venerdì 24 febbraio 2017

COSA FARE CON I GIOVANI-CONVEGNO DI ROVERETO 2017

SINTESI




CONVEGNO DI ANIMAZIONE SOCIALE
ROVERETO 24-25 FEBBRAIO 2017




AVER CURA PER GENERARE FUTURO
Rel: Luigina Mortari
Sintesi; Paolo Cugini

Non piegarsi alla violenza. C’è una violenza sottile che distrugge le coscienze, che comincia sui banchi di scuola, dove si riempiono le menti e non s’insegna a pensare. Hanna Arendt (Vita Activa), non c’è pericolo maggiore che smettere di pensare. Maria  Zambrano: non solo msettiamo di pensare, ma anche di sentire, per  cui l’altro rimane lontano e non ci tocca. Quando questo avviene il male avanza. Non facendoci toccare dal male non ci muoviamo. Stiamo nella vita senza essere attori politici.

Aristotele: L’Etica Nicomachea. Quando parla di Etica Aristotele parla di politica. La politica è prima di tutto etica, la ricerca del bene, riuscire a capire che cosa è bene.
Il bene è qualcosa che ci muove. Abbiamo il desiderio di realizzare quello che vorremo diventare. Nasciamo mancanti e quindi abbiamo sempre bisogno degli altri.

Quello che consente a noi di realizzarci è la cura. Abbiamo bisogno di cura perché siamo fragili e vulnerabili. Siamo fragili perché non dipendiamo da noi stessi. Zambrano: siamo consegnati alla realtà. Quando siamo vulnerabili abbiamo bisogno dell’altro, ma siamo vulnerabili perché l’altro può farci del male. Il lavoro di cui abbiamo bisogno è il lavoro della cura.

 Non preoccupatevi eccessivamente tanto da ingolfare l’anima e perdiamo il respiro dell’essere.
Azione sociale: procurare ciò che è necessario per fare della vita per essere vissuta.

Socrate, dice che ha cura dei giovani. L’Alcibiade 1. Se vuoi diventare un governante devi imparare ad aver cura di te. Occorre capire cos’è il sé, che è l’anima. SI ha cura dell’anima conoscendo se stessi, conoscere le tensioni fondamentali dell’essere per capire dove ci porta il desiderio di esistere.

Edith Stein: tutto quello che facciamo e per nutrire la forza, la passione di esistere. Quando viene meno c’è un dolore dell’esistenza che ci porta via la forza di essere.
La fatica dell’esistere è un peso che cade sull’anima.

Terapia: aver cura della persona umana nella sua interezza di corpo e di mente. Curare con la parola.
Qual è l’essenza della cura? L’etica è il cuore della cura. Essere etici è fare le cose giuste. Aver cura dell’altro affinché l’altro fiorisca.
Quando vedi che la realtà ha bisogno di te uno si butta.

Levinas: il volto dell’altro è un imperativo ad agire.
Il male dei nostri tempi è l’indifferenza. Il principio di responsabilità: essere pronti per l’altro che mi chiede di esserci.
Capacità di sentire che l’altro ha bisogno e nient’altro.
L’obbedienza alla realtà. L’etica è semplice. La povertà di spirito è la purezza di cuore: sentimento pochi ed essenziali.
Capacità di sentire l’altro: empatia. Far risuonare dentro di sé quello che è dentro l’altro.
Compassione. È una cosa come l’empatia: sentire l’altro quando vive una situazione di ingiustizia e mi porta ad agire per aiutarlo.

Oggi agiamo per affermare noi stessi, ma l’agire con compassione è mettersi al servizio dell’altro. Il servizio è una grande capacità. Essere insieme agli altri. La comunità è mettere insieme in dono. Abbiamo perso il senso della gratuità. La cura è la generosità.

