mercoledì 22 febbraio 2023

VENERDI 24 FEBBRAIO A RENAZZO PREGHIERA PER LA PACE ORE 21

 


A un anno dalla scoppio della guerra in Ucraina ci troviamo tutti in chiesa a Renazzo per chiedere il dono della pace.

COS’E’ IL PRINCIPIO ANTROPICO?

 




 

Relatore: Amedeo Balbi

Sintesi: Paolo Cugini

 

È un’idea che circola da decenni.

Antropico: deriva dal greco, è qualcosa che ha che fare con gli esseri umani. Caratteristiche dell’universo legato agli esseri umani.

Il PA non è un principio esatto, Il primo a chiamarlo così è stato Carter nel 1973. Secondo lui quando guardiamo l’universo dobbiamo tener conto del fatto che c’è qualcuno che l’osserva.

Il nome antropico non è una scelta felice. Sarebbe più giusto chiamarlo: effetto di selezione. Il PA non è una grande idea, perché non spiega molte cose. A partire da questa formulazione le cose hanno preso una piega un po' confusa.

La vita si adatta alle condizioni che trova.

PA forte: le caratteristiche dell’universo devono essere tali da produrre un osservatore. L’universo è fatto apposta perché ci sia alcuno ad osservarlo. Secondo Balbi questa più che essere un’osservazione fisica è un’analisi di tipo filosofico-metafisico.

Il PA forte non è un’ipotesi scientifica perché non può essere verificato e non spiega nulla del modo in cui è fatto l’universo e perché contiene la vita.

PA debole: osservatori possono esistere nell’universo là dove si verificano determinati requisiti fisici

 

 

sabato 18 febbraio 2023

PRETI E MINISTERI

 




Paolo Cugini

 

Da quello che mi sembra di aver capito nella mia esperienza di pastore di comunità è che il problema dei ministeri è nella testa dei preti. Per come è impostata la parrocchia in Italia è molto difficile stimolare il laicato, perché la parrocchia è da sempre identificata con il parroco che, di conseguenza, fa fatica a delegare, perché quando lo fa sente di perdere il controllo. Questo problema ecclesiale lo si nota anche nelle così dette unità pastorali, in cui, invece di accompagnare le singole comunità parrocchiali, le si gestisce come un’unica parrocchia. Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che nella Chiesa popolo di Dio tutti i fedeli sono chiamati a partecipare attivamente. Anche nelle prime comunità, così come sono descritte negli Atti degli Apostoli e nelle lettere di Paolo, i cristiani sono attivi e partecipi nelle comunità. I ministeri, quindi, dovrebbero essere una logica conseguenza della vita della comunità dei battezzati in Gesù Cristo.

Il problema è che non trovano spazio, perché nonostante la scarsità del clero, è già tutto occupato da loro e non c’è verso di farsi da parte: non ci riescono, è insito nel loro DNA occupare tutti gli spazi della comunità. Il cambiamento, ancora una volta, non verrà dall’alto, da delle decisioni magisteriali, ma dal basso, dallo spazio che i laici e le laiche sapranno prendersi. Papa Francesco lo ha ricordato nel primo documento che ha scritto Evangelii Gaudium: prendete l’iniziativa. Coraggio sorelle e fratelli: la comunità vi aspetta. 

Credo in Dio che custodisce la vita: la cura

 




PARROCCHIE DI: BEVILACQUA, DODICI MORELLI, GALEAZZA, PALATA PEPOLI

 

CICLO DI INCONTRI: IL CREDO DELLE DONNE


 

Venerdì 17 febbraio 2023

 

Relatrice: Lidia Maggi

 

Sintesi: Paolo Cugini

 

Proviamo a ridire le parole della fede. C’è un Dio che continua a prendersi cura di un Dio della vita, della storia.

La storia è abbandonata a se stessa? Oppure è accompagnata da un progetto? Dio si prende cura con la Parola che ci viene consegnata. Siamo stati creati con una voce che ci ha riconosciuto. Siamo affidati ad una Parola che per noi è di Dio. È una parola che ci strappa al nostro monologo ed è una parola che dice di tante voci, ci consegna delle narrazioni. Una Parola che ci circonda. Il canone biblico mette in scena una Parola dove Dio parla direttamente, dall’alto. Una Parola altra, che non ci appartiene, ma che comunica un messaggio per noi.

