mercoledì 28 aprile 2021

CONFESSIONE E SACRIFICIO

 



PAOLO SQUIZZATO

Sintesi: Paolo Cugini

 

Paolo Farinella, Il peccato e il perdono. Racconta quello che sente quando si mette nel confessionale. Abbiamo ridicolizzato il sacramento della confessione. È un sacramento in crisi. È un sacramento istituito dalla Chiesa tardivamente. Giacomo: confessate i peccati gli uni gli altri. È un sacramento che ha avuto vari cambiamenti. All’inizio avveniva una volta nella vita e quindi le penitenze si davano una volta nella vita e quindi ci si confessava alla fine della vita.

Nascono i libri penitenziali, i tariffari: ad ogni colpa la penitenza. Le penitenze erano molto dure. Ad un certo punto la pena si trasforma in denaro: nascono le indulgenze. Il purgatorio nasce per giustificare la pena che continua anche dopo la morte.

Riforma del sacramento. Malgrado la riforma c’è ancora grande crisi, perché la riforma non è stata applicata. Pensiamo ancora il sacramento com’era nel medioevo. Cosa ci dice il nuovo Ordo? Non si parla più di confessione: dire l’elenco del peccato. Ora il centro del sacramento non è il peccato, la colpa. Al centro del nuovo rito c’è la Parola di Dio e l’importanza dell’imposizione delle mani, l’effusione dello Spirito. I Vangeli ricordano la bontà di dio che è misericordia. Cambia tutto. Il sacramento significa comunicazione di vita divina.

Sperimentiamo che la vita è fragile, difficile, perché sono difficili le relazioni. La fatica delle ferite. E allora facciamo esperienza di un amore che ci abbraccia e ci risintonizza con Dio e poi, dopo questa esperienza, è tornare nel mondo riconciliato. Il frutto della confessione è come usciamo, come amiamo i fratelli e le sorelle. C’è un perdono ricevuto, che esige di essere donato. La confessione dell’elenco della spesa, e non ci cambia, siamo sempre gli stessi. Non si cresce in questo modo, se non c’è un’esperienza riversata sulle persone.

Confessione è risintonizzarsi sul cuore di Dio e lo fa non minacciando con dei castighi, ma con un’iniezione della sua vita in noi. Ecco perché è importante l’imposizione delle mani. Centro del sacramento non è il peccato, anche perché il peccato non offende la santità di Dio. Ci riconciliamo con i fratelli e sorelle attraverso l’amore che il Signore ci dona. L’amore non si può offendere.

Il criterio del sacramento è l’amore del Padre. Come ci si prepara? Con Luca 15 e Luca 19. Luca 15: il figlio esce di casa, tocca il fondo e vuole tornare. Dal padre riceve solo un abbraccio, non gli interessa dov’è stato, cos’ha fatto. Quello che è importante è l’esperienza presente, come figlio di nuovo del re e il figlio ricomincia a vivere.

Il peccato ha offeso me, non Dio. Ho bisogno di un amore che cura le ferite, davvero. L’amore è infinito.

Zaccheo. Uomo caduto e Gesù lo avvolge a casa sua. L’amore previene. Non gli chiede pentimento.

 

SACRIFICIO

C’è in sottofondo l’A.T. Gesù vede a Gerusalemme una situazione specifica della religione del tempio. Intorno al tempio di Gerusalemme vi era una organizzazione spaventosa: venti mila sacerdoti vi lavoravano, 24 turni settimanali. C’erano i leviti, che erano aiutanti. Nel Tempio lavoravano tra 50/ 60 mila persone. Le loro funzioni cominciavano prima dell’alba con la pulizia. Solo all’alba si portava l’agnello da sacrificare. L’agnello doveva essere perfetto in tutte le sue parti. Poi venivano aperte le porte del santuario. Ci volevano decine di persone per aprire i portali. Il rumore dell’apertura delle porte si sentiva fino a Gerico (25 km).

Sacrifici: si tratta di animali domestici, che vengono sgozzati. Il sangue veniva versato sull’altare e il resto macellato. L’animale bruciato viene chiamato olocausto. L’idea di sacrificare una vittima è richiesta dalla Torah per avvicinarsi a Dio. Anche Gesù è stato allevato in una famiglia osservante, religiosa: era questo il clima naturale di una coppia d’Israele. Si sacrificava per diversi motivi: salute, ringraziamento, lode. Tutto veniva donato al sacerdote. Offrire, sacrificare qualcosa di sé per far piacere alla divinità. È un’idea comune alle grandi culture. In alcune culture era sacrificato il primogenito per aggraziarsi la divinità.

