lunedì 21 gennaio 2019
IL BISOGNO DI PROFETI NELLA SOCIETÀ POSTCRISTIANA
Paolo Cugini
Leggendo la storia del popolo di Israele, storia
tutt’altro che lineare e di facile comprensione, ma colma di sorprese e novità,
si coglie un dato a mio avviso molto significativo. Nei momenti più delicati di
questa storia, c’è sempre stato qualcuno, nella maggior parte dei casi un
profeta, capace di vedere quello che gli altri non riuscivano a vedere. Nelle
più grandi catastrofi, come ad esempio l’esilio in Babilonia del 587 a.C., i
profeti riuscivano a vedere una sorta di itinerario nascosto dentro la storia,
che avrebbe mutato il destino del popolo, trasformandolo da negativo in
positivo. I profeti, in definitiva, iniettavano speranza nel popolo, erano
coloro che riuscivano a tenere alto il morale, a non permettere che il popolo
si abbattesse sotto i colpi della dura realtà.
Oggi,
a mio avviso, c’è più che mai bisogno di profeti, di visionari, di persone
capaci di vedere dove nessuno riesce a cogliere nulla. C’è un mondo che sta
andando in frantumi, e coloro che sono chiamati ad esercitare una guida spirituale
non lo vogliono ammettere. La società e la cultura Occidentale giorno dopo
giorno, a passi sempre più veloci si sta secolarizzando. Ciò che si percepiva
già negli anni ’50-’60 del secolo scorso, vale a dire un processo inarrestabile
di secolarizzazione, oggi è palpabile in tutti i settori della società, persino
nella religione. Sembra un paradosso, ma non più di tanto.
L’incapacità
cronica dell’istituzione ecclesiale di capire il cambiamento, sta creando lo
spazio per tutti quei movimenti tradizionalisti che si aggrappano al nulla pur
di mantenere in piedi ciò che ormai è crollato al suolo (grazie a Dio). E così,
mentre ci sarebbe bisogno di porre le basi per un nuovo cammino ecclesiale e
spirituale, nell’oggi di questa fase così delicata, sono i movimenti di tipo
fondamentalista a trovare spazio e ad alzare la voce nella Chiesa. Si avverte
nell’Occidente secolarizzato, una Chiesa ostaggio del passato, nella ricerca
ostentata e, per questo ridicola, di mantenere in piedi quello che è
rumorosamente fracassato al suolo.
Si
parla sempre di più di società postcristiana per il fatto che si ha la netta
sensazione che siamo entrati in un’epoca nuova, in cui la cristianità così come
si era venuta a strutturare dal medioevo in poi, non esiste più. Certamente, chi
si guarda intorno può affermare che in realtà non sembra notare un grande
cambiamento. Tale cambiamento è più interno che esterno, più culturale e
spirituale, che materiale. I sociologi ci ricordano anche con le statistiche
alla mano, che nell’Occidente secolarizzato i cristiani sono sempre più una
minoranza. Le percentuali di coloro che frequentano le chiese cala a vista
d’occhio. Allo stesso tempo, si constata il calo vertiginoso dell’accesso alla
vita sacramentale. Battesimi, matrimoni, confessioni: sono sempre meno le
persone che partecipano a ciò che da sempre sono considerati i cardini della
vita ecclesiale. Sono soprattutto le
giovani generazioni a disertare le chiese che, ormai, vedono la presenza di
bambini e anziani. Per quanto riguarda i bambini basterà aspettare ancora
qualche anno per non vederne quasi più. Quando la cristianità avrà perso la sua
presa sulla società Occidentale, non ci sarà più bisogno di catechizzare i
propri figli. Spariti i bambini che riempiono le chiese nel periodo scolastico
con cui vengono fatti coincidere i percorsi di catechesi, spariranno dalle
chiese anche i loro genitori, perlomeno quelli che sono abituati ad
accompagnare il percorso religioso dei loro figli, al di là dei loro specifici
interessi personali.
