domenica 27 ottobre 2019
LA DONNA NEL CORANO ISLAM E CONDIZIONE FEMMINILE
Reggio
Emilia 27 ottobre 2019
Sintesi: Paolo Cugini
Ferial Mouhanna
(scrittrice)
Paolo Branca
(professore universitario)
Questo tema è molto dibattuto. Il libro cerca di andare
alle radici del problema. Spesso si parla solo di un aspetto del problema. La
questione di genere sta mutando in tutto il mondo e il cambiamento di ruolo
della donna non è solo un problema della cultura islamica. Ferial è
mussulmana e quindi affronta il problema dall’interno.
È un libro impegnativo perché espone la complessità della
questione. Tutte le relazioni sono problematiche. La relazione di genere è la
prima relazione di generalità in cui ci troviamo inseriti. Altra questione
importante è quella della fratellanza. Bisogna prendere le distanze dalla
lettura buonista della fratellanza. Essere fratelli non è sempre comodo. La questione
di genere è così delicata che in tutta la storia dell’umanità c’è stato un
problema nel rapporto maschio e femmina.
Il
linguaggio in cui è scritto il Vangelo è maschilista. Es.: la mamma de figli di
Zebedeo: è senza nome. Es.: suocera di Pietro, non c’è traccia della moglie di
Pietro e del nome della suocera. C’è una struttura patriarcale. Nel Corano non
c’è la lapidazione dell’adultera, nella Bibbia sì. Anche nel cristianesimo le
donne consacrate si nasconde la femminilità.
Ferial
Mouhanna: Il sistema religioso viene costruito
pian piano e fa un percorso autonomo e si confronta e interagisce con l’ambiente
esterno. Il sistema religioso mussulmano è diventato un sistema chiuso, creando
contraddizione con l’ambiente esterno. Per quanto concerne la donna il Corano
ha sancito una parità assoluta fra uomo e donna. Il Corano è un libro che interveniva
in tutti gli affari della comunità. Alcuni versetti si può intravedere una
certa discriminazione a danno della donna. Questi versetti sono circostanziali,
parziali, non appartengono alla dottrina islamica, ma fanno parte di versetti di
opportunità. Dopo la morte di Maometto è cominciato un processo involutivo dove
l’universale coranico è stato fatto cadere in oblio, hanno universalizzato
alcuni concetti circostanziali. in poco tempo viene spogliata da tutti i suoi
diritti coranici, divenendo priva di qualsiasi tutela. La donna divine una
mezza testimone e non a pieno titolo. Viene accusata di avere una mezza mente.
La donna viene accusata di essere una mezza credente.
Questo
sistema religioso arriva ad essere in contraddizione con l’’ambiente esterno.
Ci sono pensatori che hanno criticato questo sistema religioso chiuso. Fino ai
giorni nostri la donna è privata da tutti i diritti conferitegli dal Corano. C’è
stata la denuncia a questo immobilismo e stagnazione della donna mussulmana. La
donna ha dovuto subire la poligamia. Nel Corano non esiste la poligamia: è un’invenzione,
manipolando alcuni versetti. La donna ha dovuto subire di essere collocata nei
gradini più bassi della società. Nel mio libro cerco di entrare in questo
sistema religioso chiuso. Tutta la letteratura teologica islamica sulla donna è
stata retta sul sistema di schiavitù. I detentori di a questa religione si
rifiutano di superarlo. Occorre entrare per rompere questo sistema diventato
impermeabile al mondo.
Ci
deve essere una lotta. La donna mussulmana in primo piano deve svolgere questa
lotta per riavere i suoi diritti. Questa lotta può essere fatta solo all’interno.
E’ una lotta difficile e complessa. Però la donna dev’essere decisa a
liberarsi. Per liberare la donna bisogna liberare il Corano. La donna ha fatto
delle lotte sia nell’ambito del femminismo classico, però queste lotte erano
fatte accettando il principio della poligamia, cercando di alleggerire il peso
delle donne. Ha cercato di conquistare un po' di tutela. I risultati sono
scarsi, più di forma che di sostanza. Il lavoro d’interpretazione ha concesso
alla donna la tutela dei minori. La tutela maggiore sino ad esso non è stata
concessa alla donna. La lotta della donna è sempre stata nel quadro di
discriminazione nei suoi confronti. La donna deve cambiare completamente.
Come
deve fare? La donna deve partire dal Corano in prima persona. La donna mussulmana
deve abbattere il sistema di schiavitù vigente tutt’ora nel mondo islamico.
La
sostanza del mio libro: metto nelle vostre mani prove inconfutabili che il
sistema di schiavitù dev’essere abbattuto e dev’essere considerato obsoleto, perché
è nel Corano, Dio non solo dà delle indicazioni chiare, ordina e intima i
mussulmani a superare il sistema di schiavitù. Il volere di Dio è la donna
libera. La donna deve conquistare una coscienza di sé e per sé con un contatto
diretto sul Corano. La donna deve osare e riconquistare tutti i suoi diritti.
La donna non può farlo da sola, ma deve farla assieme all’uomo.
sabato 26 ottobre 2019
PERCHÉ NON CI SIA UN GREGGE SENZA PASTORE
CONVEGNO NAZIONALE RETE VIANDANTI
BOLOGNA
SABATO 26 OTTOBRE 2019
Relatore:
Severino Dianich
Sintesi:
Paolo Cugini
Sul
tema del ministero è importante ascoltare la storia.
