giovedì 25 marzo 2021

LA TENSIONE POLARE

 


        

Paolo Cugini

 

Come mai facciamo così fatica a convivere, a sopportare la presenza dell’altro, soprattutto, di colui, colei che pensa, vive, agisce diversamente? È semplicemente un tratto caratteristico dell’istinto di sopravvivenza che si mette in moto ogni volta che si sente minacciato, o c’è dell’altro? Eppure, ogni volta che entriamo in relazione con qualcuno che ha un’idea differente da noi, l’istinto immediato è quello di sopprimerlo oppure, per i più raffinati, di venire presto ad un patto, una soluzione, una sintesi. Siamo abituati dalla nostra cultura occidentale, che si è strutturata sulla dialettica Hegeliana, a cercare subito una sintesi, come se il polo opposto, individuato come antitesi, dovesse necessariamente sparire per dare luogo ad una nuova situazione. Ancora una volta sorge la domanda: è un atteggiamento normale, o è il sintomo di qualcosa di strano, una patologia, che sorge da un’incapacità insana di convivere con qualcosa diverso da noi?

Nella natura troviamo ogni giorno elementi compresenti che si oppongono senza annullarsi. Il vino e l’acqua, il bianco e il nero, il lupo e l’agnello, secco e bagnato, sale e zucchero: solo per dirne alcuni. Poli opposti che, in alcuni casi, per mantenere la propria sussistenza, è bene che vivano anche lontano per non correre troppi rischi di annichilamento. In ogni polarità c’è vita, c’è un modo di essere al mondo, di esprimersi. Ha diritto a sussistere sia lo zucchero che il sale, perché hanno sapori diversi e funzionalità diverse. Ogni volta che incontriamo una tensione polare siamo invitati a non cedere alla tentazione di risolvere immediatamente il conflitto. Ogni volta che si cede a questa tentazione si tende ad un duplice errore: o si favorisce uno dei due poli in tensione, o si finisce nel comodo cammino del sincretismo, di una sintesi acritica e inconcludente.

Le tensioni polari indicano dei processi che devono essere accompagnati perché, più che soluzioni immediate, esigono la sapienza del discernimento e questi più che la soddisfazione del momento esige il tempo. È importante apprendere a non forzare lo scontro tra i poli in tensione, come avviene ogni volta che si assolutizza una parte, ma occorre fare di tutto affinché il polo opposto non venga eliminato e non venga perduto il contatto con la totalità. È in questa prospettiva e per questo cammino che si comprende come, la gestione della polarità, comporti la capacità di abitare i conflitti nel tempo, senza la fretta di giungere a sintesi provvisorie. Accompagnare le polarità significa l’umiltà di riconoscere che non si è in grado di comprendere tutto subito e che solamente il tempo potrà rivelare gli sviluppi di ogni singola polarità. 

Non dunque, sintesi di due momenti in un terzo. E neppure un intero di cui i due rappresentino le parti opposte. Meno ancora, mescolanza in vista di qualche compromesso. Si tratta, al contrario, di un rapporto originario. L’uno degli opposti non si può né far discendere né far salire dall’altro. Entrambe le parti sono date simultaneamente; pensabile e possibile l’una sola insieme all’altra. Questa è l’opposizione: che due momenti, ciascuno dei quali sta in se stesso inconfondibile, inderivabile, inamovibile, sono tuttavia indissolubilmente legati l’un l’altro; si possono anzi pensare solo l’uno per mezzo dell’altro. Nel concreto vivere si possono prendere in esame gli opposti, ma non si possono escludere: devono imparare a convivere perché la realtà li esige entrambi.  In definitiva, entrambe le parti componenti la polarità sono la vita: per questo non solo non si possono escludere, ma occorre sempre mettere in atto dei cammini di ascolto, di relazione, di solidarietà. È questo l’impegno di una società, di una comunità, di un popolo.

