Indicazioni
metodologiche
Paolo
Cugini
Il
dibattito sul post-teismo si sta sviluppando su due fronti molto diversi tra
loro. Il primo, si presenta come una sorta di resa dei conti nei confronti
della religione, prendendo in questo modo, una deriva atea, di negazione di
Dio, con sfumature nuove, ma sempre di ateismo si tratta. Il secondo, nel quale
provo ad inserirmi, prende le mosse dalle provocazioni del post-teismo per
tentare una lenta rilettura dei contenuti del cristianesimo con un linguaggio
più attento alle dinamiche culturali dell’attualità. In fin dei conti
promuovere un processo di decostruzione culturale, che ha offerto chiavi di
lettura del sacro per molti secoli, non è semplice né indolore. In questa
seconda prospettiva, alcuni punti metodologici, a mio avviso, vanno chiariti.
Il
primo, è la percezione del fallimento della lettura metafisica del discorso su
Dio e della sua pretesa di codificarlo in un sistema onnicomprensivo, a
discapito della realtà. Valgono, a questo proposito, le parole di Paul Ricoeur quando
sosteneva che, il simbolo religioso rivela la pluralità dell’essere, vale a
dire che il sacro per come si manifesta offre prospettive pluraliste che
prendono le distanze da ogni forma unilaterale dell’evento. La violenza
prodotta dalla visione monoteista del sacro è la prova della negazione di ciò
che intende manifestare e professare. Il
monoteismo biblico da una parte, come lettura teista della manifestazione del
sacro e, dall’altra, l’interpretazione metafisica platonica e aristotelica
prodotta dall’agostinismo prima e poi dal tomismo, hanno codificato il sacro
all’interno di un reticolo concettuale predefinito. In questa prospettiva, Dio
viene pensato (e non sperimentato) come un’entità le cui caratteristiche vengono
prese direttamente dalla filosofia, vale a dire il sacro come entità perfetta
e, dunque, immobile, onnipotente. Liberare il Mistero da questi reticoli
concettuali che lo hanno posto come entità in contrasto con altre, è il
difficile compito del percorso di decostruzione che il non-teismo sta
proponendo. Questo percorso è di fondamentale importanza perché apre lo spazio
alle diverse narrazioni del sacro prodotte al di fuori del contesto culturale
Occidentale e ne permetterebbe le reciproche contaminazioni e i possibili
contributi.
Il
secondo punto da chiarire riguarda il momento d’inizio del processo di
decostruzione del discorso teista sul sacro. Se si ritiene che espressioni
come: l’al di là, il “cielo”, fanno parte della lettura teista della realtà,
ciò significa che il punto di partenza per una riflessione non teista del
Mistero deve avvenire nel piano della storia, degli eventi. Proprio
l’attenzione a questo livello della realtà permette di percepire che non tutti
gli eventi possono essere letti allo stesso modo perché non tutti esprimono gli
stessi significati. Ve ne sono alcuni, infatti, che sfuggono a
un’interpretazione di tipo logico-matematico, o scientifico. Il rischio è una
lettura unilaterale che cade nello stesso errore della lettura metafisica della
realtà o anche, nell’errore di prospettiva in cui è caduta la lettura
scientifica del mondo proposta negli anni ’20 del secolo scorso dal Circolo di
Vienna. In questa prospettiva, a mio avviso, vale la pena tener conto dello
sforzo fatto dalla corrente fenomenologica che, mettendo tra parentesi
qualsiasi tipo di precomprensione, si è posta in ascolto degli eventi storici
che si manifestano nella realtà presente. Tra questi Jean Luc Marion ne individua
alcuni che sono qualitativamente diversi e che lui chiama saturi.
Il passaggio ulteriore consiste nel mettersi in ascolto di
coloro che hanno avuto esperienza di questi eventi saturi. Pensando al Nuovo
Testamento è indubitabile che Pietro e gi altri discepoli, così come Paolo,
Maria di Magdala e le altre donne citate nelle narrazioni delle apparizioni del
risorto abbiano avuto e vissuto un’esperienza di un evento straordinario. Sono,
infatti, passati da sentimenti negativi e di ripudio (rinnegamento, tradimento)
nei confronti del messaggio di Gesù, alla disponibilità di morire per lui.
Senza dubbio, qualcosa di strano, per così dire, di qualitativamente diverso
rispetto all’orizzonte materiale degli eventi storici, è avvenuto. Il problema
è capire che cosa sia avvenuto e cioè, il contenuto espresso in questi eventi,
tentando di rileggere queste situazioni in modo non teista.
Se qualcosa di qualitativamente diverso è avvenuto nella
testimonianza che offrono questi personaggi, rispetto all’orizzonte materiale
degli eventi storici che abbiamo a disposizione ogni giorno, possiamo parlare
di rivelazione, cioè di un contenuto che viene da altrove, che non può essere
letto e interpretato in modo storicista e materialista? Secondo Jean Luc Marion
si, perché l’evento saturato è nell’ordine della rivelazione. Non mi sembra che
l’analisi di Marion sia da inquadrare nelle letture teiste del sacro.
Da qui allora la domanda finale: l’ammissione di eventi
rivelati portatori di contenuti altri, testimoniati da coloro che ne hanno
avuto esperienza, può essere in linea con una lettura non teista del sacro e
avviare il processo di decostruzione delle sue interpretazioni metafisiche?
Detto in altri termini: può una lettura non teista della realtà rinunciare o mettere
da parte gli eventi rivelati senza correre il rischio di essere pre-concettosa
e cadere nelle stesse paludi delle letture metafisiche e unilaterali della
realtà e riproporre una nuova forma di dualismo?
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