Paolo Cugini
Forse
ha ragione Collin quando dice che il cristianesimo non esiste ancora[1]. Lo prendiamo come un
auspicio e come l’indicazione di un camino, come per dire che, chi desidera
vivere, sperimentare la proposta cristiana, deve andare nella direzione opposta
di quello che era stato indicato nella cristianità, senza nostalgia del
passato, ma guardando avanti con fiducia. In questo ultimo paragrafo, dopo aver
analizzato alcune teorie che presentano uno sguardo nostalgico al tempo che fu
e che non è più, cercheremo di abbozzare qualche linea di sviluppo nel futuro
postcristiano.
A
questo punto del discorso è importante fare una precisazione. La fine della
metafisica non significa fine della religione, ma la fine di quella forma
religiosa che ha utilizzato la metafisica per sistematizzare il proprio
pensiero. La fine della metafisica più che essere la fine della religione,
dunque, apre il cammino per nuove ed interessanti novità. Di seguito offro
alcune brevi indicazioni che, senza dubbio, avranno bisogno di un
approfondimento, ma che in ogni modo desiderano offrire un contributo al
dibattito sul futuro del cristianesimo. Provo, quindi, ad indicare alcune piste
di sviluppo che, a mio avviso, sono già in atto.
La
prima di queste è la possibilità di un cristianesimo non istituzionale. Si
potrebbe pensare che il protestantesimo abbia già percorso questo cammino e
che, di conseguenza, non c’è nulla di nuovo nella proposta. In realtà sappiamo
che le cose non sono proprio così. Se, infatti, è vero che all’inizio il
protestantesimo ha preso le distanze dalle forme istituzionali della religione,
il suo sviluppo storico lo ha riposato nell’alveo dell’istituzionalizzazione.
Non è facile pensare e strutturare un’intuizione nuova. Non basta infatti
l’intuizione, occorre anche un contesto che ne permetta la realizzazione. Quando
Lutero ha iniziato la sua riforma, la cultura moderna stava mettendo le radici sul
cammino tracciato dell’umanesimo e stava influenzando tutti i settori della
società, compresa la religione. Gli sviluppi della teologia moderna per
mantenere un dialogo con il mondo culturale circostante, prende come punto di
riferimento il metodo scientifico. Che cosa significa, allora, un’impostazione
non-istituzionale del cristianesimo? Come si dovrebbe configurare?
Significherebbe un ritorno alle origini o, per lo meno, riprendere un cammino
lasciato in sospeso. Il postcristianesimo apre la possibilità non per restaurare
la cristianità, come vorrebbero, con sfumature diverse, Cuchet, Delsol e
Dreher, ma per riprendere il cammino interrotto proprio dalla cristianità, non
per riprodurlo, ma per prendere ispirazione dalle origini. Abbandonare i luoghi
di culto istituzionalizzati, che diventano sempre più vuoti, per ritrovarsi a
leggere la Parola di Dio in piccole comunità domestiche, in un movimento che si
sviluppa dal basso, senza la necessità di un riferimento istituzionale, che
spesso diviene la causa della lentezza del cammino delle comunità: è questo un
primo sviluppo.
Possibilità
di creare comunità in cui il principio di uguaglianza non è un’utopia, ma il
clima naturale del cammino. Se l’istituzione controlla i contenuti e le
modalità del cammino, la libertà in un percorso di base non istituzionalizzato
metterebbe le basi per un’esperienza comunitaria in cui i membri hanno gli
stessi diritti e doveri, compreso quello della presidenza nella celebrazione. In
fin dei conti, il controllo delle relazioni in una cultura patriarcale diviene
oppressivo ed esclusivo come forma per controllare il potere. La cristianità si
è lasciata modellare dalla cultura patriarcale perché, sin dal suo sorgere, ha
avuto pretese di potere. Al contrario, in una comunità alla quale non interessa
alcun potere, ma solo ed esclusivamente il benessere delle persone,
l’uguaglianza dei membri diviene un’esigenza implicita. In questa prospettiva,
la comunità cristiana che verrà sarà come un punto di riferimento sicuro nel
quale tutti potranno sentirsi parte, senza alcun tipo di esclusione. Comunità
di questo tipo, modellate dallo stile del Vangelo, potranno divenire cammini
costanti di umanizzazione, luoghi di accoglienza, di fraternità e di sororità.
