Paolo Cugini
Il
prete è stato senza dubbio una figura di grande importanza nella società
occidentale e, per certi versi, lo è anche oggi. Avere in una comunità una
persona totalmente disponibile non solo per la vita religiosa, ma anche per
servizi fondamentali come la cura delle persone anziane, l’elaborazione di
proposte educative per bambini e adolescenti, l’attenzione per le famiglie, tra
le altre cose, è di grande importanza. In ogni modo, però, è una figura che sta
vivendo una grande crisi non solo d’identità, ma anche e, soprattutto, di
credibilità. Da una parte, gli scandali della pedofilia hanno contribuito a
corrodere l’immagine del prete come un essere ontologicamente diverso, come una
certa spiritualità aveva contribuito a creare, come se fosse immune alle
passioni. Dall’altra, l’attuale contesto culturale sempre più post-cristiana e
post-teista, rende obsoleta la presenza di quel modello di prete che funzionava
nell’epoca della cristianità, ma che oggi ha valore solo per la vecchia guardia
cattolica. Provo, allora, ad indicare alcune strade che potrebbero essere
percorse per una giuda di comunità che presiede l’eucarestia nell’epoca che
stiamo vivendo.
Prima
di tutto, occorre chiudere i seminari: non servono più. Sono stati inventati
nell’epoca della cristianità e, grazie a Dio, quest’epoca è finita. Non bisogna
pensare d’inventare altre strutture che lo sostituiscano: non serve. Nella
Chiesa del dopo, che a dire il vero è già iniziata, le guide di comunità non
dovranno essere celibi e nemmeno separati dal popolo di Dio. Saranno scelti tra
quelle donne e quegli uomini che la comunità indicherà. Si, hai letto bene:
donne. Fa specie che, un cammino che avrebbe dovuto incarnare la proposta egualitaria
e pacifica di Gesù, dopo secoli è ancora ferma e irremovibile su questo punto. La
fine della cristianità ci permette di guardare con più serenità alla proposta
iniziale di Gesù e cogliere quegli aspetti che l’istituzione con il tempo ha
modificato. Una comunità di discepoli e discepole uguali, la cui uguaglianza si
fonda sull’unico battesimo esige uno stile di eguaglianza anche nelle guide di
comunità. I seminari servivano per offrire percorsi formativi per i futuri
presbiteri. D’ora innanzi sarà la comunità che se ne prenderà cura. Famiglia e
comunità sono gli ambienti esistenziali più idonei per il cammino di formazione
umana di coloro che saranno guide di comunità. Sarà necessario, poi, mettere
mano alla proposta culturale che dovrà essere fornita per le future guide. Un
percorso molto più semplice, più attento alle tematiche del tempo presente,
collegato alle facoltà umanistiche già esistenti e integrato con proposte
locali modificabili di anno in anno.
Le
guide di comunità che presiedono l’eucarestia dovranno essere persone adulte,
con alle spalle un cammino di vita evangelica riconosciuta dalla comunità.
L’idea che dei ragazzi di 25 anni siano in grado di presiedere l’eucarestia in
una comunità, per il semplice fatto che hanno terminato un percorso di studi è
veramente poco evangelica. Più che di anni di studi, che certamente sono
importanti, il criterio di discernimento per indicare una guida di una comunità
riunita per celebrare l’Eucarestia, dovrebbe essere lo stile di vita, uno stile
trasparente riconosciuto dai membri della stessa comunità. Si tratta di
spezzare il pane della Parola e dell’eucarestia, che indica lo stile di amore
gratuito e disinteressato di Gesù, la sua sete di giustizia, il suo amore per i
poveri, gli esclusi, la sua ricerca costante di cammini di pace. Ebbene, chi celebra dovrebbe essere una
persona che da anni sta vivendo questo stile, in un modo così evidente da venir
riconosciuto dalla stessa comunità. È questo che conta: vivere il Vangelo,
essere discepoli e discepole del Signore. Per uscire dalle logiche di egoismo e
autoreferenzialità stimolate dall’istinto di sopravvivenza, è necessaria
un’intensa e profonda vita comunitaria, che pone al centro il servizio gratuito
e disinteressato ai fratelli e alle sorelle, soprattutto a quelli più poveri,
deboli e indifesi. È tra coloro che spiccano nel servizio umile che verranno
indicate le future guide.
