martedì 30 aprile 2024

FENOMENI SATURI DI DIVINO

 




Paolo Cugini

 

Se il divino si manifesta nello spazio dei fenomeni fisici e quindi anche nell’orizzonte umano, perlomeno è questo che la fenomenologia della religione ci insegna da anni, significa che non c’è bisogno di sacralizzare il fenomeno. Che cos’è infatti ciò che chiamiamo sacro? È il rivestimento umano delle manifestazioni del divino, o perlomeno, è il tentativo umano di circoscrivere il divino. Il sacro, infatti, nasce dalla mentalità religiosa che, come ci ha ricordato Rudolf Otto, è un sentimento che manifesta la relazione dell’uomo con quei fenomeni misteriosi che non trovavano una spiegazione logica. L’esplosione di vulcani, i terremoti, i fulmini, ma anche la presenza di bestie feroci, che terrorizzavano il villaggio: insomma, tutto ciò che creava un sentimento di timore individuale e collettivo provocava la necessità di proteggersi da queste forze irrazionali. È a questo punto del percorso umano che nasce la percezione di una realtà che è al di fuori delle possibilità umane e che devono essere escogitati degli strumenti, da una parte per proteggersi da quello che nei diversi popoli e con diversi nomi possiamo indicare con “Dio”; dall’altra, per ottenere benefici da questa forza misteriosa che l’uomo non può controllare, ma solo attutitire attraverso riti.

Secondo gli studiosi di quella corrente di pensiero teologico sorta recentemente chiamata post-teismo, l’idea di Dio così come l’ho brevemente descritta, sorge molto tempo dopo l’apparizione dell’uomo e della donna sulla terra. Ciò significa, secondo la loro ricerca, che l’uomo e la donna hanno vissuto molto più tempo senza Dio che con il divino. Sappiamo che la ricerca storica, archeologica che analizza la situazione della preistoria è molto scarsa di dati e anche un’affermazione come questa non è per nulla documentabile, ma può essere fatta solo per supposizioni. In ogni modo, può essere utile per comprendere che l-idea di Dio così come ´utilizzata in tutti i popoli non è un dato obiettivo, ma una costruzione umana, che risponde a necessità specifiche. Questo è, perlomeno, l’idea che emerge dagli studi post-teistici e che corrispondano alle affermazioni dei primi filosofi della Grecia antica come Senofonte. Seguire in modo radicale questo pensiero porterebbe ad affermare l’esclusione della possibilità di una rivelazione, di contenuti, cioè, che verrebbero da altrove e che s’imporrebbero alla nostra coscienza. Il problema è capire se la ricerca storico-critica può andare per altri percorsi nella ricerca delle origini dell’esperienza religiosa e, in modo particolare, se è possibile argomentare sulla religione a partire da quegli eventi, quelle situazioni che presentavano degli aspetti non totalmente spiegabili con la ragione umana.

Diceva Jean Luc Marion che esistono fenomeni saturi che lasciano intravedere una presenza che è qualitativamente diversa e che provoca la ricerca verso il significato di questa qualità, di questa diversità. E’ in questo modo che è possibile cogliere fenomenologicamente il sacro. Questo tipo di percorso ammette la presenza di dati rivelati. Ci sono dei contenuti che vengono da altrove: è questa l’esperienza di coloro che incontrano fenomeni saturi, il cui contenuto non è possibile spiegare solamente con i dati della ragione e della scienza. C’è qualcosa di più, di qualitativamente inspiegabile, qualcosa che non sembra appartenere a questo mondo. I post-teisti ci ricordano che il paradigma teista sorge all’interno di un contesto culturale in cui esiste un cielo come luogo separato dalla terra e che dopo la rivoluzione copernicana il cielo non esiste più. Possiamo anche essere d’accordo su questa analisi, ma ciò non toglie la percezione di elementi che hanno caratteristiche che sfuggono ai dati a nostra disposizione: vengono da altrove.

Secondo Marion: “Una rivelazione merita questo titolo solo perché rimane incommensurabile per coloro che la accettano”. Quello che propone Marion è un cammino nel quale vale la pena entrare, perché provoca una riflessione su quello che, in modo generico, viene definita un’esperienza religiosa che, a suo dire, non può che essere un’esperienza di rivelazione.

 

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