Sentire l’altro e il coraggio di dire la verità. Prendere la parola contro il potere. 

giovedì 23 febbraio 2017

NUOVE GENERAZIONI IN CERCA DI ALTRE GENERATIVITA'


SINTESI




Ragionamenti verso il secondo appuntamento «Cose da fare con i giovani»
ROVERETO 24-25 FEBBRAIO 2017

a cura di Andrea Marchesi Michele Marmo Franco Flori

Sintesi: Paolo Cugini


1. Traiettorie.
a.       La prima traiettoria indica il passaggio dall’analisi dei bisogni all’ascolto dei desideri. Si tratta dell’invito urgente a congedare ogni pretesa di conoscere la condizione dei giovani e i loro bisogni, per mettersi in una posizione curiosa di ascolto nei confronti di chi è un soggetto in formazione, in ricerca, spesso portatore sano di desideri.
b.       La seconda traiettoria suggerisce un passaggio dallo sguardo postumo ancorato al passato a un’attenzione al presente, alla prefigurazione nel presente dei segnali di futuro. La posta in gioco è la possibilità di alimentare la capacità di prefigurazione di scenari altri, riconoscendo ciò che è già eppure non è ancora pensato, resistendo all’omologazione, al pensiero unico, all’assenza di alternative.

c.       La terza traiettoria entra nel merito delle proposte e raccomanda il passaggio dalla fiction alla presa sulla realtà.

2. Le condizioni per inediti sguardi Dire semplicemente che dobbiamo cambiare sguardo rischia di essere un’ingiunzione paradossale. Non si cambia sguardo semplicemente decidendolo, con un atto di volontà, guardandosi una mattina allo specchio e decidendo che da oggi in poi si assumono nuove lenti per interpretare la realtà

a.       La prima condizione che può facilitare il cambiamento di approccio è lo sconfinamento. Si tratta di confrontarsi con altri mondi, altri saperi, altri contesti, lasciando i perimetri dei servizi sociali e delle politiche giovanili, per uscire di casa, disporsi a incontri inattesi, al confronto con altri linguaggi.
b.       La seconda condizione investe la disponibilità alla contaminazione e all’ibridazione. È un movimento di apertura dei propri spazi, progetti e servizi all’incontro inatteso con altre competenze e risorse che si muovono sul territorio, provando a sperimentare forme di collaborazione attorno a un problema comune.

c.       La terza condizione è di ordine culturale e formativo e riguarda la necessità di nutrire il proprio sguardo attraverso la ricerca della bellezza e delle domande di senso, cercando – in questa direzione – alleanza con chi è sintonizzato su questo stesso piano di ricerca, selezionando incontri con testimoni autorevoli del nostro tempo, frequentando proposte culturali, artistiche, spirituali con le quali interagire insieme ai giovani con i quali si intende operare.

3. Costellazioni tematiche che possono risultare particolarmente in grado di generare una riflessione che dalla particolarità delle esperienze ci può consegnare spunti e significati più generalizzabili.

a.       La prima riguarda due categorie rilevanti nel dibattito antropologico contemporaneo: la capacitazione da una parte e l’aspirazione, la capacità di aspirare dall’altra. Sappiamo, grazie al contributo di Appadurai, che la capacità di aspirare è quella competenza culturale che rintraccia il futuro nel quotidiano, prendendo forma, nella prassi, attraverso la ricerca di soluzioni possibili ai problemi concreti che investono la vita dei soggetti.

b.       La seconda è la costellazione che comprende le nuove frontiere della collaborazione e della condivisone. Proveremo a sfogliare questi termini nelle loro inevitabili ambivalenze, cercando di capire cosa significhi oggi collaborare e condividere e come queste pratiche stiano, per certi aspetti, mettendo in discussione i confini, le appartenenze, le delimitazioni di campo: tra formazione e lavoro, tra gioco e impegno, tra gruppalità e individualità, tra solidarietà e competizione, ad esempio.

c.       La terza costellazione si addensa attorno alle retoriche della generatività. Proveremo a capire quali contesti e quali modalità esperienziali risultano maggiormente generativi, ovvero capaci di generare cambiamenti, impatti, trasformazioni che investono sia i soggetti che ne sono coinvolti come protagonisti, sia gli ambienti sociali che ne sono attraversati.

4. Snodi e dubbi nel cambiamento di sguardo.
a.       Il primo punto investe la questione della disparità, delle diseguaglianze, dei veri e propri solchi che si stanno aprendo nella società e quindi anche – e forse in forme ancora più accentuate – all’interno dei mondi giovanili. Dare attenzione ai movimenti, alle forme più creative e generative che caratterizzano i mondi giovanili, non può farci dimenticare la diseguale distribuzione delle vulnerabilità che ci caratterizza.

b.       il secondo punto di attenzione riguarda il rapporto tra innovazione e inclusione: come e se diventa possibile innovare le pratiche di inclusione – tornando a interrogare il significato possibile dell’essere inclusi oggi – così come interrogarsi sulla possibilità che nell’innovazione trovi spazio la capacità di inclusione, il coinvolgimento di chi ha meno voce e meno strumenti per accedere a contesti capacitanti. Si tratta di provare a comprendere come non fermare una sana tensione all’innovazione che abbia con sé la capacità e gli strumenti di «garanzia» tali da permettere di tenere il passo anche a chi è più distante, più lontano, con meno possibilità

c.       Terzo punto di attenzione riguarda la relazione tra eredità e prefigurazione.