Concetto
di sacerdozio: subisce dal nuovo testamento una svolta radicale. Il NT
definisce la fine del sacerdozio antico in nome dell’unico sacerdozio di Cristo,
che chiude l’antica storia del sacerdozio levitico. Gesù non era sacerdote,
oggi si direbbe che era un laico. Il suo sacerdozio non si pone in continuità
sul piano rituale, ma esistenziale, dove il senso della mediazione e dell’offerta
a Dio è vissuto nella ita, nei fatti (cfr Rom 12,1-3). Il tempio è il corpo di
Cristo: suggerisce l’attenzione ai fatti. Gli apostoli non si definiscono mai sacerdoti.
Paolo traduce il termine sacerdotale nel ministero della predicazione. Fil
2,17: Paolo parla della sua morte come sacrificio rituale, la vittima sarebbe
la fede del popolo e il suo martirio sarebbe la libagione.
Nel
ministero si tratta di un’investitura che viene dall’alto. 1 Tim 4,14: non
trascurare il dono che è in te. C’è un rito. Il cristianesimo non ha
deretualizzato totalmente, ma è stato ridimensionato il rito.
Il
dono dello Spirito garantisce l’autenticità della fede.
Carattere
di autorità del ministero nella custodia della
fede e di conseguenza nel governo della comunità: qui si nasconde la questione
del rapporto tra la funzione pastorale e autorevole della predicazione. La
devianza cattolica sull’autorità implica una guida particolare della comunità.
Atti,
Timoteo e Tito: si è parlato di questi testi come forma
di proto cattolicesimo.
La
letteratura post-testamentaria. C’è la tradizione del primo millennio punta
sulla testimonianza di Ignazio di Antiochia. Solo il Vescovo può
presiedere l’eucarestia: questo nel NT non c’è. In poco tempo si arriva all’esclusività
nella celebrazione eucaristica. C’è un rapporto di deduzione: ciò che preme Ignazio
è l’unità della Chiesa fondata sulla testimonianza apostolica.
Da
qui si sviluppa il senso del sacramento (Agostino), un’azione
della Chiesa che è segno e strumento che in realtà è di Cristo e quindi è di
sopra del potere umano. Lo sviluppo di questa dottrina in Agostino è legato a
problemi pratici, quando si comincia a contestare che il battesimo degli
eretici non è valido. Qui Agostino di de no, perché il battesimo è un’azione di
Cristo, indipendente da chi ha celebrato.
La
dottrina cattolica ha subito sviluppi ambigui dovuti ad
una progressiva sacerdotalizzazione del ministero. Una delle cause è stata
quella che il mondo antico non è mai riuscito a concepirsi laico. Non c’è
potere che non sia consacrato. Ci vuole sempre un sacerdozio e un tempio. Una
delle spinte a questa sacerdotalizzazione è stato generato da un vuoto sociale
con la crisi del sacerdozio pagano. Il presbitero e il vescovo adottano tutti
gli apparati e le ritualità del sacerdozio. Al centro di questo fenomeno
globale c’è la sacralità della figura del vescovo e presbitero. In questo aiuta
la forza del sacramento.
Conseguenza
negativa di questo processo è la corruzione del
clero. La tradizione fino al secondo Concilio di Nicea rifiuta che il
presbitero uno che non abbia riferimento alla cura pastorale della comunità. Quando
questo dato va in decadenza nasce la corruzione, la rincorda alle cariche
sacerdotali.
È l’epoca della grande crisi della
Riforma. La grande battaglia di Lutero è il recupero del sacerdozio di
tutti i fedeli. Lutero difende il ministero pastorale. Tutti sono sacerdoti e
non tutti sono parroci.
Il
concilio di Trento è preoccupato dello sviluppo della
prassi sacerdotale. La cucitura tra i due aspetti il Concilio di Trento non è
riuscito a farla. Per questo ha fatto due tipi di decreti: pastorale e
dottrinale. Il nostro problema oggi – dottrina e prassi – viene da lontano.
Trento: obbligo della residenza dei vescovi, proibizione
di accumulare diverse diocesi, obbligo di predicare. Sul piano dottrinale
prevale l’interesse sul tema del sacerdozio, anche per contrastare la posizione
protestante. Il sacerdozio dei laici resta escluso dall’interesse di Trento.
Aumenta quindi lo squilibrio dentro la Chiesa.
Francesco
di Salles: promuove un cammino di spiritualità cristiana anche per i laici. È
una novità.
Nell’800
viene posta la responsabilità politica dei laici, per arrivare, grazie al
movimento biblico, al recupero della dottrina del sacerdozio comune.
L’impostazione
del Vaticano II risente di alcuni limiti.
Tria
munera: predicazione, sacramenti e guida pastorale. Il
primato è pensato sempre alla predicazione. Lumen Gentium applica il discorso
dei tria munera a tutti i fedeli.
Problemi
aperti:
Tradizione
luterana: anche in Lutero la questione della prassi
è determinante. Molte posizioni dottrinali di Lutero è segnata dalla preoccupazione
pastorale. Lutero non ha mai pensato alla laicizzazione del ministero. In
Lutero c’è sempre il desiderio di salvare l’autorità del pastore.
Il
problema centrale è che molto presto i presbiteri hanno
cessato di essere degli evangelizzatori. C’è una chiusura progressiva del pastore
dentro alla comunità. Oggi s’impone l’esigenza dell’evangelizzazione. Oggi un
pastore di Chiesa è in grado di essere anche il leader per una comunità in
uscita?
C’è
bisogno di un nuovo dinamismo.
