martedì 21 novembre 2017

LA CURA DEL CREATORE E GLI STILI DI VITA DELLE CREATURE


UNITA’ PASTORALI SANTA MARIA DEGLI ANGELI E PADRE MISERICORDIOSO

I MARTEDÌ TEOLOGICI – 21 NOVEMBRE 2017

LA CURA DEL CREATORE E GLI STILI DI VITA DELLE CREATURE
PER UNA SPIRITUALITA’ ECOLOGICA

DON BRUNO BIGNAMI


Sintesi: Paolo Cugini
Come educarci ai temi ecologici?
Dobbiamo ripartire sempre da uno sguardo più alto, dallo sguardo del creatore. Il dono dello Spirito rende presente Dio nella storia, e ne ravviva la presenza. Uno stile di vita adeguato si rende consapevole di questa capacità di Dio.
Dio irrompe nel tempo quasi facendoci capire che ci sono tempi differenti. Nella creazione c’è anche il settimo giorno, il giorno del riposo e della contemplazione. Nell’opera di Dio non siamo solo inseriti nel tempo cronologico, ma anche nel tempo che ci permette id cogliere delle occasioni uniche: il tempo non è solo cronos, ma un kairòs. Laddove faccio l’esperienza del dono e della gratuità scopro la cura del creatore per noi.

LS 12: il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode.

Gabriel Marcel: noi sperimentiamo il nostro rapporto con la realtà attraverso il livello del problema e del mistero. Il problema mi sta davanti e cerco di risolvere. Il mistero è qualcosa dentro al quale io sono coinvolto. Viviamo dentro questo duplice livello della realtà.
Il papa ha mandato un messaggio alla conferenza sul clima dicendo che servono nuovi stili di vita, che ci aiutano a capire che i poveri pagano i nostri stili di vita dei paesi ricchi. Quali scelte possono aiutarci ad includere le persone?
Wittgenstein: le soluzioni tecniche sono una parte, ma non il tutto.
Oggi c’è un forte dibattito tra chi ha una linea del mitigare, attraverso delle scelte ridurre i danni che l’uomo fa e chi sostiene che l’uomo si è sempre adattato (linea dell’adattamento).

Stili di vita alternativi
LS 204: quando le persone diventano autoreferenziali accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare.
Lo stile di vita consumistico è rigenerato dal vuoto, dall’autoreferenzialità, come se il senso della vita sia dato dalla quantità di oggetti.
Attraverso la spesa andiamo ad indirizzare i soldi a promuovere o scartare alcune modalità di produzione dei beni. Stiamo indirizzando un modello economico mentre facciamo la spesa.
Il problema è di rendersi conto che le nostre scelte hanno un impatto. Esempio della campagna contro la Nike. C’è la consapevolezza che se i consumatori non sono contenti si dirigono altrove. Le multinazionali sono attenti a questi fenomeni.

Alleanza umanità e ambiente
LS cap. 6. Capacità di star bene con se stessi, con gli altri, con gli esseri viventi e con Dio. Livelli diversi che si richiamano l’un con l’altro e dicono di un equilibrio ecologico. Quando uno non sta bene con se stesso non sta bene nemmeno con gli altri e con Dio. Ecologia integrale: occorre lavorare su se stessi per un equilibrio con gli altri e con il mondo.
Le piccole azioni quotidiane: LS 211. Evitare l’uso di materiale di plastica, utilizzare trasporto pubblico, piantare alberi. Quali sono le scelte concrete che possiamo mettere in campo? Capaci di mordere sul concreto.
Come ci muoviamo nella città? Come viviamo il rapporto con il cibo?

La cura nei gesti quotidiani: è spiritualità. Abitare con cura i gesti quotidiani. Sono i gesti quotidiani che salvano l’umanità. E’ la quotidianità che custodisce questo mondo: questa è spiritualità.
La famiglia è il luogo centrale di educazione. Permesso, grazie, scusa: sono essenziali nella vita quotidiana. E’ una questione di qualità dell’umano. Ecologia è aiutare le persone a lavorare bene. E’ importante lo stile con cui teniamo insieme le persone.
Formare coscienza nei luoghi di formazione (controllarci ed aiutarci l’un l’altro). Capacità di formare le coscienze: dev’essere una nostra preoccupazione. Austerità responsabile: scelta di vita, imparare a capire cos’è essenziale.

Amare la bellezza
La bellezza ci educa, influisce nei nostri modelli di comportamento. Ciò che è degradato diseduca. Cfr. i quartieri degradati. Amare la bellezza vuole dire gustare la poesia, la musica, la letteratura, la natura, l’arte. Quanto sarebbe opportuno imparare ad abitare la domenica attraverso l’incontro con la bellezza. Visitare un amico: è bellezza.

La conversione ecologica
Significa lavorare sulle motivazioni. L’incontro con Gesù Cristo rinnova le nostre relazioni. San Francesco è un esempio. Conversione significa riconoscere i propri errori. Conversione comunitaria: dobbiamo camminare su questo valore. Non sono più sufficienti dei comportamenti individuali. Occorre coinvolgere la comunità, la famiglia. Quali sono le conversioni comunitarie che dobbiamo realizzare? In alcuni paesi europei il prete dice negli avvisi: mi raccomando non venite a messa in macchina. La Chiesa italiana ha indicato alcune scelte. Occorre attivare reti comunitarie.

Gioia e pace
Meno è di più: spiritualità della sobrietà. Semplicità della vita. La storia del cristianesimo è ricca di proposte di spogliazione. Non dare troppo valore alle cose secondarie. Umile nascondimento di Charles de Foucauld; la missione a partire degli ultimi delle congregazioni missionarie, ecc. Che cosa devo togliere dalla mia vita per renderla migliore? E’ quello che fanno gli scultori. I capolavori si fanno togliendo, anche i capolavori della spiritualità. Umiltà, pace interiore, equilibrio. Se impari a togliere c’è sempre un arricchimento.