5. tagli tematici, ovvero questioni non rinunciabili per lavorare ancora con i giovani.
a.       In prima istanza troviamo i luoghi che ci sembra stiano tornando a essere una presenza cruciale.

b.       La seconda focalizzazione riguarda specificamente il cambiamento che investe il modo di apprendere e di produrre sapere, proprio con particolare riferimento al rapporto tra esperienza e conoscenza.


c.       Una terza focalizzazione coinvolge un aspetto che appare sempre meno presente nelle rappresentazioni sociali dominanti e nel campo di visibilità: l’impegno politico, l’agire sociale.

lunedì 20 febbraio 2017

CONVERSIONE COMUNITARIA




Paolo Cugini


Ogni anno la quaresima ci permette di compiere nuovi passi nella direzione del Signore. Le letture proclamate, le occasioni di ritiri spirituali, di Lectio e altri momenti spirituali, ci consentono di rivedere le nostre scelte affinché la nostra vita sia sempre più aderente alla volontà del Signore. Ogni quaresima è, per certi aspetti, un nuovo inizio, un nuovo ritorno alle origini, per ritornare da dove eravamo partiti. Siamo tutti nati dal battesimo, dall’immersione nella vita di Cristo.

San Paolo, a proposito del battesimo, ci ricorda che: noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo” (1 Cor 12,13). È un’affermazione che Paolo pone all’inizio dell’argomentazione della Chiesa come un corpo nel quale tutti hanno posto e un ruolo. L’idea di Paolo è che il corpo, che è la Chiesa, vive nella misura in cui tutti i membri vivono conforme al dono ricevuto. I battezzati sono chiamati a formare il corpo di Cristo, a rendere visibile nel mondo lo stile di Gesù. Questa idea è ben differente da quella che ci siamo fatti, vale a dire, di un sacramento che riceviamo come un dato sociale, come qualcosa che bisogna avere per fare in modo che qualcuno non si senta diverso dagli altri. Seguendo la logica del discorso di Paolo, il sacramento del Battesimo andrebbe celebrato all’interno della vita della comunità, per fare in modo che sia visibile il senso comunitario del sacramento.

Recuperare la dimensione comunitaria del Battesimo comporta tutta una serie di attenzioni, che potrebbero aiutarci nel cammino di conversione di questa quaresima. Se il Battesimo è intrinsecamente legato alla comunità, allora, dovremmo prestare maggior attenzione a come viviamo l’eucarestia domenicale. È poco evangelico e molto mondano “prendere” la messa dove ci fa più comodo e all’orario che più è consono ai nostri impegni. Per chi ragiona in questo modo è palese che la messa sia vista come un dovere di secondaria importanza, da collocare dopo le cose primarie. Coloro che hanno assunto un impegno nella comunità – catechisti, educatori, ministri dell’Eucaristia, ecc. – non dovrebbero essere assenti alla messa domenicale della comunità. È, infatti, attorno al banchetto eucaristico che la comunità trova e plasma la sua identità, il senso della propria direzione. È nella messa della comunità che le persone hanno la possibilità d’incontrarsi, di ascoltare la stessa Parola, di manifestare la propria fede, di costruire assieme quel Copro al quale appartengono in virtù del Battesimo. Come l’anima ha bisogno del corpo per esprime ciò che sente, così la Chiesa ha bisogno dei suoi membri per crescere e rendere visibile l’amore che la anima.