Considero
un bellissimo dono del Signore la possibilità di poter vivere in quest’epoca di
cambiamento epocale, perché i cristiani avranno la possibilità di vivere il
Vangelo in un modo più autentico e profondo rispetto a prima. Nella società
postcristiana, così come si sta delineando, perdendo l’aspetto culturale di
evento di massa, e di necessità sociale, l’essere cristiano, discepolo e
discepola del Signore, sarà sempre di più una scelta personale, più che una
necessità sociale. Per questo il futuro del cristianesimo, il futuro della
Chiesa sarà nei piccoli gruppi, più che nelle grandi cattedrali. Sono già molti
i luoghi di culto che, a causa del calo vertiginoso delle frequenze, vengono
venduti o dati in affitto per un altro tipo di utilizzo. Mentre le città Occidentali
piene zeppe di monumenti ecclesiali, diventeranno mete turistiche per ammirare
un passato glorioso, noi, i cristiani, avremo modo di sperimentare la bellezza
della vita evangelica rimanendo sotto i riflettori dello sguardo amoroso del
Padre.
sabato 19 gennaio 2019
GENERE E TEOLOGIA
LA TEOLOGIA DELLE DONNE
– II CICLO
REGGIO EMILIA – 18
GENNAIO 2019
SELENE ZORZI
Sintesi:
Paolo Cugini
Quando
si parla di genere si parla di cose che non si capiscono.
Qual
è l’obiettivo di questa sera? Capire il contributo della teologia quando la
categoria di genere impatta sulla teologia.
Femminismo
e cristianesimo: questo binomio va fatto risalire a Gesù:
ha incluso donne tra i suoi discepoli. Regressione patriarcale successiva:
proprio per permettere una diffusione del Vangelo, la Chiesa ha avuto una sorte
di regressione patriarcale rispetto al messaggio di Gesù. Questo fenomeno è
visibile nella letteratura paolina tardiva, quelle per intenderci delle lettere
pastorali. Le donne perdono sempre più peso all’interno della Chiesa, sino a
subire una vera e propria persecuzione.
Nella
storia della teologia c’è una cultura patriarcale portata avanti anche dalla
filosofia. Significativa è l’antropologia aristotelica che era convinta che le
donne erano dei maschi mancati.
Con
il movimento delle donne che hanno ripreso in mano la Bibbia, è nata l’esegesi
femminile. Nasce l’esegesi del sospetto. La sensibilità femminile porta a
svelare e a correggere alcune interpretazioni correnti. In campo protestante la
riflessione femminile è iniziata prima. Si pongono al testo biblico nuovi
interrogativi. Con nuovi interrogativi anche sulle donne, la sensibilità
femminile ha portato a correggere alcune interpretazioni fatte dai maschi. L’entrata
delle donne in teologia non è stata indolore.
Ermeneutica:
·
leggere il testo all’interno di un
contesto, compreso il contesto patriarcale.
·
Leggere i silenzi (discepoli: e le
discepole?)
·
Maggiore attenzione alle narrazioni
complesse (Salmo: come un bimbo svezzato in braccio alla madre: chi l’ha
scritto il testo?)
·
Cercare di leggere il testo maschile
inclusivo
Ermeneutica
del sospetto: i testi sono stati scritti da uomini con la mentalità misogina,
in un contesto patriarcale. Cercare i testi in cui le donne sono messe in
positivo. Dio libera l’uomo, tutta la Bibbia è una storia di liberazione. La
questione femminile ci aiuta a capire che un testo scritto ha la capacità di
essere collocato in contesti diversi, e viene illuminato in modo nuovo. Il
testo letterale è aperto a sviluppi nuovi.
Il Genere in Teologia
Che
impatto ha parlare di genere in teologia? Sapere che Dio è spirito e dunque non
ha sesso. Se Dio non ha sesso, devo parlare di lui a partire dalla mia
esperienza, che adesso inizia ad essere anche un’esperienza femminile. Problema
del linguaggio teologico. Quando parliamo di Dio, come ne possiamo parlare? Sappiamo
di essere creati ad immagine di Dio e quindi che modelli antropologici escono?
Abbiamo tre tipi di interpretazioni diversi, che indicano modelli antropologici
diversi.
Immagine
di Dio:
1. Uomo
2. Asessuato
3. Forse
ad immagine di Dio non è solo il maschio, ma anche la donna
Dio
è padre, madre, come?
Ci
sono molte immagini al femminile di Dio nell’AT.
Immagini
femminili di Dio:
·
Ruah
·
Madre
·
Divina Sapienza
Immagini
al maschile;
·
Se Dio è maschio, il maschio è Dio.
·
La mascolinità di Dio è genere e non
sessuale. Vedremo un padre tenero.
·
Gesù era un maschio atipico. Se Gesù non
si è sposato significa che è stato atipico, mettendo in crisi il modello
maschile. Gesù è capace di ascoltare il desiderio femminile.