Amore civile e politico
Fraternità universale. Livello personale: Teresa di Lisieux. Sorriso, parola gentile, piccolo gesto.
 Livello sociale. Costruire un gesto migliore con i gesti della cura. Cosa posso fare per migliorare l’ambiente in cui vivo? Proteggere, risanare, abbellire: coltivano un’identità comune.
I sacramenti: hanno bisogno di far riferimento del dono di Dio e hanno bisogno del lavoro umano.

La trinità e la relazione tra le creature
Ogni creatura porta in sé una struttura trinitaria, dove le relazioni sono un uscire da sé per vivere in comunione. C’è una dinamica relazione alla quale noi crediamo pochissimo. C’è qualcosa di molto più profondo nel nostro rapporto con la realtà. Curare le relazioni

La Bellezza
Ci educa. La costruzione di un mondo diverso sta nella cura dei gesti quotidiani. Il bene tende sempre a ritornare a sbocciare e a diffondersi. Dobbiamo acquisire questo sguardo positivo: l’essere umano è fatto per rinascere anche da condizioni che sembrano irreversibili. Dio ha creato il mondo e ci ha collocato nel mondo per prenderci cura. Se non fossimo capaci di prenderci cura non si capirebbe il motivo della sua consegna. Dobbiamo guardare con più fiducia alle nostre capacità per abitare meglio il quotidiano e per custodire la bellezza.
Dobbiamo essere molti concreti per capire che cosa c’è di non ecologico nel nostro stile di vita. A volte è anche non ecologica la fretta, per cui non do mai tempo a nulla, non do tempo per ascoltare le persone. Dobbiamo provare a sviscerare i nostri vissuti quotidiani per cogliere cosa dobbiamo fare per migliorare le nostre relazioni. 

martedì 14 novembre 2017

QUANDO LA CASA E' SFIGURATA






UNITA’ PASTORALI SANTA MARIA DEGLI ANGELI E PADRE MISERICORDIOSO

I MARTEDÌ TEOLOGICI – 14 NOVEMBRE 2017


IL CREATORE E LE CREATURE: QUANDO LA CASA E’ SFIGURATA


DON BRUNO BIGNAMI


Sintesi: Paolo Cugini

Cosa c’è che non va?
LS 70. Tutta la vita è in pericolo. Esempio di Caino Abele: la fraternità tradita. Vince chi riesce ad eliminare gli altri. La fraternità ci fa scoprire che c’è posto per tutti. Siamo tutti fratelli. La Fraternità è una conquista.

Secondo racconto: peccato di Adamo ed Eva. Qual è il limite che Dio pone? Non potete mangiare di quest’albero. Adamo ed Eva interpretano, vuole dire che non possono mangiare tutto. E’ la totalità delle cose che ci vengono sottratte, proprio perché non siamo Dio. La pretesa di avere tutto a disposizione è la grande eresia del nostro tempo. Se tutti dovessimo vivere come vive un americano ci vorrebbero cinque pianeti. La pretesa di totalità è il dramma dell’uomo.
Siamo limitati e non dobbiamo avere la pretesa della totalità, dobbiamo fidarci del fatto che Dio si fa provvidenza. C’è l’elemento della fraternità che è importante. La fraternità è l’esperienza radicale della differenza. Abele significa soffio. La LS sottolinea molto questi due aspetti.
Contrasto tra la rapidità e la lentezza dell’evoluzione biologica. C’è il principio della realtà: l’evoluzione biologica è lenta. Come metterci in armonia? Incapacità di assumere il limite, che è quello di vivere una stagione e poi il mondo l o devo consegnare a qualcun altro.

La grande questione del nostro secolo è il cambiamento climatico. Nel giro di un secolo, se continuiamo così, vedremo cambiamenti epocali. C’è una perdita di biodiversità delle foreste. C’è il grande tema del clima.
Già in alcune zone del mondo ci sono delle trasformazioni in atto. In Olanda stanno già progettando delle grande barriere per arginare il mare. Altra questione è quello di limitare l’innalzamento del clima e stare sotto i due gradi.
L’aria in Europa è estremamente inquinata. Come sappiamo i fattori di questo fenomeno sono molti. Occorre affrontarli tutti.

Tutto questo genera la cultura dello scarto, che è l’opposto della cultura della cura. Il consumismo è figlio di questa cultura. Bauman: la società è passata dal desiderio di prendersi cura del mondo, al mondo che si prende cura del desiderio. Questo modello è diventato il modello delle relazioni. Molti cattolici fanno fatica a riflettere come recuperare le persone: è la mentalità dello scarto. Una persona non può essere mai considerata uno scarto. Abbiamo sempre qualche scarto, qualcuno da tener fuori. La logica dello scarto è terribile. La LS mette il dito su questo tema, perché la logica dello scorta tocca il tema del limite e della fraternità negata, per cui non vedo il valore dell’altro. Se non riesco a vedere questo ho messo da parte il Vangelo e sto prendendo un altro riferimento.

La questione dell’acqua. Fonte di vita. Tendenza a privatizzare. Se il costo dell’acqua cresce significa che qualcuno non riuscirà ad accedere all’acqua. L’acqua diviene causa di conflitti. Il muro di Gerusalemme non è dritto perché è stato costruito conforme alle sorgenti d’acqua che sono in mano agli israeliane. Controllando l’acqua controllo un paese. Intorno all’acqua si consuma qualcosa di molto importante. Papa Francesco ci ricorda che l’acqua va garantita a tutti e la possibilità di vivere. Parlare di diritti umani essenziali all’ONU non veniva usato: si parlava di bisogno fondamentale e non di diritto. Se parli di diritto significa che non puoi privatizzare. Il magistero della chiesa già ne parlava molto chiaro.

La perdita della biodiversità. In Italia in alcune zone per i limiti che ci sono alla pesca, capita che i pescatori lavorino cinque giorni al mese. Fanno la fame. Gran parte del pesce che arriva sulle nostre tavole è allevato. Si è creato un impoverimento notevole. Temi ambientali che hanno subito un risvolto sociale. In Italia c’è una grande varietà di mele, ma al mercato ne troviamo poche. C’è una tendenza a perdere la biodiversità e questo è un problema.