 

DALLA CHIESA BRASILIANA IL CORAGGIO DI STARE DALLA PARTE DEI LGBTQ+

 



 

Paolo Cugini

Da circa sessant’anni la Chiesa in Brasile durante il tempo della quaresima propone, come riflessione per le comunità ecclesiali di base (CEBs), le parrocchie e i movimenti, un tema sociale, che viene presentato in un Testo Base, accompagnato da sussidi specifici per ogni fascia di età e anche da un CD, che riporta le canzoni sul tema della CF, che dovranno essere cantate durante le celebrazioni liturgiche. È quella della CNBB (Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile) un’iniziativa che ha sempre riscosso una risposta estremamente positiva dalle comunità cattoliche, anche perché offre un materiale, che permette un lavoro formativo significativo settimanale durante tutta la durata della quaresima. Il Testo Base, infatti, scritto con il metodo utilizzato da tutta la Chiesa Latinoamericana sin dagli anni ’60, vedere, giudicare, agire e celebrare, propone contenuti di altissima qualità. Nella prima parte viene sempre presentato l’entità del problema in questione con una grande ricchezza di dati presi dalle ricerche più avanzate sul tema. Nella seconda parte, viene proposta una riflessione biblica che aiuta a inquadrare il tema sociale scelto, nella prospettiva della Parola di Dio. Infine, nella terza e quarta parte, le comunità vengono sollecitate a trasformare le riflessioni elaborate in gesti concreti e in celebrazioni liturgiche che esprimano il percorso fatto.

 A partire dall’anno 2000, ogni cinque anni La CF si svolge in modo ecumenico (CFE), come accade anche quest'anno 2021, che ha come tema “Fraternità e dialogo: impegno d'amore” e come motto il brano della Lettera di Paolo agli Efesini: “Cristo è la nostra pace: di quanto era diviso ha fatto unità” (Ef 2,14). Il tema è stato scelto "soprattutto per quanto accaduto in Brasile dopo l'emergere del governo Bolsonaro, quando la società si è molto divisa", ha detto a DW Brasile, padre Antonio Carlos Frizzo, responsabile della CFE, consigliere ecclesiastico della Pastorale di fede e politica e uno dei segretari della CNBB. Quella evidenziata da padre Antonio è una delle caratteristiche fondamentali delle CF, che provoca le comunità a riflettere sulle tematiche sociali del momento, per fare in modo che la chiesa sia parte viva del processo di trasformazione della società. In un contesto sociale che giorno dopo giorno si fa sempre più teso, a causa delle prese di posizioni del Governo nei confronti delle fasce più povere, e tra queste in modo particolare le popolazioni indigene, la CF pone il dito nella piaga di un Paese che sembra aver perso la direzione del rispetto dei diritti fondamentali. Ciò che ha fatto scatenare la reazione violenta e scomposta dei settori conservatori della Chiesa Cattolica in Brasile, è stato il fatto che, per la prima volta, un documento della Chiesa non solo prende a cuore le fasce sociali più discriminate, ma cita testualmente la sua sigla: LGBTQ+. Il tema in questione viene affrontato a partire dal capitolo tre che ha come titolo: Fraternità e dialogo. Nuove croci non sono risposte per la pace (nn. 57-74). Il Testo Base non usa mezzi termini e non si nasconde dietro giri di parole quando afferma che: “La politica di morte messa in atto dal Governo Bolsonaro si riversa contro le maggioranze falsamente considerate minoranze: giovani neri, donne, popoli tradizionali, immigrati, gruppi LGBTQI +, tutti classificati come non cittadini e, quindi, nemici del sistema a causa del pregiudizio e dell'intolleranza” (CF 2021, n. 58). Il testo più citato dai movimenti conservatori e cha ha fatto gridare allo scandalo, provocando manifestazioni pubbliche di ripudio ne confronti della CFE 2021 e il n. 68 in cui, senza mezze misure, vengono snocciolati i numeri della vergogna: “Un altro gruppo sociale che subisce le conseguenze della politica strutturata nella violenza e nella creazione di nemici, è la popolazione LGBTQI +. L’Atlante della violenza del 2020 mostra che il numero di denunce di violenza subita dalla popolazione LGBTQI + nel 2018 sono state 1685 casi. Secondo i dati del gruppo gay di Bahia presentato nell'Atlante della violenza 2020, Nel 2018, 420 persone LGBTQI + sono state uccise, di queste 164 erano persone trans. Si rileva che nel 2011 sono stati registrati 5 omicidi delle persone LGBTQI +. Sei anni dopo, nel 2017, questo numero aumentato a 193 casi. L'aumento del numero di omicidi di Le persone LGBTQI +, tra il 2016 e il 2017, sono state del 127%. Questi omicidi sono effetti di incitamento all'odio, fondamentalismo religioso, voci contro il riconoscimento dei diritti delle popolazioni LGBTQI + e altri gruppi perseguitati e vulnerabili” (CF 2021, n. 68).