Altro
problema aperto è la donna nel ministero. Il cammino è inesorabile
nonostante il blocco dottrinale posto da Giovanni Paolo II. Il cambiamento
avverrà inevitabilmente. Il no dev’essere dimostrato. Non si può più dire no e
basta. Se si decide per il sacerdozio alle donne, si rompe definitivamente con
la Chiesa ortodossa.
Il
trend attuale sta imponendo il bisogno dell’evangelizzazione
e un dimagrimento dell’apparato ecclesiastico. Oggi abbiamo meno fedeli e lo
stesso apparato istituzionale. La diminuzione dei fedeli è in linea con la diminuzione
dei preti. La sensibilità cristiana deve tener conto che siamo in un’epoca in
cui la Chiesa è destinata a diminuire. Guardini
parlava di solitudine della fede in un contesto che non la supporta. C’è però una
grande chance, che è quella di ritrovare la freschezza del Vangelo.
Marcel
Gaucher: quella che si sta aprendo è una nuova era per il cristianesimo in
Europa.
giovedì 24 ottobre 2019
PATTO DELLE CATACOMBE PER LA CASA COMUNE
Per una Chiesa dal volto
amazzonico, povera e serva, profetica e samaritana
Noi,
partecipanti al Sinodo panamazzonico, condividiamo la gioia di vivere tra
numerosi popoli indigeni, quilombos, costieri, migranti, comunità alla
periferia delle città di questo immenso territorio del Pianeta. Con loro
abbiamo sperimentato la forza del Vangelo che agisce nei piccoli. L’incontro
con queste persone ci sfida e ci invita a una vita più semplice di condivisione
e di gratuità. Influenzati dall’ascolto delle loro grida e lacrime, accogliamo
di cuore le parole di papa Francesco: “Molti fratelli e sorelle in Amazzonia
portano pesanti croci e attendono il conforto liberatore del Vangelo, la
carezza amorevole della Chiesa. Per loro, con loro camminiamo insieme”.
Ricordiamo
con gratitudine i vescovi che alla fine del Concilio Vaticano II nelle Catacombe
di Santa Domitilla firmarono Il Patto per una Chiesa serva e povera. Ricordiamo
con riverenza tutti i martiri membri delle comunità ecclesiali di base, delle
comunità pastorali e dei movimenti popolari; leader indigeni, missionarie e
missionari, laici, preti e vescovi, che hanno versato il loro sangue a causa di
quest’opzione per i poveri, per difendere la vita e lottare per la salvaguardia
della nostra Casa Comune. Al ringraziamento per il loro eroismo uniamo la
nostra decisione di continuare la loro lotta con fermezza e coraggio. È un
sentimento di urgenza che si impone di fronte alle aggressioni che oggi
devastano il territorio amazzonico, minacciato dalla violenza di un sistema
economico predatore e consumistico.
Di
fronte alla Santissima Trinità, le nostre Chiese particolari, le Chiese
dell'America Latina e dei Caraibi e di quelle che sono solidali in Africa,
Asia, Oceania, Europa e nel nord del continente americano, ai piedi degli
apostoli Pietro e Paolo e della moltitudine di martiri di Roma, dell'America
Latina e in particolare della nostra Amazzonia, in profonda comunione con il
successore di Pietro invochiamo lo Spirito Santo e ci impegniamo personalmente
e comunitariamente a quanto segue:
1.
Assumere, di fronte all’estrema minaccia del riscaldamento globale e
dell'esaurimento delle risorse naturali, un impegno a difendere la giungla
amazzonica nei nostri territori e con i nostri atteggiamenti. Da essa
provengono il dono dell’acqua per gran parte del territorio sudamericano, il
contributo al ciclo del carbonio e la regolazione del clima globale, una
biodiversità incalcolabile e una ricca socio-diversità per l’umanità e l’intera
Terra.
2.
Riconoscere che non siamo padroni della madre terra, ma suoi figli e figlie,
formati dalla polvere della terra (Gen 2, 7-8), ospiti e pellegrini (1 Pt 1,
17b e 1 Pt 2, 11), chiamati ad essere suoi gelosi custodi (Gen 1,26). Pertanto
ci impegniamo per un’ecologia integrale, in cui tutto è interconnesso, il
genere umano e tutta la creazione perché tutti gli esseri sono figlie e figli
della terra e su di loro aleggia lo Spirito di Dio (Gen 1,2).
3.
Accogliere e rinnovare ogni giorno l’alleanza di Dio con tutto il creato:
“Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri
discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli,
bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall'arca,
con tutti gli animali della terra”. (Gen 9, 9-10; Gen 9, 12-17).
4.
Rinnovare nelle nostre chiese l'opzione preferenziale per i poveri, in
particolare per i popoli originari, e insieme a loro garantire il diritto ad
essere protagonisti nella società e nella Chiesa. Aiutarli a preservare le loro
terre, culture, lingue, storie, identità e spiritualità. Crescere nella
consapevolezza che devono essere rispettati a livello locale e globale e, di
conseguenza, con tutti i mezzi alla nostra portata promuovere la loro
accoglienza su un piano di parità nel concerto mondiale di altri popoli e
culture.
5.
Abbandonare, di conseguenza, nelle nostre parrocchie, diocesi e gruppi ogni
tipo di mentalità e posizione colonialista, accogliendo e valorizzando la
diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le
tradizioni spirituali.
6.
Denunciare tutte le forme di violenza e di aggressione contro l’autonomia e i
diritti delle popolazioni indigene, la loro identità, i loro territori e i loro
modi di vita.
7.