·
La questione è il collegamento quasi
inconsapevole tra una sorte di legame di maschilità e potere. Per la femmina
viene messo in dubbio per le donne.
È
stata la cultura che ha reso indelebile il binomio maschilità e potere.
Problema
del genere della Trinità. Maschile e femminile
appartengono a tutta la Trinità. Possiamo usare il femminile e il maschile per
le tre persone.
Maria ha sofferto moltissimo l’immaginario maschile dei
celibi preti e vescovi che hanno parlato di lei elaborando una riflessione fortemente
segnata dal modello maschile e dalla cultura patriarcale. La teologia femminile
ha riscoperto molti aspetti nuovi su Maria.
Vergine-Madre
Eva-Maria:
binomio che non regge e penalizza tutte le donne che non sono Maria
Genio
femminile: è una categoria problematica. Nel
magistero le donne sono escluse dal sacerdozio. Il genio femminile sembra
essere la più grande categorizzazione del maschilismo sulla donna.
Dio creò l’uomo a sua immagine
A immagine di Dio lo creò
Maschio e femmina li creò
Prima
dell’ottocento si interpretava come se Dio avesse creato prima l’uomo e poi la
donna con l’unico scopo di generare figli. Di pende da dove si mettono le
virgole e nascono interpretazioni differenti.
San
Tommaso sosteneva che la donna è stata creata per la procreazione.
Modelli
antropologici nella storia della teologia
1. Un
solo sesso. Dio ha creato Adamo, maschio. Le donne non sono credute ad immagine
di Dio, ma possono essere redente.
2. Le
donne possono anticipare questo stato tramite una andrizzazione
Adamo-Cristo
Eva-Maria
Per sposo e sposa si intendeva che il maschio era il capo
della donna: lo sposo è il creatore e la sposa Israele.
Adamo
è creatura come Eva: il parallelismo non funziona con Maria e Cristo.
Nella
riflessione patristica chi fa la figura peggiore è Eva, cioè la donna. Anche
per Maria le teologhe hanno fatto una decostruzione.
C’è
un recupero di Maria.
·
Figura controcorrente:
donna incinta prima del matrimonio e ha portato avanti una gravidanza scomoda.
·
Profetessa:
il magnificat è il manifesto della teologia della liberazione
·
Donna “normale”: anche nel rapporto
con suo figlio (se lo dimentica a Gerusalemme per tre giorni). Ci sono vari
episodi in cui si vede che Maria non capisce che cosa stia facendo suo figlio.
·
È una Maria che è sorella,
in cui si riscopre la sessualità ed è l’inizio di un modello di una Chiesa a
due voci.
·
C’è un femminile che è modello anche degli
uomini.
Genere femminile e Dio
Ruah:
ha a che fare anche con la Shekinah (la nube). Questa shekinah.
Oggi
Cristo è la tenda: una cristologia al femminile.
Dio
madre: Os 11, Dt 32. Anche la mistica Giuliana parla di Dio
come madre. Anche Giovanni Paolo I.
Divina
sapienza: Gb 28; Sap 7.
Regno
di Dio: in greco si dice al femminile: Basileia
Due
parabole:
Lc
15, 8-10 (perde
Mt
13, 33-35: lievito (è una donna senza un uomo, immagine del Regno di Dio)
Giovanni
Paolo II: IL generare è di natura divina, perché
Dio è spirito. Anche la paternità è divina.
Concilio
de Toledo: 675 d.C. Gesù che esce dall’utero del
Padre. Possiamo dire di un Padre che partorisce
Le
donne sono degli ospiti nella Chiesa, ancora oggi.
Rischio
di avere solo un’immagine di Dio: idolatria. Più immagini abbiamo per esprimere
Dio, maggiore è la ricchezza della nostra esperienza di Dio.
venerdì 11 gennaio 2019
NUOVI ORIZZONTI DELLA MISSIONE
Sintesi:
Paolo Cugini
Nel
libro di Mario Menin: Missione,
Cittadella editrice, Assisi 2016, presentato a Reggio Emilia nel mese di
novembre 2018, in un evento organizzato dal Centro Missionario Diocesano, l’autore,
dopo aver presentato i diversi modelli di missione che si sono succeduti nel
tempo e dopo aver approfondito i documenti magisteriali più significativi sul
tema della missione, si sofferma a riflettere sulle nuove prospettive della
missione a partire dal nuovo quadro socio. - culturale. E’ su questa, a mio
avviso, interessante analisi, che intendo soffermare l’attenzione.