La pastora luterana Romi Bencke, segretario esecutivo di CONIC (Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane del Brasile), è uno dei principali bersagli dell'incitamento all'odio. Gli attacchi che ha subito hanno motivato più di 200 entità della società civile a protestare e mostrare solidarietà. In una lettera, l'Alleanza dei Battisti in Brasile, ha ripudiato la campagna d'odio e ha affermato che gli attacchi sono diretti con più forza alle leader donne, "oltre alla natura anti-ecumenica, sono cariche di misoginia palese". E continua: “Siamo perplessi per gli attacchi che la CFE 2021 ha subito da settori che cercano, si capisce, di usurpare il nome della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, che fa parte del CONIC", dice la lettera dell'Alleanza dei Battisti.

Nemmeno la CNBB è rimasta in silenzio dinnanzi alla macchina del fango messa in atto dai gruppi conservatori per diffamare l’iniziativa ecumenica della CFE 2021. In una nota ufficiale firmata dallo stesso presidente della CNBB Dom Valmor Oliveira de Azevedo, oltre a specificare gli intenti di ogni CF, le sue origini e gli obiettivi, si sottolinea che: “Concludiamo ricordando l'importanza della Campagna della Fraternità nella storia dell'evangelizzazione in Brasile. È il nostro marchio. Sta a noi prendercene cura, migliorarlo ancora di più attraverso il dialogo, così come sta a noi occuparci della causa ecumenica, ideale che ci viene imposto. Se non è sempre facile prendersi cura di entrambi e di molti altri aspetti della nostra azione evangelizzatrice, non è per questo che dobbiamo scoraggiare e rompere la comunione, uno dei nostri più grandi segni, un tesoro che il Signore Gesù ci ha lasciato e che noi non può arrendersi. Non scoraggiamoci. Non arrendiamoci. Uniamoci”.

 

 

venerdì 19 marzo 2021

LA CHIESA CHE SOGNO - INTERVENTO DEL CARDINALE DI BOLOGNA MATTEO ZUPPI

 





Parrocchie di Galeazze, Palata Pepoli, Bevilacqua e Dodici Morelli

 


Percorso di formazione sul tema: Quale Chiesa?

 (incontro realizzato in meet)

Sintesi: Paolo Cugini

 

     Stiamo vivendo un momento di grande cambiamento. Ci sono segnali di questo. Fino a vent’anni fa in ognuna delle parrocchie c’era il parroco e a volte anche il cappellano. Oggi questo cammino è faticoso per la gente e anche per i preti. La presenza del prete era ed è l’ossatura portante della vita della Chiesa. Tutto cambia, anche la chiesa. Dobbiamo fare di tutto perché cambi e diventi migliore. Stiamo cambiando, e quindi dobbiamo cambiare in meglio. Non dobbiamo rivendicare il passato. Possiamo continuare a fare la lista dei reclami, ma non serve a nulla. La coperta è corta e quindi si fa quello che si può. La chiesa deve crescere. Abbiamo bisogno dei preti: il servizio si trasformerà, ma abbiamo bisogno dei preti. Forse, però, il Signore in questo frangente della storia ci chiede qualche altra cosa.

