lunedì 5 giugno 2023

PRESBITERI GUIDE DI COMUNITA’: QUALE DISCERNIMENTO?

 



 

Paolo Cugini

Il prete è stato senza dubbio una figura di grande importanza nella società occidentale e, per certi versi, lo è anche oggi. Avere in una comunità una persona totalmente disponibile non solo per la vita religiosa, ma anche per servizi fondamentali come la cura delle persone anziane, l’elaborazione di proposte educative per bambini e adolescenti, l’attenzione per le famiglie, tra le altre cose, è di grande importanza. In ogni modo, però, è una figura che sta vivendo una grande crisi non solo d’identità, ma anche e, soprattutto, di credibilità. Da una parte, gli scandali della pedofilia hanno contribuito a corrodere l’immagine del prete come un essere ontologicamente diverso, come una certa spiritualità aveva contribuito a creare, come se fosse immune alle passioni. Dall’altra, l’attuale contesto culturale sempre più post-cristiana e post-teista, rende obsoleta la presenza di quel modello di prete che funzionava nell’epoca della cristianità, ma che oggi ha valore solo per la vecchia guardia cattolica. Provo, allora, ad indicare alcune strade che potrebbero essere percorse per una giuda di comunità che presiede l’eucarestia nell’epoca che stiamo vivendo.

Prima di tutto, occorre chiudere i seminari: non servono più. Sono stati inventati nell’epoca della cristianità e, grazie a Dio, quest’epoca è finita. Non bisogna pensare d’inventare altre strutture che lo sostituiscano: non serve. Nella Chiesa del dopo, che a dire il vero è già iniziata, le guide di comunità non dovranno essere celibi e nemmeno separati dal popolo di Dio. Saranno scelti tra quelle donne e quegli uomini che la comunità indicherà. Si, hai letto bene: donne. Fa specie che, un cammino che avrebbe dovuto incarnare la proposta egualitaria e pacifica di Gesù, dopo secoli è ancora ferma e irremovibile su questo punto. La fine della cristianità ci permette di guardare con più serenità alla proposta iniziale di Gesù e cogliere quegli aspetti che l’istituzione con il tempo ha modificato. Una comunità di discepoli e discepole uguali, la cui uguaglianza si fonda sull’unico battesimo esige uno stile di eguaglianza anche nelle guide di comunità. I seminari servivano per offrire percorsi formativi per i futuri presbiteri. D’ora innanzi sarà la comunità che se ne prenderà cura. Famiglia e comunità sono gli ambienti esistenziali più idonei per il cammino di formazione umana di coloro che saranno guide di comunità. Sarà necessario, poi, mettere mano alla proposta culturale che dovrà essere fornita per le future guide. Un percorso molto più semplice, più attento alle tematiche del tempo presente, collegato alle facoltà umanistiche già esistenti e integrato con proposte locali modificabili di anno in anno.

Le guide di comunità che presiedono l’eucarestia dovranno essere persone adulte, con alle spalle un cammino di vita evangelica riconosciuta dalla comunità. L’idea che dei ragazzi di 25 anni siano in grado di presiedere l’eucarestia in una comunità, per il semplice fatto che hanno terminato un percorso di studi è veramente poco evangelica. Più che di anni di studi, che certamente sono importanti, il criterio di discernimento per indicare una guida di una comunità riunita per celebrare l’Eucarestia, dovrebbe essere lo stile di vita, uno stile trasparente riconosciuto dai membri della stessa comunità. Si tratta di spezzare il pane della Parola e dell’eucarestia, che indica lo stile di amore gratuito e disinteressato di Gesù, la sua sete di giustizia, il suo amore per i poveri, gli esclusi, la sua ricerca costante di cammini di pace.  Ebbene, chi celebra dovrebbe essere una persona che da anni sta vivendo questo stile, in un modo così evidente da venir riconosciuto dalla stessa comunità. È questo che conta: vivere il Vangelo, essere discepoli e discepole del Signore. Per uscire dalle logiche di egoismo e autoreferenzialità stimolate dall’istinto di sopravvivenza, è necessaria un’intensa e profonda vita comunitaria, che pone al centro il servizio gratuito e disinteressato ai fratelli e alle sorelle, soprattutto a quelli più poveri, deboli e indifesi. È tra coloro che spiccano nel servizio umile che verranno indicate le future guide.

