domenica 25 gennaio 2015

DECOSTRUIRE VIOLENZE







RIFLESSIONI DAL CORSO DI LETTURA POPOLARE DELLA BIBBIA
VERONA 21-26 LUGLIO 2014
Paolo Cugini

È molto significativo che un corso biblico della durata di una settimana dedichi i primi due giorni al tema della decostruzione, spingendo la riflessione verso un confronto tra il pensiero lineare e quello complesso. Esercitarsi a guardare con sospetto o perlomeno con distanza, a tutte quelle certezze che negli anni abbiamo assimilate e credute senza mai sperimentarne l’autenticità. Tra queste verità mai messe in discussione ci sono quelle religiose e anche quelle che provengono dalla nostra scarsa conoscenza della Bibbia. Siamo, infatti, abituati a pensare e a leggere la Bibbia con gli occhi della cultura dalla quale proveniamo, che ci ha insegnato da secoli ad annulare le diferenze, anzi a considerare la differenza come una negazione. Chi legge la Bibbia con gli occhiali della cultura lineare corre il rischio di leggerla in modo superficiale, e cioè come uan storia scritta dall’inizio alla fine, identificando la verità di Dio con quello che si legge in modo immediato. Sappiamo che la storia l’hanno sempre scritta coloro che abitano i palazzi dei re e quindi si tratta quasi sempre di una storia del centro, scritta per giustificare e difendere un potere. In queste storie, come da decenni ci ha insegnato la scuola della Nouvelle Histoire, poco o nulla rimane della storia reale, di quella cioè vissuta dalla gente comune, dai contadini, dalla gente semplice che rimane esclusa dai palazzi, da coloro che in realtà sono i veri protagonisti delle vicende storiche. Anche nella Bibbia incontriamo narrazioni storiche che nei secoli sono state rilette, manipolate, per così dire dal potere centrale vigente e che quindi risentono di queste esclusioni. 

Non è allora un caso se ci sono teologhe che da anni stanno rileggendo la Scrittura a partire da uno sguardo diverso, e cioè quello delle donne, per cogliere nei silenzi imposti alle donne una parola diversa. Chi si si scandalizza dinanzi a questo tipo di percorso diverso, a questo tentativo di leggere tra le righe, di ascoltare il silenzio di chi da sempre è stato messo a tacere è perché è succube della propria cultura lineare, che nel caso di quella Occidentale è anche espressione di un pensiero forte, spesso e volentieri arrogante e oppressivo. Che dire poi di quel modo di leggere la Parola di Dio a partire dai poveri - altre grande categorie di persone messe a tacere dal potere politico e religioso – che l chiesa Latino Americana ci ha insegnato sin dagli anni del dopo Concilio. Un conto è, infatti, leggere la Parola di Dio in pantofole, in un caldo appartamento Occidentale. Ben altra cosa è leggere la stessa Parola tra la gente che vive nelle favelas o nei quartieri poveri di una città nell’interno del Nordest brasiliano. Sono voci diverse, occhi diversi e mentalità diverse che non si escludono, ma si possono mettere in sintonia. E’ questo sguardo diverso che legge la Parola da angolature diverse che destruttura le sicurezze, non perché, come superficialmente si potrebbe sostenere, relativizza i contenuti, ma perché molto più semplicemente li contestualizza.  E’ importate poi sottolineare, a questo punto del discorso, come questo processo di destrutturazione, di polifonia di voci diverse avviene all’interno dello stesso testo biblico, che è tutto fuorché un racconto lineare.  Troviamo, infatti, una accanto all’altra contenuti che provengono da tradizioni culturali diverse, non solo nel tempo, ma anche nella geografia. Che dire, ad esempio, del modo d’intendere la monarchia nella storia d’Israele? Perché vi sono testi che si esprimono a favore della monarchia e altri che manifestano tutto il loro malessere con questa istituzione? 

Sono tante le voci diverse che il lettore attento incontra nella Scrittura. Ascoltare la voce delle differenze che incontriamo nel testo biblico senza cercare immediatamente delle piste per fare sintesi, per mettere a tacere l’inquietudine della nostra coscienza, è una delle più belle sfide che la Scrittura ci chiama a compiere. Liberarci dalle nostre sicurezze che, se guardate in profondità non sono altro che delle durezze, e cioè delle verità alle quali abbiamo affidato, senza mai porle in discussione, la solidità della nostra vita spirituale, è uno dei grandi doni che la Parola di Dio ci offre. Entrare nel mondo delle pluralità di voci, di modi di sentire e di essere, senza il bisogno di ricondurle tutte ad un’unica voce, ma semplicemente apprendere ad abitare la differenza: è la bellezza della vita spirituale che sgorga dalla Bibbia. E’ in questo modo che scopriamo che non basta leggere la Bibbia, ma ciò che conta è come ci lasciamo guardare da Lei, come ci lasciamo cambiare dalle sue pluralità di voci. In questa prospettiva comprendiamo come la conversione del cuore annunciata dai profeti e richiesta da Gesù, non significhi tanto l’entrata in un cammino particolare, ma consiste nella disponibilità ad allargare i nostri orizzonti, il nostro cuore, nella possibilità che ci viene donata gratuitamente di aprire la nostra mente per essere più liberi. La verità e, allo stesso tempo la necessità di un circolo biblico, dovrebbe essere visibile nell’apertura mentale di coloro che vi partecipano. Lo sforzo missionario della chiesa di annunciare al mondo il Vangelo è esattamente in questa direzione e cioè nella possibilità di creare uomini e donne liberi, persone capaci di ascoltare le differenze per il fatto che hanno appreso ad accogliere la differenza dell’altro, ad abitare la complessità, a vivere nella pluralità di vedute. 

Perché è così importante decostruire le certezze apprendendo ad abitare la pluralità di opinioni e la diversità d’interpretazioni così come c’insegna la Scrittura? La risposta la incontriamo osservando la storia. Tutte le volte, infatti, che andiamo verso l’altro con le nostre idee forti, corriamo il rischio di diventare violenti. Potremmo dire che le guerre nascono sempre dalla coscienza che un gruppo ha delle proprie verità e dei propri diritti.

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