      Il primo giorno del Concilio Vaticano II, nell’ottobre del 1962, San Giovanni XXIII fece il discorso della luna, la mattina, parlava dei profeti di sventura, rimpiangono il passato, che dimenticano che la storia non è quella del passato, esaltandolo, senza essere obiettivi, perché non è vero che proprio tutto nel passato andava bene. La chiesa incontra difficoltà quando vive con le cose del passato, e non riesce a vivere il presene. La chiesa chiaramente, non deve andare dietro al mondo. Dobbiamo stare dentro il mondo. Dicono che ieri funzionava, ma le cose sono cambiate. Molta gente, poi, pensa di conoscere la chiesa, ma non ha mai letto il Vangelo.

Che cosa ci chiede il Signore in questo tempo di cambiamento? Ci chiede qualcosa a tutti quanti noi. Ci chiede, innanzitutto, di costruire comunità dove oggi possiamo vivere la Parola di Dio, testimoniare il suo Vangelo tra gli uomini e le donne. Per questo, anche la più piccola comunità è importante.



Dobbiamo crescere nella comunione e, in questo cammino, c’è bisogno di ognuno di noi di seguire un Vangelo che non si riduce a una regola, ad obbedire delle regole. Capisco le regole se vivo con passione la vita.  Un vescovo brasiliano disse che cominciò a giocare a pallone perché alla gente piaceva. Dopo ho imparato il regolamento del gioco del calcio, ma prima si è messo a giocare perché vedeva con che passione la sua gente giocava a calcio. La chiesa non può partire dalle regole, ma dall’amore, dal Vangelo.

La Chiesa non è un club privato, una realtà elitaria. La chiesa è una casa aperta per cui chi arriva è subito coinvolto. La comunità è fatta per conoscere il Signore. Siamo fratelli e sorelle: non è un titolo di merito, ma significa averci un legame. Se noi crescessimo nel legame tra di noi, nell’amicizia, nel crescere spiritualmente, è il cammino da compiere. La chiesa non sarà mai un gruppo di autoaiuto. La chiesa è più di una partecipanza, perché ci volgiamo bene.

Credo che sia una bellissima sfida. È un cambiamento che ci coinvolge e ci aiuta a rendere ricca la comunità con il dono che siamo ognuno di noi. C’è sempre bisogno di qualcuno che armonizzi e quindi c’è bisogno di ministeri. Capiremo meglio il Vangelo aiutandoci gli uni gli altri. Prima il Vangelo e poi le regole.



Quello che abbiamo detto è che siamo chiamati a costruire la comunità, che non si attiva solo quando arriva il prete. Possiamo, ade esempio, pregare insieme in assenza di prete, come ad esempio i vespri, o le lodi. E quindi dobbiamo aiutarci. I cambiamenti che stiamo vivendo devono aiutarci a migliorare il cammino delle nostre comunità e non solo della mia comunità. Ogni comunità è importante, anche la più piccola. Non isolata. Abbiamo la possibilità di crescita della comunione tra di noi. Il mio campanile in collegamento con gli altri. La pentecoste che ho vissuto nel 2016 mi colpì tanto, anche perché c’erano tutte le comunità.

Se non so camminare ti insegnerò a volare. Farei delle nostre difficoltà un motivo per crescere. Questo è vero per tutto. Fare della Pandemia un motivo per cambiare. È vero che la situazione è gravissima. Però possiamo fare anche di questo un motivo di cambiamento. Il Signore non ci farà mancare ciò di cui abbiamo bisogno. Il seme ha bisogno di tempo per crescere. 

martedì 16 marzo 2021

POLIEDRO


 


Paolo Cugini

 

Deriva dal greco: polis, molti e èdron, faccia, quindi molte facce. Si tratta, dunque, di un solido geometrico limitato da superfici piane poligonali. Ci sono, poi, i poliedri regolari, costituiti da facce uguali, e i poliedri irregolari. È una figura che esercita un certo fascino perché valorizza le specificità. E’, infatti, nella prospettiva dell’unità nella diversità. La valorizzazione delle parti, invece, non viene attuata dalla sfera che, per sua caratteristica specifica, annulla qualsiasi spigolo, perché nella sfera tutto dev’essere omogeneo. Poliedro e sfera indicano, dunque, delle modalità d’intendere la relazione tra singolo e comunità, o tra diverse comunità in relazione tra di loro.