Durante questa quaresima siamo invitati ad un cammino di conversione comunitaria, che dovrà mettere in discussione anche le nostre abitudini. Conversione da un modo individualista di considerare la fede, per camminare insieme verso uno stile più comunitario, più conforme allo stile vissuto e insegnato da Gesù. Dalla comunità eucaristica è più facile comprendere il senso di una vita spesa per gli altri, una vita donata per amore; è più facile comprendere il motivo di scelte radicali, di scelte che vanno nella direzione del dono totale di sé. Fino a quando rimarremo chiusi nei nostri gusci, difficilmente sapremo compiere dei passi verso gli altri, dei passi nascosti, senza il bisogno di riflettori. Fino a quando gestiamo la nostra fede come gestiamo qualsiasi cosa della nostra vita, difficilmente sapremo apprezzare ciò che Dio ci vuole mostrare attraverso la vita comunitaria. Quaresima vuole dire anche questo: scoprire l’evidenza nascosta dalle nostre abitudini erronee.   

venerdì 10 febbraio 2017

PAPA FRANCESCO AMORIS LAETITIA, CAPITOLO 6: ALCUNE PROSPETTIVE PASTORALI

SINTESI





Sintesi: Paolo Cugini

Sintesi del capitolo 6 dell’Amoris Laetitia di Papa Francesco, presentata all’incontro dei preti del Vicariato Urbano venerdì 10 febbraio 2017 a Pieve Modolena.

Saranno le diverse comunità a dover elaborare proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della Chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali (199)
 Il principale contributo alla pastorale familiare viene offerto dalla parrocchia, che è una famiglia di famiglie, dove si armonizzano i contributi delle piccole comunità, dei movimenti e delle associazioni ecclesiali (202)

GUIDARE I FIDANZATI NEL CAMMINO DI PREPARAZIONE AL MATRIMONIO

1.       Maggior coinvolgimento della comunità nel cammino di preparazione
2.      Radicare il percorso formativo nel cammino dell’iniziazione cristiana
3.      Si è parimenti evidenziata la necessità di programmi specifici per la preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di partecipazione alla vita ecclesiale e approfondiscano i diversi aspetti della vita familiare
Non si tratta di dare loro tutto il Catechismo, né di saturarli con troppi argomenti.
·         È inoltre trovare i modi, attraverso le famiglie missionarie, le famiglie stesse dei fidanzati e varie risorse pastorali, per offrire una preparazione remota che faccia maturare il loro amore con un accompagnamento ricco di vicinanza e testimonianza.
·         Sono spesso molto utili i gruppi di fidanzati
·          proposte di conferenze facoltative su una varietà di temi che interessano realmente ai giovani. 
·         sono indispensabili alcuni momenti personalizzati
·         Contributo della pastorale popolare (San Valentino)
·         I fidanzati dovrebbero essere stimolati e aiutati a poter esprimere ciò che ognuno si aspetta da un eventuale matrimonio, il proprio modo di intendere quello che è l’amore e l’impegno, ciò che si desidera dall’altro, il tipo di vita in comune che si vorrebbe progettare.
·         Molti arrivano alle nozze senza conoscersi
Preparazione della celebrazione
·         Scegliere un festeggiamento semplice e sobrio, per mettere l’amore al di sopra di tutto
·         Occorre arrivare al matrimonio dopo aver pregato insieme

ACCOMPAGNARE NEI PRIMI ANNI DELLA VITA MATRIMOIALE (217-230)
·         È importante la presenza di coppie con esperienza che possano affiancare quelle più giovani
·         Coltivare la spiritualità familiare
·         Valorizzare l’anniversario di matrimonio
·         Aiutare le giovani coppie a darsi il tempo per coltivare la loro relazione
·         Aiutare i giovani sposi a crearsi delle proprie abitudini, rituali quotidiani condivisi
·         Aiutare le giovani coppie a creare spazi di preghiera familiare
·         Tutta la pastorale familiare dovrà lasciarsi modellare dall’ascolto della Parola di Dio
·         Ritiri brevi per sposi
·         Riunioni su problematiche della famiglia
·         Sfruttare le occasioni esistenti: battesimo figlio; benedizioni; visita di un’immagine della Vergine
RISCHARARE CRISI, ANGOSCE E DIFFICOLTA’ (231-2529)
1.       La sfida delle crisi (232-238)
v  Non si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici in modo nuovo.
v  Non bisogna rassegnarsi ad una curva discendente
v  I coniugi esperti e formati devono essere disposti ad accompagnare altri in questa scoperta, in modo che le crisi non li spaventino
v  Ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare
v  Per affrontare una crisi bisogna essere presenti
v  Bisogna aiutare a scoprire le cause più nascoste nel cuore dei coniugi
v  Diversi tipi di crisi:
·         Crisi comuni (arrivo di un figlio; adolescenza dei figli; nido vuoto; vecchiaia dei genitori)
·         Crisi personali (difficoltà economiche, lavoro, affettive, sociali)
v  Occorre saper mettere sul campo la faticosa arte della riconciliazione
v  Oggi basta pochissimo per rompere una relazione
v  Urgente: un ministero dedicato a coloro la cui relazione matrimoniale si è infranta