Deterioramento della qualità della vita umana e degrado sociale. C’è un caos urbano in crescita. C’è spesso il doppio stato che detta il potente di turno. Il degrado sciale è segno di relazioni che si sono impoverite e per cui nasce una dipendenza. Abbiamo fatto molto fatica a riconoscere che siamo terra infiltrata dalla mafia. Ciò significa degrado sociale. Molto interessante in questa prospettiva è: Esperienze Pastorali di Lorenzo Miani. S’interroga i motivi degli spostamenti delle persone del paese. Milani cura i mali sociali con la scuola. Oggi non abbiamo diagnosi sufficienti di ciò che succede. C’interroghiamo poco sui problemi del territorio. E’ un problema di formazione di coscienze. Occorre avere il coraggio di guardare il faccia i problemi.

Ingiustizie a livello planetario. Crescita demografica. C’è un debito ecologico tra Nord e Sud. India e Cina stanno occupando l’Africa con logiche uguali a quelle dei colonizzatori. Oggi lo fanno comprando terre, foreste. Oggi non serve l’esercito, ma i soldi.

Quale soluzione?
Siamo una sola famiglia umana. Pensarsi in rete: o ci salviamo tutti, o affondiamo tutti. No alla globalizzazione dell’indifferenza. Il nemico è una costruzione culturale che dicono l’incapacità di pensarsi famiglia umana. Iniziamo a cambiare quando incontriamo il volto dell’altro. Il problema serio sono i politici di oggi, che costruiscono l’idea del nemico. E’ l’esperienza del volto che ci permette di scoprire che siamo una sola famiglia. Solo così che scopriamo che le persone non sono fatte per spararsi. In questa prospettiva le comunità cristiane sono fondamentali. Nella comunità le persone creano reti. Oggi è difficile creare reti di rapporti. Le comunità cristiane devono divenire segni di aperture relazionali.
La debolezza delle relazioni. Impegno per mettere al bando le bombe atomiche. Un terzo delle risorse energetiche l’umanità le sta spendendo per le armi. Armarci significa creare le condizioni di creare nemici e usare le armi.
Diversità di opinioni. Non c’è un’unica soluzione. C’è un metodo: il dialogo.

La radice umana della crisi ecologica. Ci sono delle scelte che possono acuire la crisi. C’è un’illusione di una crescita infinita. E’ necessaria una diversa economia. La fame non si risolve con la crescita del mercato. Il mercato ha messo al centro il tema della libertà. Il Papa dice che questa libertà è solo apparente, è la libertà di chi ha i soldi. Se il punto di partenza non è lo stesso, la società genera scarti.

Cultura ecologica. Oggi la comunità cristiana in questo campo può dire molto. Pensare che l’uomo possa fare tutto quello che vuole, è assurdo: è l’antropocentrismo dispotico. Alcuni modelli di allevamento intensivo qualche problema lo pone. Occorre recuperare il lavoro manuale. C’è un modello che ci può aiutare ad uscire da questo clima? Si, il lavoro umano. L’intervento umano favorisce il prudente sviluppo del creato. Se uno costruisce delle bombe, quel lavoro non è degno. Se uno inquina con il suo lavoro è bene che cambi lavoro. Lavorando mi prendo cura del mondo.

OGM: propone la manipolazione genetica come soluzione. La terra e i semi sono sempre più in mano a pochi. Manca una capacità di connessione.


domenica 12 novembre 2017

LA RIFORMA E IL DESIDERIO DI RIFORMA DELLA CHIESA





BORZANO DI ALBINEA (REGGIO EMILIA) – 12 NOVEMBRE 2017

Relatrice: Lidia Maggi (Pastora Battista a Adumensa – Varese)
Sintesi: Paolo Cugini

Stiamo celebrando il 500° per la prima volta insieme. Riconciliazione della memoria è stato fatto per restituirci un volto meno deformato di Lutero, e per offrirci un volto della Chiesa meno ideologizzato. La Chiesa nasce plurale. L’unità della Chiesa è un mito, una narrazione ideologica. I dati biblici ci racconta una Chiesa che nasce plurale. Paolo utilizza il termine Chiesa come unità. E’ raro che il NT pensi la Chiesa come la pensiamo noi. Il NT pensa una pluralità di modelli di chiesa, uniti nella progettualità. Colletta di Gerusalemme dice delle relazione di collaborazione tra le Chiese. Il modello che nasce dalla Chiesa da Giudei cristiani a Gerusalemme è molto diversa dalle Chiese paoline. Paolo ha un’idea aperta e la comunità si realizza non sull’imposizione delle mani, ma per opera dello Spirito. Paolo fonda chiese carismatiche.
 La ministerialità è plurale che coinvolge uomini e donne. Paolo è stato letto in maniera caricaturata, perché diventava il riferimento principale dei protestanti. La riforma parte con il commento alla lettera ai Romani di Paolo e quindi Paolo diventa il riferimento. Credo che la parodizzazione fatta di Paolo è dovuta alla connessione con il mondo della Riforma e anche perché le lettere di Paolo sono meno immediate rispetto ai vangeli. Paolo ha un linguaggio non facile. Paolo aveva una concezione della Chiesa diverso da quella di Gerusalemme.
 Giacomo è il capo della Chiesa di Gerusalemme. Il familismo entra nelle chiesa sin dalle origini. Paolo reclama di essere apostolo per chiamata diretta. Paolo fonda comunità carismatiche e democratiche che hanno dei problemi, come avviene quando si lascia spazio. 1 Cor. È uno dei testi più antichi. 53 d. C. Paolo rimprovera i Corinzi. Paolo riceve le informazioni da una comunità che si ritrova a Cloe. Febe è diacono. Siamo alla fine della lettera ai Romani. Prisca aveva un ruolo più importante rispetto a su marito Aquila. E’ una comunità gestita da due vescovi, una coppia di sposi, di cui la donna aveva un ruolo più importante. 
C’è una narrazione della storia della Chiesa che non corrisponde alla narrazione del NT. Nel 500° ci siamo detti che abbiamo fatto un cammino che passa attraverso la diversità riconciliata. Non c’è bisogno di ricollocare ad un’unica ecclesiologia i diversi modelli di Chiesa già presenti nel NT.