Questa figura geometrica è spesso citata da Papa Francesco per indicare la sua visione di Chiesa, come un’unione di tutte le parzialità che nell’unità mantiene l’originalità delle singolarità.  È l’esatto contrario in ciò che avviene nella sfera in cui la superficie non presenta sbavature. Tutte le volte che la Chiesa s’impone sui fedeli senza nessuna possibilità di ascolto o di replica, manifesta la sua intenzione di livellare la relazione affinché appaia un’uniformità, che lascia tranquilli chi detiene il potere, ma genera tensioni e ribellioni in chi le subisce. San Paolo, in questa prospettiva, in più di una circostanza ha manifestato il desiderio di costituire comunità cristiane seguendo il modello del poliedro, vale a dire, cercando di raggiungere l’unità salvaguardando le diversità. San Paolo era convinto che proprio lo Spirito Santo è colui che suscita le diversità, manifestando alle persone che lo accolgono i carismi specifici che permettono alla comunità cristiana di esistere ad immagine del Cristo.

Sul piano sociale e politico poliedro e sfera indicano due modi d’intendere le relazioni all’interno di una comunità, una nazione. Mentre, infatti, nel modello della sfera il cittadino si annulla o, spesso e volentieri, è annullato da misure autoritarie e violente, nel modello del poliedro il cittadino conserva la sua peculiarità. Il modello del poliedro permette al cittadino d’interagire con la struttura socio politica mantenendo una propria autonomia. Si percepisce lo stile poliedrico di governare un paese nell’antica polis greca, una delle rare esperienze politiche in cui i governanti non solo agivano per il bene dei cittadini, ma li coinvolgevano nelle decisioni da prendere. Mentre il modello sferico annulla la parte, la singolarità a beneficio del tutto, il modello poliedrico la valorizza e crede che ogni singolo cittadino è chiamato a dare il meglio di se stesso per il bene della comunità e riesce a farlo proprio perché è sollecitato nelle sue specificità.

Amo il poliedro e detesto la sfera. Mi piace essere coinvolto e coinvolgere le persone sui progetti che mi frullano per la testa. Non mi piace quando incontro sulla mia strada persone con una mentalità “sferica”, che asfaltano le volontà dei singoli per imporre la propria. La cosa peggiore è quando questo modello sferico si vede attuato nella Chiesa facendolo passare come volontà di Dio stracciando, in questo modo, pagine su pagine di Vangelo.

venerdì 12 marzo 2021

IL BRASILE GRIDA AIUTO!

 



L’appello “La vita prima di tutto” contro il presidente del Brasile Jair Bolsonaro e il suo governo è sottoscritto da migliaia di firme.

«Viviamo in tempi bui, dove le persone peggiori hanno perso la loro paura e le migliori hanno perso la speranza» (Hannah Arendt).

Il Brasile grida aiuto. Brasiliane e brasiliani impegnati nella difesa della vita sono ostaggio del genocida Jair Bolsonaro, che occupa la presidenza del Brasile con una combriccola di fanatici guidati dall’irrazionalità fascista. Quest’uomo senza umanità nega la scienza, la vita, la protezione dell’ambiente e la compassione. L’odio verso l’altro è la ragione che lo guida nell’esercizio del potere.

Il Brasile oggi soffre del collasso deliberato del sistema sanitario. La noncuranza della vaccinazione e delle misure preventive di base, l’incentivo agli assembramenti e la trasgressione del confinamento, insieme alla totale mancanza di una politica sanitaria, creano l’ambiente ideale per nuove mutazioni del virus e mettono a rischio i paesi vicini e tutta l’umanità. Assistiamo con orrore allo sterminio sistematico della nostra popolazione, in particolare dei poveri, dei quilombola e degli indigeni.

Siamo diventati una “camera a gas” a cielo aperto.

