domenica 18 gennaio 2015

LA COMUNITA' E IL MOMDO




MATTEO 13, 24-43
Paolo Cugini
Abbiamo ascoltato tre parabole, due delle quali esprimono lo stesso significato e cioè la parabola del grano di senapa e la parabola del lievito. Rispetto a queste due l’altra parabola, vale a dire quella della zizzania, non sembra avere niente a che fare. In realtà queste tre parabole s’intrecciano tra di loro, per cui una richiama l’altra. Qual’è, allora, il messaggio di questa pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato, che cosa ci vuole insegnare Gesù?

É un discorso che Gesù rivolge alla comunità. Sono quindi parole per la comunità e del suo rapporto con il mondo. Gesù insegna che la comunità dei discepoli e delle discepole non è chiamata per vocazione a contare qualcosa nel mondo, a prendere il potere politico, ad incidere culturalmente, ma ad essere fermento, ad essere piccola, invisibile. E allora in tutto ciò che fa non cerca di apparire, non cerca la visibilità. Il nostro compito nel mondo è di essere fermento. Per vivere in questo modo, in modo semplice e umile, fuggendo la tentazione di voler contare qualcosa o di essere visibile, abbiamo bisogno di alimentarci continuamente del Signore, della sua parola, del suo amore, della sua persona. Lui stesso, infatti, durante la sua attività publica non ha mai cercato visibilità, non ha mai voluto farsi grande. Anzi sappiamo benissimo che quando lo cercavano per farlo re, è fuggito e quando guariva qualcuno li intimava di non dire niente a nessuno. Chi cerca la gloria di Dio, chi si riempie dell’amore del Padre non ha bisogno del mondo e della sua gloria: non si sente attratto da ciò che offre. Viviamo nel mondo pur non essendo del mondo perchè ciò che ci anima e ci ispira viene da Dio. Siamo attorno all’altare per alimentare la nostra anima di quell’alimento spirituale che ci dà la forza di essere piccoli, di non voler apparire, di essere invisibili, di vincere la tentazione di contare qualcosa, di organizzare cose visibili per impressionare il mondo. 

Le due parabole indicano anche un’altra cosa, vale a dire che la comunità ha come vocazione quella di fecondare, di fruttificare, di fare in modo che il Regno di Dio cresca. Questo è il senso della pasta e dell’albero. Non si tratta quindi di una vita spensierata, senza preoccupazioni. La comunità riceve un compito che è quello di annunciare il Regno di Dio, di fare in modo che si espanda, che contagi il mondo. Solo che lo deve fare non con le logiche del mondo che sono di sopraffazione e di forza, ma deve poter contagiare il mondo dal di dentro, come fermento.  Il problema che vuole mettere in evidenza le due parabole è la modalità. Il Regno di Dio non cresce, non diventa grande con gli stessi criteri, le stesse modalità che usa il mondo. Il Regno di Dio cresce nella misurain cui la comunità dei discepoli e discepole sparisce, si fa piccola. Non è un discorso di forza o di egemonia. Non è un desiderio di essere i migliori e famosi. La ricerca asutentica del Signore e del suo amore ha come conseguenza il disinteresse delle logiche di dominio e di sopraffazione tipiche del mondo. 

La seconda parabola, che poi è la prima, approfondisce questo discorso su di un altro piano e cioè sul rapporto con il male, il malvagio. La comunità non vive sulla luna, ma a contatto con il male, con una realtà che è in antagonismo a Dio, che si alimenta con l’ingiustizia, la violenza, l’arroganza. La parabola della zizzania rivela esattamente questa realtà e l’insegnamento di Gesù ci dice che dobbiamo apprendere a convivere con il male. San Paolo ci dice nella lettera ai Romani che dobbiamo vincere l’odio con l’amore. Per convivere con il male senza essere sopraffatti o attratti esige molta forza, molta spiritualità. Persone superficiali non resistono alla forza del male. La vita di preghiera, il cammino spirituale ha questo significato: rimanere attenti, svegli; fare in modo di non assopire, di non perdere di vista l’obiettivo, di mantenere alta la tensione facendo ogni giorno spazio nella nostra vita al Signore. Questo è il nostro compito. Mantenere ogni giorno lo sguardo vigile.

Solo la comunità che accolgie il vangelo ogni giorno con docilità non sarà sopraffatta dal desiderio di contare qualcosa nel mondo e avrá la forza di resistere alla tentazione del male che vive accanto a noi.

Nessun commento:

Posta un commento