Apocalisse: alle sette chiese. Le chiese diverse che rappresentano la Chiesa. C’è l’ideologia della Chiesa unita e unica. La realtà narrato dai vangeli è che la chiesa nasce plurale. C’è sempre la tentazione del pensiero unico. I cristiani nascono con una costituzione, nascono con quattro vangeli, quattro versioni, quattro sguardi. Quattro modi diversi di essere Chiesa, di essere discepoli. La Chiesa di Luca è la Chiesa degli ultimi. La Chiesa di Giovanni è la Chiesa degli amici, ecc. Nella Chiesa di Giovanni tutto si gioca all’interno, mentre nella Chiesa di Matteo c’è la missione. Il modello di Giovanni è Gerusalemme, Is 2, 1-4. 
La celebrazione del 500° ci ha restituito questa ricchezza, che la Chiesa nasce plurale. Questo non toglie le ferite, ma ci permette di uscire dallo sguardo irenico e fantasioso del passato. Persino Luca negli Atti ci racconta in una delle sintesi: comunione fraterna. Stavano insieme, in un solo cuore. Tutto era in comunione. Però Luca ci ricorda subito che nella comunità ci sono anche episodi contraddittori. Luca ci racconta qual è il peccato della Chiesa. Anania e Saffira è l’unica coppia della scrittura che ha superato il patriarcato. Abbiamo una coppia che condivide anche l’economia.
 Per noi la Chiesa sono i preti e per questo perdiamo il significato di quello che è avvenuto alle origini. E’ come se Luca scrivesse la Genesi della Chiesa, con l’uomo e la donna che peccano. La comunione dei beni era anche la comunione dei processi decisionali. Luca ci racconta il peccato originale della Chiesa come il cuore diviso. Prima ci mostra l’ideale e poi c’è una riscrittura che narra di un cuore diviso, di una rottura. Chi sono quelli che portano via i cadaveri del vecchio modo di essere chiesa? Sono i giovani. Da noi non hanno spazio, qui portano via i cadaveri del cuore diviso che porta alla morte.

Pluralità di modi essere Chiesa. Nella rivisitazione della storia passiamo da una lettura ideologizzata ad una più realista. Ci ricordiamo comunque, le sofferenze del passato. E’ la sofferenza delle coppie omosessuali che non vengono riconosciute. Ci raccontiamo la storia per quello che è. Non vogliamo dimenticare la nostra storia per non ripetere gli stessi errori.
Oggi viviamo con dei modelli ecclesiologici diversi, non è il peccato originale. Se questi modelli sono riconosciuti dal Vangelo, vuole dire che va bene. La chiesa dove la donna e i laici non hanno spazio, non è molto coerente con il Vangelo. 
La Riforma di Lutero è stata prima di tutto spirituale. Lutero s’interrogava: chi è il Dio in cui io credo? Riscoprire il Dio della misericordia è stata una preoccupazione spirituale. Il processo che ha mosso Lutero a Chiedere alla Chiesa un dibattito, era la preoccupazione del volto di Dio. 
(Discorsi a Tavola di Lutero). Lutero è rimasto monaco anche dopo la Riforma: era la sua formazione. La Riforma è il tentativo di riformare la Chiesa sulle cose essenziali: Scrittura, Grazia, Cristo, Fede.
Cosa conta, qual è il fondamento? Che cos’è quello che davvero conta per credere?

Sola Grazia: Dio non ci salva per i nostri meriti. Come lo ridiciamo oggi? La vita umana, la terra e la salvezza non è in vendita. E’ un modo di ridire il sola gratia. La prestazione non può entrare nella relazione con Dio.
La maggior parte delle Chiese riformate sono nate da Calvino. Per i riformati la Chiesa Luterana rappresenta un ponte tra la Chiesa Cattolica e le Chiese riformate. Anche i Valdesi diventano calvinisti. Le chiese della Riforma si strutturano nella Chiesa Luterana e riformata: battiste, valdesi, ecc.

Sola Scrittura. Siamo nel secolo dell’umanesimo. E’ vero che la Scrittura non era il fondamento della Chiesa. C’erano altri fondamenti: il papato, le diocesi, ecc. Rimettere al centro la Scrittura significa ridare quel fondamento, che poi è stato riconosciuto nel Vaticano II, che dice che la Chiesa è nata dalla Parola. La Riforma, mettendo al Centro La Parola, provocò una rivoluzione culturale, perché promosse la costruzione di scuole. Per la Riforma non c’è bisogno di mediazione. C’è un lavoro sul discernimento dei carismi. Il sacerdozio universale viene vissuto come se non ci fosse bisogno d’intermediari davanti a Dio. E’ da solo 50 anni che ci sono le pastore: come mai la Riforma ci ha messo così tanto tempo per riconoscere la leadership delle donne? La presenza di queste donne cambiano il mondo.

Solo Cristo. E’ un ritorno all’essenzialità, è un fare pulizia. I protestanti sapevano dire perché non erano cattolici: non abbiamo i santi, la madonna, il Papa, ecc. Qual è la parte buona che non può essere tolta?

Il problema dell’essenzialità segna ogni riforma. Rischiamo continuamente di perderci in barocchismi che intasano le Chiese, che non ci permettono di vedere l’architettura della nostra realtà. Rischio di perdere energia in cose che non contano. Ci succede di toccare il Signore, ma di non coglierne la profondità. In quante cose ci perdiamo? Nel desiderio di Riforma c’è quello che ha detto Papa Francesco: la Riforma è una conversione del cuore e la Chiesa ha bisogno di Riforma. C’è una bellezza nell’essenzialità che non bisogna mai strafare, perché rischia di diventare triste. Come si arriva ad un equilibrio? L’essenzialità non s’identifica con la tristezza.