Il mostruoso governo genocida di Bolsonaro non è una minaccia per il Brasile soltanto ma è diventato una minaccia globale. Facciamo appello agli organismi nazionali – STF, OAB, Congresso Nazionale, CNBB – e alle Nazioni Unite. Chiediamo urgentemente alla Corte penale internazionale (CPI) la condanna della politica genocida di questo governo che minaccia la civiltà.

La vita prima di tutto!

giovedì 11 marzo 2021

IL DESERTO COME OPPORTUNITA’

 



Relatore: Matteo Zuppi

Sintesi: Paolo Cugini

Il futuro del lavorare insieme non è meramente operativo, non è aggiornare le regole del condominio è un problema che ci rigenera. Ci sono problemi che ci possono schiacciare, divenire fonti di chiusura, tristezza. Se ci mettiamo con l’atteggiamento di sempre di fronte alle sfide che viviamo, non ci saltiamo fuori.

A livello nazionale si calcola che la metà delle persone non è tornata a Messa (soprattutto i giovani). Nell’ultimo consiglio permanente della CEI è stata presentata un’inchiesta sul rapporto Chiesa- COVID e il 30% si definiva non credente (dieci anni fa era il 15%). Il rapporto aumenta tra i 18-25 anni, la metà si definisce non credenti.

Chi partecipa alla messa era il 12 % e ora sono il 7 %: una riduzione molte forte. È il deserto che dobbiamo attraversare. Tentazione di tornare come prima, di nuovo ci fa cancellare i programmi. Non possiamo tornare come eravamo. La non comunicazione, della presenza, della paura, molte attività sono bloccate.

Questo è il nostro deserto in questa quaresima così più vera, che ci butta nella storia, nel conflitto con il male. Oggi sentiamo la decisività della quaresima, in una situazione che ha cambiato le relazioni. Questo deserto che ci fa sentire nuovamente la Provvidenza, l’esperienza del Dio buono e fedele. Questo è un kairos, un tempo opportuno. In passato si faceva fatica sentire la secolarizzazione come un’opportunità. Ormai questa tempesta ha cambiato queste considerazioni, che ci facevano pensare che il mondo era cambiato, che certe cose non si possono più fare.

La pandemia ha fatto cadere tante foglie che stavano assieme solo per condizioni sociologiche. Mi auguro che ricrescano. C’è la tentazione di fare noi un esame dell’appartenenza cristiana e molte volte quello che definiamo appartenenza sociologica si rivela qualcosa di più profondo. Teniamoci stretto tutto. Evitiamo le definizioni a priori. Il Signore ha un popolo che supera i nostri criteri. Penso al discorso del seminatore. Forse abbiamo seminato ancora di più quest’anno in questa situazione di pandemia.

Fatica nel deserto. In pochi sono abituati alla quaresima e ad una tempesta come questa così prolungata, che chiede virtù e atteggiamenti che non abbiamo: pazienza, perseveranza, resilienza, temperanza. La scelta del seminatore è stata provvidenziale perché ci aiuta a capire che la pastorale non è solo fare delle cose.  Dobbiamo continuare a seminare. Il deserto è il luogo della sofferenza. Deserto come luogo che mette paura. Manifestare la vicinanza è la vera sfida.

La presenza nostra si sente negli ospedali dove ci sono ricoverati i malati di COVID ed aiutare il più che possiamo nelle situazioni di difficoltà è la cosa più importante. Sta segnando la vita di tanti non poter toccare, abbracciare chi sta morendo di COVID. In un momento così forte di deserto il nostro compito è di operare il bene come se le nostre mani fossero le mani di Dio.

Nel deserto c’è un ascolto forte della voce di Dio e anche della voce di chi sta soffrendo. Leggere la sofferenza di questi mesi. Diventiamo le mani di Dio quando lo ascoltiamo e ascoltiamo la gente. Il deserto è la figura della vita. Siamo messi alla prova perché è una prova della nostra fede. Non siamo dinanzi solo ad un problema operativo. Possiamo rispondere al grido di sofferenza che ascoltiamo.