Poi c’è la parola dei profeti, che sono la bocca di Dio. Cercano di ridire la Parola nelle faccende storiche dove Israele s’incarta, per provare a trovare senso. Spesso i profeti usano un linguaggio del corpo. Poi ci sono i Sapienziali, in cui Dio parla attraverso la vita laica.

Tutte le volte che assolutizziamo un’immagine di Dio, rischiamo di farci un idolo. Rischio di fissarci su di un’immagine. Nella Bibbia troviamo mille modi di dire Dio. Occorrono tanti sguardi per dire Dio. Per troppo tempo Dio è stato detto in modo univoco, al maschile. Siamo diventati tutti un po' più ricchi quando abbiamo scoperto voci nuove, parole nuove. Una Parola che è un discorso complesso, non è Babele, non è un pensiero unico.

Dio che si prende cura: ci sono tante immagini. Alcune di queste sono legate alla genitorialità: Is 49: può una madre dimenticarsi del figlio? Dio viene raffigurato dal profeta come una madre che non può dimenticarsi dei figli.

Dio Padre. Gesù quando mette in scena il Dio che si prende cura lo fa per rialzare quelli che si sentono inutili. Uno sguardo diverso del potere capovolto. Gesù utilizza l’immagine della paternità per liberare dall’ansia di sopravvivere. Pensare che la vita è bella e Dio, come Padre, se ne prende cura. Si può entrare nella vita con fiducia.

Gesù vede la donna e la chiama a sé e le dice parole che le offrono visibilità. Attraverso il tocco che la confermano come donna liberata e diventa una predicatrice. Il gesto di cura di Gesù è un gesto di liberazione.

Esodo: è una grande storia di cura, perché è una storia di liberazione. Dio chiede aiuto a Mosè per liberare il suo popolo. A Mosè viene affiancato suo fratello Aronne. Prima di questo c’è un preambolo che mette in scena un pasto. Ci sono due donne che hanno ricevuto l’ordine di uccidere i bambini, ma non obbediscono all’ordine del faraone, e ascoltano la loro vocazione e custodiscono la vita.  Quando Dio entra in scena al capitolo tre di Esodo sembra richiamare i gesti che hanno fatto le donne nel capitolo precedente. È un Dio che sembra avere appreso la grammatica della liberazione attraverso le donne. C’è un’epopea di liberazione con un Dio vigoroso, condottiero. Dall’altra parte, c’è un Dio che si prende cura attraverso le braccia di levatrici. Il Dio della libertà: occorre mettere in atto una molteplicità diverse. In questa narrazione troviamo lo sguardo maschile e femminile. Anche Gesù fa lo stesso.

Lo si coglie quando Gesù cita il salmo 22 sulla croce: mio Dio perché mi hai abbandonato? Per ritrovare fiducia non basta la memoria collettiva, ma è necessaria la memoria personale dove l’immagine del divino è l’immagine di una levatrice: Cfr. Sal 22,9. Dio che si prende cura; Sal 91. Gesù riprende questa immagine del salmo come un lamento verso Gerusalemme. C’è una volontà di cura, che non sempre sono antropomorfiche.

C’è l’immagine della responsabilità nel gesto di cura c’è Dio. Il libro di Rut c’è l’esperienza di un Esodo laico. C’è una comunità che agisce e si assume la responsabilità di nutrire.

Sal 22: il pastore è un’immagine maschile. Però, Gesù accosta l’immagine della moneta, un’immagine femminile.

Dio ci consegna narrazioni, che ci risollevano dal sentirci impotenti. Dio custodisce il mondo con la cura.

Nei primi 11 capitoli della Bibbia c’è un Dio che continuamente ricrea il mondo. Dio riapre continuamente una possibilità. Quando l’umanità si perde, Dio la ricerca. Quando il mondo sembra implodere nel diluvio, Dio chiama un uomo per far riprendere la vita.