La Riforma ci dà la possibilità di pensare alla Chiesa come noi la sogniamo. Abbiamo sognato una Chiesa cattolica con una leadership meno immerlinata; abbiamo sognato un leader della Chiesa che fosse più semplice. Ed è arrivato Papa Francesco. I sogni non sono una terra che noi abitiamo, ma sono il regno che viene. Riforma vuole dire cambiare direzione, trasformare. Di riforme ne stiamo vedendo abbastanza. Il movimento ecumenico è stato un soffio. Taizé è un altro sogno realizzato. E poi ci sono altre esperienze significative, come ad esempio Bose. Esperienze importanti, non necessariamente monastiche, esistono in giro. il movimento ecumenico è stato il dono più grande che lo Spirito ci ha fatto il secolo scorso. 

La passione ecumenica esige di osare. Se manca la voce delle donne nella Chiesa, la chiesa è mutilata. Gesù narrava Dio utilizzando sia immagini maschili che femminili. Se non ci sono le donne che rileggendo queste storie colgono le sfumature del femminile, si rischia di perdere tanti significati profondi. Occorre osare, fare. Che cosa impedisce ad un protestante di partecipare all'eucarestia con i cattolici? 

L'ecumenismo ci chiama a ripensare la Chiesa, a superare tante ingiustizie. La Chiesa è il luogo dove tutti devono avere gli stessi diritti. 



sabato 11 novembre 2017

CONVEGNO DIOCESANO CARITAS 2017






SABATO 11 NOVEMBRE 2017
I POVERI NON SONO UN PROBLEMA

Sintesi: Paolo Cugini

Come l’esperienza della Caritas parrocchiale può contaminare positivamente la comunità.

Tavola rotonda:
Domanda: si tratta di valorizzare la vota delle persone fragili come soggetti attivi dell’azione apostolica. Non si può considerare i poveri solo oggetto della Carità. Abib, quando sei entrata in Casa di Carità ti sei sentita accolta?
Abib: vengo dall’Albania. Subito ho avuto paura. Un ospite mi è venuto a dare un bacio e questo mi ha sorpreso. Non ho fatto fatica ad inserirmi nella casa. Il parroco è divenuto per Nicola un punto di riferimento, un papà per mio figlio. Significativi sono stati certi incontri. Ad esempio Marina, una mamma ucraina con un tumore. Mi sono sentita ospite tra gli ospiti; le persone della casa sono divenute miei fratelli e sorelle. Ho trovato una nuova famiglia. Chi mi ha ascoltato ha capito i motivi della nostra fuga. Ho chiesto per me e mio figlio il cammino per ricevere il Battesimo. Nella Casa di Carità ho capito cosa vuole dire essere Chiesa.

Domanda: Non pensiamo ai poveri solo come qualcosa che ci permette di fare volontariato. Deve nascere una condivisione. Che cosa ha fatto la comunità con i profughi che sono arrivati?
Alfredo: un anno fa è arrivato un gruppo di ragazzi del Mali, tra i 17 e i 20 anni. Questi ragazzi alloggiano in una casa della parrocchia. Abbiamo cominciato a conoscerli nei campi estivi. E’ divenuta un’opportunità. L’arricchimento umano è stato reciproco. Ci hanno aiutato a crescere.

Domanda: da persona ospitata sei diventata ospitante. Cosa ne pensi che cosa ha detto il Papa?
Anonimo: sono stato accolto dalla Caritas e ho trovato persone molto umane. Poi mi sono prodigato ad aiutare gli altri e adesso gestisco il dormitorio Caritas. Il dono genera reciprocità.

Passare dall’assistenza alla relazione.

Calcaterra: dobbiamo uscire dal paradigma dell’io, per arrivare al paradigma del noi, e cioè facciamo assieme. Dobbiamo pensare ad arricchirci umanamente insieme.

DON ADOLFO MACCHIOLI
Direttore Caritas diocesana di Savona.
1 Gv 1, 1-4a; Lc 10, 21-22. Due quadri per incominciare. Queste due immagini c’introducono al tema della gioia. Non possiamo essere cristiani tristi. La gioia innanzi tutto la riceviamo. Nella relazione esiste la diversità. E’ la gioia che rende possibile la condivisione. La Carità non è una prestazione, non è l’eccellenza. Finché la gioia non è condivisa, la gioia è mancante. Con Papa Francesco la profezia è lui, è lui che ci anticipa. In ogni modo anche noi abbiamo un compito di profezia, dobbiamo dire l’esigenza di Dio oggi. L’unica profezia significativa è l’amore, perché dice di Dio. L’essere prossimo a chi è nella solitudine, perché è questa la povertà più grande. E’ possibile ancora vivere fidandosi: è questa la grande missione. Madre Teresa non faceva dire dei rosari i poveri, ma lo lavava e li asciugava. E’ il gesto che parla. Dio si fa prossimo e cammina con noi. Il nostro servizio è rendere possibile la reciprocità. Non è un problema di metodo la carità, ma di contenuto e di relazione. Il servizio non può essere misurato dal bisogno, ma della relazione che abbiamo attivato. Il servizio ha senso nella misura che abbiamo attivato relazioni. Ascoltare le fragilità della vita.

 Jean Vanier: la comunità luogo del perdono e della festa. Non esiste la comunità ideale. La comunità è fatta di persone con le loro ricchezze e povertà. Amare significa diventare deboli e vulnerabili, lasciare entrare gli altri dentro di sé.

Henri Nuven: il guaritore ferito, Queriniana. Guarisci gli altri se scopri la tua ferita. Dentro alla relazione o ci si scopre vulnerabili, o si fallisce la relazione. Essere e stessi vuole dire scoprire la propria fragilità. L’altro deve poter vedere la mia fragilità.
Essere amati: se non sei amato il cuore s’indurisce. Nella relazione scopriamo che l’amore esiste perché qualcuno ci ha amato, altrimenti scopriamo la durezza. L’amore è una questione dell’esserci. Chi dorme in strada la famiglia non ce l’ha più.