Da questo aspetto ne deriva un altro di grande importante. A mio avviso nel cammino di Chiesa che viene formandosi sulle macerie della cristianità, la comunità non dovrebbe più subire passivamente la nomina della sua giuda, ma dovrebbe essere coinvolta. Sappiamo che nei primi secoli la scelta di un vescovo spesso avveniva per indicazione del popolo. Il caso più eclatante è l’elezione di Agostino a vescovo d’Ippona. Il coinvolgimento del popolo nella scelta della guida di comunità sarebbe un segno chiaro dell’uscita da una parte, dalla mentalità gerarchica sempre strisciante e mai abbandonata, che rivela un’impostazione autoritaria e un’interpretazione del potere che non lascia spazio all’immaginazione; dall’altra, manifesterebbe il coinvolgimento effettivo dei laici nella vita della comunità. Infatti, nonostante i proclami e i tanti documenti, è visibile ancora oggi la separazione netta tra clero e laicato. Una guida scelta tra la gente e dal popolo sarebbe un gesto che indicherebbe una controtendenza di stile e segnerebbe l’avvio di una Chiesa davvero popolo di Dio. Sarebbe la comunità che indica al vescovo la guida scelta tra le persone della comunità stessa e, dopo un cammino di discernimento, giungere alla nomina. In questo modo, diverrebbe visibile che, la scelta della guida della comunità, più che essere basata su criteri meritocratici, tipica della mentalità individualistica che poco ha a che fare con il Vangelo, verrebbe evidenziata la disponibilità alla vita comune, al servizio umile, all’ascolto, tutti elementi che non s’imparano sui libri, ma si assimilano da un vissuto quotidiano animato dal desiderio di seguire il Maestro.

Continuando su questa linea è possibile domandarsi: perché una persona deve fare per tutta la vita la guida di comunità? Quest’impostazione che sto presentando, infatti, pone la questione del significato della vocazione, che ha sempre avuto una valenza soggettiva e personale. Se la scelta non è più individuale ma comunitaria, nel senso che è la comunità che indica il candidato e non viceversa, può essere un servizio a tempo, un periodo stabilito assieme ai membri della comunità, a partire anche dalla situazione personale del candidato. Questo aspetto aiuterebbe a sfatare l’alone di mistero attorno al prescelto, come se fosse un eletto da Dio. Il periodo alla guida della comunità potrebbe essere realizzato anche da una coppia di sposi, che ricevono il sacramento dell’ordine e, al termine del mandato, può svolgere altre mansioni. Se il centro del cammino di fede indicato dal vangelo è la comunità, allora dovrebbe essere rivista alla radice la teologia del sacramento dell’ordine sacro. Credo che, dinanzi ai cambiamenti epocali, come quello che stiamo accompagnando, diventi importante non aggrapparsi alle tradizioni come se fossero dei pezzi di marmo massiccio, ma lasciarsi guidare dallo Spirito Santo che soffia dove vuole. In fin dei conti, le comunità cristiane non sono chiamate a proteggere il passato, ma a vivere nel presente la novità del Vangelo di Gesù accogliendo con docilità e disponibilità il suo Spirito.

Per ultimo, questa forma di ministero non dovrebbe essere remunerata. La guida di comunità, infatti, è una persona che svolge il proprio lavoro e alla domenica presiede l’eucarestia. Oltre a ciò, guida gli organismi di coordinazione della comunità. Ciò significa che nella comunità i diversi servizi vengono assunti da varie persone in modo gratuito. Questo vale per i funerali, i matrimoni, la catechesi, la pastorale giovanile e altri servizi ancora. Non ci sarà, dunque, più bisogno di alcun organismo amministrativo a livello diocesano come il sostentamento del clero e nemmeno di una tassa dello Stato come l’otto per mille. Chi guida la comunità dovrà essere una persona che si mantiene con il proprio lavoro. Ciò permetterebbe alle guide di essere più libere, meno dipendenti dalla comunità da un legame di tipo economico. È da persone libere che abbiamo la possibilità di accompagnare i fratelli e sorelle nel cammino della libertà dei figli e delle figlie di Dio vissuta da Gesù.  

 


3 commenti:

  1. Sono in sintonia con questa proposta. Alcuni aspetti, come la preparazione delle persone scelte, richiedono una riflessione....

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  2. L'idea è buonissima,ma secondo me queste potenziali guide di comunità con tutte queste preziose caratteristiche non esistono

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