Fatica di una comunicazione che non sia semplicemente eco della mia voce. È in scena un Dio che offre continuamente una possibilità. È il Dio delle seconde volte più radicale. La vita risorge quando il peccato è perdonato, quando ci scambiamo misericordia, quando ci riconciliamo. Il Dio che si prende cura è il Dio che mi chiama. Dio riapre continuamente la vita. È il Dio delle seconde volte. È un Dio che riapre il giardino. Il Dio della cura è un Dio che non esclude.

Il Dio che continuamente ricrea e non si rassegna a tutte le chiusure.

Il tema del Dio personale, della relazione e del luogo privilegiato della Parola, non esclusivo. La Parola è umana e ci apre all’altro. Ci sono due opportunità per non farci delle immagini di Dio. Dove moltipliche le immagini crei delle possibilità di linguaggio.

 

 

lunedì 13 febbraio 2023

VOTA IL VERSETTO PER LA VEGLIA DI PREGHIERA PER LE VITTIME DELL'OMOTRANSFOBIA 2023

 







Vota anche tu il versetto biblico che unirà anche quest'anno le veglie di preghiera e i culti domenicali che ricorderanno le tante vittime della violenza dell’omo-transfobia in occasione del 17 maggio (Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, IDAHOT) che leveranno insieme la loro voce per dire “no” alla violenza dell’omo-transfobia. Si potrà votare sino alla mezzanotte di domenica 26 febbraio 2023 cliccando on line sul link https://forms.gle/FyCWfxcG8J1YcJZH9 Aiutaci a dare voce alla speranza @ tendadigionata @ Commissione fede Genere e Sessualità delle chiese Battiste , Metodiste e Valdesi

venerdì 10 febbraio 2023

CREDO IN DIO CHE GENERA LA VITA

 



PARROCCHIE DI BEVILACQUA, GALEAZZA, DODICI MORELLI e PALATA PEPOLI (BO)


CICLO DI INCONTRI: IL CREDO DELLE DONNE 



 

Relatrice: Lidia Maggi

Sintesi: Paolo Cugini

 

Alcune parole che hanno caratterizzato il nostro cammino si sono usurate. Occorre cercare altre parole. A volte si è più fedeli alla tradizione quando si ricercano parole in grado di dire nell’oggi della storia il mistero.

Il generare rimanda all’attività che le donne conoscono attraverso l’esperienza del generare. Nel linguaggio biblico non è una storia astratta, ma è storia generata, partorita. Non a caso si parla di generazioni: toledot. I nostri padri e madre della fede attraversano una sterilità che deve essere liberata.

Per generare la vita bisogna pensare che non tutto sia facile. Gen 1: si scopre che l’immaginario ricevuto dalla tradizione ci permette di intuire qualcosa su Dio e l’umanità. C’è un Dio che tratta la vita alla morte, che fa risorgere la vita. Pensiamo che lì tutto abbia inizio, si parla di creazione dal nulla, ma non è così. Dio sceglie la vita e a lottare per questa vita. Un Dio che genera la vita è un Dio che sente la passione della vita da affrontare tutti i rischi della morte.

C’è il vuoto, le tenebre e c’è un vento fortissimo. Quando si parla di vuoto, di tenebre e di abisso si descrive una crisi. Entra in scena un Dio che grida la vita. Il primo atto di Dio è un sì alla vita di fronte ad una serie di segnali di morte. C’è la preoccupazione di raccontare qualcosa sul senso dell’esistenza. Nel linguaggio biblico quando non si vuole semplificare le cose si dice che bisogna andare al principio, all’inizio. Bisogna andare a fondo. Smettere di cercare la risposta facile, ma di andare a fondo, scavare. Andare a fondo sulla nostra umanità e su Dio che sente una grande passione per la vita. Il sì di Dio della vita si manifesta attraverso la Parola che dice relazione. Una Parola capace di entrare in comunicazione, di creare relazioni. C’è un gesto che separa, distingue. L’atto creativo di Dio chiama alla vita. La prima pagina della genesi è un cantico che inneggia alla vita. Preservare la biodiversità è un elemento importante per assicurare la vita. Dio dà spazio ad ogni elemento. Ci sono elementi di morte che Dio non elimina, ma dà spazio ad ogni elemento. Dio non elimina il buio. L’anti creazione è il diluvio. Dio separa, ma non elimina il negativo: gli dà uno spazio. Cosa sarebbe la luce senza il buio? La differenza diventa cifra che dà voce alla vita.

