Paolo
Cugini
Per chi intenda comprendere l’elemento caratterizzante della nostra
epoca contemporanea (1800-1900) non mi sembra azzardato affermare che tale
specificità vada cercato nel denaro. Il mondo occidentale, dalla rivoluzione
industriale in poi, si è identificato con il capitalismo. Dire occidente è la
stessa cosa che dire capitalismo. Se è vero questo, sarebbe importante
analizzare le condizioni di possibilità che il pensiero greco – romano aveva in
germe per approdare ad un tale punto di arrivo. Il capitalismo come teoria,
come sistema esistenziale era prevedibile a partire dalle categorie della
filosofia classica? Il capitalismo è la logica conseguenza della speculazione
filosofica classica passando per il pensiero cristiano? Sono domande
inquietanti, perché mettono in discussione tutto un modo di sentire e di
pensare, che cerca nei valori metafisici le ragioni di possibilità
dell’esistenza umana.
Da una parte, si nota l’origine speculativa, l’amore per la
riflessione astratta, concettuale, l’attenzione allo spirito e a tutto ciò che
ruota attorno a questa dimensione; dall’altra, si constata un mondo materiale
nel senso stretto del termine, un mondo cioè dove ciò che è importante è legato
a ciò che serve all’uomo per il soddisfacimento dei propri bisogni. L’occidente
nasce spiritualmente e sta morendo affondato nella materia. L’amore per lo
spirituale è stato soppiantato dal bisogno materiale. È evidente che,
un’analisi di questo tipo corre il rischio di essere troppo generalizzante, di
non cogliere alcuni aspetti fondamentali dell’evoluzione del pensiero
occidentale. In questa prospettiva, credo che il problema acquisti una visione
diversa se si considera il rapporto spirito/materia. Ogni volta che nella riflessione
speculativa si sono separati questi due elementi, si è giunti a situazioni ove
vengono radicalizzate le posizioni: spiritualismo e materialismo.
Su questa linea di ricerca è possibile individuare le cause
del capitalismo occidentale come un frutto in germe dalla stessa riflessione
della cultura classica. Il capitalismo è, dunque, l’eredità più limpida di una
tradizione di pensiero che ha separato lo spirituale dal materiale,
considerando quest’ultimo l’aspetto predominante della realtà. A partire da
un’antropologica dualistica è possibile giustificare il materialismo assoluto
contenuto nel capitalismo.
Sarebbe,
comunque, troppo restrittivo considerare il capitalismo come il frutto maturo di
una determinata tradizione filosofica. Esistono, infatti, altri fattori che
possono essere considerati come determinanti per l’affermarsi di una tale
materializzazione del mondo. Penso, a questo punto, al ruolo che la religione
ha avuto. Penso al ruolo giocato dalla Chiesa nei secoli, al suo contributo,
alla separazione tra spirituale e materiale. È chiaro che, in questa
prospettiva, il pensiero corre al potere temporale della Chiesa medioevale e di
come questo sodalizio sia continuato nelle epoche successive e continui, pur in
modo moderato, tutt’ora. Il problema, anche a questo riguardo, non consiste
tanto nel fatto, più o meno scandaloso, dei compromessi della Chiesa con il
potere temporale e della conseguente sua affermazione attraverso soprusi e
crociate. Credo che il problema vada ricercato nella stessa natura umana dalla
quale la Chiesa è costituita, come qualsiasi istituzione storica.
Il
denaro esercita su ogni uomo una forte attrattiva. Con esso, infatti, scorge la
possibilità di impossessarsi in breve tempo di tutto ciò che la natura sembra
avergli negato. O, ancora, con il denaro l’uomo avverte la possibilità di
appagare tutto ciò che altrimenti rimarrebbe per sempre inappagato: d’altronde
si vive una volta e basta e allora vale la pena rischiare tutto ciò che si
possiede e tutto ciò che è possibile fare pur di appropriarsi di questo
strumento di così grande potenza. In gioco c’è il senso stesso dell’esistenza
un senso che ha una matrice molto consistente: la natura umana.
(articolo del 1992).
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