Paolo Cugini
È stato bello rivedere martedì pomeriggio negli spazi di
quell’oratorio così significativo e così problematico nel mio ministero, due
carissimi amici: Clara e Ciri.
Clara l’ho conosciuta nel parco del Gelso tra l’inverno del
2013 e la primavera del 2014. In quel periodo l’oratorio di Regina Pacis era in
costruzione e allora trascorrevo spesso i miei pomeriggi alla ricerca dei
luoghi frequentati dai ragazzi e, il parco, era uno di questi. Avevo visto Clara
in azione sul campetto del Gelso e mi aveva colpito la sua relazione spontanea
e, allo stesso tempo educativa, con i ragazzini che in quel periodo frequentavano
il parco. Ci eravamo risentiti nelle festività di Natale del 2013, dove avevamo
condiviso i vissuti e, come si suol dire in gergo, ci siamo “nasati” subito. Ho
sempre pensato che un prete che gli viene affidato un incarico di pastorale
giovanile in un territorio, non può limitare il suo campo di azione ai soli
bambini e giovani che frequentano la catechesi. Clara univa un suo
personalissimo e ricco cammino di fede, con un istinto naturale nei confronti
dei ragazzi in difficoltà, che sapeva coinvolgere nello sport e, in modo
particolare, nel calcio. Queste doti erano, a mio avviso, fondamentali per i
ragazzi che in quel periodo frequentavano il campetto vicino all’oratorio.
La nascita dell’oratorio, la mia nomina a parroco dell’unità
pastorale e il contatto con altre realtà giovanili, fecero sorgere l’esigenza
di una figura professionale, che potesse lavorare con uno stile di chiesa
aperta sul territorio e non chiusa in sé stessa a curare le proprie pecorelle.
Fu così he un giorno don Giordano Goccini che in quel periodo coordinava sia l’oratorio
cittadino che la pastorale giovanile diocesana, visto il lavoro e lo stile che stavamo
mettendo in piedi, mi propose la figura di un educatore professionale, con una significativa
esperienza con bambini e ragazzi stranieri. Ciri venne così in aiuto al
progetto che stavamo elaborando. Di Ciri mi ha sempre colpito la sua fede
fresca e giovane e la capacità di coinvolgere i bambini con uno stile di
ascolto. Dopo i primi mesi, anche se era stato destinato solo sull’oratorio di
Regina Pacis, vista la sua capacità di ascolto e la sua intelligenza educativa,
gli proposi d’iniziare ad articolare un progetto educativo su tutte le realtà
dell’Unità Pastorale. Ciri è stato il primo nella Diocesi di Reggio Emilia a
strutturare un percorso educativo che mettesse in sinergia le specificità di cinque
parrocchie in un percorso comune. Per fare questo, strumenti significativi sono
stati i weekend dell’educazione e il Sinodo degli oratori, che Ciri aveva
preparato anche con una serie di articoli pubblicati sia sul giornale dell’UP
Insieme, che sul blog degli oratori. I percorsi formativi attivati per gli
adulti sul tema dell’oratorio assieme ad uno stile nuovo di fare catechesi
attenti più alle relazioni che ai programmi da rispettare, che vedevano frate
Antonello protagonista significativo del progetto, condussero naturalmente a
pensare l’oratorio come spazio sul territorio aperto a tutti.
Significativa, in questa prospettiva, è stata la collaborazione
fra Ciri e Clara. Mentre, infatti, il primo stava lavorando per mettere le basi
di un progetto a lunga durata, con la formazione anche di educatori del
territorio – è stato Ciri a lanciare l’dea della proposta formativa di un anno
di esperienza spirituale ed educativa per i giovani universitari che poi
avrebbero interagito sugli oratori dell’UP – Clara, nel frattempo, aveva messo
in piedi un’associazione – P.A.C.E. – che metteva nero su bianco le linee
educative di un progetto formativo diretto ai ragazzi con problematiche sociali
significative. Clara, mentre produceva un’azione educativa ne pensava altre
sette contemporaneamente: un vero e proprio vulcano di idee. Insieme lavoravamo
su tutto il territorio con una proposta educativa che giorno dopo giorno si
stava articolando e strutturando al punto che interagivamo con le agenzie
educative e sociali presenti sul territorio.
A Clara e Ciri devo moltissimo. Innanzitutto, la stima
reciproca, la capacità di mettere le proprie specifiche competenze a servizio
di un progetto comune. Come prete appena arrivato dalla missione e sotto il
magistero di papa Francesco, tutto quello che stavamo facendo sul territorio
sembrava essere la trascrizione educativa dell’idea di Chiesa aperta sul mondo,
come una tenda da campo che si pone a disposizione dei piccoli, soprattutto i più
in difficoltà.
Carissimi Clara e Ciri, grazie per la vostra amicizia, l’esempio
della vostra fede nella proposta di Gesù, della vostra dedizione, del vostro
spendervi a tutte le ore. Grazie dell’esempio della vostra resistenza alle
critiche, che vengono sempre quando le cose del Signore si realizzano. Vi penso
spesso e vi pongo nelle mie preghiere. Un abbraccio.