La
comunità che si struttura nell’epoca postcristiana, proprio perché non è
istituzione, non ha bisogno di leaders, di guide. Tutti possono celebrare e
tutti possono guidare la comunità, perché la prospettiva non è più piramidale,
ma circolare. È tutta la comunità che diventa celebrante, anche perché il
numero di componenti sarà esiguo e non ci sarà bisogno di un responsabile
istituito. Saranno i membri della comunità a decidere come distribuire i
compiti per il funzionamento della vita comunitaria. Relazioni ugualitarie, che
generano anche l’esigenza che tra i membri non ci siano disuguaglianze sociali.
In questo modo, si comprende bene che lo stile del vangelo esige un cammino in
cui le relazioni siano guidate dalla ricerca costante dell’uguaglianza tra i
membri, senza alcun tipo di discriminazione culturale e sociale. Il Regno di
Dio annunciato da Gesù trova nel nuovo contesto culturale postcristiano una
maggior possibilità di realizzazione, anche perché la post cristianità nasce
sulle macerie dell’impostazione moderna della cristianità. Lo stile coercitivo
tipico della modernità lascia necessariamente lo spazio ad uno stile dialogico
e democratico.
Una
caratteristica che ha segnato negativamente e in profondità la cristianità
occidentale è stata il suo intreccio con il potere politico ed economico,
spesso divenuto motivo di scandalo. La Chiesa come potenza del mondo ha tenuto
lontano dai propri spazi coloro che invece avrebbero dovuti essere accolti. Le
classi più povere della società, non solo non si sono sentite accolte dalla
Chiesa, se non in alcune esperienze spesso ostacolate dall’istituzione
ecclesiale[2], ma sono state prese di
mira, penalizzate con tassazioni al limite della sopportazione. Non solo, ma la rigidità dei suoi dogmi ha
creato, di conseguenza, un numero significativo di persone escluse dalla
comunità. Divorziati, separati, omosessuali, lesbiche transessuali: c’è tutto
un mondo che si sente rifiutato da quella istituzione che avrebbe dovuto
esprimere il segno tangibile dell’umanità accogliente di Gesù. Nell’epoca
postcristiana che stiamo iniziando a vivere, ci sarà la possibilità d’impostare
comunità che s’ispirano al Vangelo e che potranno proporsi come una vera e
propria società alternativa alle logiche del denaro e a tutte le logiche di
oppressione.
Un'altra
caratteristica del cammino ecclesiale postcristiano è che è contaminabile. Se
le strutture rigide, i sistemi onnicomprensivi che avevano la pretesa e,
soprattutto, la presunzione di spiegare tutto, di dar ragione di ogni aspetto
del reale, sono state tra le caratteristiche più significative della modernità
e della cristianità moderna, nell’epoca postcristiana che sta facendo i primi
passi, la cultura è fluida e, quindi, contaminabile. Mentre la caratteristica
di una struttura rigida è quella di proteggersi dalle possibili contaminazioni
che possono mettere in pericolo il sistema, in una cultura post moderna che è,
allo stesso tempo, post-sistemica la fluidità consente ed esige la possibilità
delle contaminazioni conoscitive. Trasportare queste intuizioni in campo
teologico significa riconoscere la presenza dello Spirito Santo in ogni cultura
e riconoscere che lo Spirito è già presente in tutto. Di questo dato teologico
c’era conoscenza anche nell’epoca moderna, ma non si riusciva a viverla in
pienezza a causa della rigidità della mentalità sistemica. La contaminazione in
ecclesiologia, è un aspetto dell’inculturazione, che implica un atteggiamento
di ascolto della cultura altra. Le comunità che si svilupperanno nella post
cristianità saranno contaminate, perché non avranno più il problema di
difendersi, di proteggere un’ortodossia. Inoltre, saranno contaminate perché
riterranno i contenuti provenienti dall’esterno come una possibilità di
arricchimento, di scambio e, di conseguenza di crescita e non una minaccia.
Il
cambiamento non avverrà da un giorno all’altro: richiederà tempo. In ogni modo,
il dato certo è che il cambiamento è in atto e la struttura moderna della
cultura occidentale è ormai parte del passato. Siamo, quindi, in una specie di
zona di mezzo, in cui non ci sono punti di riferimento e questo stato genera
inquietudine, insicurezza, desiderio di attaccarsi ai ricordi del passato.
Avere lo sguardo rivolto al futuro dove il Cristo vittorioso sulla morte si
trova, significa fidarsi di Lui, della sua Parola, del suo Vangelo, di quello
che sta operando in mezzo a noi. Mai come in questa epoca di passaggio verso il
postcristianesimo, il mondo ha bisogno di comunità alternative, che
sperimentano ogni giorno la bontà della proposta del Signore risorto.
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