A
cinquant’anni dalla fine del Concilio la missione è molto cambiata. È possibile
individuare tre sfide che il nuovo contesto culturale propone alla Chiesa.
a. Con
quale Chiesa? Il problema consiste nel capire in che
modo la Chiesa è chiamata ad essere presente nel mondo nel nuovo contesto
culturale scristianizzato che alcuni definiscono come epoca post-cristiana. Si
tratta di inserire la Chiesa nell’orizzonte del mondo, perché possa rendere
ragione di sé dall’interno della storia. La sfida missionaria dell’Europa
consiste nel riportare il Vangelo nella vita quotidiana delle persone e nei
suoi nuovi areopaghi culturali. In questa prospettiva non basta esserci come
Chiesa. La semplice presenza non è più di per sé garanzia di evangelizzazione.
Occorre un nuovo rapporto vangelo-culture, un ritorno della Chiesa al Vangelo e
del Vangelo nella società. Ciò richiede un costante processo di inculturazione
della fede e di evangelizzazione delle culture, attraverso un approccio più
mirato e attento alle persone per riconoscere l’intima sete di senso che esse
sperimentano e soffrono, aiutandole a discernere tale sete nella loro vita,
presentando il Vangelo non come un pacchetto di norme canoniche da osservare,
ma come risposta inclusiva della loro ricerca e sofferenza. Ciò richiede una
Chiesa più modesta, più umile, più decentrata sulla Parola e sull’altro come
aveva proposta il Concilio. Non si tratta di rinunciare all’istituzione Chiesa,
quanto piuttosto di ripensarla a partire dalla sua natura missionaria, da
quella “attività” che fino al Vaticano II era considerata periferica e
riservata a pochi.
b. Con
quale Cristo? L’avvento del pluralismo religioso e del
dialogo interreligioso hanno provocato un profondo ripensamento nel modo
d’intendere la missione. Il tentativo attuale consiste nel ricomprendere il
pluralismo dentro l’unico piano salvifico di Dio, dal momento che non si può
escludere l’opera di Dio da nessun contesto e da nessuna esperienza umana. Ciò
non significa imboccare la via della relativizzazione del mistero di Cristo, ma
piuttosto di una rinnovata intelligenza, dall’interno della fede, della sua
unicità sia a livello teologico, sia a livello storico. Con il passaggio dal
cristocentrismo conciliare alle posizioni teocentriche e pluraliste del
post-concilio, il rischio è quello di relativizzare il Gesù della storia
rispetto al Logos eterno di Dio. La missione nell’orizzonte delle religioni
rischia di trasformarsi in una missione senza Cristo. Il problema a questo
punto diventa il seguente: con quale Cristo essere presenti nell’orizzonte
delle religioni? Non certo con il Cristo che le esclude aprioristicamente
tutte, ma con quello che tutte le interpella e da tutte si lascia interpellare attraverso
l’incontro, l’ascolto, il dialogo e il cammino insieme. L’unicità di Cristo,
scrive C. Theobald, non è escludente, ma ospitale, inclusiva, nel senso che dà
compimento all’unicità di ciascuno.
c. Con
quale cultura? Fino al Concilio la Chiesa di Roma
immaginava che la propria maniera di inculturare il Vangelo avesse un valore
paradigmatico assoluto. La nuova autocomprensione della Chiesa nei confronti
del mondo in ordine alla salvezza e soprattutto la scoperta di essere per la
prima volta una “chiesa mondiale e multiculturale hanno incrementato gli
interventi del magistero sulla questione, ora per frenare eccessivi entusiasmi,
ora per lanciare la missione verso nuovi orizzonti. Il magistero si è mosso tra
richiami per garantire l’unità della fede e della chiesa e nuovi progetti di
inculturazione; tra avvenimenti per salvaguardare il ricco patrimonio del
cristianesimo occidentale e appelli per non imporlo sic et simpliciter a tutte le chiese locali. Il processo di
scristianizzazione del continente europeo ha costretto l’Occidente cristiano a
porsi la domanda sulla propria identità cristiana. Non si è cristiani solo
culturalmente, una volta e per sempre, ma grazie ad una costante rigenerazione
nella fede, soprattutto in un continente di antica evangelizzazione, che vede
svilupparsi nuovi areopaghi culturali, in cui è più difficile comunicare e
trasmettere il Vangelo. Se per incarnarsi il vangelo deve entrare
nell’orizzonte del mondo, delle culture e delle religioni, va però detto che
l’utopia del Regno di Dio che esso annuncia non si esaurisce in un progetto
politico, per quanto nobile, e nemmeno in una cultura, per quanto elaborata.