Criteri dell’Evangeli Gaudium nella prospettiva di costruire una comunità:
1.        Il tempo è superiore allo spazio: non dobbiamo privilegiare gli spazi di potere. Perché uno che è nel bisogno non può scegliere? Dove parte lo spazio di potere? Dal fatto che facendo un servizio ho un potere. Dipende come lo vivo. Ci vogliono le regole. Se diventa uno spazio che devo difendere, diviene uno spazio di dittatura. Occorre preferire i processi. La Caritas avvia dei processi o tende a conservare la nostra idea. In certi posti i poveri non ci vanno. Privilegiare i processi: oltre il pacco che porto devo bussare alla porta del vicino. Chiedere la carità è umiliante. Coinvolgo il quartiere e le persone. Avviare processi che tolgono la paura.

2.      L’unità è superiore al conflitto, anche se il conflitto va accolto. Accogliere l’altro significa lavorare sulla paura che genera conflitto, resistenze. Occorre evitare di essere giudicanti. E’ un lavoro difficile che può iniziare se siamo capaci di abitare le nostre paure.

3.       La realtà è superiore all’idea. Dobbiamo lavorare con il reale. E’ il bisogno a guidare il progetto. Non ha senso fare dei progetti su realtà inesistenti. Osservatorio delle povertà. Occorre mettersi a ragionare sulla realtà che ci circonda.

4.      Il tutto è superiore alla parte. La parte deve contribuire a far crescere il tutto, la comunità. Lavoriamo nel piccolo dentro ad un’animazione più grande: quartiere, parrocchia, condominio. E’ il tutto nel quale inserisco la persona. Tenere presente il tutto significa condurre le persone verso la comunità, relazioni nuove e non solo di aiuto.
Indicazioni:
·         Abbiamo il compito di comunicare il bene senza cercare di affermare noi stessi. Il dono crea relazione. Anche il povero deve avere questa possibilità.
·         Il poco che abbiamo, basta e avanza se lo mettiamo nelle mani di Dio.
·         Costruire è saper rinunciare alla perfezione.




martedì 7 novembre 2017

TUTTA LA REALTÀ CREATA E' CHIAMATA A TESSERE RELAZIONI





UNITA’ PASTORALI SANTA MARIA DEGLI ANGELI E PADRE MISERICORDIOSO

I MARTEDI TEOLOGICI – 7 NOVEMBRE 2017

CREDO IN DIO CREATORE: IL VANGELO DELLA CREAZIONE
DON BRUNO BIGNAMI

Sintesi: Paolo Cugini

Quando Parliamo di Dio creatore, non dobbiamo pensare ad un grande orologiaio, ad un Dio che si tiene fuori dalla storia. Studiando la Bibbia ci si accorge che la dimensione storica è la realtà che ci permette di cogliere chi è Dio, che crea per amore. Dio si dedica a pensare qualcosa fuori di sé. Il Dio che pensa e crea il mondo e la storia così come noi la vediamo, bisogna che presupponga qualcosa che sia fuori di sé. Fare spazio all’altro: è una dinamica interessante. E’ un Dio che si pensa in comunione. Se Dio mette al mondo qualcosa fuori di sé significa che è un Dio che ha bisogno di vedersi dentro ad una realtà fuori di sé. Se siamo fatti ad immagine di Dio non possiamo vivere se non in un continuo confronto con la dimensione dell’altro. Quante condizioni di chiusura che viviamo, che contraddicono il Dio biblico, che vede nell’alterità un dono che ha vita e ha vita per amore.

La teologia che c’è dietro alla Laudato sii di Papa Francesco è la teologia della creazione continua. La creazione è esercitata continuamente da Dio, a tal punto che ci possiamo accorgere che quando celebriamo l’Eucarestia, in quel momento ci rendiamo conto che c’è un Dio che ci tiene in vita attraverso la sua Parola. La creazione avviene continuamente nella storia e nel tempo.
 Papa Francesco LS 47: noi non siamo Dio. C’è il livello del Creatore e della creatura. C’è il valore del limite: rendo lode per l’unicità che sono. Non siamo Dio. C’è un creatore e ci sono delle creature: non c’è separazione, ma interazione continua. Vedere in tutta la Bibbia la presa di posizione contro l’idolatria. Il tema dell’AT e NT è la fedeltà a Dio. Idolatria: tutto diventa limite. Il mondo è un dono che riceviamo dal creatore. Il mondo ebraico cristiano ha demitizzato la natura, perché c’è un creatore e delle creature.

LS n. 100. L’esperienza della relazione del Signore Gesù ci porta a vedere che la storia è in cammino. Questa creazione continua è una realtà dinamica. Ci troviamo dentro alla creazione e la cogliamo come imperfetta, che è lo spazio della responsabilità del dono. Il Dio creatore non è solo colui che è al principio. In mezzo tra quello che è il principio e il senso della storia c’è la nostra responsabilità umana. Dio crea le creature e tra queste ce n’è una che ha un dono speciale. La meraviglia non è tanto che Dio ha creato il mondo, ma qualcuno capace di dire: che bello, cioè capace di comprendere il bene.

Il nodo: abitare il mondo. Cosa vuole dire questo spazio in cui viviamo? Qual è il rapporto con l’abitare il mondo? Abitare un territorio, il mondo: che cosa vuole dire? Il mito di essere a casa propria. Abitare non è mai abitare isolati dal resto dell’umanità. Oggi pensiamo che se ho una casa bunker, posso proteggermi. Idea che in un luogo posso essere sicuro. Illusione del mondo. Abitare il mondo significa sottoporsi al rapporto con l’altro. Siamo preoccupati delle nostre sicurezze. Abitare il mondo significa mettersi in gioco. Tutto ciò che arriva e ci destabilizza, ci mete in difficoltà. Abitare in questo mondo, non è io e poi tutto il mondo fuori, ma io con l’altro. E. Levinas: abitare è essere a casa nostra in altro da sé. L’essere creature significa rendersi conto di questo limite: tutti siamo di passaggio. Siamo a casa nostra in qualcosa che non è nostro. Oggi è questo il problema: come mai la Chiesa dedica un’enciclica alla questione ecologica? La visione cristiana è che ogni creatura ha un suo senso in questa storia.

