Paolo
Cugini
Sono
arrivati sabato 10 agosto all’ora di pranzo, accolti in modo stupendo dalla
comunità santo Antonio, una delle sette della parrocchia san Vincenzo di Paolo,
che accompagno da circa un anno. A pranzo pesce tambaquì, una specialità qui a
Manaus. Il primo contatto con la realtà amazzonica, per i dieci giovani della
Diocesi di Reggio Emilia, preparati dal percorso formativo del Centro
Missionario Diocesano e accompagnati dal direttore don Marco Ferrari, non poteva
che essere attorno ad una tavola, così come Gesù faceva spesso. È a tavola che
conosciamo meglio le persone, perché abbiamo il tempo per ascoltare, parlare,
chiedere, osservare il volto del nostro interlocutore, della nostra
interlocutrice. C’è poco da dire: colpisce molto l’ospitalità brasiliana. Hanno
accolto questi giovani a sun di musica e con applausi. Gli occhi sorpresi dei
giovani reggiani s’incrociavano con i volti curiosi delle persone della
comunità santo Antonio, da giorni in fibrillazione per preparare l’accoglienza
ai giovani ospiti.
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Per le vie della Compensa |
Nel
pomeriggio immersione nelle sette comunità della parrocchia situata in uno dei
quartieri così detti rossi di Manaus. Rossi, perché dominati dal traffico, che
rende la vita quotidiana molto difficile e spesso pesante, al punto da indurre
la parrocchia a investire nella presenza di psicologi. Abbiamo ben due
psicologhe che, a turni, attendono le persone delle comunità che soffrono mentalmente
il peso di una vita che non offre nulla e toglie molto. Tra disoccupazione, pericolo
quotidiano dovuto alla presenza dei trafficanti, che non ci mettono due minuti a
fare fuori un giovane che non paga il dovuto, scarsità dei servizi, in un
quartiere nato dalle invasioni realizzate negli anni Ottanta quando, dalle
campagne, arrivava la gente in città e costruiva dove poteva e come voleva. La Compensa
è un labirinto di stradine che passano sulle fogne a cielo aperto, sino ad
arrivare alla riva del fiume Rio Negro, passando per la favela Mio Bene Mio Male,
fatta di palafitte e di case fatiscenti.
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Sperimentando il Tambaquì |
Abbiamo
conosciuto le tante persone che si prendono cura delle comunità di base. È stato
un bagno ecclesiale dentro uno stile di chiesa molto diverso da quello
occidentale. I giovani sono, infatti, rimasti molto colpiti dal trovare donne,
uomini e giovani al sabato pomeriggio trovarsi nella cappellina per preparare
la liturgia della domenica. Quando il prete arriva alla domenica per celebrare
l’eucaristia trova tutto pronto. Nelle comunità che non c’è la messa, sono i
laici, soprattutto donne, che celebrano la Parola e distribuiscono l’eucaristia.
Tutte le persone incontrate avevano un compito, una responsabilità all’interno
della comunità. C’è chi coordina la liturgia, altri la catechesi, e poi la Caritas,
la pastorale del battesimo, della decima, il giovane che coordina il gruppo
giovani e le tante chierichette, alcune delle quali sono già cerimoniere. Una
chiesa sorta dal basso, suscitata dallo Spirito Santo, che soffia dove vuole,
come gli pare.
È stato senza dubbio un pomeriggio faticoso, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Faticoso perché i chilometri a piedi sono stati parecchi, soprattutto perché fatti subito dopo un viaggio durato parecchie ore. Faticoso anche dal punto di vista mentale perché le novità sono state tante. Passeggiare per la prima volta fra le viuzze della Compensa fa una certa impressione. Vedere tutto di un colpo tanta povertà, tanta disuguaglianza sociale, fa un po' male all’anima. Ascoltare un cammino di chiesa così diverso, accompagnato da persone, tra le quali molti giovani, che danno la vita e molto tempo per le loro comunità, provoca l’apatia religiosa della partecipazione passiva delle celebrazioni occidentali.
Il
viaggio è solo cominciato. Vediamo come continua.
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