venerdì 15 luglio 2022

UN MONDO CRISTIANO (CHE SCRICCHIOLA)

 


 

Paolo Cugini

Non c’è più il sistema che reggeva tutto, per questo c’è come una sensazione di vuoto. È venuto meno in modo rapido quella struttura culturale, il sistema cristiano, che nel tempo, attraverso i secoli, aveva creato i riti, le forme di pensiero, un modo di vita cadenzato da momenti religiosi. Era un sistema che reggeva tutto, che dava senso ai giorni, alle scelte, fin nei piccoli particolari. Niente si muoveva fuori di esso. Nei secoli il cristianesimo si era infiltrato nei meandri della cultura e della società che tutto parlava di lui, del cristianesimo, tutto era profondamente cristiano. Non solo la materia era divenuta tutta cristiana, ma anche la coscienza umana, al punto che, una decisione, un’azione che risultava fuori dall’ottica cristiana, provocava un fortissimo senso di colpa, un dolore al petto irresistibile, al punto che era percepita la necessità di confessarla, di espellerla dal corpo, per poter continuare a vivere sereni nel mondo cristiano. Tutto era cristiano. C’era la messa domenicale, alla quale partecipava tutta la famiglia.

C’era la confessione mensile. In ogni paese c’era il prete, figura fondamentale nella strutturazione della vita sociale. E poi c’erano le precessioni, le feste dei patroni, il catechismo per i bambini e anche per gli adulti. Tutto la vita sociale era scandita dal calendario del tempo religioso. Perché, in un certo senso, tutto era religioso. I signori erano religiosi e anche i poveri. Tutto si faceva risalire alla religione: la distinzione tra bene e male, giusto e ingiusto, puro e impuro. Era impossibile vivere fuori dal sistema religioso. Per questo chi disobbediva un precetto religioso era punto gravemente.

La società era tutta religiosa, era intrinsecamente religiosa. Ogni paese aveva la sua chiesa per il culto e il suo campanile che dettava i ritmi religiosi della giornata. Era impensabile che qualcuno crescesse senza il sentimento religioso, il desiderio di fare la volontà di Dio. Era impensabile perché la paura dell’inferno, della dannazione eterna, dell’anima immersa per sempre nel fuoco eterno provocava dolori atroci nella coscienza di coloro che osavano disobbedire i comandamenti di Dio, che in realtà erano i precetti della chiesa e che non è la stessa cosa. C’erano i padroni e i garzoni, i ricchi e i poveracci, i contadini e i mezzadri: tutti si trovavano a messa ad ascoltare il prete che dal pulpito inveiva contro i peccatori e minacciava la dannazione eterna all’inferno.    

Tutto ruotava attorno alla figura di Gesù, pur non conoscendola. Questo è l’aspetto più significativo della storia del cristianesimo occidentale, il paradosso dei paradossi, se vogliamo metterla così. Tutta la civiltà cristiana è stata costruita nell’epoca medievale, ispirandosi ad un personaggio che il popolo non ha avuto la possibilità di conoscere. L’ispirazione ha modellato una narrazione che ha plasmato una realtà, ma la fonte, vale a dire i vangeli, non erano accessibili ai più. Tutta una società è stata modellata per secoli attorno alla figura di Gesù, filtrata dalla casta sacerdotale, dia presbiteri, vescovi, dal Papa, il sommo pontefice. Non avendo accesso alle fonti, al popolo si poteva far credere qualsiasi cosa e, soprattutto, si poteva imporre qualsiasi cosa, come di fatto è avvenuto. Tutta la società, tutto il mondo cristiano, costruito, modellato, ispirato su quei vangeli, che nessuno sfogliava, che nessuno aveva la possibilità di leggere, che nemmeno la casta sacerdotale conosceva, se non qualche pagina. In questo stato di ignoranza collettiva, si poteva passare tutto e spacciarlo come qualcosa di buono, di religioso, di volontà di Dio. Secoli di civiltà cristiana, che ha ispirato una copiosa produzione letteraria e artistica, per non dire filosofica e teologica, fondata sull’occultamento delle fonti a cui si ispirava. Forse è per questo che una volta che i vangeli sono stati messi in mano ai fedeli, i palazzi della gloriosa civiltà cristiana hanno iniziato a scricchiolare? 

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