosessualità
in Italia: “Le
veglie per un mondo senza omotransfobia sono una consuetudine che si rinnova
dal 2007, quando per la prima volta a Firenze alcuni omosessuali credenti decisero
di pregare insieme a seguito di un tragico evento: Matteo, un giovane
adolescente, si era tolto la vita a causa delle vessazioni dei compagni di
scuola. Da allora in molte città italiane e in diverse città del mondo tanti
cristiani di diversa provenienza si riuniscono ogni anno per pregare. Fare memoria
delle tante vittime e dire basta alle discriminazioni”. Per il gruppo cristiani
LGB di Reggio Emilia la veglia di preghiera è un momento significativo, che
dice anche di un cammino di fede che stiamo realizzando. Per certi aspetti, è
il momento che conclude il percorso annuale fatto di momenti di preghiera e
altri di formazione.
I gruppi tradizionalisti cattolici negano l’omofobia, affermando che è
un problema che non esiste, inventato dai gruppi LGBT. Dispiace molto leggere o
ascoltare simili affermazioni, che feriscono nel profondo le tante persone che
ogni giorno subiscono ingiustizie a causa della loro differenza. Dispiace
soprattutto, perché vengono da persone che ascoltano la stessa Parola e
partecipano dello stesso banchetto eucaristico. Il negazionismo è una forma di
idealismo, un voler affermare un’opinione e spacciarla come vera, indipendentemente
dalla realtà delle cose. Il negazionismo è una forma di arroganza del pensiero,
che non accetta di mettersi in discussione, nemmeno dall’evidenza della realtà.
Non si accetta la realtà quando non si è disposti a cambiare, perché il cambiamento
esige di riorganizzare le proprie impostazioni mentali. Il negazionismo, in
questa prospettiva, è un’implicita affermazione di preferire vivere nella
menzogna di una realtà inventata dalle proprie scelte di comodo, dettate da
pregiudizi mai verificati, piuttosto che vivere nella verità suggerita dalla
realtà. Negare l’evidenza della realtà che, in questo caso, ha la forma della
sofferenza e dell’ingiustizia, significa non essere disposti a contribuire alla
realizzazione del Regno dei Cieli, che è un regno di giustizia e di pace. Ogni
volta che l’ingiustizia trova un varco, la pace si allontana dall’umanità.
Perché è importante vegliare
per le vittime dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione? Perché Gesù è sempre stato
dalla parte degli ultimi, degli oppressi. E’ la pietra di scarto con la quale
Dio ha costruito la nuova religione, il nuovo rapporto con Lui, non più basato
sull’obbedienza di precetti, ma sull’amore che si dona gratuitamente. E,
allora, non fa distinzione, non discrimina, ma accoglie e abbraccia tutti. E’
perché ci sentiamo avvolti da questo amore che non ce la facciamo a tacere e a
rimanere inerti quando vediamo un nostro fratello, una nostra sorella
discriminati per motivi sessuali, culturali, o altro. Vegliamo e preghiamo
perché sappiamo che il Signore ascolta il grido dei poveri e non abbandona
nella disperazione coloro che in un qualche modo si sentono afflitti. Vegliamo
per le vittime dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione perché
desideriamo che la vita di Dio, manifestatasi nel Risorto, possa entrare in noi
e ricreare dal di dentro quell’umanità nuova visibile nel Signore Gesù.
Un’umanità nuova, fatta di fratelli e sorelle che vivono in comunione, e che si
sforzano di riprodurre nella vita quotidiana lo stile di vita di Gesù, che
andava verso tutti, che abbracciava e accoglieva tutti; che costruiva la pace
seminando amore, costruendo ponti di giustizia, abbattendo i muri dell’odio e
dell’indifferenza. Vegliamo insieme perché crediamo nella forza straordinaria della
preghiera, soprattutto quando è fatta in comunità, quando è coinvolgente.
La verità vi farà liberi (Gv 8,32): è questo il
versetto scelto come guida delle veglie 2018. Di che verità si tratta? Non
certo della verità filosofica, ma di quella verità che è la persona Gesù
Cristo, che ha imparato l’obbedienza dalle cose che patì (cfr. Eb 5,8). Gesù,
uomo come noi, che è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il
peccato (Eb 4, 15). Si tratta, dunque di una verità impastata di terra, carne e
sangue esattamente come noi: per questo ci possiamo fidare di Lui. Perché
quello che ci consegna non sono dottrine, ma cammini; ciò che indica non sono
teorie astratte, ma pezzi di vita vera, frutto della ricerca personale, ricerca
fatta di sudore e fatica, come è ogni sforzo umano per uscire dalla mediocrità
e superficialità della vita. Gesù ci ha consegnato e continua a consegnarci con
il suo Spirito il coraggio di una vita impastata d’amore, di colui che ha amato
i suoi sino alla fine. E’ questa verità fatta di sangue e di terra, plasmata
dall’amore infinito di un uomo che non ha considerato un tesoro prezioso la sua
uguaglianza con Dio, ma che l’ha donata per farsi simili a noi, per venirci
incontro, che ci libera da ogni forma di presunzione arrogante, d’irrigidimento
anacronistico. La Verità, che è l’amore di Gesù per noi, ci libera dall’odio
per farci sentire tutti fratelli e sorelle, ci libera da ogni pregiudizio, per
aprire le nostre menti e le nostre anime alla novità dell’altro che viene al
nostro incontro e che incontriamo ogni giorno nel nostro cammino. Abbiamo
bisogno della verità che è il Signore per essere persone diverse, non chiuse
nei propri fragili pregiudizi, ma aperte, capaci di mettersi in discussione
Considero questa veglia di preghiera il punto più alto, in un certo senso
il punto d’arrivo di quest’anno del cammino pastorale delle parrocchie
dell’Unità Pastorale santa Maria degli Angeli di Reggio Emilia. Affermo questo
perché la veglia esprime il desiderio della proposta ecclesiale di Papa
Francesco, vale a dire una Chiesa inclusiva e accogliente. Una Chiesa in cui
tutti, senza distinzione, si sentono accolti, trovano spazio, si sentono amati.
“Vegliate e pregate per non cadere in tentazione” (Mt 26,40-41). Sono queste le
parole che Gesù disse ai suoi discepoli nel Getsemani prima di morire. Di che
tentazione si tratta? Della tentazione di chiudersi nelle proprie sicurezze,
nella propria autoreferenzialità. Della tentazione di negare la realtà, che
dice della fatica di cambiare, di mettersi in ascolto. Vegliamo, allora, per
essere disponibili a creare quel mondo in cui tutti e tutte si sentono accolte,
quel modo d’amore per il quale Gesù è morto sulla croce.
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