RIFLESSIONI DAL CORSO DI LETTURA POPOLARE
DELLA BIBBIA
VERONA 21-26 LUGLIO 2014
Paolo
Cugini
È molto
significativo che un corso biblico della durata di una settimana dedichi i
primi due giorni al tema della decostruzione, spingendo la riflessione verso un
confronto tra il pensiero lineare e quello complesso. Esercitarsi a guardare
con sospetto o perlomeno con distanza, a tutte quelle certezze che negli anni
abbiamo assimilate e credute senza mai sperimentarne l’autenticità. Tra queste
verità mai messe in discussione ci sono quelle religiose e anche quelle che
provengono dalla nostra scarsa conoscenza della Bibbia. Siamo, infatti,
abituati a pensare e a leggere la Bibbia con gli occhi della cultura dalla
quale proveniamo, che ci ha insegnato da secoli ad annulare le diferenze, anzi
a considerare la differenza come una negazione. Chi legge la Bibbia con gli
occhiali della cultura lineare corre il rischio di leggerla in modo superficiale,
e cioè come uan storia scritta dall’inizio alla fine, identificando la verità
di Dio con quello che si legge in modo immediato. Sappiamo che la storia
l’hanno sempre scritta coloro che abitano i palazzi dei re e quindi si tratta
quasi sempre di una storia del centro, scritta per giustificare e difendere un
potere. In queste storie, come da decenni ci ha insegnato la scuola della
Nouvelle Histoire, poco o nulla rimane della storia reale, di quella cioè
vissuta dalla gente comune, dai contadini, dalla gente semplice che rimane
esclusa dai palazzi, da coloro che in realtà sono i veri protagonisti delle
vicende storiche. Anche nella Bibbia incontriamo narrazioni storiche che nei
secoli sono state rilette, manipolate, per così dire dal potere centrale vigente
e che quindi risentono di queste esclusioni.
Non è
allora un caso se ci sono teologhe che da anni stanno rileggendo la Scrittura a
partire da uno sguardo diverso, e cioè quello delle donne, per cogliere nei
silenzi imposti alle donne una parola diversa. Chi si si scandalizza dinanzi a
questo tipo di percorso diverso, a questo tentativo di leggere tra le righe, di
ascoltare il silenzio di chi da sempre è stato messo a tacere è perché è
succube della propria cultura lineare, che nel caso di quella Occidentale è
anche espressione di un pensiero forte, spesso e volentieri arrogante e
oppressivo. Che dire poi di quel modo di leggere la Parola di Dio a partire dai
poveri - altre grande categorie di persone messe a tacere dal potere politico e
religioso – che l chiesa Latino Americana ci ha insegnato sin dagli anni del
dopo Concilio. Un conto è, infatti, leggere la Parola di Dio in pantofole, in
un caldo appartamento Occidentale. Ben altra cosa è leggere la stessa Parola
tra la gente che vive nelle favelas o nei quartieri poveri di una città
nell’interno del Nordest brasiliano. Sono voci diverse, occhi diversi e
mentalità diverse che non si escludono, ma si possono mettere in sintonia. E’
questo sguardo diverso che legge la Parola da angolature diverse che destruttura
le sicurezze, non perché, come superficialmente si potrebbe sostenere,
relativizza i contenuti, ma perché molto più semplicemente li
contestualizza. E’ importate poi
sottolineare, a questo punto del discorso, come questo processo di
destrutturazione, di polifonia di voci diverse avviene all’interno dello stesso
testo biblico, che è tutto fuorché un racconto lineare. Troviamo, infatti, una accanto all’altra
contenuti che provengono da tradizioni culturali diverse, non solo nel tempo,
ma anche nella geografia. Che dire, ad esempio, del modo d’intendere la
monarchia nella storia d’Israele? Perché vi sono testi che si esprimono a
favore della monarchia e altri che manifestano tutto il loro malessere con
questa istituzione?
Sono
tante le voci diverse che il lettore attento incontra nella Scrittura.
Ascoltare la voce delle differenze che incontriamo nel testo biblico senza
cercare immediatamente delle piste per fare sintesi, per mettere a tacere
l’inquietudine della nostra coscienza, è una delle più belle sfide che la
Scrittura ci chiama a compiere. Liberarci dalle nostre sicurezze che, se
guardate in profondità non sono altro che delle durezze, e cioè delle verità
alle quali abbiamo affidato, senza mai porle in discussione, la solidità della
nostra vita spirituale, è uno dei grandi doni che la Parola di Dio ci offre. Entrare
nel mondo delle pluralità di voci, di modi di sentire e di essere, senza il
bisogno di ricondurle tutte ad un’unica voce, ma semplicemente apprendere ad
abitare la differenza: è la bellezza della vita spirituale che sgorga dalla
Bibbia. E’ in questo modo che scopriamo che non basta leggere la Bibbia, ma ciò
che conta è come ci lasciamo guardare da Lei, come ci lasciamo cambiare dalle
sue pluralità di voci. In questa prospettiva comprendiamo come la conversione
del cuore annunciata dai profeti e richiesta da Gesù, non significhi tanto
l’entrata in un cammino particolare, ma consiste nella disponibilità ad
allargare i nostri orizzonti, il nostro cuore, nella possibilità che ci viene
donata gratuitamente di aprire la nostra mente per essere più liberi. La verità
e, allo stesso tempo la necessità di un circolo biblico, dovrebbe essere
visibile nell’apertura mentale di coloro che vi partecipano. Lo sforzo
missionario della chiesa di annunciare al mondo il Vangelo è esattamente in
questa direzione e cioè nella possibilità di creare uomini e donne liberi,
persone capaci di ascoltare le differenze per il fatto che hanno appreso ad
accogliere la differenza dell’altro, ad abitare la complessità, a vivere nella
pluralità di vedute.
Perché è
così importante decostruire le certezze apprendendo ad abitare la pluralità di
opinioni e la diversità d’interpretazioni così come c’insegna la Scrittura? La
risposta la incontriamo osservando la storia. Tutte le volte, infatti, che
andiamo verso l’altro con le nostre idee forti, corriamo il rischio di
diventare violenti. Potremmo dire che le guerre nascono sempre dalla coscienza
che un gruppo ha delle proprie verità e dei propri diritti.
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