Paolo
Cugini
Non
c’è più il sistema che reggeva tutto, per questo c’è come una sensazione di
vuoto. È venuto meno in modo rapido quella struttura culturale, il sistema
cristiano, che nel tempo, attraverso i secoli, aveva creato i riti, le forme di
pensiero, un modo di vita cadenzato da momenti religiosi. Era un sistema che
reggeva tutto, che dava senso ai giorni, alle scelte, fin nei piccoli
particolari. Niente si muoveva fuori di esso. Nei secoli il cristianesimo si
era infiltrato nei meandri della cultura e della società che tutto parlava di
lui, del cristianesimo, tutto era profondamente cristiano. Non solo la materia
era divenuta tutta cristiana, ma anche la coscienza umana, al punto che, una
decisione, un’azione che risultava fuori dall’ottica cristiana, provocava un
fortissimo senso di colpa, un dolore al petto irresistibile, al punto che era
percepita la necessità di confessarla, di espellerla dal corpo, per poter
continuare a vivere sereni nel mondo cristiano. Tutto era cristiano. C’era la
messa domenicale, alla quale partecipava tutta la famiglia.
C’era
la confessione mensile. In ogni paese c’era il prete, figura fondamentale nella
strutturazione della vita sociale. E poi c’erano le precessioni, le feste dei
patroni, il catechismo per i bambini e anche per gli adulti. Tutto la vita sociale
era scandita dal calendario del tempo religioso. Perché, in un certo senso,
tutto era religioso. I signori erano religiosi e anche i poveri. Tutto si
faceva risalire alla religione: la distinzione tra bene e male, giusto e
ingiusto, puro e impuro. Era impossibile vivere fuori dal sistema religioso. Per
questo chi disobbediva un precetto religioso era punto gravemente.
La
società era tutta religiosa, era intrinsecamente religiosa. Ogni paese aveva la
sua chiesa per il culto e il suo campanile che dettava i ritmi religiosi della giornata.
Era impensabile che qualcuno crescesse senza il sentimento religioso, il
desiderio di fare la volontà di Dio. Era impensabile perché la paura dell’inferno,
della dannazione eterna, dell’anima immersa per sempre nel fuoco eterno
provocava dolori atroci nella coscienza di coloro che osavano disobbedire i comandamenti
di Dio, che in realtà erano i precetti della chiesa e che non è la stessa cosa.
C’erano i padroni e i garzoni, i ricchi e i poveracci, i contadini e i
mezzadri: tutti si trovavano a messa ad ascoltare il prete che dal pulpito
inveiva contro i peccatori e minacciava la dannazione eterna all’inferno.
Tutto
ruotava attorno alla figura di Gesù, pur non conoscendola. Questo è l’aspetto
più significativo della storia del cristianesimo occidentale, il paradosso dei
paradossi, se vogliamo metterla così. Tutta la civiltà cristiana è stata
costruita nell’epoca medievale, ispirandosi ad un personaggio che il popolo non
ha avuto la possibilità di conoscere. L’ispirazione ha modellato una narrazione
che ha plasmato una realtà, ma la fonte, vale a dire i vangeli, non erano
accessibili ai più. Tutta una società è stata modellata per secoli attorno alla
figura di Gesù, filtrata dalla casta sacerdotale, dia presbiteri, vescovi, dal
Papa, il sommo pontefice. Non avendo accesso alle fonti, al popolo si poteva
far credere qualsiasi cosa e, soprattutto, si poteva imporre qualsiasi cosa,
come di fatto è avvenuto. Tutta la società, tutto il mondo cristiano, costruito,
modellato, ispirato su quei vangeli, che nessuno sfogliava, che nessuno aveva
la possibilità di leggere, che nemmeno la casta sacerdotale conosceva, se non
qualche pagina. In questo stato di ignoranza collettiva, si poteva passare
tutto e spacciarlo come qualcosa di buono, di religioso, di volontà di Dio. Secoli
di civiltà cristiana, che ha ispirato una copiosa produzione letteraria e artistica,
per non dire filosofica e teologica, fondata sull’occultamento delle fonti a
cui si ispirava. Forse è per questo che una volta che i vangeli sono stati
messi in mano ai fedeli, i palazzi della gloriosa civiltà cristiana hanno
iniziato a scricchiolare?
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