2.      Vecchie Ferite (239-240)
Ø  La propria infanzia e la propria adolescenza vissute male sono terreno fertile per crisi personali che finiscono per danneggiare il matrimonio
Ø  Rapporto con i propri genitori
Ø  Occorre realizzare un cammino di cura della propria storia
Ø  Riconoscere la necessità di guarire, di accettare aiuto e cercare nuove motivazioni
Ø  Occorre anche interrogarsi sulle cose che uno potrebbe personalmente maturare

3.      Accompagnare dopo le rotture e i divorzi (241-246)
§  Ci sono casi in cui bisogna riconoscere che la separazione è inevitabile
§  La separazione dev’essere considerata come estremo rimedio
§  Pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso centri di ascolto specializzati
§  Ai divorziati che vivono una nuova unione è importante far sentire che sono parte della Chiesa
§  Rendere agili e gratuite le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità
§  Il vescovo è giudice tra i fedeli a lui affidati
§  Preparazione di un personale composto di chierici e laici che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale
§  Cura dei genitori separati. Aiutarli a non prendere come ostaggio i figli
§  Le comunità cristiane non devono lasciare soli i genitori divorziati che vivono una nuova unione

4.      Alcune situazioni complesse (247-252)
o   Matrimoni misti con cristiani
o   Matrimoni misti con disparità di culto: luogo privilegiato di dialogo interreligioso
o   Fare in modo che la libertà religiosa sia rispettata nei confronti di tutti
o   Accesso al battesimo di persone che si trovano in una condizione matrimoniale complessa. Ruolo dei vescovi
o   Famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, che va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto
o   Famiglie monoparentali

QUANDO LA MORTE PIANTA IL SUO PUNGILIONE (253-258)
*      A volte la famiglia è interpellata dalla morte di una persona cara
*      Coloro che non possono contare sulla presenza di familiari a cui dedicarsi e dai quali ricevere affetto e vicinanza devono essere sostenuti dalla comunità cristiana
*      Pregare per i morti

PPer comprendere la proposta pastorale del Capitolo 6, è necessario far riferimento ad alcune chiavi di lettura dell'Amoris Laetitia presenti nel capitolo 8: Accompagnare, Discernere, e integrare la fragilità. Qui di seguito alcune idee chiave del capitolo 8 e alcune citazioni.

Chiavi di lettura (si trovano nel Cap. 8)
·         Legge della gradualità
·         Primato della persona sulla legge
·         Principio dell’integrazione e dell’inclusione
·         Nessuna condanna
·         Discernimento personale e pastorale
·         Innumerevole varietà di situazioni concrete
·         Grado di responsabilità
·         La logica della misericordia pastorale
·         Ci sono circostanze che attenuano la responsabilità morale
·         Peso dei condizionamenti concreti
·         Coinvolgimento della coscienza delle persone nella prassi della Chiesa
·         Universale/particolare

CITAZIONI DAL CAP. 8

-          Poiché il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi (300).

-          Bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore e proporre una sempre maggiore fiducia nella grazia (303)

-          È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano (304)

-          È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari (304)

-          Un pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni irregolari (305)

-          E’ possibile che dentro una situazione oggettiva di peccato- che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa (305)

-          In qualunque circostanza davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis (306)

-          Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti ne segue che, senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno, lasciando spazio alla misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile (308)

-          I pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti (309)