Annunciare la novità liberante del Vangelo di Gesù Cristo, nell’accogliere
l’altro e il diverso, come accadde a Pietro nella casa di Cornelio: “Voi sapete
che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha
mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo”. (At 10,28).
8.
Camminare ecumenicamente con altre comunità cristiane nell’annuncio inculturato
e liberante del Vangelo, e con altre religioni e persone di buona volontà, in
solidarietà con i popoli originari, i poveri e i piccoli, in difesa dei loro
diritti e nella preservazione della Casa Comune.
9.
Stabilire nelle nostre chiese particolari uno stile di vita sinodale, in cui i
rappresentanti dei popoli originari, i missionari, i laici, a causa del loro
battesimo e in comunione con i loro pastori, abbiano voce e voto nelle
assemblee diocesane, nei consigli pastorali e parrocchiali, in breve, in tutto
ciò che compete loro nel governo delle comunità.
10.
Impegnarsi nell’urgente riconoscimento dei ministeri ecclesiali già esistenti
nelle comunità, portati avanti da agenti pastorali, catechisti indigeni,
ministre e ministri della Parola, valorizzando soprattutto la loro attenzione
per i più vulnerabili ed esclusi.
11.
Rendere effettivo nelle comunità che ci hanno affidato il passaggio da una
pastorale di visita a una pastorale di presenza, assicurando che il diritto
alla mensa della Parola e alla mensa dell'Eucaristia diventi effettivo in tutte
le comunità.
12.
Riconoscere i servizi e la reale diaconia della grande quantità di donne che
oggi gestiscono comunità in Amazzonia e cercano di consolidarle con un adeguato
ministero di donne leader di comunità.
13.
Cercare nuovi percorsi di azione pastorale nelle città in cui agiamo, con il
protagonismo di laici e giovani, con attenzione alle loro periferie e ai
migranti, ai lavoratori e disoccupati, agli studenti, agli educatori, ai
ricercatori e al mondo della cultura e della comunicazione.
14.
Assumere contro la valanga del consumismo uno stile di vita gioiosamente
sobrio, semplice e solidale con coloro che hanno poco o niente; ridurre la
produzione di rifiuti e l'uso di materie plastiche, favorire la produzione e la
commercializzazione di prodotti agro-ecologici e utilizzare i trasporti
pubblici, se possibile.
15. Porsi accanto a coloro che
sono perseguitati per il servizio profetico di denuncia e di riparazione di
ingiustizie, di difesa della terra e dei diritti dei piccoli, di accoglienza e
sostegno dei migranti e dei rifugiati. Coltivare vere amicizie con i poveri,
visitare i più semplici e i malati, esercitando il ministero dell’ascolto,
della consolazione, del sostegno e dell’appoggio, cose che portano
incoraggiamento e rinnovano la speranza.
Consapevoli
delle nostre debolezze, della nostra povertà e piccolezza di fronte a sfide
così grandi e serie, ci affidiamo alla preghiera della Chiesa. Possano le
nostre comunità ecclesiali, soprattutto, aiutarci con la loro intercessione,
con il loro affetto nel Signore e, quando necessario, con la carità della
correzione fraterna.
Accogliamo
con favore l'invito del cardinale Hummes a essere guidati dallo Spirito Santo
in questi giorni del Sinodo e al nostro ritorno alle nostre chiese: “Lasciatevi
avvolgere dal manto della Madre di Dio e della Regina dell'Amazzonia. Non
lasciamo che ci vinca l'autoreferenzialità, ma la misericordia davanti al grido
dei poveri e della terra. Saranno necessarie molta preghiera, meditazione e
discernimento, nonché una pratica concreta di comunione ecclesiale e spirito
sinodale. Questo sinodo è come una mensa che Dio ha preparato per i suoi poveri
e ci chiede di essere quelli che servono alla mensa”.
Celebriamo
quest’Eucaristia del Patto come “un atto di amore cosmico”. “Sì, cosmico!
Perché anche quando si svolge sul piccolo altare di una chiesa di un villaggio,
l'Eucaristia è sempre celebrata, in un certo senso, sull’altare del mondo.”
L’Eucaristia unisce cielo e terra, abbraccia e penetra tutta la creazione. Il
mondo uscito dalle mani di Dio ritorna a Lui in felice e piena adorazione: nel
Pane Eucaristico “la creazione tende alla divinizzazione, alle sante nozze,
all'unificazione con il Creatore stesso”. Per questa ragione, l’Eucaristia è
anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per il medio
ambiente e ci porta a essere custodi di tutta la creazione”.
Roma,
20 ottobre 2019
Catacombe
di Santa Domitilla
PANAMAZZONIA ANCESTRALE - Una canzone per il Sinodo Panamazzonico
Quello che si ascolta in questo video è l'inno del Sinodo Panamazzonico scritto dal famoso cantante religioso brasiliano Antonio Cardoso, nativo di Miguel Calmon, nello Stato della Bahia, città in cui sono stato parroco dal 2000 al 2005.
lunedì 21 ottobre 2019
venerdì 18 ottobre 2019
L'AMAZZONIA E OLTRE
L’AMAZZONIA
E OLTRE
GROGORIANA-ROMA-18
OTTOBRE 2019
Sintesi:
Paolo Cugini
Pe
Giacomo Costa: SINODO PER LE GENERAZIONI FUTURE
AL
sinodo ci sono pochi giovani.
Ci
sono vari livelli in cui entrare in questo Sinodo.