Adamo ed Eva: dove sei? Avevo paura. L’uomo inizia dal peccato che l’abitare diventa una paura. Gv 1, 34s: Dove abiti? La risposta: venite e vedrete, state dentro a questa relazione. Abitare il mondo non significa occupare uno spazio, ma costruire relazioni. Abbiamo perso il senso dell’abitare.
La realtà ha sempre un valore simbolico e relazionale. Is 11: il lupo e l’agnello vivranno insieme. Si torna ad un livello di comunione e armonia. Ognuno riconosce il valore dell’altro. Mc: Gesù stava con le fiere.

La sapienza biblica: siamo creati per amore. La creazione è un gesto d’amore. Sapere che Dio ti mantiene in vita significa che la realtà è un gesto d’amore affidato a te.
Davanti al peccato Dio chiede all’uomo di mettesi al servizio della vita. Coltivare e custodire: sono i due lavori antichi. Dove salta la capacità di coltivare e custodire la fraternità è tradita. La prossimità più prossima è quella che ti mette in crisi. Chi dovrebbe starti a cuore diventa il competitore. La sapienza biblica ci consegna anche un giorno. Il riposo è la contemplazione di ciò che ha creato: è un modo di continuare la creazione. Il sabato come giorno della contemplazione, come giorno in cui ci si ferma. Attenzione quando pensi che l’uomo sia al centro di tutto e possa schiacciare tutto. C’è bisogno di un tempo per fermarsi. Recupero delle relazioni.

Ogni creatura con la sua semplice esistenza loda Dio. Il mondo ha bisogno di respirare della relazione con Dio e allora ogni creatura rende lode al Creatore. Mistica della trinità dentro alle realtà create.
Spiritualità della relazione filiale. Dio mentre crea si prende cura di noi. Se questo è il modo dell’agire di Dio, la risposta dell’uomo dev’essere di prendersi cura dell’altro e della casa comune.
Lo spagnolo usa la parola cura sia al maschile che al femminile. Cura al maschile è il prete. Noi preti siamo chiamati a prenderci cura delle persone a noi affidate. Mentre Francesco segnala i drammi, ci ricorda continuamente che dobbiamo guardare alla creazione con speranza, perché Dio è all’opera. E’ sempre possibile rimediare.
Is 5: Dio è colui che non abbandona mai, si prende cura. Qui entra la dimensione dell’amore. Dentro il creare per amore c’è la dimensione della gratuità. Nella Bibbia si trova l’immagine della Sapienza di Dio che gioca: è l’immagine della gratuità. La dimensione della cura di Dio è anche la gratuità assoluta. LS n. 84: tutto è carezza di Dio. San Francesco quando scrive il Cantico delle creature (1226) è ormai verso la fine della sua vita. Occorre recuperare questa dimensione della tradizione cristiana.

Destinazione dei beni: facciamo fatica a lavorare su questo tema. Ciò che è creato da Dio è a servizio di tutti gli uomini. Funzione sociale della proprietà. Siamo chiamati a custodire le cose, non impossessarci. Dove c’è lo spazio di gestione comune avvengono gli attriti.
Come Gesù ha vissuto il suo rapporto con la creazione? Gesù è l’uomo che sa riconoscere. E’ l’uomo che apre gli occhi. Il mondo di Dio si capisce guardando la realtà creata.

Papa Francesco: tuto è connesso. Ecologia integrale. Dio creatore che crea e tiene in vita attraverso una relazione continua e tutta la realtà creata è chiamata a tessere relazioni. Non bisogna esasperare un aspetto. Capacità di tenere insieme. Ci dobbiamo abituare a tessere reti. Una cosa frammentata dal resto diventa una forma d’ignoranza. Le logiche escludenti sono pericolosissime. E’ la logica includente che è in sintonia con la creazione.
Credo in Dio creatore: è un’affermazione che devo collocare dentro la mia vita oggi. Ciò che ci accomuna a Dio è senz’altro la ragione, ma una delle cose che ci rende più simili a Dio sono le mani, perché ci vuole dell’intelligenza per muovere le mani. Educarci alla manualità: è un grade compito.


sabato 4 novembre 2017

LA MISSIONE S’IMPARA FACENDOLA





Paolo Cugini


Siamo soliti pensare alla missionarietà come qualcosa di specifico, una vocazione specifica di qualcuno che esce dal proprio paese per annunciare il Vangelo altrove. Missione, invece, significa desiderio di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo alle persone che vivono accanto a noi. Per fare questo è necessario, in primo luogo, trovarsi insieme a pregare, per chiedere allo Spirito Santo un’ispirazione, un’idea che orienti il nostro desiderio. E poi bisognerebbe cominciare, passare dall’idea all’azione, per ascoltare la realtà e da lì elaborare un progetto missionario da attuare nel nostro territorio. E’ con i piedi per terra che è possibile ascoltare la presenza del Signore, che non si trova solo fra le quattro mura di una Chiesa, ma nei cuori di tante persone che vivono accanto a noi. Uscire significa, allora, la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo di quel Signore incontrato e lodato in Chiesa, un Signore che ci precede costantemente, perché è al di là dei nostri pensieri e della nostra immaginazione. Uscire per chi è abituato a stare e a vivere la fede tra le comode mura del centro, non è facile. Spesso e volentieri chi vive una fede parrocchiale non si pone nemmeno l’interrogativo della necessità, anzi, dell’esigenza di pensare all’annuncio del Vangelo a coloro che non frequentano gli spazi ecclesiali. C’è un’abitudine a pensare ad intra, che conduce a credere che il cammino dell’evangelizzazione consista nel portare la gente dentro i perimetri ecclesiali, facendo coincidere il Regno di Dio con la Chiesa, la possibilità di salvezza, con la partecipazione alle attività parrocchiali. Secoli di un certo modo di pensare e fare la Chiesa hanno lasciato un segno profondo nella coscienza dei cattolici Occidentali. 

