Paolo Cugini
In questi giorni mi ha fatto riflettere una frase di san
Tommaso d’Aquino che ho trovato nell’Ufficio delle letture, che diceva cosí: “É meglio zoppicare sulla via, che camminare
a forte andatura sulla strada. Chi zoppica sulla strada, anche se avanza poco,
si avvicina tuttavia al termine. Chi invece cammina fuori strada, quanto piú
velocemente corre tanto piú si allontana dalla meta”.
Mentre leggevo con attenzione questo testo di Tommaso me
ne veniva in mente un altro del
sociologo polacco Zygmunt Bauman. In un suo famoso libbro – Amore
Liquido – Bauman sosteneva che una caratteristica dell’epoca attuale, chiamata
postmoderna, é la velocità, la rapidità dei cambiamenti, che esige una capacità
notevole di mobilità nelle persone e la consegeunte capacitá di non
idenditficarsi con nulla. Per riuscire ad accompagnare la diversità delle
situazioni e le nuove possibilità che la postmodernità presenta, é necessario
secondo Bauman, essere “liquidi” e cioè non solidi, non vincolarsi troppo con
qualcosa che poi ci possa impedire di entrare nelle nuove situazioni. L’uomo e la donna contemporanei, insegna Bauman, sono coloro che hanno appreso a
cambiare continuamente strada, perché sembra che l’importante non sia la meta,
ma il cammino. Leggendo queste
afermazioni qualcuno si potrebbe scandalizzare, ma è esattamente questo stile
di vita – chiamiamolo così – che l’attuale cultura propone a diversi livelli di
complessità e che assimiliamo senza nemmeno accorgercene.
Forse il senso di un cammino spirituale dovrebbe essere
quello di aiutarci ad accettare di camminare zoppicando sulla strada che stiamo
percorrendo, per vincere la tentazione di correre sulle altre strade. Zoppicare
sulla strada significa apprendere ad accettarci così come siamo, accolgiere e
integrare nella nostra visione di mondo i nostri limiti, le nostre incapacitá. Gesù è salito sul calvario zoppicando, senza dubbio non a causa dei suoi peccati,
visto che non ne aveva, ma caricando su di sè i nostri. Quell’andare lento e
insanguinato sul monte calvario insegna molte cose. Prima di tutto sfata
un’opinione tipicamente post-moderna che dice che la vita dev’essere fatta di
corsa, che bisogna correre e che è necessario arrivare sempre prima degli altri.
In secondo luogo, il cammino zoppicante di Cristo sul Calvario insegna che
nella strada che percorriamo dobbiamo guardade alla meta che è Cristo e che non è vero che per raggiungerla si possono utilizzare tutti i mezzi possibili. Le
cadute di Gesù mentre saliva il calvario, c’insegnano che il primo mezzo
importante per raggiungere la meta siamo noi. Il cammino dietro al Signore
zoppicante ci aiuta a capire noi stessi, a scoprirci, a comprendere chi siamo e
così a liberarci finalmente di quelle maschere che mettiamo per sembrare
diversi, piú veloci, quasi uguali agli altri. Gesù insanguinato sulla croce
c’insegna che non è importante nel cammino della vita apparire puliti,
perfetti, pettinati ma mostrarsi così come siamo. L’importante non è quello che
appariamo agli altri, ma quello che siamo. L’importante non è l’apparenza, ma
l’autenticità.
Mi sembra che questo modo di essere nel mondo e cioè come persone autentiche, riveli l’importanza di una cammino spirituale serio. Chi non si decide a prendere sul serio la propria vita spirituale perde un’occasione d’oro di conoscersi meglio e, quindi, di poter vivere in pace con se stesso e con gli altri. E allora solo così scopriremo che la vera felicità non sta nel correre su tante strade, ma nello scoprire la bellezza della propria strada, non sta nell’andare rapido, ma nel camminare lentamente, curadosi le proprie ferite. In questo lento cammino sulla strada della vita, apprendendo a curare le nostre ferite per arrivare alla meta, scopriremo che accanto a noi, sulla stessa strada, c’è qualcuno che sta zoppicando e che ha bisogno di essere sollevato per poter continuare il cammino. Sono i doni che la bellezza della lentezza mostra durante il cammino e che non potremmo mai scoprire nella frenesia della rapidità.
Mi sembra che questo modo di essere nel mondo e cioè come persone autentiche, riveli l’importanza di una cammino spirituale serio. Chi non si decide a prendere sul serio la propria vita spirituale perde un’occasione d’oro di conoscersi meglio e, quindi, di poter vivere in pace con se stesso e con gli altri. E allora solo così scopriremo che la vera felicità non sta nel correre su tante strade, ma nello scoprire la bellezza della propria strada, non sta nell’andare rapido, ma nel camminare lentamente, curadosi le proprie ferite. In questo lento cammino sulla strada della vita, apprendendo a curare le nostre ferite per arrivare alla meta, scopriremo che accanto a noi, sulla stessa strada, c’è qualcuno che sta zoppicando e che ha bisogno di essere sollevato per poter continuare il cammino. Sono i doni che la bellezza della lentezza mostra durante il cammino e che non potremmo mai scoprire nella frenesia della rapidità.
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