-          A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale (311)

giovedì 2 febbraio 2017

IL DIFFICILE RAPPORTO TRA I GIOVANI E LA FEDE





ALLA RICERCA DI UN SENSO DELLA VITA

Paolo Cugini



Non c’è bisogno di ricorrere alle statistiche per capire la difficoltà che oggi la Chiesa incontra nel tentativo di evangelizzare i giovani. Sono tante le cause di questo allontanamento dei giovani dalla fede. Senza dubbio, il processo di scristianizzazione dell’Occidente ha creato quel clima sempre più secolarizzato che non permette alle giovani generazioni di identificarsi immediatamente con i valori del Vangelo. C’è uno scollamento progressivo tra la proposta cristiana e il mondo Occidentale, che sta sempre di più andando verso una deriva materialista. Il consumismo esasperato degli ultimi decenni diffusosi nel mondo Occidentale, è divenuto lentamente la vera religione, il nuovo culto con i suoi adepti e i suoi sacerdoti. Culto materialista che, facendo leva sull’immediatezza dei sensi crea, alla distanza, un vuoto di riflessione e di pensiero. È all’interno di questo vuoto che occorre spingere la nostra riflessione, per tentare di comprendere gli spazi che restano per una proposta plausibile di fede. Questo vuoto, infatti, che è allo stesso tempo culturale e spirituale, era per certi aspetti stato profetizzato da coloro che annunciavano il nichilismo. Nietzsche, già alla fine dell’’800, annunciava la morte di Do, vale a dire, la fine del mondo dei valori prodotti dal cristianesimo. Sulla stessa linea si era mosso qualche decennio dopo Martin Heidegger, quando preconizzava l’Occidente come storia della fine della metafisica. Recentemente Gianni Vattimo, prendendo spunto dai due filosofi tedeschi sopra citati, ha affermato che la croce di Cristo è il simbolo dell’annuncio del nichilismo nell’Occidente. La croce, infatti, simbolizza la morte di quell’Essere che la filosofia Occidentale, in altre parole la metafisica classica, aveva indicato come fondamento della realtà sensibile. Ebbene, proprio in quell’atto supremo che i cristiani indicano come completamento della vita terrena di Gesù, diviene nient’altro che l’annuncio definitivo della fine di ogni significato dell’esistenza, vale a dire l’annuncio del nichilismo. Secondo Vattimo, paradossalmente è stato proprio il cristianesimo, e cioè la religione che per antonomasia ha inventato il senso della vita, a divenire la fine di ogni significato dell’esistenza.
Quel grido disperato che usciva alle pagine di Nietzsche e, in modo particolare, dal famoso aforisma 625 della Gaia Scienza, oggi, nel contesto di un mondo secolarizzato, quel grido non fa più nessuno scalpore. Non esiste più una cultura cristiana nel senso stretto del termine, ovvero un mondo cristiano nel quale le persone s’identificano. È vero che ancora oggi molte persone chiedono di battezzare i loro figli e di ammetterli ai sacramenti. È altrettanto vero, però, che questa richiesta non è per nulla accompagnata da un’appartenenza ecclesiale. Si tratta, dunque, di un fatto culturale più che ecclesiale o addirittura spirituale. La poca aderenza ai valori religiosi, spesso e volentieri triturati dal materialismo consumista, che ne stravolge il senso trasformandoli in situazioni di folclore spesso di cattivo gusto, non permette alle giovani generazioni di percepire l’autenticità del messaggio evangelico. Dall’altra parte, poi, a peggiorare la situazione, c’è anche quella fetta di Chiesa tradizionalista che non riuscendo ad accompagnare l’evoluzione della storia, vive trincerata nel passato, non permettendo alcuna forma di attualizzazione. Sena dubbio, la cristianità in Occidente non è più il riferimento valoriale della cultura dominante. I giovani non nascono più in famiglie praticanti, in un contesto quasi totalmente religioso. Lentamente e progressivamente l’essere cristiani e l’appartenere ad una comunità cristiana sta divenendo sempre di più una scelta. Questo non è male, anzi. Il processo di secolarizzazione in atto, se in apparenza può sembrare deleterio per la religione, in realtà permette al cristianesimo di recuperare la propria identità. Il cristianesimo, non è infatti nato per essere la religione di un impero, ma una proposta di vita. Il Vangelo presenta delle proposte esigenti e radicali, che esigono ponderazione e, soprattutto, un lento cammino di conversione e di adeguamento al progetto proposto. In questa prospettiva, la comunità cristiana deve sempre di più abituarsi a vivere nel modo come una minoranza, il cui valore non stara più quindi nel numero, ma nella qualità della sua proposta e del suo stile di vita. Quando il battesimo dei bambini e la sacramentalizzazione smetterà di essere un fenomeno obbligatorio e di massa, sarà il segno evidente che il processo di secolarizzazione e di scristianizzazione della cultura Occidentale, è arrivato al termine.