C’è anche l’umanità. Nella prima creazione questa umanità creata alla fine riceve una vocazione regale: poter non essere sottomesso. Questa creatura umana ha una sua dignità, una creatura duale, uomo e donna, che rappresentano la cifra della diversità. Dio crea mettendo ordine, dando spazio ad ogni elemento. Dio crea chiamando. Dio nomina ed esprime un giudizio anche perché l’altro ha bisogno di un riconoscimento. È l’abbraccio del neonato. L’umano nasce con una dignità regale, “facciamo”: cosa significa? L’umanità è un progetto e non un prodotto finito. Spesso abbiamo un immaginario che tutto è stato creato perfetto: la cosa è più complessa. L’umanità è cosa buona, creata ad immagine di Dio, è un progetto da costruire. La diversità maschile e femminile rappresenta la cifra di tutte le diversità.

Seconda narrazione, Gen 2. Gli elementi di morte sono rappresentati dal fatto che non c’è acqua. Ci troviamo dinanzi al tema del senso della vita. La creatura umana è presentata come una creatura al servizio ed è creata prima che il mondo fosse. Un racconto spesso interpretato male. Il racconto prende inizio da elementi di morte: Dio genera in condizioni pericolose. Non c’è un contadino che lavori la terra: Dio crea l’uomo. Senza qualcuno che si prenda cura la creazione non ha possibilità di svilupparsi. Dio crea la creatura umana dalla terra rossa. Dalla terra Dio crea il terrestre. Queste storie non ci raccontano gli inizi, ma il nostro presente. La vocazione originaria dell’umano è di custodire la terra. L’umano è posto nel giardino con l’invito di nutrirsi di ogni albero eccetto uno. La domanda è: che cosa ci nutre e che cosa ci è nocivo? Quali immagini di Dio ci nutrano o ci fanno male?

Dio si rende conto che l’umano è solo. Non è il maschio, ma è il terrestre. Non si capisce se è maschio o femmina. Chi salverà il terrestre dalla sua solitudine. La scena ci porta in una dimensione dove l’umano deve scegliere per capire chi possa strapparlo dalla sua solitudine. Dio rimette le mani nella sua creazione. Dio prende un lato di questo terrestre e con l’altro lato richiude questo terrestre. Quando vede la donna il terrestre prende consapevolezza della sua alterità e inizia a parlare: c’è un riconoscimento.

Il narratore ha dato delle indicazioni per capire che è una storia che non andrà a finire bene. L’uomo ha fatto qualcosa che spesso facciamo: dire all’altro la sua funzione. Dare un nome significa dare l’identità. Il terrestre dà il nome alla donna e gli dà un nome in sua funzione. L’inganno di questa storia è che abbiamo preso per buono lo sguardo dell’uomo e non abbiamo ascoltato la narrazione. Dio non ha tratto la donna dal maschio, ma dal terrestre. Questa storia d’amore è incrinata. La diversità uomo-donna è la cifra di tutte le diversità. La mia identità non è precostituita, ma si costruisce attraverso l’incontro con l’altro. La parola di Dio ci viene consegnata come una parola plurale, perché composta di tante narrazioni, non accostate le une accanto alle altre, ma dialogano. Il codice della diversità permette a Dio di manifestarsi.

Nel Nuovo Testamento nascono plurali. L’immaginario della Chiesa unica e omologata è vicino all’immagine della torre di Babele. Anche l’Apocalisse per parlare di Chiesa parla di sete chiese. Dio crea, genera la vita, che è sempre plurale. La differenza è importante e custodita.