1. Ascoltare
il grido dei giovani era il punto di partenza del Sinodo dei giovani. La
preoccupazione dell’ascolto del grido dei giovani è emersa molto nel lavoro dei
gruppi. Nella zona amazzonica ci sono molti movimenti migratori e, tra questi,
quello dalla campagna alle grandi città.
2. Giovani
come risorsa. I popoli indigeni non posso essere considerati solo in modo
passivo. La Chiesa ha da imparare. Pastorale giovanile vocazionale deve dare
spazio ai giovani. La formazione dev’essere integrale per i giovani. Nei lavori
sinodali è emersa anche la dimensione lavorativa dei giovani. Altro punto
importante è la formazione dei seminaristi, che sembra non adatta per la
formazione dei giovani dei popoli indigeni. Occorre de -occidentalizzare questo
tipo di percorso. Accompagnare i giovani affinché siano protagonisti di un’ecologia
integrale. Molti giovani nel mondo si stanno schierando in difesa della Casa
Comune.
3. Invito
ad andare in profondità nel sinodo. SI è indicato di avere un tiro amazzonico,
un rito locale, con un suo diritto canonico.
4. Lo
stile di Chiesa. Il Sinodo sta cercando di far convergere i cammini della
Chiesa con l’ecologia integrale. Questa dev’essere anche il senso della
conversione, che si manifesta anche nello stile sinodale, fatto di ascolto,
attenzione all’altro. Ascolto delle popolazioni indigene richiede la capacità
di uscire da sé stessi.
Marcelo
Sanchez Sorondo. Amazzonia e giovani: proposte dalla e
per la comunità scientifica
Nel
pontificato di Francesco c’è il tema del clima, che è in continuità con la prospettiva
della dottrina sociale della Chiesa. Il Papa cerca di dialogare con la scienza.
Conseguenze sociali del riscaldamento climatico sono le migrazioni. La gente
emigra alla ricerca dell’acqua. Nella Chiesa latinoamericana ci sono molti casi
di martiri che hanno difeso la giustizia.
Alessandra
Smerilli: I giovani sono interessati di
ecologia?
Evangeli
Gaudium contiene un principio: il tempo è superiore allo spazio. Valorizzare i
processi è fondamentale. Mettere i giovani al centro del discorso è l’inizio di
un processo che sarà inarrestabile. Non si può stare con i giovani senza
accettare di cambiare. Progressiva scoperta della propria identità. Anche le
nuove generazioni hanno da narrare la bellezza del creato. I giovani stanno
facendo da apripista sulla cura della Casa Comune. Scegliere confezioni ecologiche e materiale
riciclabile. I giovani hanno un grande desiderio di cambiare il mondo, ma a
modo loro, senza urlare e con delle scelte precise. I giovani stanno
richiamando l’attenzione di tutto. Non abbiamo un pianeta B. è uno degli
slogans più proclamati.
mercoledì 16 ottobre 2019
Amazzonia Casa Comune Eventi di condivisione e di ascolto durante il Sinodo sull’Amazzonia
Paolo Cugini
Città del Vaticano. In vista del Sinodo
sull’Amazzonia, è cominciato un processo di articolazione che raccoglie alcune
istituzioni e organizzazioni della Chiesa con il proposito di creare uno spazio
per il dialogo e l’ascolto, che accompagna il Sinodo sull’Amazzonia in
svolgimento a Roma. Come ricorda Roberto Carrasco Rojas, OMI, uno dei
membri del comitato di coordinamento, “non si
tratta solamente di presentare varie attività, si tratta piuttosto di un
esercizio in comunicazione e dialogo interculturale, un’interazione con ciò che
è nuovo, diverso, ancora sconosciuto”.
Amazzonia Casa Comune – è questo il nome dell’iniziativa -, è un impegno a rendere presente la
vita dell’Amazzonia e chi vi abita. Nell’Amazzonia, maloca è il
posto in cui le comunità indigene si siedono per semplicemente essere,
ascoltare, celebrare e essere capaci di capire quello che succede nella vita
della comunità. I fratelli e le sorelle indigeni e altri
rappresentanti del territorio, assieme alla presenza ecclesiale in quel
territorio, sono gli attori e protagonisti di questo spazio.
Amazzonia Casa Comune è, dunque, uno spazio ecclesiale in cui vengono discussi temi che i
fratelli e le sorelle dell’Amazzonia considerano prioritari. Concretamente
questo spazio ha come punto di riferimento costante la Chiesa di Santa Maria in
Traspontina dov’è attivata una mostra fotografica permanente sulla realtà
amazzonica e dove avvengono le principali celebrazioni liturgiche durante il
Sinodo. Oltre a questo spazio, altri eventi stanno avvenendo presso l’Istituto
Consolata e presso il Centro Internazionale della Gioventù San Lorenzo.
Tra gli eventi in programma ne segnalo alcuni. Il primo è il percorso
organizzato all’Istituto Consolata dal titolo: I Volti dell’ad Gentes.
Tra i vari interventi, significativi sono stati quelli di padre Livio Girardi e
di suor Amelia Gomes. Padre Livio Girardi ha proposto una
riflessione sulla metodologia dei missionari nella terra Indigena Raposa Terra
do Sol, in cui si è passati dal progetto di sacramentalizzazione, tipico
dell’impostazione missionaria prima del Concilio Vaticano II, ad un maggiore sforzo
d’inculturazione. Come ha sostenuto padre Girardi: “nel 1974 i missionari
della Consolata decidono di dedicarsi totalmente ai popoli indigeni e spinsero
la Chiesa di Roraima (Brasile) a fare lo stesso”. Dal canto suo, suor
Amelia Gomes ha evidenziato il processo d’inculturazione messo in atto nel
cammino di evangelizzazione di alcune comunità della Guinea Bissau. “Il
nostro stile di missione– ha sottolineato suor Amelia - è basato sulla
semplicità, privilegiando la cura delle relazioni. Questi gesti ci hanno
permesso di conoscere la tradizione e la cultura del popolo. Partecipando della
loro vita, ci ha permesso di essere accolti. Per mezzo della vicinanza e del
dialogo abbiamo iniziato un percorso di evangelizzazione. Abbiamo osservato,
ascoltato senza fretta, progettando la missione con pazienza senza fretta”.