Questa nuova situazione culturale ha prodotto una nuova visone del mondo. Più che prospettive future, valgono le situazioni che nel presente l’individuo può sfruttare. L’identità non si forma più per poter vivere per sempre i valori scelti, ma per poter usufruire il massimo del presente. Visione del mondo che attinge tutti gli aspetti della vita, dalla politica alla religione, dalla società alla vita quotidiana. Questa nuova visone del mondo non ha più al centro Dio o i valori metafisici come in quella precedente, ma la materia, le cose che consumiamo. Al centro c’è dunque, il soggetto e i suoi bisogni immediati, che dipendono dalla cultura in cui una persona vive. Se i valori erano assoluti, i bisogni, al contrario, sono relativi al luogo e alla cultura di appartenenza. C’è una grande mobilità di situazioni in cui l’individuo si trova immerso, per cui accanto alla rapidità dei cambiamenti culturali in atto, l’individuo è sollecitato alla capacità di adattamento alle nuove situazioni. Ancora una volta mi preme sottolineare che in questa nuova visione del mondo venutasi a formare negli ultimi decenni e che è ancora in formazione, i valori assoluti non sono determinanti, anzi spesso costituiscono un ostacolo per l’adattamento alle nuove situazioni che è richiesto. Un dato che può essere considerato segno specifico di questo nuovo culturale è il movimento costante di milioni di persone. Le migrazioni sono ormai un fenomeno che non avviene solamente nei paesi poveri verso i paesi ricchi, ma questo movimento avviene anche all’interno degli stessi paesi cosiddetti ricchi. Se l’antica visione del mondo era caratterizzata dalla stabilità delle persone nel loro territorio, stabilità che generava tradizioni e valori locali percepiti come assoluti e inviolabili, ben diversamente è la percezione dei valori in un simile contesto di continuo movimento. Lo sradicamento sociale, culturale e religioso è uno dei fattori che dicono della condizione umana in questo nuovo quadro culturale. Le nuove generazioni nascono e si muovono in questo contesto in continuo movimento, nel quale non ci sono valori e tradizioni che fondano la cultura, ma una pluralità, che spesso è discordante e dissonante, di elementi che divengono significativi nella misura che rispondono ai bisogni del presente.

All’interno di questa nuova visione del mondo la Chiesa fa fatica a trovare il passo giusto nel cammino della nuova evangelizzazione. Paga lo scotto di secoli di pesantezza secolare, secoli duranti i quali ha cercato più la presenza politica che lo stile evangelico. Ha assaporato così a lungo l’ebrezza di essere la maggioranza e di contare qualcosa, che non riesce a prendere le distanze da questa ubriacatura. In realtà, da diversi parti ci sono esperienze significative di comunità cristiane che tentano di vivere il Vangelo, incarnandolo nel loro vissuto quotidiano. Sono esperienze che non fanno rumore e notizia, ma che dicono della possibilità di vivere la proposta di Gesù. Segnale positivo è anche la figura di Papa Francesco: i suoi gesti e le sue parole rimettono la Chiesa nel cammino di un Concilio troppo alla svelta messo nel dimenticatoio. Il problema è come aiutare i giovani a percepire nel Vangelo una proposta reale di vita diversa da quella che offre il mondo. Come presentare un cammino che conduce a scelte definitive in un contesto culturale nel quale il per sempre e il definitivo sono percepiti come disvalori? Più che ad eventi eclatanti, anche se esperienze simili possono essere positive, quello che una comunità cristiana può fare consiste nell’aiutare i ragazzi a mantenere i piedi per terra, a rimanere a contatto con la realtà in tutte le sue forme, comprese il dolore, il sacrificio, la sofferenza. Se, infatti, la cultura postmoderna tende a proporre continui e vari modelli, spingendo le persone a decisione rapide che non richiedono una riflessone molto profonda, il Vangelo, al contrario, per essere assimilato ha bisogno di tempo e di un contatto costante con la realtà. Forse è questa la sfida maggiore, vale a dire quella di non perdere di vista la realtà, per non finire intrappolati nella rete virtuale di proposte allettanti, ma che non permettono alle persone d’incontrare se stesse e di vivere in autenticità.