Lo slancio missionario fa bene alla comunità, perché la libera dalle paure e, soprattutto, dalla tentazione di chiudersi in se stessa. Quando la comunità si preoccupa d’annunciare il Vangelo sul territorio, ha meno tempo da perdere per curare l’arredo interno, divenendo quindi più essenziale. 
Come ci farebbe bene questo slancio di uscita all’esterno, per lasciare le comode poltrone e così stare un po' sulla strada! Forse ci aiuterebbe anche a scoprire il dono della diversità dell’altro, ad imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno, ad abbandonare il cronico atteggiamento di giudizio negativo verso tutto ciò che non collima con i nostri gusti e desideri. L’uscita della comunità cristiana verso l’esterno, oltre a realizzare il motivo per cui è nata, vale a dire, essere segno della presenza del Signore nel mondo, aiuterebbe a umanizzare coloro che la abitano. Troppo tempo al chiuso di poche stanze fa male all’anima, perché la rende ottusa, incapace di vedere e pensare al di là di ciò che non ha mai visto e pensato. La rigidità, che va a braccetto con l’arroganza e la supponenza, si presenta nelle persone chiuse nel proprio mondo. Quando la Chiesa presta il fianco a questo stile chiuso, le persone che vi circolano non le permettono di pensare alto, di ascoltare la realtà, d’incontrare il Signore presente nella storia, perché fanno precedere la realtà con le loro idee precostituite. Avvinghiarsi all’idea è il segno evidente di un’arresa, di una pigrizia mentale che non permette alcun tipo di slancio in avanti.
È bello leggere nei vangeli lo sforzo che faceva Gesù per agganciare gli interlocutori e inserirli in un cammino di salvezza. E’ bello incontrarlo non solo nelle sinagoghe, ma sulle strade, sulle rive del mare di Galilea, sulle barche per incontrare la gente, ascoltare i poveri. Significativo, poi, il fatto che durante il cammino, inizia a mandare i suoi discepoli, perché la missione s’impara facendola. Quante volte ho sentito questa litania sulle mie reiterate sollecitazioni ad uscire: ma don non siamo preparati! Questa scusa va sempre a braccetto con l’altra, che sostiene che chi deve andare e incontrare la gente è il prete. E invece Gesù a metà del cammino, chiama i suoi discepoli e li manda ad annunciare il Regno dei cieli. Secoli di monopolio clericale hanno ridotto il laicato ad uno stato infantile veramente impressionante. Forse bisognerebbe avere il coraggio di abbandonare lo stile parrocchiale, la sua istituzione e puntare a qualcosa di più consono con l’attuale situazione. Più che insistere sull’occupare un territorio, avrebbe più senso lavorare sullo stile della comunità. Si passerebbe dall’ansia dei numeri, alla bellezza dello stare insieme e dello stile comunitario che si crea quando ci si trova ascoltando la Parola e sforzandosi di viverla.

Gli itinerari di evangelizzazione difficilmente escono fuori a tavolino, frutto esclusivo delle nostre proiezioni. L’uscire per andare verso coloro che non frequentano i nostri spazi, stimola la creatività pastorale e ci libera dall’ossessione di ripetere sempre le stesse proposte, allo stesso modo. Ci libera, soprattutto dall’ossessione di costruire spazi sempre nuovi per accogliere i fedeli. Non mi risulta che nel Vangelo Gesù agisca in modo tale da incentivare la costruzione di templi. Lui è sempre interessato alle persone e ai loro cammini. Le polemiche assurde che avvengono nei nostri consigli pastorali sul tema dell’orario delle messe è un segnale fortissimo dell’irrigidimento che il nostro sistema pastorale ha generato. Uscire da questo sistema rigido è il grande compito che abbiamo dinanzi, nella consapevolezza che chi deciderà di entrare in questo cammino di rottura, incontrerà reazione che possono sfiorare la violenza non solo verbale. Abbiamo bisogno di uscire perché ormai nelle nostre parrocchie si muore di noia. Abbiamo la necessità di abitare la strada per smettere di perdere tempo a pulire le sale, a sistemare le tende. Dobbiamo metterci al più presto in cammino per ritrovare vigore nelle liturgie, che rischiano giorno dopo giorno, domenica dopo domenica di essere spettacoli pietosi, riesumazioni di liturgie medievali, attenzione maniacale ai pizzi e alle cotte, distanziando in questo modo sempre di più la liturgia dalla vita. E poi c’interroghiamo sul perché le nuove generazioni non rimangono con noi dopo la Cresima! La creatività pastorale sgorga dal contatto con la realtà, perché, come c’insegna papa Francesco, la realtà deve sempre precedere l’idea. E’ nella realtà che incontriamo Colui che si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi e ci indica il cammino.
Senza dubbio lo sforzo missionario delle nostre comunità porterebbe materiale nuovo sul tavolo dei nostri consigli pastorali. Ci aiuterebbe a scoprire la situazione sociale di tante famiglie di immigrati e anche di italiani che vivono in pessime condizioni sul nostro territorio. Ci aiuterebbe a comprendere meglio la situazione giovanile dei nostri quartieri, per elaborare una pastorale giovanile meno di élite e più in sintonia con la realtà circostante. Uscire dai nostri spazi potrebbe produrre un pensiero nuovo nei nostri consigli pastorali, un’attenzione nuova, più sensibile e misericordiosa, nei confronti di tutti coloro che sotto la nostra “tenda da campo” – così come simpaticamente chiama la chiesa papa Francesco – ci stanno ancora troppo stretti.