Il confronto che
sta avvenendo nello spazio di Amazzonia
Casa Comune sui diversi modelli di
missione attuati dai missionari nelle terre indigene, è di estrema importanza
perché può aiutare ad uscire da quei processi di colonizzazione missionaria
denunciati da Papa Francesco in questi giorni. In questa prospettiva, toccante
è stata la testimonianza condivisa da alcuni rappresentanti dei popoli indigeni
presenti in questi a giorni a Roma per accompagnare il Sinodo sull’Amazzonia,
sulla figura del laico spagnolo Vicente
Canãs, che ha attuato per molti anni nel territorio amazzonico in difesa dei
popoli indigeni. Il cacique (capo indigeno) José Luis, intervenuto nella tavola
rotonda organizzata all’Istituto Consolata venerdì 11 ottobre sul tema: Il
protagonismo dei popoli indigeni, ha
condiviso la sua testimonianza con le seguenti parole: “Ho accompagnato il
lavoro del CIMI in Rondonia e ho visto che sono persone che sono venute per
aiutarci. Vicente Canas ci ha aiutato molto. I missionari sono persone che si
donano per gli altri, si dimenticano di sé stessi, si consegnano
spiritualmente, si distaccano dai beni. Oggi il mondo ha bisogno di persone
così”. Mentre i Padri sinodali si confrontano sulle linee pastorali da
adottare per dei cammini di evangelizzazione sempre più inculturati da attuare
nei territori amazzonici, negli spazi di Amazzonia
Casa Comune il confronto sta
avvenendo su percorsi d’inculturazione già sperimentati e, il dato sicuramente
più interessante, è la testimonianza diretta di alcuni rappresentanti dei
popoli indigeni. Parole significative perché testimoniano la bontà del Vangelo
come proposta possibile di un modo diverso di entrare in relazione con popoli e
culture “altre” che, piuttosto della violenza e della soppressione, sceglie il
cammino dell’ascolto e della valorizzazione. Come ha sostenuto l’indigena
Ernestina, sempre nello spazio del dibattito sul protagonismo dei popoli indigeni:
“I missionari rispettano la cultura
indigena e non hanno mai impedito i nostri rituali, le nostre celebrazioni.” Ascoltare queste parole in un contesto politico in cui
le conquiste di tanti anni di lotta in Brasile sono messe a dura prova dalla
brutalità del neo presidente Bolsonaro, imprime forza e coraggio a coloro che
vivono in queste zone ricche di tensioni.
Molti
sono ancora gli eventi in programma ad Amazzonia Casa Comune. Chi fosse interessato può consultare il sito: amazonia-casa-comun.org
martedì 15 ottobre 2019
I VOLTI DELL’AD GENTES
ROMA 14 OTTOBRE 2019
Sintesi:
Paolo Cugini
Il
modello estrattivo non cambia, perché è parte del modello economico
neoliberale.
La situazione attuale dei popoli indigeni è difficile, perché
i territori sono contestati e minacciati. In 9 mesi i territori sono invasi
come da tempo non succedeva.
Stiamo
vivendo un contesto ecclesiale speciale, non solo per il Sinodo. È contesto che
dalla Laudato Sii è entrato in dialogo con i popoli indigeni.
Che
cosa fa la CNBB in questa situazione? Mantiene una posizione ferma sul tema dei
diritti umani.
Padre
Livio Girardi. I Volti della Missione
Metodologia
dei missionari nella terra Indigena Raposa Terra do Sol
I
popoli indigeni sono 8: yianomami sono i più noti. In Roraima ci sono 33 terre
indigene già marcate dai governi precedenti.
Che
tipo di presenza ha esercitato la Chiesa in questi luoghi? Prima del Vaticano
II il progetto è la sacramentalizzazione. In certi aspetti la Chiesa è stata
complice ed assente.
Dopo
il Vaticano II la novità è una lettura nuova della realtà. “Noi che il Dio dei
bianchi fosse buono”: così disse un capo indigena vedendo quello che stava
succedendo.
Nel
1974 i missionari della Consolata decidono di dedicarsi totalmente ai popoli
indigeni e spinsero la Chiesa di Roraima a fare lo stesso. Nel 1979 il vescovo
scrive una lettera in cui si chiede se i missionari possono evangelizzare gli
indios. La Chiesa deve fare l’opzione per i poveri. Quattro conseguenze di
questa lettera:
1. L’organizzazione
del movimento indigena
2. Preparazione
degli agenti pastorali
3. Progetti
di promozione umana
4. Progetto
“una vaca para o indio”
Conseguenze
di questa scelta è la forza dell’unità dei popoli indigeni. Per i missionari ha
portato una nuova metodologia. Non dialoga più con il padrone di terre, ma con
gli indios. Inoltre, la comunità diventa un luogo teologico.