C’è una differenza, eccedenza del Vangelo rispetto a tutte le culture e
religioni.
domenica 6 gennaio 2019
GENERE E TEOLOGIA - II CICLO DI CONFERENZE: LA TEOLOGIA DELLE DONNE
Paolo Cugini
Anche quest’anno il Gruppo Amiche legato al cammino dei cristiani LGBT di Reggio Emilia propone un ciclo di conferenze di Teologia delle Donne. Il successo dello scorso anno, sia per i contenuti proposti che per la partecipazione, hanno fatto sì che il gruppo ritenesse opportuno un nuovo cammino di riflessione. Che cos’è che ha colpito maggiormente nel percorso proposto lo scorso anno? Senza dubbio, lo sguardo diverso del pensiero femminile sui temi del delicato rapporto tra sessualità e teologia e, in modo particolare, la riflessione teologica sull’omosessualità. Le teologhe invitate hanno proposto cammini che hanno il coraggio di osare sentieri nuovi, senza trascurare quelli già battuti. In fin dei conti, l’idea del Gruppo Amiche consiste proprio nel proporre percorsi nuovi, osservando il tema della sessualità e dell’omosessualità da angolature diverse. Uscire dal pensiero unico, dalla teologia delle cose già dette e risapute, per mettersi in ascolto di ciò che Dio desidera dirci in questo nuovo contesto culturale post-cristiano e secolarizzato: è questo l’obiettivo dei cicli di teologia delle donne. Mettersi sul serio ad ascoltare la sofferenza di tanti fratelli e sorelle maltrattati e umiliati per il semplice fatto di essere nati diversi; capire che cosa Dio ha da dire dinanzi a queste sofferenze, che cosa c’insegna con la diversità sessuale. La proposta è quella di affidare alla teologia femminile non tanto delle risposte definitive sul tema così delicato, quanto di offrirci il loro sguardo diverso, il loro modo di approcciare il problema.
Nella prima serata, vale a dire VENERDI 18 GENNAIO 2019 alle ore 20,45, sarà con noi la teologa Selene Zorzi. Selene è stata nostra ospite anche lo scorso anno quando la invitammo a presentare un suo significativo libro: Il genere di Dio. La Chiesa e la teologia alla prova del gender. Selene ha un dottorato in teologia e insegna dal 2006 filosofia e teologia. Ha ottenuto il Diploma da Coach presso la U2Coach Academy si è certificata ACC presso la ICF, specializzandosi in Team Coaching.
Nella prima serata, vale a dire VENERDI 18 GENNAIO 2019 alle ore 20,45, sarà con noi la teologa Selene Zorzi. Selene è stata nostra ospite anche lo scorso anno quando la invitammo a presentare un suo significativo libro: Il genere di Dio. La Chiesa e la teologia alla prova del gender. Selene ha un dottorato in teologia e insegna dal 2006 filosofia e teologia. Ha ottenuto il Diploma da Coach presso la U2Coach Academy si è certificata ACC presso la ICF, specializzandosi in Team Coaching.
Tutti gli incontri di questo secondo ciclo di Teologia delle donne si
svolgeranno presso il Palazzo Dossetti dove ha sede l’università di Reggio
Emilia (Via Antonio Allegri, 9. Aula D 0.1).
L'Associazione la Tenda dio Gionata e la collana Cammini della diversità delle Edizioni San Lorenzo di Reggio Emilia, appoggiano l'iniziativa, con l'intenzione di pubblicare in un testo l'intero percorso.
L'Associazione la Tenda dio Gionata e la collana Cammini della diversità delle Edizioni San Lorenzo di Reggio Emilia, appoggiano l'iniziativa, con l'intenzione di pubblicare in un testo l'intero percorso.
Il Gruppo
Amiche di Reggio sta realizzando un servizio alla città di grande spessore
culturale, oserei dire innovativo: aprire lo spazio al pensiero teologico
femminile. Grazie infinite per questa opportunità.
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