Sacrificio di Isacco. Abramo lo fa, sale il monte Moria, che oggi è la parte più alta di Gerusalemme. Questo episodio è significativo perché si suppone che all’epoca in cui è stato scritto vigessero i sacrifici umani e per interromperli è stato scritto questo testo.

Gesù ha sperimentato tutto questo, ha visto tutte queste scene di violenza. Ha visto i sacerdoti arricchirsi con questo sistema commerciale dei sacrifici. Gesù spettatore ad un certo punto dice basta.

Nel film “Io sono con te” c’è questo aspetto del sacrificio, di Gesù che assiste a questo spettacolo del sacrificio e si chiede: perché Dio ha bisogno di tutto questo sangue. Dio non è il dio dei sacrifici. Dio non ha bisogno dei nostri sacrifici. Con Gesù si passa dalla logica del sacrificio alla logica evangelica del dono. Il Dio di Gesù chiede il dono di sé e non del sacrificio. Nella dinamica del dono si condivide ciò che è prezioso. Dare le primizie alla divinità per far piacere alla divinità, con Gesù cade. Nella dinamica del dono si dona ciò che è prezioso ampliando la propria vita, non la consumazione, la frantumazione, Nel dono c’è l’intensificazione della vita. Nel donare c’è un atto di accrescimento. Nel sacrificio c’è l’idea di mortificazione. Faccio morire una cosa sperando che Dio mi dia vita. Nella croce ad essere salvifica non è la morte, ma il dono d’amore di sé. È l’amore che scavalca la morte, non un atto mortificante. La mortificazione non produce nulla. L’amore è fecondo.

Misericordia io voglio, non il sacrificio: più chiaro di così!

Sacrificio: sacrifcium: sacrum facere: azione sacra per unirsi alla divinità. Rendo sacro un’azione per potermi legare a Dio in un atto religioso. Torna l’idea del fare l’azione sacra per essere ben accetti a Dio. Questa idea, molto forte nella religione ebraica, è passata ed è rimasta nel cristianesimo. Non si offre più nel cristianesimo animali, ma peggio ancora, si sacrifica se stessi. È passata l’idea del disprezzo di sé. Più mi disprezzo, più Dio è contento. Si dà importanza alle rinunce, Alle mortificazioni. È la logica del fioretto. È un’idea che non è evangelica, perché ha il sapore di morte. Gesù dice e annuncia il Dio dei vivi e non dei morti. Aggiunge vita e non la toglie. Che idea di Dio ci siamo portati entro per secoli? Como può avere senso un Dio che è contento della mia mortificazione, della rinuncia a vivere?

Quando Gesù banchettava e diceva che non c’è nessun elemento che rene impuro l’uomo, stava rompendo lo schema sacrificale. Amare Dio con tutto il cuore, con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e sacrifici. Già i profeti lo dicevano che Dio non accetta i sacrifici, gli olocausti. Dio desidera l’amore, la vita. Il Vangelo è chiarissimo: l’unica azione capace di donare la salvezza, non è il sacrificio, ma l’amore misericordioso verso gli uomini e le donne. Non si può parlare di croce come sacrificio, perché la croce è un atto d’amore. La croce non tocca Dio.

Il problema è con Paolo, che gli rimane tutto il vocabolario sacrificale. Paolo non è stato capace di abbandonare il bagaglio della cultura ebraica di cui era inzuppato. Paolo è certo che Dio salva attraverso il sacrificio.

Sacrificio: dobbiamo capire il senso. L’unico sacrificio è quello di Gesù. Sulla croce Gesù ha vissuto la croce come conseguenza ultima dell’amore. Gesù ha amato sino alla fine gli uomini e le donne. Solo l’amore per gli altri è Vangelo.

Gc 1,27: una religione pura e senza macchia è visitare gli orfani e le vedove. Tutto il resto non tiene. Chi perde la vita per gli altri, per amore, la acquista.

Cristo come sacerdote. Gesù non era sacerdote. Nel Vangelo non se ne parla. Gesù non ha istituito i sacerdoti. I presbiteri sono un’altra cosa dai sacerdoti. I presbiteri sono gli anziani della comunità, anziani come carisma. Gesù non è mai al tempio, oppure lo si trova a guarire e a insegnare, perdonare, mai a celebrare.

Il tempio come spelonca di ladri. Gesù non ha mai letto la sua morte come sacrificio gradito a Dio. Gesù è il profeta contro il sacerdote. Profeta è colui che denuncia un potere. Tutto questo è passato all’eucarestia: il sacrificio eucaristico.

Nella messa si parla tantissimo di sacrifico. Nel NT non c’è la parola sacrificio.

Siamo vittime di questa tradizione che ci pesa sulle spalle. Non è solo di parole, ma il fatto che le parole hanno un peso.

Misericordia: aiutare a far respirare.

Nessun commento:

Posta un commento