Da
questo aspetto ne deriva un altro di grande importante. A mio avviso nel
cammino di Chiesa che viene formandosi sulle macerie della cristianità, la
comunità non dovrebbe più subire passivamente la nomina della sua giuda, ma
dovrebbe essere coinvolta. Sappiamo che nei primi secoli la scelta di un
vescovo spesso avveniva per indicazione del popolo. Il caso più eclatante è
l’elezione di Agostino a vescovo d’Ippona. Il coinvolgimento del popolo nella
scelta della guida di comunità sarebbe un segno chiaro dell’uscita da una
parte, dalla mentalità gerarchica sempre strisciante e mai abbandonata, che
rivela un’impostazione autoritaria e un’interpretazione del potere che non
lascia spazio all’immaginazione; dall’altra, manifesterebbe il coinvolgimento
effettivo dei laici nella vita della comunità. Infatti, nonostante i proclami e
i tanti documenti, è visibile ancora oggi la separazione netta tra clero e laicato. Una
guida scelta tra la gente e dal popolo sarebbe un gesto che indicherebbe una
controtendenza di stile e segnerebbe l’avvio di una Chiesa davvero popolo di
Dio. Sarebbe la comunità che indica al vescovo la guida scelta tra le persone
della comunità stessa e, dopo un cammino di discernimento, giungere alla
nomina. In questo modo, diverrebbe visibile che, la scelta della guida della
comunità, più che essere basata su criteri meritocratici, tipica della
mentalità individualistica che poco ha a che fare con il Vangelo, verrebbe
evidenziata la disponibilità alla vita comune, al servizio umile, all’ascolto,
tutti elementi che non s’imparano sui libri, ma si assimilano da un vissuto quotidiano
animato dal desiderio di seguire il Maestro.
Continuando
su questa linea è possibile domandarsi: perché una persona deve fare per tutta
la vita la guida di comunità? Quest’impostazione che sto presentando, infatti,
pone la questione del significato della vocazione, che ha sempre avuto una
valenza soggettiva e personale. Se la scelta non è più individuale ma
comunitaria, nel senso che è la comunità che indica il candidato e non
viceversa, può essere un servizio a tempo, un periodo stabilito assieme ai
membri della comunità, a partire anche dalla situazione personale del
candidato. Questo aspetto aiuterebbe a sfatare l’alone di mistero attorno al
prescelto, come se fosse un eletto da Dio. Il periodo alla guida della comunità
potrebbe essere realizzato anche da una coppia di sposi, che ricevono il
sacramento dell’ordine e, al termine del mandato, può svolgere altre mansioni.
Se il centro del cammino di fede indicato dal vangelo è la comunità, allora dovrebbe
essere rivista alla radice la teologia del sacramento dell’ordine sacro. Credo
che, dinanzi ai cambiamenti epocali, come quello che stiamo accompagnando,
diventi importante non aggrapparsi alle tradizioni come se fossero dei pezzi di
marmo massiccio, ma lasciarsi guidare dallo Spirito Santo che soffia dove
vuole. In fin dei conti, le comunità cristiane non sono chiamate a proteggere
il passato, ma a vivere nel presente la novità del Vangelo di Gesù accogliendo
con docilità e disponibilità il suo Spirito.
Per
ultimo, questa forma di ministero non dovrebbe essere remunerata. La guida di
comunità, infatti, è una persona che svolge il proprio lavoro e alla domenica
presiede l’eucarestia. Oltre a ciò, guida gli organismi di coordinazione della
comunità. Ciò significa che nella comunità i diversi servizi vengono assunti da
varie persone in modo gratuito. Questo vale per i funerali, i matrimoni, la
catechesi, la pastorale giovanile e altri servizi ancora. Non ci sarà, dunque,
più bisogno di alcun organismo amministrativo a livello diocesano come il
sostentamento del clero e nemmeno di una tassa dello Stato come l’otto per
mille. Chi guida la comunità dovrà essere una persona che si mantiene con il
proprio lavoro. Ciò permetterebbe alle guide di essere più libere, meno
dipendenti dalla comunità da un legame di tipo economico. È da persone libere
che abbiamo la possibilità di accompagnare i fratelli e sorelle nel cammino
della libertà dei figli e delle figlie di Dio vissuta da Gesù.
Sono in sintonia con questa proposta. Alcuni aspetti, come la preparazione delle persone scelte, richiedono una riflessione....
RispondiEliminaEnrico Carretti
RispondiEliminaL'idea è buonissima,ma secondo me queste potenziali guide di comunità con tutte queste preziose caratteristiche non esistono
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