Nicodemo. Molte volte abbiamo questa consapevolezza di Nicodemo, cioè è possibile che cambi quello che è segnato. Questo momento è un’occasione dello spirito, di grande rigenerazione. La notte dello smarrimento è il luogo dove Dio si manifesta e abbiamo la possibilità di essere nuovi. Voglia anche di raccontare questa notte, notte dello smarrimento, del rifiuto. Nella notte Nicodemo incontra lo Spirito e lui vecchio può diventare nuovo. Occorre non avere paura di lasciarci cambiare dallo Spirito, valorizzando il tempo che stiamo vivendo. Quando sperimentiamo la difficoltà della tempesta possiamo sperimentare la forza dello Spirito che lotta contro il male, che non è un’inutile resistenza, ma il cammino della luce e credere che il Vangelo è capace di rispondere alle domande che sono nel cuore dell’uomo e della donna.

In questo tempo di quaresima sperimentiamo la possibilità di essere figli, La fraternità. Prendiamo questa quaresima così differente come opportunità di cambiamento. Sfida dell’annuncio e di rigenerazione. Nicodemo quando esce dal dialogo con Gesù, vecchio com’era, diviene un uomo  nuovo. Se noi sogniamo le cose possono cambiare.

venerdì 5 marzo 2021

NON MALTRATTARE I LIMITI

 



Paolo Cugini

 

Non è facile diventare adulti nel contesto in cui viviamo, perché, più che imparare a conoscerci e ad accettarci così come siamo, veniamo costantemente provocati da messaggi che c’invitano a desiderare di essere qualcosa d’altro. Spostando l’attenzione fuori dal nostro orizzonte, rischiamo da una parte di perdere il contatto con la nostra realtà e, soprattutto, di massacrare quella parte di noi che non riesce a raggiungere obiettivi che non rispettano la propria identità. È con i limiti che dobbiamo fare i conti, i nostri limiti che, in questo contesto rischiano di essere considerati un intoppo, un ostacolo. Al contrario, sono proprio i nostri limiti a rivelarci chi siamo, dove possiamo andare, che percorso intraprendere.

E allora, se vuoi essere te stesso, se vuoi imparare ad accettarti così come sei, non maltrattare i tuoi limiti, ma assumili come parte integrante della tua personalità. Il pericolo di maltrattare il limite può avvenire anche nel cammino spirituale quando la persona, perdendo di vista i propri limiti, sacrifica la propria realtà per raggiungere i propri obiettivi, o gli obiettivi che la cultura gli propone, senza tener conto e senza mettersi in ascolto di se stesso, di quello che costituisce la verità di se stesso. Senza dubbio, viviamo in un contesto culturale che stimola l’ambizione, a raggiungere obiettivi, quasi tutti di spessore materiale, per mostrare qualcosa di noi al mondo, anche se questo qualcosa corrisponde pochissimo a quello che noi realmente siamo. Quante sofferenze interiori vengono causate dal costante schiacciare la nostra coscienza che ci grida di smetterla, d’interrompere il cammino che porterà al fallimento. Quanti sotterfugi impariamo ad utilizzare per non permettere alla coscienza di rimproverarci, fino al giorno in cui tutto il mondo ci cade addosso rovinosamente.

Prima d’iniziare dei percorsi di recupero della personalità, andando alla ricerca del tempo perduto, sarebbe più importante farci aiutare per discernere le scelte giuste da fare nella vita. Tra i segnali più significativi che dobbiamo apprendere ad ascoltare sono proprio i nostri limiti, che ci segnalano le reali condizioni di possibilità della nostra esistenza, dei possibili percorsi che possiamo intraprendere. Per imparare a considerare il limite come qualcosa di positivo, facente parte della nostra struttura umana, un importante indicatore delle nostre reali condizioni di possibilità, occorre imparare ad ascoltarsi, a dedicare tempo alla nostra vita spirituale, ad apprendere a fare silenzio. Ogni tanto, decidere di ritirarsi in disparte per pensare alla propria vita, alle proprie scelte fatte, per verificare il cammino intrapreso, non è tempo perso, ma va tutto a nostro beneficio.