Suor Amelia
Gomes: i popoli della Guinea Guissau
È uno Stato Africano. Gli abitanti parlano il portoghese,
oltre il criolo. Circa il 42% della popolazione è analfabeta. La prima missione
è avvenuta nel 1992 a Emapada. Abbiamo iniziato conoscendo e visitando le
famiglie, per conoscere la realtà del popolo. La proposta è stata la
possibilità di viere in un modo nuovo. Per mezzo della vicinanza e del dialogo abbiamo
iniziato un percorso di evangelizzazione. Abbiamo osservato, ascoltato senza
fretta, progettando la missione con pazienza senza fretta. Rischi di
dimenticare che la missione è opera di Dio.
Il
nostro stile di missione è basato sulla semplicità, privilegiando la cura delle
relazioni. Questi gesti ci hanno permesso di conoscere la tradizione e la cultura
del popolo. Partecipando della loro vita, ci ha permesso di essere accolti.
Noi
abbiamo capito che i popoli non devono lasciare le loro tradizioni per essere cristiani.
Abbiamo riflettuto, così, sull’idea d’inculturazione.
Nei
percorsi formativi che proponiamo – pittura, cucito, e altro – annunciamo la
Buona Novella. Risvegliamo, infatti, il valore della vita, della donna, del
valore della famiglia.
La
missione come presenza rispetta tutte le tradizioni e le culture.
Ci
siamo domandati: come annunciare il Vangelo ai non cristiani? Ci dev’essere un
processo di attenzione alle culture.
In
Guinea Bissau siamo sempre andati dove ci hanno chiamato, rimanendo attenti alle
loro esigenze. È stato interessante scoprire che Dio li aveva visitati prima di
noi. Nei luoghi in cui siamo andate senza essere chiamate, la missione non è
continuata.
Abbiamo
imparato a prendere in considerazione le persone e le culture in tutti i suoi aspetti.
venerdì 11 ottobre 2019
PROTAGONISMO DEI POPOLI INDIGENI
ROMA 11 OTTOBRE 2019
Sintesi: Paolo
Cugini
Vicente Canãs
Qual è la forma di essere
presente con i popoli indigeni?
I popoli indigeni che
cosa dicono oggi alla Chiesa?
Ernestina (Roraima)
Josè Luis Cassupà
Pe Aloisio
Ernestina:
La vita dei missionari in mezzo ai popoli indigeni è inculturata. I missionari
vestono la camicia nella lotta e sempre i difensori dei diritti della vita
soffrono minaccia. Pe Giorgio anche oggi è minacciato. La lotta è dura. I missionari
rispettano la cultura indigena. I missionari non hanno mai impedito i nostri
rituali, le nostre celebrazioni. Anche nelle messe noi partecipiamo con i
nostri modi culturali. Negli anni ’80 era proibito parlare il proprio idioma.
Sono stati i missionari ad aiutarci per parlare la nostra lingua. Un popolo
senza cultura non ha identità. I missionari hanno svolto un ruolo fondamentale
per salvare la cultura indigena. Per me il Sinodo vuole dire camminare insieme.
Camminare insieme per sconfiggere la violenza e ogni forma di aggressione.
Josè
Luis: il protagonismo dei popoli indigeni sono da sempre
protagonisti. Sono cresciuto con mio nonno ed è stato lui ad insegnarmi tutto
ciò che riguarda le piante e gli animali. Ho accompagnato il lavoro del CIMI in
Rondonia e ho visto che sono persone che sono venute per aiutarci. Vicente
Canas ci ha aiutato molto. I missionari son persone che si donano per gli
altri, si dimenticano di sé stessi, si consegnano spiritualmente, si distaccano
dai beni. Oggi il mondo ha bisogno di persone così.
Padre
Aloì: Come il Sinodo provoca la Chiesa. Non giudichiamo
nessuno. I missionari vanno con buone intenzioni per le terre indigeni.
L’ispirazione di padre Vincenti Canas è importante perché aveva un’idea molto
forte del rispetto dei popoli indigeni e delle loro culture. Vicente Canas è
stato calunniato dai suoi nemici, dalla polizia, dai politici. Alla fine degli
anni ’60 sorge il CIMI. Il Concilio Vaticano II è stato una luce per questo
cammino, perché si è parlato dell’inculturazione. Alla fine degli anni ’60 i
gesuiti si riuniscono per riflettere sul tema dell’inculturazione. È convivendo
con gli indios che nasce il CIMI. Si riflette anche sulle morti dei missionari
provocate da questi processi d’inculturazione. La storia non è cambiata. Di
fatto, è quello che avviene oggi con il presidente Bolsonaro. Quando la Chiesa
è unita riesce a contrastare la forza del potere politico. Le cose sono
confuse, si rimane senza sapere cosa fare. Per questo è necessario stare uniti.
Il potere entra per dividere, donando alcol, droga, ecc.
Pedro
(CIMI): ho imparato dai missionari a stare vicino alle persone dei poli
indigeni, ad ascoltarli, per imparare, assimilare la loro cultura.
Como
Deus se manifesta nell’Eucarestia dei popoli indigeni?
domenica 6 ottobre 2019
DARSI PACE - INCONTRO INIZIALE 2019
DARSI
PACE-LA VISA DEL RITORNO
ROMA
6 OTTOBRE 2019
Marco Guzzi
Sintesi:
Paolo Cugini
Pensare
ad eventi di massa in cui non è necessario gridare.
Darsi
pace significa possiamo godere.
Movimento
di liberazione interiore per la trasformazione del mondo.
Uso
della telematica di tipo spirituale e di tipo politico. Movimento
rivoluzionario inedito: gioia, libertà e tecnica. Il rivoluzionario de XXI
secolo non-violento è felice, saprà smascherare l’inganno e per farlo occorre
essere bravi.
Oggi
festeggiamo vent’annidi Darsi Pace, che iniziò nel mese di ottobre del 1999.
Il
percorso che proponiamo dura sette anni e dopo si può iniziare a ragionare dei
temi importanti.
Ci
sono dei responsabili regionali e gruppi di creatività culturale (scienza,
religione, rapporto fra psicoterapia e spiritualità). C’è anche il movimento
giovanile.
Darsi
Pace nasce da un’intuizione che continua ad essere centrale: ci troviamo in un
momento decisivo della storia, per tanti aspetti ultimativo.
Karl
Jung nel 1955: nessuna persona capace di usare il cervello
vorrà sostenere che lo stato presente sia un punto di arrivo durevole. Tutti
sono convinti che il ritmo della trasformazione è incredibile e non è proprio
possibile come una sintesi superiore potrebbe realizzarsi attraverso una forma
presente. Occorre qualcosa di diverso. Ci vuole un cambiamento radicale delle
istituzioni.
J
Liftig: potremmo essere vicini alla fine di questa
fase della storia e all’inizio di una fase nuova. Tutto il ciclo storico
potrebbe essersi esaurito. Sono studi sulla felicità che dicono questo. L’attuale
struttura sociale non ci rende felici.
Siamo
in un punto cruciale della storia. Ognuno di noi sta vivendo
una crisi radicale d’identità e di senso. Questo sembra non interessare
nessuno. Si parla di crisi solo con la metafora economica ed ecologica. C’è
qualcosa di più radicale che sta cambiando. Che cosa stiamo facendo qui? Che
cosa ci stiamo a fare sul pianeta terra?
Piedi
per terra e testa nel cielo. La crisi è fame di senso e di parole. Noi siamo
qui per darsi pace. Lo spirito che guida questo movimento è uno spirito
positivo. La buona notizia è che questa grande crisi è però una grandiosa crisi
di crescita. Studiando la crisi a fondo si capisce che è una crisi di crescita.
Ci stiamo liberando da forme vecchie, per questo non c’è nulla da rimpiangere. [Gioacchino
Belli].
René
Girard conferma questa tesi. Capiremo con il corpo questa
possibilità di crescita. Lo capiremo quando ci alziamo alla mattina. Parliamo
di conoscenza iniziatica. Tutto il cristianesimo è iniziatico. Capire
trasformandoci. La conoscenza iniziatica si differenzia dalla conoscenza
scientifica perché ti dice: tu vuoi conoscere questo mistero bisogna cambiare
la mente. Occorre accettare il cambiamento di sé stessi e scoprire le
profondità, cambiare punto di vista.
Forma
dei nostri incontri con quattro principi ispiratori:
1. Ci
prendiamo cura delle persone subito e ci diamo pace subito. Teniamo
conto delle persone che abbiamo vicino. Darsi pace è il metodo, ora. Dobbiamo
ammorbidire per capire il senso iniziatico. Il rinvio è la forma mentis del
piccolo io. Il rinvio è il trucco dell’ego.
2. Noi
non tergiversiamo, non parliamo d’altro. Rischio della noia
delle chiacchere culturali, religiose, ecc. Non si parla di ciò che è
essenziale che c’inquieta. Stando sul pezzo possiamo raccontare il senso delle
cose. Occorre stare sul punto e non muoversi mai. Cercate il regno di Dio e la
sua giustizia e il resto sarà dato in sovrappiù.
3. Noi
accogliamo la sofferenza così com’è. Non abbiamo
presupposti, non ci sono precondizioni. C’interessa accogliere l’umano in
crisi. Siamo convinti che la crisi è di crescita. La crisi che stiamo vivendo
non è un errore, ma una cosa sensata e positiva. Tutto il resto è falso. A
volte siamo costretti a non essere noi stessi. Tutte le strutture hanno bisogno
di essere modificati.
4. Nei
nostri laboratori nessuno è solo uno spettatore,
ma tutti praticanti. Giochiamo tutti, tutti elaborano il loro pensiero. Siamo
abituati sin da bambini ad essere spettatori. Rischio d’indebolire la capacità
d’immaginazione. Occorre uscire dalla passività dello spettatore per essere
attori e praticanti.
Contenuto:
Cerchiamo d’integrare tre strutture conoscitive che normalmente sono separate
tra di loro e abbiamo fame di:
a. Livello
culturale. Parole sensate, cultura. Il livello del
praticare è lo studio come pratica spirituale. Dagli anni ’60 in poi c’è un
declino della cultura. Abbiamo bisogno di chiavi interpretative adeguate.
Studio come luogo della libertà.
b. Livello
esistenziale. Abbiamo fame di una liberazione profonda.
Abbiamo pratiche autoconoscitive per sciogliere le difese e i blocchi
accumulati nella vita.
c. Livello
spirituale. Pratiche spirituali serie.
Occorre dedicare tempo alle pratiche spirituali. L’umiltà è la meta. L’umiltà
non è la mediocrità. La piccolezza evangelica è un’altra cosa. I piccoli sono i
discepoli che tornano bambini, morire e rinascere nello spirito.
Cerchiamo
parole vere, nuove. L’arte consiste nell’integrare i tre livelli.
Strumenti
che utilizziamo:
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Gruppi territoriali/regionali
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Gruppi di creatività culturale
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Percorsi in internet (YouTube, Facebook, ecc.)
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